MOLLI, Clemente
MOLLI (Moli), Clemente. – Nacque intorno al 1599, come si ricava dall’atto di morte del 1664 in cui si legge che era «d’anni 65 in circa» (Cecchini, p. 148).
Originario di una nobile famiglia romagnola di Russi (Masini), fu avviato agli studi umanistici. Un’altra fonte seicentesca (Le glorie de gli Incogniti …) menziona un viaggio giovanile a Roma, dove potrebbe aver approfondito lo studio dell’arte bolognese, la cui influenza informa gran parte della sua produzione.
Alla fine del terzo decennio operò a Bologna, dove scolpì gli stucchi della cappella Dondini nella chiesa di S. Salvatore: vi realizzò le statue di S. Paolo, dichiarato omaggio a quello scolpito da Guido Reni per la chiesa di S. Cristina (Riccomini, p. 78), S. Ignazio, S. Giacomo e di un santo eremita abate.
Nel 1634 eseguì il gruppo in marmo raffigurante Venezia con l’Adige per piazza Bra a Verona, distrutto nel 1797; se ne conserva solo un frammento con il corno dogale al Museo civico di Verona (Semenzato, pp. 84 s.).
La statuaria monumentale si ritrova più volte nel percorso del M., come fa intuire il piede marmoreo di 34 cm, verosimilmente destinato a una figura di oltre due metri, registrato nell’inventario dei beni (Cecchini). Questa sua specializzazione è attestata anche da Boschini nella Carta del navegar pitoresco.
Nel 1635 realizzò sulla porta di S. Bartolomeo a Rovigo una Madonna con Bambino e s. Giovannino, successivamente spostata nella chiesa della Beata Vergine del Soccorso, nota come la Rotonda (Bartoli, pp. 121, 288). Sempre secondo Bartoli, il M. avrebbe eseguito un S. Agostino in marmo (p. 158), oggi perduto, per una nicchia della porta Maggiore delle mura.
Nel 1636 realizzò la scultura della Madonna col Bambino, firmata «Clem. Molli», nota come Madonna del fuoco che fu posta su una colonna in piazza del Duomo a Forlì (Riccomini, p. 78; Danieli, p. 122). Dello stesso periodo sono la Madonna col Bambino sulla tribuna di ingresso al castello di Modigliana, pure firmata (Riccomini, p. 79), e la Madonna di Loreto nella chiesa di S. Filippo a Forlì (ibid).
La cosiddetta Madonna del fuoco presenta una notevole somiglianza con la Madonna del voto di Castelfranco Emilia, su una colonna davanti alla chiesa di S. Maria Assunta. In quanto ex voto per la peste del 1630, è comunemente datata al 1631, ma per affinità stilistica con la Madonna forlivese l’esecuzione può essere posticipata al 1635-36 (Danieli, pp. 122 s.). All’interno della stessa chiesa si trova anche il gruppo scultoreo di S. Anna e la Vergine (ibid., p. 68).
Almeno dal 1638 il M. fu attivo a Venezia, come conferma la sua presenza nel volume de Le veglie degli Unisoni in qualità di membro dell’omonima accademia (Bassi, p. 78).
Nel novembre 1640 sposò a Venezia Maria Bonelli, dalla quale probabilmente non ebbe figli; in base all’elenco dei beni redatto per l’inventario di dote della vedova (Cecchini), si intuisce che erano piuttosto benestanti.
La permanenza nella città lagunare fu intervallata da altri incarichi, sempre nell’ambito dell’arredo urbano: nel 1640 innalzò la statua di S. Vitale nella piazza Maggiore di Ravenna (Semenzato, p. 84), mentre nel biennio 1644-46 fu a Varsavia, dove realizzò la statua di Sigismondo III Vasa, sulla piazza del castello.
Le opere veneziane del M. sono state studiate dalla critica moderna più sistematicamente rispetto a quelle emiliane.
Dagli archivi della Procuratia de Supra emerge che operò quasi sempre nell’ambito della bottega di Baldassare Longhena, spesso in collaborazione con Francesco Cavrioli.
