FOLCHI, Clemente
Figlio di Pietro e Lutgarda Scarsella, nacque a Roma il 14 nov. 1780 (Busiri Vici, 1959, p. 39).
Archeologo, architetto ed ingegnere, si formò presso il cognato, l'incisore B. Pistrucci (ibid., p. 39). Subito incline alla rappresentazione grafica, si dedicò agli studi artistici presso l'Accademia di S. Luca, studiando disegno anatomico ed architettura (Pacifici, 1940, p. 181). Dopo essersi precocemente rivelato fantasioso creatore d'ipotetiche macchine belliche, ancora studente, ricevette l'incarico di delineare alcune tavole per la riedizione ottocentesca (Roma 1810) dell'Architettura militare di F. De Marchi illustrata da L. Marini (ibid., p. 182). Compiuti gli studi nel 1806, quando venne nominato architetto "esercente", il giovane F. fu avviato presto alla carriera professionale presso lo studio d'ingegneria idraulica e architettura di Andrea Vici (Busiri Vici, 1959, p. 39) - Le importanti cariche alle quali poté accedere già intorno al 1810 testimoniano la notorietà e la stima di cui godette durante l'occupazione francese: nel 1809 venne nominato ingegnere nel corpo francese di ponti ed argini; dal 1810 fu membro della Commissione napoleonica di pesi e misure, per la quale avrebbe redatto nel 1811 un nuovo sistema metrico; nel 1813 fu designato socio dell'Accademia dei Lincei, mentre dal 1814 divenne accademico di S. Luca, partecipando attivamente alla vita dell'istituzione (Busiri Vici, 1869, p. 7).
La prima notizia circa la sua attività di architetto risale al 1812, quando progettò e realizzò un casino nella valle reatina: edificio caratterizzato da una forte simmetria, in cui il F. alternò ad un piano terreno bugnato un piano superiore intonacato, secondo affinità stilistiche con alcune coeve opere del Valadier (Busiri Vici, 1959, pp. 41 s.). Tuttavia, la prima commissione importante fu la creazione a Roma di un effimero arco trionfale in via del Plebiscito, realizzato nel 1814 per il ritorno nella città di Pio VII al termine della parentesi napoleonica (Pacifici, 1940, p. 181); l'apparato ci è noto in tutti i suoi particolari dalle incisioni di A. Pinelli pubblicate dal Busiri Vici nel 1959 (pp. 41 s.). Costruita su incarico della Società degli agricoltori romani, l'opera, pur qualificandosi per il corretto uso dell'ordine dorico, si distingue per il gruppo scultoreo posto sulla sommità, rappresentante la Religione che concede la pace alle nazioni.
A questa impresa è riconducibile, per i motivi ideologici da cui è ispirato, il contemporaneo progetto del F. per un monumento alla pace europea (ibid.; Marconi - Cipriani - Valeriani, 1974).
Dall'analisi delle tre tavole conservate nell'Archivio dell'Accademia di S. Luca si può valutare la nitida interpretazione folchiana dei modelli neoclassici, mirabilmente elaborati per giungere a risultati compositivi di sobria ed insospettata eleganza. Il monumento è sviluppato su tre elementi: un compatto corpo basamentale, contenente una galleria d'arte; un'emergenza verticale, circoscritta da rampe di scale su pianta circolare concentrica; un emiciclo colonnato di ordine corinzio, che assume il ruolo di fondale prospettico. Tutta la composizione, ed in modo particolare l'emiciclo superiore, mostra una notevole affinità con i successivi progetti di G. Sacconi per l'altare della patria, come non mancò, di far notare in diversi saggi il Busiri Vici (1959, p. 41; 1987).
Nel periodo 1814-15 il F. si recò a Parigi, dove venne per la prima volta a contatto con la cultura gotica (Pacifici, 1940). Nel luglio del 1815 fece ritorno a Roma, e riprese a frequentare lo studio del Vici. Al 9 ott. 1819 risale il matrimonio tra il F. e Barbara Vici, figlia del suo maestro Andrea, vedova di G. C. Busiri dal 1818, dalla quale ebbe sette figli (Busiri Vici, 1959; 1976). Agli anni 1819-20 risale la sua prima opera di una certa importanza: il completamento - per incarico di monsignor S. Lucchesi - della cattedrale di S. Feliciano in Foligno (Rutili Gentili, 1839; Busiri Vici, 1959).
Il F. completò l'interno, raddrizzando il braccio sinistro del transetto e portando finalmente a compimento il disegno di G. Piermarini; rielaborò un nuovo battistero, restaurò i sotterranei, trasformandoli in un originale "sepolcreto", e realizzò la facciata laterale, introducendo in luogo dell'antico finestrone circolare una loggia. L'aspetto attuale della facciatina è dovuto anche alle modifiche apportate nel 1904 da V. Benvenuti (Faloci Pulignani, 1908). Il Garms (1983, p. 86) ha individuato precipuamente l'importanza dell'opera del F. nella rivincita "della tecnica sull'arte nella concezione e nelle attribuzioni professionali dell'architetto".
