CLEMENTE I, Papa, santo
Fu nel vescovato di Roma fra i primi successori di S. Pietro, secondo Ireneo (Adv. haer., III, 3) il quarto; secondo Egesippo il terzo (Eusebio, Hist. Eccl., III, 29). Ireneo narra che egli conversò con gli apostoli e nella sua lettera ai Corinzî riferì la tradizione apostolica, da lui ricevuta νρωστί. C. tuttavia non si dichiara mai personalmente discepolo degli apostoli, titolo col quale invece lo ricorda Origene (De principiis, II, 3-8). Egesippo fornisce elementi per collocarlo tra il 92 e il 101. Quasi certamente era stato un giudeo ellenistico. come si deduce dalla lettera ai Corinzi. Origene (In Iohann., VI, 36), che volle identificarlo col Clemente ricordato in Filippesi, IV, 3 come collaboratore di Paolo, fu seguito da Eusebio e da altri antichì; ma l'indizio del nome comune non è garanzia sufficiente per tale ipotesi. Il Lipsius sostenne l'origine gentile di C.; volle anzi che fosse il console Flavio Clemente cugino di Domiziano, decapitato nel 95 o 96. Il Lightfoot suppose che fosse uno schiavo affrancato dalla gens Flavia e di origine giudea. Incerte sono pure le notizie sul martirio di C.; martire non lo ritenne Ireneo; gli atti leggendarî greci parlano dell'esilio di C. nel Chersoneso Tracico e del suo martirio in mare. Nel sec. IV la credenza del suo martirio era generale. La questione è peraltro insoluta.
La letteratura clementina. -Numerosissimi sono gli scritti attribuiti a C. Ma l'unico la cui autenticità non sollevi alcun dubbio è la lettera ai Corinzî, nota come I Clementis. Benché non firmata e scritta in forma impersonale, le testimonianze più remote gliene assicurano la paternità: dagli ‛Υπομνήματα di Egesippo (160-180 d. C.), alla lettera di Dionigi di Corinto, al vescovo di Roma Sotero (166-175 d. C.), all'Adv. haereses di Ireneo, agli Stromata di Clemente Alessandrino che vi attinge largamente, a Origene ed Eusebio di Cesarea. Per di più, essa figura nei più antichi codici clementini. Antichissima è anche la versione latina. contenuta nel cod. Florinensis, che risale, secondo Morin, Harnack e Wölflin, al 150-230. Abbiamo inoltre traduzioni siriache e copte (v. sotto). Se, come pare naturale, C. ha scritto la lettera da vescovo, la data della composizione cade nel 92-101. Comunque, se Policarpo la leggeva nel 110 o poco dopo, ha torto chi vorrebbe rimandarla ai tempi di Traiano o Adriano. Altri vorrebbero farla risalire ai tempi della persecuzione di Nerone (64-68). Essa fu indirizzata alla comunità di Corinto per comporre uno "scisma" (c. 47, 7) prodotto dalla destituzione di alcuni presbiteri (c. 44, 6), da parte di certi "temerarî e insolenti", nei quali probabilmente possiamo vedere alcuni di quei ministri che pretendendosi ispirati si contrapponevano ai legittimi gerarchi. C. è un energico assertore dell'ordine della chiesa, che è voluto da Dio. La gerarchia ecclesiastica è già ben definita nei gradi dei vescovi, presbiteri e diaconi. La successione episcopale appare affermata e voluta da Gesù Cristo; e l'autorità della chiesa romana è affermata indirettamente dal fatto che essa crede di dovere intervenire nella comunità di Corinto. La cristologia non appare nell'epistola ben definita e con carattere personale. Vi si dimostra una profonda conoscenza dell'Antico Testamento, dei vangeli, di Matteo, di Luca, delle lettere paoline e soprattutto della lettera agli Ebrei: di questa, anzi, alcuni antichi attribuirono a C. la paternità. sulle origini della chiesa romana è prezioso il cap. 5, che designa Pietro e Paolo col termine, ben presto consacrato, di "colonne" della chiesa, e li considera come i due "testimoni" di cui la chiesa romana poteva serbare la memoria.
Dell'autenticità della cosiddetta II Clementis, che manca nelle versioni latina e copta, dubitarono già gli antichi (Eusebio, H. E., III, 38, 4). Pare che si tratti non di una lettera, ma di una antica omelia, come pensarono già nel sec. XVII il Dodwell e il Grabe. Il Harnack la ritenne di origine romana. Il Lightfoot, il Funk e altri hanno supposto che l'autore fosse di Corinto, e che questo avesse originato la confusione con l'epistola ai Corinzî di Clemente. Alcuni la identificano con la lettera che Eusebio ci dice indirizzata ai Corinzî dal papa Sotero (Hist. eccl., IV, 23, 11). L'autore, certo di origine gentile, visse nel sec. II, nel 130-160 secondo il Harnack e il von Schubert; nel 120-130 secondo il Lightfoot. Dall'insistente difesa della credenza nella resurrezione della carne, si è supposto che intendesse combattere correnti gnostiche.