Il primo impegno fu quello per l’altare della cappella Widmann nella chiesa di S. Canciano, attribuitogli da Martinioni (p. 152): fu iniziato intorno al 1635 e completato nel 1639, come attesta l’epigrafe dedicatoria. Il complesso è dedicato a S. Massimo, rappresentato in ginocchio con a fianco due angeli su un sarcofago sorretto da altre due figure angeliche. Sulla cimasa si trovano la Madonna, S. Giovanni Evangelista e S. Paolo. Le posture estatiche e il marcato aspetto devozionale rivelano la matrice reniana e carraccesca; Rossi (1995; 2001, p. 622) ha ipotizzato la responsabilità del M. anche nella realizzazione della cornice architettonica dell’altare.
Per quanto riguarda l’altare di S. Lorenzo Giustiniani nella chiesa di S. Pietro di Castello, non gli si attribuisce più l’intera decorazione scultorea del complesso, ma solo i quattro putti in marmo e le Virtù teologali della mensa: ricerche d’archivio hanno evidenziato infatti che il nome del M. non compare nei pagamenti per l’altare (Vio), il che non esclude del tutto il suo intervento, ma lo limita alla fase iniziale della committenza, principiata nel 1649 e negli anni Cinquanta ancora in corso. L’attribuzione si basa sul confronto con gli angeli dell’altare Widmann e con il Bambino e il s. Giovannino della Madonna di Rovigo (Rossi, 1989, pp. 61-63). Nella stessa chiesa lavorò accanto a Longhena per l’altare del procuratore Francesco Morosini, iniziato nel 1643: tuttavia solo tra il 1654 e il 1655 il M. realizzò i busti del committente e della moglie Elena Cappello (Rossi, 1989, p. 63; Frank, p. 221 n. 11).
Negli anni 1649-59 si susseguirono numerose corresponsioni di denaro da parte della Procuratia de Supra, non tutte dettagliate riguardo ai soggetti o alla destinazione (Rossi, 1989, p. 63). Con Cavrioli, tra il 1652 e il 1659, il M. lavorò all’altar maggiore della chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo, per cui dovettero eseguire in collaborazione le statue dei santi titolari (ibid., pp. 63 s., 67 n. 29).
Il S. Giovanni, firmato «Clem. Mol. Bol.» nel piedistallo e «Bononiensis» nella spada, palesa l’influenza del S. Procolo di A. Algardi per l’oratorio bolognese di S. Maria della Vita, infatti i contatti del M. con l’ambiente bolognese sono ancora attestati nei primi anni del sesto decennio (C.C. Malvasia, Felsina pittrice, con aggiunte di G. Zanotti, II, Bologna 1841, p. 183). Gli altri due santi sul coronamento dell’altare, che gli erano stati attribuiti in passato (Semenzato, p. 85), sono riferibili invece a Bernardo Falconi (Rossi, 1989, p. 65).
Per la chiesa veneziana di S. Giustina, ancora una volta su incarico di Longhena, il M. scolpì il busto del procuratore Giovanni Soranzo, affiancato dalle figure della Pace e della Guerra teatralmente rivolte verso di lui: le sculture si trovavano nella zona superiore della facciata, al di sopra di sarcofagi, ma sono andate perdute (Hopkins, p. 180; Frank, p. 178).
Nel 1657-58 lavorò per la basilica di S. Marco: la Procuratia gli affidò il rifacimento della statua della Prudenza, caduta dal coronamento della chiesa. Per affinità stilistiche con quest’opera sono state assegnate al M. anche le statue della Costanza e della Misericordia sulla facciata dell’abbazia della Misericordia (Rossi, 1989, pp. 65 s.). Semenzato assegna al M. anche il busto di Gaspare Moro, la Madonna e i Putti sorreggenti il cartiglio. Al M. è stata attribuita inoltre l’architettura della fabbrica (Martinioni, p. 179) eretta negli anni 1651-59, come attestano le epigrafi della facciata.
Nel novembre 1658 il M. percepì un cospicuo pagamento per il «rilievo de scoltura fata in pietra viva del efigie di san Zorzi posta sopra le Case dei Greci» (ancora visibile nella salizada dei Greci), il complesso di abitazioni ristrutturate da Longhena su commissione della comunità (Frank, pp. 292 s.).
Nel settembre del 1661 presentò ai padri del convento dei Ss. Giovanni e Paolo una perizia su tre statue di Falconi per l’altar maggiore (Cecchini, p. 147).