Ingegnere della sacra congregazione delle Acque dal 1817 (Busiri Vici, 1959), il F. attese a studi geologici e poi, in stretta relazione con il granduca di Toscana, si occupò di problemi idraulici e giuridico-economici, elaborando un concordato per la Valle di Chiana (1820). Dopo averne realizzato nell'arco di quattro anni la bonifica, la stima acquisita agli occhi del granduca lo portò alla redazione del programma d'ampliamento per il palazzo di Firenze a Roma nella direttrice di via del Clementino. Occupato dapprima in limitati restauri manutentivi, il F. presentò nel 1824 il progetto, che, pur prevedendo una rispettosa e oculata distribuzione interna, per probabili questioni di costi rimase sulla carta. Le caratteristiche dell'intervento furono illustrate in una sua dotta pubblicazione del 1848, contenente anche il rilievo del vestibolo vignolesco (Il portico detto del Vignola esistente nel... palazzo di Toscana in Roma, con progetto per la continuazione dello stesso palazzo..., Roma 1848). L'attività del F. fu pure legata alla vita delle diverse istituzioni romane. Membro dell'Accademia Tiberina, nel corso degli anni avrebbe assunto diversi incarichi sino a raggiungerne la presidenza. Il 13 apr. 1823 venne "acclamato virtuoso" nell'Accademia dei Virtuosi al Pantheon, della quale sarebbe stato più tardi (1831) nominato reggente (Roma, Archivio dell'Accad. dei Virtuosi al Pantheon, IX Libro di Congregazione). Un'intensa attività caratterizza inoltre la sua presenza nell'Arcadia, alla quale fornì ampia dedizione con scritti e pubblicazioni nel Giornale arcadico dal 1832 al 1857.
Sempre nei medesimi anni il F. si dedicò principalmente ai problemi relativi all'inalveamento dei corsi d'acqua ed alla bonifica dei terreni paludosi. In questo senso sono da menzionare nel 1827 il progetto del condotto generale bolognese e gli esperimenti eseguiti sui rigurgiti della Lorgana presso Bologna (Busiri Vici, 1869, pp. 5 s.). Al 1828 risale invece il progetto d'inalveazione dei torrenti Maroggia e Tessino, che portò alla relativa bonifica della valle umbra compresa tra Trevi e Spoleto; l'intervento, diretto dal F., fu realizzato tra il 1831 e il 1839 (ibid., p. 6; Moroni, LXIX, pp. 20 s.). Parallelamente agli studi ed agli interventi di bonifica territoriale, il F. proseguì l'attività edilizia nello Stato pontificio, progettando e realizzando fra il 1817 e il 1838 il compimento della cattedrale di Camerino, ricostruita a seguito del terremoto del 1799; il F. successe al Vici (dal 1817) nella direzione della fabbrica, dove completò, seguendo i disegni del suo maestro, entro il 1732, il pregevole interno neoclassico dall'accentuato slancio verticale. All'intervento folchiano sono riferibili, oltre al prolungamento delle due navate minori, la cappella del Ss. Sacramento che regolarizzò a forma quadrata, la cappellina del Ss. Crocifisso, rialzata al di sopra dell'altare, e l'attuale robusta facciata, memore di stilemi palladiani (Boccanera, 1974). Anche le due torri campanarie retrostanti contribuiscono a trasmettere una certa monumentalità alla composizione, che tuttavia delude per lo stridente contrasto con il "nobile" interno (Busiri Vici, 1959; Montironi, 1979).
Il maggior successo professionale del F. fu comunque la realizzazione del traforo del monte Catillo per l'inalveamento dell'Aniene a Tivoli. Dopo la rovinosa inondazione del 1826, che minacciò buona parte della città tiburtina, egli venne incaricato da Pio VIII d'ideare opere atte alla deviazione del corso d'acqua.
