MONTEMARTINI, Clemente
MONTEMARTINI, Clemente. – Nacque il 12 giugno 1863, a Montù Beccaria, piccolo centro dell’oltrepò pavese, da Pietro e da Angela Mascheroni, primo di tre fratelli destinati a entrare nella storia della cultura italiana: Giovanni, nato nel 1867, divenne un famoso economista della scuola marginalista; Gabriele Luigi, nato nel 1869, fu un insigne botanico e un importante uomo politico socialista.
Si iscrisse all’università di Pavia e vi conseguì la laurea in fisica il 29 aprile 1885. Messosi in luce come sperimentatore già da studente, il 22 giugno 1885 fu nominato assistente presso il laboratorio di fisica diretto da Giovanni Canton. Il 30 giugno 1886 divenne assistente di Alfonso Cossa presso il laboratorio e la cattedra di chimica docimastica della Scuola di applicazione per ingegneri di Torino, dove rimase fino al 1893, quando prese la libera docenza in chimica fisica e fu chiamato a Roma per collaborare fuori servizio con il chimico Emanuele Paternò. Il 6 novembre 1894, fu nominato assistente presso il laboratorio di chimica farmaceutica dell’università di Roma, diretto da Luigi Balbiano, e vi rimase fin quando vinse il concorso per la cattedra palermitana di chimica docimastica. Il 2 aprile 1899 sposò Efisia Orseniga, nata a Milano il 18 giugno 1874, e nello stesso anno nacque Pierina, loro unica figlia. Divenne professore straordinario a Palermo con nomina del 29 dicembre 1902, ma rimase poco in Sicilia, perché in seguito a un ulteriore concorso fu nominato professore straordinario, ancora di chimica docimastica, presso la Scuola di applicazione per ingegneri di Torino, dove divenne ordinario a partire da 1° novembre 1908. Intanto, per l’anno accademico 1905-1906, era stato incaricato dell’insegnamento di chimica mineraria. Nella sede torinese raggiunse il vertice della sua carriera istituzionale con la nomina a direttore del Politecnico del 27 ottobre 1932.
L’attività scientifica di Montemartini dimostra la sua adattabilità come ricercatore, in quanto, a seconda del ruolo accademico ricoperto, condusse ottime ricerche in campi assai diversi. Si possono così distinguere diversi periodi, in cui la sua produzione scientifica è spesso legata agli orientamenti generali dei direttori dei laboratori in cui lavorava. Non appena diventato assistente di Cossa rivolse la sua attenzione a studi di petrografia e chimica petrografica, con lavori che ebbero larga risonanza internazionale (Sulla composizione chimica e mineralogica delle rocce serpentinose del Colle di Cassimoreno e del Monte Ragola (Valle del Nure), in Atti della R. Acc. dei Lincei. Rend., s. 4, IV [1888], pp. 369-377; Composizione chimica e mineralogica di una roccia serpentinosa di Borzanasca (riviera Ligure), in Atti della R. Acc. delle scienze di Torino, XXXV [1890], pp. 209-212). Verso la fine del periodo torinese, e certamente in vista del conseguimento della libera docenza, intraprese una serie di ricerche sul tema sperimentalmente assai difficile dell’azione sui metalli e sulle leghe dell’acido nitrico in grande eccesso, attraverso le quali definì i limiti di concentrazione per la formazione degli ossidi d’azoto e dell’ammoniaca e analizzò dettagliatamente le complesse cinetiche di reazione. Tali studi (Velocità di decomposizione dell’acido nitroso in soluzione acquosa, in Atti della R. Acc. dei Lincei. Rendiconti, s. 4, VI [1890], pp. 263-270; Sul limite di combustione dell’ idrogeno nel protossido d’azoto, in Atti della R. Acc. dei Lincei. Rendiconti, s. 4, VII [1891], pp. 219-222; Sulla decomposizione di alcune combinazioni ossigenate dell’azoto in soluzioni di acido nitrico, in Atti della R. Acc. dei Lincei. Rendiconti, s. 5, I [1892], pp. 64-67) non solo furono citati all’epoca anche dal grande Mendeleev, ma ancora in anni recenti facevano parte della letteratura di riferimento. Infine, nel primo periodo torinese Montemartini portò alcuni contributi alla teoria dei solvati, studiando la relazione fra l’acqua di cristallizzazione di alcuni sali e il loro attrito interno.
Le ricerche del periodo romano iniziarono con la prestigiosa collaborazione con Paternò nel campo, allora innovativo, della crioscopia, e riguardavano la variazione di volume nei miscugli di liquidi e la determinazione della costante crioscopica del paraxilene. Una volta diventato assistente di Balbiano, Montemartini cambiò completamente tipo di ricerca, inoltrandosi in vari settori della chimica organica, studiando i prodotti organometallici del bismuto, gli acidi adipinici, e gli acidi γ- chetonici (di particolare rilievo furono i lavori sulla reattività dell’acido isovalerianico: Azione del cloro sull’acido iso-valerianico, in Gazzetta chimica italiana, 1897, vol. 27, 2, pp. 368-374; Condensazioni coll’etere β-cloroisovalerianico, in Gazzetta chimica italiana, 1898, vol. 28, 2, pp. 305-312) e della farmacognosia. In questo campo fu notevole la proposta di un metodo per il dosamento della morfina nell’oppio e nei relativi suoi preparati (C. Montemartini - D. Trasciatti, Sulla determinazione della morfina nell’oppio, in Gazzetta chimica italiana, 1897, vol. 27, 2, pp. 302-335). Verso la fine del soggiorno romano, tornò a lavorare nel settore della chimica inorganica e analitica (C. Montemartini - U. Egidi, Studii sugli acidi del fosforo. Velocità di idratazione dell’acido metafosforico, in Gazzetta chimica italiana, 1901, vol. 31, 1, pp- 394-400; C. Montemartini - G. Mattucci, Sulla determinazione quantitativa del rubidio e del cesio, in Gazzetta chimica italiana, 1903, vol. 33, 2, pp. 189- 202).
