FILOMARINO, Clemente
Nato a Napoli da Pasquale, quarto duca della Torre, e da Maddalena Rospigliosi il 6 apr. 1755, fu mandato a studiare presso il collegio "Nazareno" di Roma, dove ebbe la possibilità di conoscere e frequentare autorevoli personaggi della corte pontificia. Allievo di padre P. Quadri, futuro generale dell'Ordine degli scolopi, si rivelò precoce verseggiatore: nel 1774 pubblicava a Roma La prudenza: applauso poetico umiliato alla Santità di N.S.P.P. Clemente XIV nella fausta occasione desser restituiti alla S. Sede gli Stati di Avignone e Benevento.
Per questo, ed altri componimenti per allora inediti, il suo ritratto fu appeso in un'aula del "Nazareno", e insieme con il fratello fu accolto nell'Accademia degli Incolti, costituita presso quel collegio come colonia dell'Arcadia. Durante la permanenza a Roma divenne noto tra i verseggiatori, e fu chiamato in Arcadia con il nome di Tersalgo Lidiaco. Aveva preso intanto gli ordini religiosi, anche per adeguarsi al ruolo di cadetto della grande famiglia: il marchese di Salice lo ricorda con il titolo di abate (Raccolta di documenti nobiliari della famiglia Capece TomaselliFilomarino, Napoli 1896, ad Indicem).
Nel 1775 pubblicava a Siena tre canti dalle Notti del poeta inglese E. Young e iniziava una intensa attività, di poeta d'occasione, cantore della nobiltà napoletana edella corte di Ferdinando IV: nel 1775 apparivano il canto Per la nascitadella real principessaMarianna diBorbone e Fenomeno poetico in occasione del faustonascimento del realprimogenito di S. M. Siciliana.
Conclusi gli studi, insieme con il fratello ritornò a Napoli, dove divenne assiduo frequentatore del salotto del principe di Roccella e di quello della duchessa di San Clemente. Nel 1779 pubblicava un poemetto anacreontivco intitolato Climene nel tempio dell'amicizia, decisamente influenzato dalla poesia di C. I. Frugoni.
Lo stesso anno appariva una Cantata di Tersalgo Lidiaco per la solenne traslazione del sangue del martire S. Gennaro nel Sedile Capuano nel primo sabato di maggio del 1779 (Napoli, presso V. Manfredi). Ancora in seguito nel 1791 e nel 1797 celebrò la traslazione del sangue del patrono nel sedile in cui era iscritta la sua famiglia.
Negli anni Ottanta apparvero svariati canti, odi, canzonette e sonetti d'occasione, che recitò sia a corte sia nei salotti letterari. Si ricordano I novissimi sonetti di C. F. de' Duchi de la Torre e Poema sul giudizio universale, che il medesimo ha trasportato in verso sciolto de la traduzione francese de le Notti del celebre Odoardo Young (s.n.t.); In morte della Imperatrice Maria Teresa d'Austria (s.n.t., ma 1780); Di C. F. canto terzo del "Tempio di Gnido" del Sig. di Montesquieu trasportato in versi italiani, in Per le nozze del nobil uomo signor marchese Lorenzo Rondinellicon la nobile signora Geltrude Gnudi (Ferrara 1782); Per le nozze di S. E. il Sig. D. Trojano Marulli de' Duchi d'Ascoli con S. E. la Sig. D. Maria Gratimola Filomarino de' Duchi della Torre. Anacreontica tratta dall'originale francese del celebre Montesquieu (Napoli, presso V. Orsino, 1784); Ulisse nell'isola di Circe (s.n.t.); La Rosa della Cina. Canzonetta offerta da l'autore a S. E. la Signora D. Anna Francesca Pinelli principessa di Belmonte (s.n.t.). La collaborazione con il fratello vulcanologo gli suggerì una Stanza a Crinatea sull'eccidio della città di Pompei (s.n.t.).
Nella Napoli degli ultimi vent'anni del secolo XVIII, variamente traversata dall'ideologia illuministica, il F. fu in contatto con una generazione di riformatorí che progressivamente si allontanava dall'assolutismo paternalistico della monarchia borbonica. Anche gli arcadi, influenzati dalla presenza momentanea di poeti e scrittori come A. de' Giorgi Bertola e G. Fantoni, sentivano la necessità di una migliore attenzione verso i problemi della società. Nel 1786 il F., che cercava di riordinare la sua già notevole produzione raccogliendo due volumi di Versi (Napoli, s.n.t.), a indicare la sua vicinanza alla politica delle riforme pubblicava un volume di Sonetti dedicandoli al marchese Domenico Caracciolo, "che dal Viceregno di Sicilia passa in Napoli per Segretario di affari esteri".