Il progetto, approvato dal successivo pontefice Gregorio XVI, prevedeva il convogliamento dell'Aniene entro il monte Catillo per un doppio tunnel lungo 270 metri, creando all'estremità opposta una nuova ed alta cascata di circa 120 metri (Pacifici, 1940). In quest'opera le innovazioni tecnico-strutturali e la spregiudicatezza del linguaggio formale, che ammiccano a modi neogotici sia nel disegno degli imbocchi sia nella sottile linea della cascata, l'avvicinano a coevi esempi europei, svincolandolo da ipoteche accademiche. Durante i lavori, che iniziarono nell'agosto del 1832 e si conclusero con la festosa inaugurazione del 7 ott. 1835, "vennero alla luce elementi archeologici del più grande interesse: numerose lapidi, un arco di ponte, un acquedotto" e vari monumenti funebri romani: "tutti elementi che vennero riuniti ed esposti presso l'imbocco del tunnel, e che furono oggetto di letture del F. alla Pontificia Accademia d'Archeologia nel marzo '33 ed aprile '34 e date alle stampe per l'alto interesse destato" (Busiri Vici, 1959, pp. 43-45). Nell'ambito dello stesso intervento risalgono anche altre opere minori, quali la sistemazione del giardino di villa Gregoriana ed il rifacimento di un tratto di antiche mura romane nei pressi di Tivoli (Pacifici, 1940). Particolare menzione merita invece la costruzione del ponte Gregoriano, che, innalzato sul sito dell'antica cascata, si distingue per il carattere classico delle forme e dei materiali. Con la sua attività di ricerca archeologica il F. meritò la nomina, nel 1833, di socio ordinario presso l'Accademia romana d'archeologia, che lo avrebbe portato a stringere in breve tempo una duratura e sincera amicizia con l'archeologo-architetto L. Canina (Busiri Vici, 1959, pp. 51 s.). Il frutto di questi riconoscimenti gli valse l'iscrizione al patriziato tiburtino avvenuta nel 1836 (ibid., p. 47). Nel 1835, in occasione della giornata inaugurale del traforo, il F. riprese l'architettura effimera dei suoi esordi per sottolineare episodi storici rimarchevoli, realizzando un interessante palchetto neogotico destinato ad ospitare Gregorio XVI (Pacifici, 1940).
Dagli studi del F. sulla regolazione delle risorse idriche ebbero origine nello stesso periodo diversi lavori inerenti la bonifica del Trasimeno e delle legazioni, dell'Agro romano (1836), degli acquedotti di Velletri (1841) e delle risaie marchigiane (Folchi, Relazione fisica..., 1826; Pacifici, 1940). Incominciò poi, fra l'altro, ad elaborare studi per l'istituzione di una Commissione d'ornato (1838), alla quale venisse affidato il controllo degli elaborati necessari per l'edificazione di nuove costruzioni a Roma (Giovanetti - Pasquali, 1984, pp. 62-69). La notorietà del F. emerge ancor più dalla sua elezione a presidente dell'Accademia di S. Luca per il periodo 1841-1843, quando vi erano presenti colleghi ben conosciuti od addirittura famosi: G. Azzurri, P. Camporese, L. Canina, L. Poletti e A. Sarti (Busiri Vici, 1959, p. 47). Continuò a lavorare come architetto del duomo di Foligno, progettando la cappella del Ss. Sacramento (1845), rielaborata e variata nel 1846 dal Vitali (Angelucci - Garms, 1983). Probabilmente nel 1845 fu membro della giuria del concorso per il nuovo teatro di Viterbo, in seguito realizzato da V. Vespignani (Spagnesi, pp. 125, 304). Dopo la morte di papa Gregorio XVI (1846), di cui aveva goduto il patronato, anziano e sofferente il F. non compì alcuna opera significativa sotto il nuovo papa Pio IX, pur essendo stato nominato suo architetto particolare (Pacifici, 1940, p. 192). Al 1847 risale un disegno per le iscrizioni da apporre sulla lapide funeraria del cardinale P. Polidori nella chiesa di S. Ignazio (Moroni, LIV, p. 30), mentre il suo ultimo importante incarico (1849) fu quello di proseguire, in collaborazione con L. Canina e L. Poletti -, il consolidamento delle arcate del Colosseo prospicienti il Celio (Di Macco, 1971). Nel 1851 il F. fu eletto consigliere del Senato romano, su designazione di Pio IX, all'interno di una lista di nobili e borghesi tra i più noti della città (De Cesare, 1907); fu inoltre membro allegato al Collegio filosofico presso l'università della Sapienza (Spagnesi, 1976, p. 124). Con il cugino Giacomo, medico e ricercatore, s'interessò allo studio degli effetti malsani provocati dalle risaie nel marchigiano.
Il F. morì a Roma, nel suo palazzetto in piazza della Pigna, la notte del 30 sett. 1868 e fu sepolto nella cella dei Vici presso la chiesa di S. Maria in Vallicella (Busiri Vici, 1869, pp. 10 s.).
