CLERO
Delle due grandi classi in cui si dividono i membri del corpo della Chiesa, si designa col nome di clero quella a cui è demandato l'ufficio di santificare e governare spiritualmente i fedeli. Il nome deriva dal greco κλήρος "sorte", significando - secondo la spiegazione più comune - che coloro che ne fanno parte devono considerare Dio come unica eredità o possessione assegnata loro (ciò secondo il linguaggio biblico, giacché presso gli antichi Ebrei si usava scegliere le varie porzioni di un'eredità tirando a sorte). Gli altri si chiamano laici, dal greco λαός "popolo". La ripartizione in queste due classi, secondo la dottrina della Chiesa cattolica, è d'istituzione divina; il che però non implica che siano stati divinamente istituiti tutti e singoli i "gradi" del clero. Questi sono i seguenti. La "tonsura", per cui si entra a far parte del clero, la quale è cerimonia di origine meramente ecclesiastica; gli "ordini", minori e maggiori, che tutti culminano nel sacerdozio, il quale anche ha due gradi, il presbiterato e l'episcopato. Nessun membro del clero, o "chierico", può, propriamente parlando, ridivenire laico; si dà però una giuridica "riduzione allo stato laicale", per cui il chierico non può più lecitamente, e talora neppur validamente, esercitare gli uffici ecclesiastici, è privato dei privilegi e, in tutto o in parte, sciolto dagli obblighi dei chierici. Ciò avviene per decreto o sentenza dell'autorità ecclesiastica, o per effetto della degradazione, o ancora, negli ordini minori, ipso facto, per cause espresse dalla legge, o per volontà propria del chierico.
Ai chierici sono imposti obblighi particolari, alcuni positivi, altri negativi. Positivi sono: vita esemplarmente virtuosa; frequenza di esercizî religiosi, e per quelli che sono negli ordini maggiori, la recita quotidiana delle Ore canoniche; ossequio e ubbidienza al proprio "ordinario", al vescovo cioè, o a chi ha potestà quasi episcopale (giacché ogni chierico, se non è membro di un ordine o congregazione religiosa, deve essere ascritto a una data diocesi); coltivare gli studî, i sacri specialmente; osservanza del celibato, per chi è negli ordiui maggiori (obbligo non vigente nella chiesa orientale per coloro che già coniugati, ricevono tali ordini, quantunque i vescovi, anche orientali, debbano osservare perfetta castità); portare la tonsura e l'abito ecclesiastico, secondo le prescrizioni dell'ordinario e i legittimi usi locali. Obblighi negativi sono: divieto ai chierici di abitare con donne che possano dare qualche sospetto, o anche di frequentarne la compagnia; proibizione, come di cose sconvenienti a chierici, di portar armi, se non per giusta difesa, di arruolarsi volontariamente nella milizia secolare, di cooperare a guerre civili o sommosse, come pure d'entrare, senza giusta causa, in taverne o simili luoghi, d'intervenire a cacce clamorose, mondani divertimenti e spettacoli, di esercitare mestieri indecorosi; proibizione, come di cose aliene dalla condizione del chierico, di esercitare senza una particolare licenza la medicina o la chirurgia, e l'avvocatura presso i tribunali laici, di prender parte nei detti tribunali, senza necessità, a gravi giudizî criminali, di esercitare nello stato certe alte cariche civili, o altri uffici che importino l'onere di rendere i conti, e di assumere la gestione di beni appartenenti a laici, o prestare garanzia per altri, senza consultare il vescovo; proibizione di esercitare commercio e mercatura.
Godono i chierici di privilegi speciali: il privilegio del "canone", per cui chiunque colpevolmente lede con fatti la persona d'un chierico resta senz'altro scomunicato; il privilegio del "foro", per cui il chierico non può, senza permesso dell'autorita ecclesiastica, essere convenuto avanti a un tribunale laico; quello della "esenzione", ossia immunità dal servizio militare e dalle cariche civili non confacenti allo stato ecclesiastico; quello della "competenza", per cui al chierico onerato di debiti deve esser lasciato quanto basti al suo onesto sostentamento, giusta la decisione del giudice ecclesiastico.
Pene proprie dei chierici delinquenti sono: la "sospensione", che vieta al chierico l'esercizio del suo ufficio, o il godimento del beneficio ecclesiastico, o ambedue; la "deposizione", che lo priva in perpetuo dell'ufficio e del beneficio, e lo rende inabile a conseguirli; la "privazione dell'abito" ecclesiastico, che importa l'inibizione d'ogni ecclesiastico ministero e la perdita dei privilegi clericali; la "degradazione", che comprende le precedenti e di più riduce il chierico allo stato laicale, nel senso sopra accennato. Tutto questo secondo la dottrina e la legislazione della Chiesa cattolica romana. Per quel che riguarda le confessioni cristiane da essa separate sono da consultarsi gli articoli corrispondenti.
Bibl.: Codex Iur. can., can. 108-144, 211-216, 228 segg., 2298-2305; G. Cocchi, Comment. in Cod. iuris can., II, i, Torino 1922; V, iii, 1925.