Il Wetstein pubblicò nel 1752 a Leida il testo siriaco di due lettere clementine De virginitate, forse quelle stesse sulla purezza della verginità di cui parla Girolamo (Adv. Iovinianum, I, 12), e quelle "lettere encicliche" ricordate nel Panarion di Epifanio, e non rispondenti ai caratteri delle due sunnominate clementine. Le due lettere De virginitate, edite anche da J. Th. Beelen (Lovanio 1856) e tradotte dal Funk, sono da mettersi, al più presto, intorno al 300; luogo d'origine, la Siria meridionale.
Furono anche attribuite a C. le cinque lettere con cui lo pseudo-Isidoro comincia le sue false decretali. Sotto il nome di Clementine è poi tramandato il primo romanzo cristiano a noi giunto, sotto forme diverse. C. vi narra la storia avventurosa della sua conversione per mezzo dell'apostolo Pietro, assistendo alla sua lotta con Simon Mago. Attraverso le più agitate vicende, egli giunge al riconoscimento dei suoi familiari, che tutti si trovano uniti nella fede comune. Il romanzo è in forma di omelie, venti di numero e precedute da una pretesa lettera di Pietro a Giacomo e da una specie di dedica, e in forma di recognitiones, che possediamo nella traduzione latina di Rufino. Omelie e recognitiones segnano stadî diversi della elaborazione del romanzo clementino: vi soggiace un materiale primitivo, nel quale il Kerényi crede di poter riconoscere degli antichi ἀναγνωρισμοί di fattura pagana, attribuiti poi da un antico cristiano a figure venerande come Pietro e Clemente. Certo si può dire che il romanzo clementino esisteva già alla fine del sec. II, perché noto ad Origene. na compilazione più antica ne sarebbero le omelie, una più tarda le recognitiones, che Rufino ci tramandò abbreviate. Alla letteratura pseudo-clementina vanno aggiunte anche le Costituzioni apostoliche (v. apos-roLo). Inoltre i monofisiti siriaci consideraiono come clementina una liturgia, che non può certo essere quella della Messa contenuta nell'VIII libro delle Costituzioni. Infine opere apocalittiche, elencate dal Harnack venivano attribuite a C. nella chiesa egiziana e nella etiopica.
Ediz.: Migne, Patr. graec., II; N. Bryennios, Τοῦ ἐν ἁγίοις Κλήμεντος ἐπισκόπου αἱ δύο πρὸς Κορυνϑίους ἐπιστολαί Costantinopoli 1875; Th. Lightfoot, S. Clement o Rom. The two Epistles to the Corinthians, 2 voll. 1869, P ed., 1890; A. Hilgenfeld, Clementis Romani Epistulae, Lipsia 1876; E. Gebhardt, A. Harnack e T. Zahn, Patrum apostolicorum opera, Lipsia 1876, 3ª ed. 1900; Fr. X. Funk, Patres apostolici, 1ª ed., Tubinga 1901; P. De Lagarde, Clementis romani recognitiones syriace, 1861; A. Hilgenfeld, Die clementinischen Recognitionen und Homilien, Jena 1848; Wh. Kennett, The epistles of St. Clement to the Corinthians, ed. siriaca 1899; K. Schmidt, Der I. Clemensbrief in altkoptischer Übersetzung, Lipsia 1908.
Bibl.: L. Duchesne, Liber pontificalis, I, Parigi 1886; G. B. De Rossi, in Bull. di arch. crist., 1863; R. Ad. Lipsius, Chronologie der römischen Bischofen, Kiel 1869; A. Harnack, Die Chronologie der altchristlichen Lîteratur, I, Lipsia 1897, p. 144; G. Uhlhorn, in Realencyklopädie für prot. Theol., IV, 1898, pp. 163-164. G. Morin, S. Clementis Romani and Corynthios epistulae versio antiquissima, Maresdous 1894. Sulla letteratura pseudo-clementina: A. Harnack, Gesch. der altchrist. Lit., I, Lipsia 1893; G. Uhlhorn, Die Homilien und Recensionen Clemens Romanus, Gottinga 1894; Lehmann, Die clementinischen Schriften mit besonderer Rücksicht auf ihrer Verhältnis, Gotha 1869; I.P. Langen, Die clementinischen Romane, Gotha 1890; Gebhardt e Harnack, Die ältesten Quellen des orientalischen Kirchenrecht, in Texte und Untersuchungen, VI (1891), p. 4; Kerényii, Die griechisch-orientalische Romanliteratur in religions-geschichtlicher Beleuchtung, Tubinga 1927; e gli altri autori citati in O. Bardenhewer, Gesch. der altkirchlichen Lit., Friburgo in B. 1913 segg.; Bardenhewer-Mercati, Patrologia, Roma 1903; L. Hemmer, Les pères apostoliques. Saint Clément de Rome, Parigi 1909.