Oltre a collaborare a periodici quali L'Album di Roma e il Giornale arcadico, il F. pubblicò numerosi scritti, tutti editi a Roma, tra i quali si ricordano: Relazione fisica, ed idraulica sulle risaie della Marca…, in Commissione speciale per le risaie della Marca, 1826; Ragionamento sulle scoperte recentementefatte in Tivoli letto nell'Accad. romana di archeologia lì 28 marzo 1833, 1834; Ragionamento sulle scoperte fatte in Tivoli dal marzo 1833 all'aprile 1834, 1834; Biografia del cav. A. Vici, in L'Album, II (1836); Il tempio di Maria Vergine nella terra di Ariccia, del cav. L. Bernini, in L'Ape italiana delle belle arti, III (1837); Elogio di G. Valadier architetto…, 1839; Elogio del socio ord. cav. G. Valadier..., 1842; Sullo stato... dell'istruzione accademica di S. Luca..., 1844; Sulle operazioni che si richieggono per la bonificazione ... dell'Agro romano, 1847; Discorso in encomio del defunto comm. L. Canina, 1857.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio dell'Accad. dei Virtuosi al Pantheon, IX Libro di Congregazione, 1818-1834; M. Missirini, Memorie ... della romana Accad. di S. Luca…, Roma 1823, pp. VII, 332, 416; A. Rutili Gentili, Saggio stor.-art. sulla chiesa cattedrale di S. Feliciano di Fuligno, Foligno 1839, pp. 78-86; G. Bragazzi, Compendio della storia di Foligno, Foligno 1858, p. 5; G. Moroni, Diz. di erudiz. storico eccles...., Venezia 1840-61, VII, p. 54; XXV, p. 143; XXXV, p. 187; XXXVI, pp. 162 s.; XXXIX, p. 145; LIV, p. 30; ILXIX, pp. 20 s.; LXXVI, pp. 61, 130-146, 150-154; I-XXXIV, p. 286; LXXXV, pp. 146, 158, 185, 191; A. Busiri Vici, Brevi notizie intorno al comm. C. F...., Roma 1869; R. De Cesare, Roma e lo Stato del Papa…, I, Roma 1907, p. 55; M. Faloci Pulignani, Il duomo di Foligno e l'arch. G. Piermarini, Foligno 1908, pp. 38, 42, 87, 98-100; R. Romani, Guida stor. art. di Camerino..., Terni 1927, pp. 158 s.; V. Pacifici, C. F. architetto romano, in Arch. della Deputaz. romana di storia patria, LXIII (1940), pp. 181-194; A. Busiri Vici, C. F. ingegnere, architetto ed archeologo romano..., in Palladio, IX (1959), pp. 39-53; Id., Il neoclassicismo... nelle Marche, in Atti dell'XI Congr. di storia dell'architettura, Roma 1965, pp. 502, 517; S. Corradini - G. Boccanera, La cattedrale di Camerino, San Severino Marche 1969, pp. 8-16; M. Di Macco, Il Colosseo. Funzione simbolica, storica, urbana, Roma 1971, pp. 102, 152; G. Boccanera, A. Vici ed il duomo di Camerino, in Atti e memorie della Deputaz. di storia patria per le Marche, s. 8, VIII (1974), pp. 195-206; P. Marconi - A. Cipriani - E. Valeriani, I disegni di architettura dell'Archivio stor. dell'Accad. di S. Luca, Roma 1974, 11, p. 10 nn. 2205-2207; A. Busiri Vici, L'inaugurazione del traforo del monte Catillo..., in Boll. dei Musei comunali di Roma, XXXIII (1976), pp. 53-61; G. Spagnesi, L'architettura a Roma al tempo di Pio IX (1830-1870), Pomezia 1976, pp. 124 s., 287, 304; A. Montironi, Il duomo di Camerino e gli architetti Vici e F., in Camerino e la basilica di S. Venanzio…, Ascoli Piceno 1979, pp. 153-168; G. Incisa della Rocchetta, La collez. dei ritratti dell'Accad. di S. Luca, Roma 1979, pp. 74 n. 286, 214, fig. 231; G. Angelucci - J. Garms, Ilduomo di Foligno..., in Piermarini e il suo tempo (catal., Foligno), a cura di M. Stefanetti, Milano 1983, pp. 92-97, 211; J. Garms, Architettura folignate tra barocco e neoclassico, ibid., pp. 83-91; F. Giovanetti - S. Pasquali, Ornato pubblico e rinnovo delle fabbriche, 1826-1870, in Roma Capitale 1870-1911 ... (catal., Roma), Venezia 1984, pp. 56-85; A. Montironi, Interventi restaurativi nelle cattedrali..., in Antiqua, XI (1986), 6, pp. 61 s.; A. Busiri Vici, G. Sacconi e il progetto F. per il monumento a Vittorio Emanuele, in Strenna dei romanisti, XI-VIII (1987), pp. 115-118; M.I. Venzo, La "grande deviazione" dellAniene..., in Riv. stor. del Lazio, IV (1996), pp. 201-204, 246, 250 s., 256-258.