Permeato di idee illuministiche, il F. cercava una mediazione tra modernità e tradizione: la poesia a Napoli in quegli anni restava ancora saldamente influenzata dal Metastasio e dal Frugoni. Certamente il F. fu una delle figure di maggior rilievo del frastagliato mondo poetico della capitale. E insieme con lui un'intera generazione di verseggiatori restava legata ai modelli dell'Arcadia anche se le innovazioni non mancavano: C. Vespasiano, F. A. Astore, C. Pecchia, A. de Gennaro, O. Gargiulo, G. Tiberi, I. Franchi, O. A. Cappelli, F. Martino, F. Pascali, T. Pepe, T. Gargallo ed altri ancora alimentavano una poesia che mano mano cambiava a contatto con una società solcata sempre più da desideri di trasformazione. Il F., che F. Münter di passaggio nel salotto della duchessa di San Clemente conobbe e ricordò come "un cavaliere napoletano di molte conoscenze e cultura" (Croce, 1954, p. 175), alla fine degli anni Ottanta era legato sempre più a quel gruppo d'intellettuali che la Rivoluzione francese e la successiva esperienza giacobina spingevano verso il modello politico repubblicano.
Nel 1789 pubblicò un primo volume di Poesie varie (Napoli, presso Sangiacomo) - il secondo uscì nel 1791 - e un sonetto intitolato Il genio delle arti, per la Maestà di Ferdinando IV. Fondatore, legislatore ecc. della nuova popolazione di S. Leucio (s.n.t.). Sulla fondazione della colonia di San Leucio, sorta a poche miglia dalla reggia di Caserta, espressero lodi al sovrano anche E. Fonseca Pimentel, A. Ierocades e F. Salfi, che furono tra gli artefici della cultura giacobina napoletana negli anni Novanta.
Sempre nel 1789 stampava un'ode Per il primo volo aerostatico in Napoli felicemente eseguito dal capitano Vincenzo Lunardi il 13 dic. 1789 (s.n.t.). Qualche anno prima, nel 1783, il suo amico F. A. Astore aveva composto un carme in onore del giovane chimico P. de Rozier che nell'ottobre di quell'anno, insieme con il marchese d'Arlandes, aveva con una mongolfiera volato su Parigi. Nel 1790 pubblicava una favola boschereccia intitolata Aminta (Napoli, presso Raimondi).
Dopo il 1792 il. F. entrò decisamente nelle fila giacobine e iniziò a cospirare contro la monarchia. G. Albarelli nel Decennio (Napoli 1799) lo ricorda nel movimento rivoluzionario che diede vita alle prime congiure antiborboniche. Con F. Damiani, N. Pacifico, A. del Giudice, E. Carafa, A. Begani, il principe di Torella, i padri somaschi M. Galli e L. Cotti e il padre olivetano K. Caracciolo, il F. cercò di promuovere una cospirazione che l'arresto di uno di quei giacobini, il Begani, fece naufragare. Nel 1796, anche se per un breve tempo, anche il F. fu incarcerato.
Il nipote Nicola, primogenito di Ascanio Fílomarino, ricordando anni dopo le tragiche vicende dei due fratelli, a proposito dello zio scriveva: "Mio zio, che tempo indietro frequentando la società di molti uomini di lettere, di spirito filosofico ed amanti delle novità del secolo, fra i quali un poco interesse dovevano destare le amabili maniere delle virtuose ed infelicissime dame le Duchesse di Cassano e Popoli, ed i vari talenti della Duchessa di S. Clemente, era stato compreso nella voluta cospirazione di alcuni così detti Giacobini, e se bene arrestato nel 1796 col padre Caputo Cassinese, il Cavaliere D. Luigi de' Medici, Annibale Giordani, Andrea Vitaliani, ed altri, nulladimeno ben presto dichiarato innocente, recuperò la sua libertà. Caduto in seguito in una micidiale malinconia, la sua mente tutt'affatto stravolta non poteva lusingare chiunque siasi della sua coperazione, facendolo organo o fautore di un partito" (L'uccisione..., p. 74).Prima di cadere nello stato di profonda depressione il F. tenne certamente fino al 1798 contatti politici e culturali. Ancora nel 1797 continuava la sua corrispondenza con la poetessa D. Saluzzo, contessa di Roero. B. Croce ricorda che entrambi i rami della famiglia, i della Rocca e i della Torre, si volsero con convinzione "alle nuove idee venute dalla Francia" (Storie e leggende napoletane, Bari 1976, p. 35). Il principe Giambattista della Rocca con il figlio Giacomo e il duca della Torre con il fratello sostennero senza tentennamenti ideologici e culturali la Rivoluzione. Mentre il dibattito politico aumentava d'intensità, il F. scivolava sempre più in una terribile depressione che lo riduceva a una totale estraniazione dalla vita sociale. Rinchiuso nella sua stanza nel palazzo avito, meditava continuamente il suicidio. Nel pomeriggio del 19 genn. 1799, ormai prossimo l'ingresso delle truppe dello Championnet nella città, il palazzo dei F. veniva assaltato dai lazzari a caccia di giacobini filofrancesi.
