SETTIMI, Clemente (in religione Clemente di S. Carlo)
– Nacque a Camerino nel 1622 da Settimio e da Virginia da Camerino.
La data di nascita è dedotta da un catalogo (1639) della comunità degli scolopi di Firenze, ove si afferma che aveva allora 27 anni.
I primi contatti con le Scuole pie avvennero grazie al concittadino Venanzio Fausti che, tra il 1638 e il 1622, entrò nella Congregazione paolina dei poveri della Madre di Dio, prima che diventasse Ordine. Settimi divenne chierico a Roma il 1° gennaio 1632 e nel 1634 fece professione solenne nelle mani di Pietro Casani. Vincenzo Talenti (1753) dà notizia di un suo passaggio a Napoli e nel giugno del 1635 a Firenze, dove fu ordinato sacerdote il 20 dicembre 1636.
Settimi ebbe inizialmente solo incarichi amministrativi, fu infatti segretario e autore delle relazioni dei capitoli locale e generale (1637). Nel catalogo della famiglia era indicato nel 1637 come «matematico ed economo». Il suo ruolo assunse maggior spessore nel 1638, quando successe a Famiano Michelini nella direzione della scuola di matematica sorta nel 1633; nel 1638, grazie al granduca di Toscana, gli scolopi di Firenze erano entrati anche in possesso di un edificio per il noviziato e nel 1638 era stata inaugurata una scuola dei nobili che seguiva gli allievi nell’istruzione superiore.
Divenuto rettore della scuola di matematica, Settimi prese a frequentare la villa di Arcetri in cui risiedeva Galileo Galilei, come attestano le lettere in cui lo scienziato lo menzionava oltre che come latore di testi e missive, come profondo conoscitore delle matematiche. Per Galilei la presenza di Settimi era di tale importanza che il suo superiore Gian Domenico Romani ottenne dal padre provinciale Francesco Castelli una dispensa per consentirgli di risiedere ad Arcetri oltre gli orari imposti dal regolamento della casa professa. La trattativa per il rilascio della dispensa, conclusasi nel 1639, coinvolse il padre generale dell’Ordine, Giuseppe Calasanzio, il segretario del granduca Andrea Cioli e il suo ambasciatore presso la S. Sede.
In quello stesso anno Settimi si recò a Roma e Napoli, fu poi di nuovo a Firenze, ove Calasanzio lo aveva destinato con altri confratelli fra i quali Mario Sozzi; quest’ultimo lo coinvolse – insieme ad altri ‘scolopi galileiani’ – in un grave scandalo. L’‘affare Sozzi’ o ‘affare della Faustina’ nacque per una denuncia presentata al S. Uffizio in cui Sozzi accusava il canonico Pandolfo Ricasoli di condotta scandalosa con Faustina Mainardi. Sozzi riferì di aver subito intimidazioni da parte di alcuni confratelli della sua casa dopo la denuncia e per questo motivo quattro religiosi vicini a Galilei, tra cui Settimi, furono convocati a Roma con l’accusa di indisciplina, da cui vennero però prosciolti. Sozzi allora redasse e consegnò all’Inquisizione di Roma (maggio o giugno 1641) un memoriale in cui accusava gli scolopi Angelo Morelli, Famiano Michelini, Ambrogio Ambrogi, Carlo Conti, Salvatore Grise e Settimi di «professare le dannate dottrine di Galileo e altre opinioni stravaganti, piuttosto da ateisti che da cristiani» (Cioni, 1908, p. 58). La denuncia interessava soprattutto Michelini, che secondo Sozzi avrebbe definito tali dottrine «nova filosofia et scientia certa» (ibid.), e Settimi («dice il Padre Clemente – dichiarava ancora Sozzi – che il mondo non ha avuto principio, e che ogni cosa viene creata e governata da cieli e non sì da altro né Creatore né Governatore»). Gli scolopi inquisiti venivano accusati di professare la dottrina galileiana come «il solo modo di conoscere Dio» (ibid., pp. 56, 60). La posizione di Settimi era delicata poiché al momento dell’accusa era rettore della scuola di matematiche e provinciale di Toscana nel capitolo generale. L’assessore del S. Uffizio ritenne che Settimi fosse un buon religioso e che non si dovesse procedere nei suoi confronti. Leodegario Picanyol (1942) ha parlato di un’azione diplomatica scolopico-galileiana avviata in quell’occasione per sostenere l’istituto calasanziano. Nell’aprile del 1641 l’ambasciatore del granduca presso la S. Sede dichiarò infatti che il cardinale protettore Alessandro Cesarini avrebbe consentito a Settimi di partecipare all’imminente capitolo generale purché non si facesse «innovazione in quel punto delle matematiche, inclinando egli piuttosto all’esercizio delle scienze in quei religiosi che a diminuirle» (Archivio di Stato di Firenze, Medic. Princ., f. 3369, c. 75). Il processo, che Leopoldo de’ Medici definì «nostra causa» (5561, n. 818) si concluse nel maggio del 1641 con l’assoluzione di tutti i religiosi.
