MAZZA, Clemente
MAZZA (Del Mazza, Della Mazza, Mazzei), Clemente. – Nacque presumibilmente a Castelfranco di Sotto (nella terra del distretto fiorentino, oggi in provincia di Pisa) intorno al 1424 da ser Filippo di Bernardo di Mazzeo e da Ginevra di Giovanni di Andrea Martinozzi da San Miniato.
Razzi, rielaborando alla fine del XVI secolo vari testi agiografici relativi a santi toscani, lo definisce «aretino», ma suoi dati biografici più precisi furono pubblicati da Lami nel secondo volume del suo Odeporicon (pp. 581-583): il M. non può che essere nato dopo il 1° maggio 1420, giorno in cui fu rogato in Firenze dal notaio ser Domenico di Arrigo di Piero Mancini il contratto di nozze fra i suoi genitori. In ogni caso nei Capitoli della Compagnia della Croce, redatti nel 1450, il M. è definito «giovane et di tempo et d’età d’anni 26» (c. 5r). Quanto al luogo di nascita, la definizione di «theologo fiorentino» – datagli nel frontespizio dell’edizione a stampa del 1559 della sua Vita di s. Zanobi – non può essere prova certa della sua nascita cittadina; del resto il suo nome per esteso come appare nei documenti che lo riguardano – «Clemens ser Filippi Bernardi Mazei de Castro Franco» (Santa Maria a Monte, Arch. parrocchiale, Libro d’oro, cc. 40r, 41v, 71r; Lucca, Biblioteca statale, Mss., 3030: Capitoli…, c. 5r; Ibid., Arch. arcivescovile, Libri antichi, 102, c. 16v) – dimostra che sua patria era comunque ritenuta Castelfranco di Sotto. Lo stesso M. nella Vita (ed. 1559, p. 46) afferma di esser stato presente quando «si finì di chiudere la cupola di S. Maria del Fiore» cosa che avvenne nel 1434, e nel 1439 poté assistere alla solenne traslazione delle reliquie di s. Zanobi, uno dei primi vescovi di Firenze, dalla demolita cattedrale di S. Reparata alla nuova di S. Maria del Fiore.
Fu uno dei giovani chierici preposti al servizio liturgico nella cattedrale fiorentina, avendo come maestro Pietro di Francesco da Viterbo (città della quale fu poi vescovo). Divenuto prete, ebbe una cappellania nella cattedrale di Firenze, a cui aggiunse altri benefici ecclesiastici nei dintorni di Castelfranco di Sotto, allora in diocesi di Lucca (oggi di San Miniato): le parrocchie di S. Quirico di Montefalcone e di S. Donato presso Santa Croce sull’Arno; a quest’ultima rinunziò nel 1450 per ricevere la pieve di S. Giovanni in Santa Maria a Monte, di cui prese possesso personalmente l’8 marzo di quell’anno. Erano quelli gli anni dell’episcopato fiorentino di Antonino Pierozzi (proclamato poi santo) e il M. – che come cappellano di S. Maria del Fiore aveva sicuramente avuto modo di conoscere da vicino l’operato di quell’arcivescovo – a differenza di molti ecclesiastici dell’epoca (che preferivano risiedere nelle città trascurando i loro benefici rurali) si stabilì nella sua pieve, assentandosene solo per un breve periodo nel 1455, dietro debita dispensa del vescovo di Lucca, per dedicarsi agli studia in Firenze e addottorarsi in teologia; in alcuni documenti posteriori è infatti detto «sacrarum litterarum doctor» (Libro d’oro, c. 67v).
A Santa Maria a Monte iniziò immediatamente un’intensa attività, ben documentata nel Libro d’oro della pieve. Riformò il capitolo dei canonici, cui dette nuove costituzioni; disciplinò gli usi liturgici della pieve descrivendoli in un Liber processionalis (ricordato dal Libro d’oro, c. 53v), perduto; organizzò il laicato maschile in una confraternita di flagellanti – la Compagnia della Croce – di cui redasse personalmente gli ampi statuti, già ricordati. Particolarmente efficace fu la predicazione cui si dedicò con grande impegno, suscitando forti entusiasmi nel popolo; promosse anche l’istituzione del ciclo annuale di prediche quaresimali, tenute talvolta da lui stesso e più spesso affidate a predicatori forestieri, in genere domenicani.
Al M. si devono anche le forme rinascimentali dell’area presbiterale dalla pieve di S. Giovanni, da lui fatta consacrare nel 1466, e in particolare il fonte battesimale marmoreo realizzato nel 1468 da Domenico Rosselli.
Morì a Santa Maria a Monte nel febbraio 1486, fra il 18, quando fu presente a un rogito notarile (Lami, p. 583), e il 24, data dei primi documenti relativi alla successione nei benefici ecclesiastici da lui goduti (Libri antichi, 118, c. 68v).