Sempre il nipote Nicola nella sue Memorie, riandando con la mente a quel terribile assalto, scriveva: "Ne monta una banda condotta da un parrucchiere del Molo piccolo al secondo piano, ove noi eravamo fra le più crudeli angoscie, e s'impossessa del padre, mentre un'altra a viva forza penetra nell'appartamento dello zio, che in quel giorno vieppiù sorpreso dalla sua malinconia, e più che mai alienato di mente, dopo di aver più volte tentato di porre fine ai suoi giorni, a stento era stato ridotto a letto. In un baleno li trasportarono fuori di casa" (L'uccisione..., p. 68).
I due fratelli, condotti alla via Nuova alla Marinella, furono fucilati e successivamente i loro corpi furono bruciati in due botti piene di pece. Secondo alcune testimonianze uno dei carnefici, Gioacchino Lubrano, sparò espressamente "alla persona di Clemente Filomarino", volendo uccidere proprio lui (IlMonitore napolitano, n. 26, 20 fiorile, 9 maggio 1799).
D. Marinelli, descrivendo quei fatti, lo definisce "poeta molto caro ed emulo della Sampogna del Sannazaro" (Spinazzola, 1899, p. 90). Il marchese di Villarosa dedicò al F. questo profilo: "Nella fiorita etade il Delio Nume / Di verde allor mi coronò la fronte, / E nell'Arcade bosco ebbi il costume / Rime cantare altrui gradite e conte: / Nell'ozio non giacendo e in molli piume / A retto oprar fur le mie voglie pronte: Ma pari al mio germano, ahi cruda sorte! Ebbi spietata, e dolorosa morte" (1842, p. 36). A. Vannucci ricordando la morte del F. e del duca della Torre scrisse che "furono vittime del furore plebeo. Erano due uomini lodati dagli onesti per virtù, per dolci costumi, per dottrina, e per nobile ingegno" (I Martiri della libertà italiana dal 1794 al 1848, Firenze 1860, pp. 24-25). Con la devastazione del palazzo di famiglia i manoscritti del F. andarono perduti tutti.
Fonti e Bibl.: Presso la Biblioteca nazionale di Napoli si conservano gran parte delle opere del F. a stampa. Sulla sua attività letteraria si veda P. Napoli Signorelli, Vicende della coltura nelle due Sicilie dalla venuta delle Colonie straniere sino a' nostri giorni, VII,Napoli 1811, pp. 58-59; Marchese di Villarosa, Ritratti poetici con note biogr. di alcuni illustri uomini del sec. XVIII nati nel Regno di Napoli, Napoli 1842, pp. 36, 126 s.; G. Natali, Il Settecento, Milano 1929, II, pp. 723, 766. Sui rapporti con Diodata Saluzzo si veda una sua lettera del 24 giugno 1797 in D. Saluzzo contessa di Roero, Poesie postume, Torino 1843, p. 410. Apprezzamenti dell'opera poetica del F. in Lettere di Pietro Metastasio, Nizza 1786, III, p. 175. Qualche notizia anche in M. Montanile, Venere e Cefisa. Due traduzioni di Montesquieu a Napoli, Napoli 1990, passim (in questo volume si ripubblica ma senza apparato critico l'Anacreontica che il F. pubblicò nel 1784). Sulla presenza del F. nella società dotta e giacobina del suo tempo si veda B. Croce, Aneddoti di varia letteratura, III,Bari 1954, pp. 175, 179, 283 n., 314, e La rivoluzione napoletana del 1799, Bari 1953, pp. 14, 142, 217. Fondamentale sulla sua morte resta L'uccisione di Ascanio e C. Filomarino (dalle Memorie del Duca della Torre Nicola Filomarino), a cura di G. Ceci, in Arch. stor. per le prov. napol., XXV(1900), n. 1, pp. 64-75 (vi si apprendono notizie della pazzia). Descrizioni sulla uccisione nei diaristi C. De Nicola e G. Marinelli e nello studio di V. Spinazzola, Ricordi e documenti ined. della Rivoluzione napoletana del 1799…,in Napoli nobilissima, VIII(1899), nn. 6-7, pp. 90-92. Sulla data di nascita vi sono discordanze; alcuni sostengono (il Villarosa) che il F. sia nato nel 1754. Nell'Albopubblicato nella ricorrenza del 1º centenario della Repubblica napoletana, edito nel 1899 a cura di B. Croce - G. Ceci - M. D'Ayala - S. Di Giacomo, è scritto che nacque il 6 apr. 1755 in una villa al Pietraio e "fu battezzato due giorni dopo nella Parrocchia del Rosario di Palazzo" (p. 13). Giustamente F. Nicolini curando la voce Filomarino per l'Enc. Ital., XV, Roma 1932, p. 350, lo dice nato nel 1755.