Il sostegno dato a Settimi dal granduca è confermato da una lettera in cui Leopoldo di Toscana chiedeva al cardinale Cesarini di sollevare Settimi dal timore delle conseguenze di una convocazione a Roma (ibid., f. 5570, c. 684), e quella di Giovanni Gondi, primo ministro del granduca, che chiedeva all’ambasciatore presso la S. Sede Francesco Nicolini un’intercessione presso il cardinal Alessandro Sacchetti (f. 3370, c. 51). L’assenza al S. Uffizio di una documentazione su Settimi fa supporre che il suo caso sia stato trattato extragiudizialmente (Giovannozzi, 1917). Il 14 dicembre 1641 Settimi informò Leopoldo de’ Medici di esser stato sciolto dalle accuse, ringraziandolo per la benevolenza dimostrata (Archivio di Stato di Firenze, Medic. Princ., f. 5561, c. 814).
Malgrado l’esito fausto della vicenda, il clamore suscitato dalla denuncia di Sozzi e dalla convocazione a Roma aveva però minato la fiducia di Settimi nell’istituto calasanziano – «giacchè in questa religione non sono più i nostri Superiori padroni de’ soggetti che in essa vi sono» – tanto che volle ricoprire incarichi più tranquilli (ibid., c. 938), trasferendosi dopo morte di Galilei in Sicilia, forse in qualità di provinciale. Scrisse da Palermo a Leopoldo de’ Medici, che lo aveva raccomandato al viceré «essendo ben informato delle qualità e meriti di lui» (ibid., f. 145, c. 289).
La storia successiva di Settimi è parallela a quella della riduzione dell’Ordine a Congregazione da parte di Innocenzo X (con il breve Pro felici, del 16 marzo 1646). La decisione delle case scolopiche della provincia di Sicilia di accettare il sostegno della monarchia spagnola lo trovò contrario, come attestano sue missive del 1643-44 al visitatore apostolico Silvestro Pietrasanta, allora governatore dell’Ordine.
Nel luglio del 1646 Settimi uscì dal clero secolare. Poco si sa dei suoi successivi spostamenti e della sua morte. Da Messina Settimi si trasferì a Siracusa dove lavorò come istitutore di matematica presso una nobile famiglia del luogo. In quel periodo non cessarono i contatti con il Granducato di Toscana, l’attività scientifica e rapporti con gli allievi di Galilei. In una lettera a Evangelista Torricelli del 20 ottobre 1644, Michelangelo Ricci parlò della volontà di Settimi di recarsi a Roma in occasione del passaggio di padre Mersenne; negli stessi anni Giovanni Alfonso Borelli lo citò in una disputa su un problema matematico proposto da padre Antonio Santini (1646) e ancora nei suoi studi sulla caduta dei gravi (1678). I riferimenti a Settimi costituiscono il documento dell’esistenza di un’attiva comunità scientifica operante nella penisola, confermando lo spessore intellettuale di un matematico che, pur non lasciando nulla di scritto, si collocò al centro del dibattito scientifico di quegli anni con le conseguenze che questa scelta comportò per la sua attività di religioso e studioso. L’eredità lasciata da Galilei ai suoi discepoli e specularmente da Settimi alla comunità degli scienziati vicini a Galilei fu sancita da Vincenzo Viviani (Quinto libro degli elementi di Euclide..., 1674), che nella sua rilettura del quinto libro degli elementi di Euclide «secondo la dottrina di Galileo», riconobbe a Settimi – «per dottrina amabilissimo» – il ruolo di maestro nel raggiungere la «consapevolezza che nella Geometria è riposto ogni vero scibile» (p. 88).
Non sono noti scritti di Settimi. Il suo peso sul dibattito scientifico emerge nelle lettere conservate tra i Manoscritti galileiani della Biblioteca nazionale di Firenze, negli scritti di Giovanni Alfonso Borelli, Discorso nel quale si manifestano le falsità, e gli errori, contenuti nella difesa del problema geometrico, risoluto da R. D. Pietro Emanuele, Messina 1646, e De motionibus naturalibus a gravitate pendentibus, Regio Iulio 1678 (cap. 2, prop. III, p. 9) e negli studi di V. Viviani, Quinto libro degli elementi di Euclide ovvero scienza universale delle proporzioni spiegata con la dottrina di Galileo, Firenze 1674, p. 88.
Fonti e Bibl.: Fonti inedite relative all’attività di Settimi all’interno dell’Ordine si trovano a Roma nell’Archivio generale delle Scuole pie (Reg. Cal., b. 11, n. 1-2, 13B, 28, n. 112, 109; Reg. gen., b. 4; Reg. prov., b. 26; Reg. rel., b. 14, n. 361) e a Firenze nell’Archivio provinciale delle Scuole pie (Reg. dom., b. 527, 570; Reg. prov., b. 61, 82); altre, in parte edite, sono in G. Caputi, Notizie historiche della Congregatione et della Religione dei CC. RR. PP. della Madre di Dio delle Scuole pie, in Archivum scholarum piarum, XXVII-XXIX (2003-2005), passim. Le lettere relative ai rapporti con la corte medicea sono nell’Archivio di Stato di Firenze, Medic. Princ.: f. 145, nn. 289, f. 3369, n. 75, f. 5561, nn. 814, 817, 818, 938, f. 5570, n. 684.