L’opera del M. Vita di s. Zanobi del 1475 (contenuta, mutila, nel coevo ms. 2545 della Bibl. Riccardiana di Firenze, cc. 33r-48v) è il volgarizzamento di un precedente scritto agiografico dell’umanista aretino Giovanni Tortelli, in cui il M. inserisce i suoi ricordi personali relativi al rinvenimento e alla traslazione delle reliquie del santo avvenuta il 26 apr. 1439, durante il concilio di Firenze. Quest’opera, sebbene «cavata – come scrisse il Lami – quasi tutta da memorie apocrife e suppositizie» (p. 522), ebbe larga diffusione nel laicato; nel 1482 fu tradotta in francese da Jacques Sigaud «par commandement du Roy Loys XI» (Firenze, Bibl. Medicea Laurenziana, Mss., LXI.16, c. 39r; cfr. Nardi), quando quel re chiese che gli fosse inviata una reliquia del santo. La Vita è dedicata a Filippo Girolami, esponente di un’illustre famiglia fiorentina, custode del culto di s. Zanobi, in quanto sua pretesa discendente; tale dedica mostra il profondo legame che ancora univa alla Chiesa fiorentina il M., da venticinque anni rettore di una pieve lucchese del basso Valdarno, ma è anche indizio della rete di rapporti coltivati con le maggiori famiglie di Firenze, a cominciare dai Girolami.
La Vita fu edita a Firenze da Bartolomeo de’ Libri nel 1487 (Indice generale degli incunaboli, 6317) e nel 1559 riedita a Firenze, presso i Giunti; nel 1863 fu pubblicata ancora a Firenze insieme con altre due vite di s. Zanobi (scritte da Biagio Monaco e da G. Tolosani) e con la Storia di s. Zanobi di B. Giambullari, che presumibilmente è una versione in rima della Vita del M.; il Repertorium (VII) segnala un’ulteriore edizione fiorentina a opera di A. Cecchi nel 1864.
Maggiormente degni di nota, però, sono il suo operato di pievano e i testi da lui redatti nello svolgimento del suo ministero, cioè le Constitutiones capitolari della pieve (contenute nel citato Libro d’oro) e i Capitoli della Compagnia della Croce, entrambi inediti: le prime descrivono e prescrivono i vari aspetti dell’attività dei preti in servizio alla pieve, offrendo un’immagine del clero rurale molto diversa dalle scanzonate macchiette della novellistica, in particolare i contemporanei Motti e facezie del piovano Arlotto; i secondi ugualmente testimoniano lo zelo pastorale di un parroco nei confronti dei suoi parrocchiani degno dell’ancor lontana riforma cattolica.
Fonti e Bibl.: Santa Maria a Monte, Arch. parrocchiale, Libro d’oro, passim; Lucca, Biblioteca statale, Mss., 3030: Capitoli della Compagnia della Croce di Santa Maria a Monte, passim; Ibid., Archivio arcivescovile, Libri antichi, 118, c. 68v; S. Razzi, Vite de’ santi e beati toscani, Firenze 1593, p. 94; C. Minerbetti, Relazione delle sante reliquie della chiesa metropolitana della città di Firenze, Bologna 1685, p. 64; G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, p. 127; L.G. Cerracchini, Fasti teologali, Firenze 1738, pp. 86 s.; G. Lami, Charitonis et Hippophili hodoeporici pars secunda, Florentiae 1741, pp. 521 s., 581-583; T. Gerbi, Cenni storici, militari, civili e religiosi di Santa Maria a Monte, Pontedera 1883, passim; A. Benvenuti, S. Zanobi: memoria episcopale, tradizioni civiche e dignità familiari, in I ceti dirigenti nella Toscana del Quattrocento. Atti del V e VI Convegno del Comitato di studi sulla storia dei ceti dirigenti in Toscana… 1982… 1983, Firenze 1987, pp. 79-115; Id., Un momento del concilio di Firenze: la traslazione delle reliquie di s. Zanobi, in Firenze e il concilio del 1439. Atti del Convegno di studi… 1989, a cura di P. Viti, Firenze 1994; C. Nardi, La fortuna di Ambrogio nelle memorie medievali di Zanobi, in Le radici cristiane di Firenze, Firenze 1994, pp. 77-116; A. Benvenuti, Caritone nel labirinto. Percorsi medievali ed eruditi nell’Odeporico di Giovanni Lami, in Giovanni Lami e il Valdarno inferiore, a cura di V. Bartoloni, Pisa 1997, pp. 190-195; I santi patroni. Modelli di santità, culti e patronati in Occidente, a cura di C. Leonardi - A. Degli Innocenti (catal.), Roma 1999, p. 179; S.J. Cornelison, A French king and a magic ring: the Girolami and a relic of st. Zenobius in Renaissance Florence, in Renaissance Quarterly, LV (2002), pp. 434-469; Indice generale degli incunaboli delle biblioteche d’Italia, n. 6317; Repertorium fontium historiae Medii Aevi, V, p. 117; VII, p. 545.