Il reinserimento di Montemartini nella vita accademica di Torino non fu facilissimo, e queste difficoltà sono testimoniate dalla mancanza di pubblicazioni fra il 1903 e il 1907. Nel 1906, in forza di una speciale convenzione tra il regio commissario della Scuola di applicazione e il presidente del Museo industriale al Valentino, il laboratorio di chimica docimastica della scuola venne trasferito nella sede del museo, ove fu allestito in locali più ampi e più adatti alle ricerche. Nello stesso anno, una volta fondato il Politecnico, il laboratorio fu annesso al corso di chimica applicata ai materiali da costruzione, tenuto da Montemartini, che così poté riprendere l’attività sperimentale. Nel 1907 furono pubblicate ben cinque note sulla idratazione dei cementi. Si trattava di ricerche finalizzate a rendere più rapidi i metodi di controllo dei cementi, i cui risultati furono pubblicati dalla più importante rivista italiana di chimica applicata (C. Montemartini - F. Roncali, Sui saggi rapidi dei cementi, in Annali di chimica applicata, 1919, vol. 12, 5- 8, pp. 59-73). Nel 1914 Montemartini condusse esperienze sulla resistenza al riscaldamento delle steatiti, e nel 1916, probabilmente per necessità legate al conflitto in corso, ritornò agli studi di farmacognosia, mettendo a punto un metodo analitico differenziale per dosare chinina e cinconina, in funzione della temperature e del potere rotatorio dei loro sali.
L’ultimo tratto dell’attività scientifica di Montemartini si legò a un’importante iniziativa editoriale torinese: Il notiziario chimico industriale: rivista internazionale di chimica, che iniziò la pubblicazione nel gennaio 1926, con cadenza mensile, e nel gennaio 1929 ebbe una nuova testata, dove veniva indicato l’editore di riferimento: L’industria chimica: organo ufficiale della Federazione nazionale fascista industrie chimiche ed affini.
In questa sede Montemartini pubblicò in successione tre serie di lavori: la prima consistente in cinque contributi, pubblicati fra il 1927 e il 1929, sugli equilibri tra solfati doppi e soluzioni acquose di acido; la seconda, in cinque note, pubblicate nel 1931, riguardante una reazione caratteristica per le soluzioni violette dei sali di cromo; infine, la terza ed ultima, andata in stampa dall’ottobre 1931 all’aprile 1933, anche postuma, sulle soluzioni di metalli trivalenti e che è la più importante, perché contiene due contributi entrati nella letteratura internazionale, dal punto di vista sia strettamente scientifico, sia applicativo e brevettuale (C. Montemartini - E. Vernazza, Sulle trasformazioni di sali di metalli trivalenti in soluzione, in L’Industria chimica, 1932, vol. 7, pp. 557-82, 857-865).
Di carattere gioviale e bonario, Montemartini era uomo di vasta cultura e poliglotta (conosceva, infatti, il francese, il tedesco, l’inglese e il russo). Amò particolarmente la didattica e la sua esposizione a lezione era calma, lineare, con esperienze ben scelte e ben preparate. A testimonianza di questo amore vi sono diverse pubblicazioni, tra cui la più importante è l’edizione italiana di due trattati molto noti di un chimico americano, rifusi in un unico volume (A. Smith, Trattato elementare di chimica inorganica, Torino 1912). Nel 1919, al momento della costituzione dell’Associazione italiana di chimica generale ed applicata, Montemartini fu il primo presidente della sezione di Torino.
Il 26 giugno 1933, mentre si trovava in visita di lavoro al Politecnico di Milano, fu colpito da emorragia cerebrale. Nonostante l’immediato ricovero, morì il 28 giugno.
Fonti e Bibl.: I dettagli della carriera accademica e ampie notizie sulla morte improvvisa di Montemartini sono contenuti nel fascicolo personale conservato presso: Torino, Arch. generale del Politecnico, Fascicoli personali, Clemente Montemartini; la cronaca del ricovero a Milano si trova in: Gazzetta del Popolo, 29 giugno 1933; necrologi e commemorazioni si leggono in: F. Garelli, M., C., in Annuario del R. Ist. superiore di ingegneria di Torino. Anno accademico 1933- 34, pp. 243-250, Torino 1934, (con un ritratto di M. e bibliografia incompleta); L. Losana, C. M., in La chimica e l’industria, 1933, vol. 15, p. 310; C. Manuelli, Commemorazione, ibidem, vol. 15, p. 352; alcune notizie sull’attività di Montemartini a Torino si trovano in: G.M. Pugno, Storia del Politecnico di Torino. Dalle origini alla vigilia della seconda guerra mondiale, Torino 1959.