Fonti relative ai rapporti di Settimi con Galilei conservate nei manoscritti galileiani della Biblioteca nazionale di Firenze sono consultabili in versione digitale ai seguenti indirizzi: http://opac. bncf.firenze.sbn.it/opac/ e https://galileoteca.museogalileo.it/PKOutGalileoTheka/consultaManoscritti (28 aprile 2018). Quelle edite sugli scambi epistolari con Galilei e i suoi allievi sono nell’Edizione nazionale delle opere di G. Galilei diretta da A. Favaro, XIV-XVIII, Carteggio, Firenze 1904-1906, ad indicem. Fonti edite sui rapporti con Giuseppe Calasanzio si trovano nell’Epistolario di S. Giuseppe Calasanzio, a cura di L. Picanyol, I-IX, Roma 1952-1955, ad ind., nel Codice calasanziano palermitano, a cura di G. L. Moncallero - G. Limiti, Roma 1965, pp. 335 s., e in P.G. Santha, Epistulae ad S. Josephum Calasanctium ex Hispania et Italia.1616-1648, II, Roma 1972, ad indicem.
Per la vicenda religiosa di S. si vedano le Memorie cronologiche della fondazione e progressi della Provincia di Sicilie delle Scuole pie scritte da p. Filippo Scoma scholarum piarum, a cura di C. Vila Palà, in Archivum scholarum piarum, 1985, nn. 17-18, pp. 99-154, 307-372; 1986, nn. 19-20, pp. 51-170; V. Berro, Annotazioni della fondazione della congregatione e religione dei chierici regolari poveri della Madre di Dio delle Scuole pie, a cura di O. Tosti, ibid., 1987, nn. 21-22, 1988, nn. 23-24, passim. Notizie su Settimi sono reperibili anche in G. Cinelli, Le bellezze della città di Firenze, Firenze 1677, p. 340; V. Talenti, Vita del beato Giuseppe Calasanzio, Roma 1753, p. 255; G. Targioni Tozzetti, Notizie degli aggrandimenti delle scienze fisiche accaduti in Toscana, I, Firenze 1780, p. 121, passim; M. Cioni, I documenti galileiani del S. Uffizio di Firenze, Firenze 1908. Tra gli studi su Settimi e i suoi confratelli: E. Pistelli, Uno scolopio galileiano, Milano 1903, pp. 433-444; G. Giovannozzi, Scolopi galileiani, Firenze 1917, pp. 5-24; L. Picanyol, La Scuola dei nobili nelle Scuole pie fiorentine e il suo fondatore p. Giovan Francesco Apa, Roma 1939, p. 16; Id., Le Scuole pie e Galileo Galilei, Roma, in Rassegna di storia e bibliografia scolopica, XI-XII (1942), p. 57; Id., L’eco dei nostri centenari, III, Roma 1945, pp. 17 s.; Le opere dei discepoli di Galileo Galilei, Carteggio, I, 1642-1648, a cura di P. Galluzzi - M. Torrini, Firenze 1975, p. 161; G. Ausenda, C. S., in Diccionario enciclopedico escolapio, II, Salamanca 1983, pp. 510 s.; O. Tosti, Notizie storiche del «Pellegrino» noviziato degli scolopi di Firenze, in Ricerche, 1983, n. 7, pp. 35-59, n. 8, pp. 157-174, n. 9, pp. 280-300; P. Nastasi, Una polemica giovanile di Giovanni Alfonso Borelli, in Physis, XXVI (1984), pp. 217-247; O. Tosti, Trentaquattro lettere del P. Francesco Castelli relative ai primordi delle Scuole pie a Firenze, in Ricerche, VI (1986), pp. 168, 173; M. Bucciantini, Eredità galileiana e politica culturale medicea, in Studi storici, XXX (1989), pp. 379-399; G. Santha, L’opera pedagogica del Calasanzio, in Ricerche, IX (1989), pp. 112-116; O. Tosti, Il padre Francesco Michelini, ibid., pp. 205-293; Id., Il padre C. S., ibid., XIV (1994), 2, pp. 99-177; Id., Salvatore Grise, ibid., pp.178-202; Id., Giovanni Francesco Fiammelli e l’introduzione degli scolopi a Firenze, in Ricerche, XV (1995), pp. 6-13; L. Guerrini, Matematica ed erudizione. Giovanni Alfonso Borelli e L’edizione fiorentina dei libri V, VI e VII delle Coniche di Apollonio di Perga, in Nuncius, XIV (1999), 2, pp. 505-568; O. Tosti, La storia delle Scuole pie a Pisa, in Archivium scholarum piarum, 2000, n. 47, pp. 1-46; A. Tanturri, Gli Scolopi nel Mezzogiorno d’Italia in età moderna, ibid., 2001, n. 50, pp. 3-221.