Il 6 ag. 1662 risulta aver fatto da padrino di battesimo del figlio dello scultore Giovanni Battista Groppelli; a quella data abitava a S. Samuele, dove risiedeva almeno dal 1659 come affittuario del procuratore Alvise Tomà Mocenigo (ibid., p. 148).
Nella raccolta di C. Molini (Lacrime di Parnaso in morte del signor Girolamo Albanese insigne statuario, Vicenza 1663, p. 36) veniva pubblicato un sonetto del M. in onore del defunto scultore Girolamo Albanese.
Nel 1660 Boschini menziona il M. anche come poeta e intendente d’arte; la professione di sensale d’arte, come consigliere degli acquisti degli Este negli anni Cinquanta, è confermata nei dispacci dell’abate modenese Giambattista Codebò (Venturi), dove il M. esprimeva pareri su quadri di Veronese e Tintoretto. Nel 1658 faceva la stima di alcune statue a Padova per conto dei magistrati dei Conservatori delle leggi (Cecchini, pp. 149, 151).
Non si hanno notizie chiare sull’attività pittorica del M.: in un documento del 1656 si attesta che il pittore Michele Pietra possedeva alcuni quadretti del M. di piccolo formato, mentre nell’inventario di dote della moglie figurano una battaglia, una Maddalena e altre sante, due uomini armati, una copia da Giorgione, un s. Salvatore, un presepio, diverse figure di Venere e divinità pagane, qualche abbozzo. Sembra si possa dedurre che l’attività di pittore fu semplicemente amatoriale, nata nell’ambito della cerchia dei mercanti d’arte.
Il M. morì a Venezia il 14 marzo 1664, come attesta l’atto di morte rinvenuto da Cecchini (p. 148).
Fonti e Bibl.: Le glorie de gli Incogniti o vero Gli huomini illustri dell’Accademia de’ signori Incogniti di Venetia, Venezia 1647, p. 113; P. Masini, Bologna perlustrata, Bologna 1650, p. 597; M. Boschini, La carta del navegar pitoresco [Venezia 1660], a cura di A. Pallucchini, Venezia-Roma 1966, pp. 268 s.; G. Martinioni, Venezia città nobilissima et singolare descritta in XIII libri da M. Francesco Sansovino …, Venezia 1663, p. 152; F. Bartoli, Pitture, sculture e architetture della città di Rovigo, Venezia 1793, pp. 121, 158, 288; A. Venturi, La r. Galleria Estense di Modena, Modena 1882, pp. 236-238, 255; G. Bianchini, La chiesa di S. Maria di Nazareth, Venezia 1894, p. 11; G. Lorenzetti, Venezia e il suo estuario, Roma 1956, ad ind.; E. Bassi, Architettura del Sei e Settecento a Venezia, Napoli 1962, ad ind.; C. Semenzato, La scultura veneta del Seicento e Settecento, Venezia 1966, pp. 17-19, 41, 78, 84 s.; E. Riccomini, Ordine e vaghezza. Scultura in Emilia in età barocca, Bologna 1972, pp. 78 s., 278-281; G. Vio, L’altare di S. Lorenzo Giustiniani in S. Pietro di Castello, in Arte veneta, XXXV (1981), pp. 209-216; P. Rossi, Appunti sull’attività veneziana di C. M., in Venezia arti, III (1989), pp. 61-68; Id., La scultura, in Storia di Venezia. Temi. L’arte, II, Roma 1995, pp. 120, 122, 124; G.M. Sperandini, Maestà e oratori nel territorio comunale di Castelfranco Emilia, Nonantola 1996, pp. 26-28; I. Cecchini, Nuovi dati su C. M., in Arte veneta, 1998, n. 52, pp. 147-151; P. Rossi, Il ruolo della scultura nel Seicento e la sua interrelazione con la pittura, in La pittura nel Veneto. Il Seicento, Milano 2001, II, ad ind.; M. Frank, Baldassare Longhena, Venezia 2004, ad ind.; M. Danieli, in Ecclesia. I beni ecclesiastici del territorio di Castelfranco Emilia, Castelfranco Emilia 2005, pp. 68, 122 s.; A. Hopkins, Baldassare Longhena. 1597-1682, Milano 2006, p. 180; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, p. 45.