Clientela
L'espressione 'relazioni patrono-cliente', coniata in origine nell'antica Roma repubblicana, è stata usata in misura crescente nell'antropologia, nella sociologia e nella politologia moderne in riferimento a un'ampia gamma di legami gerarchici; legami che hanno in comune il fatto di essere contratti da attori sociali i quali dispongono di risorse ineguali, che vengono scambiate in transazioni asimmetriche, ma in apparenza reciprocamente vantaggiose e aperte.
La consapevolezza crescente tra gli studiosi di scienze sociali della grande diffusione di relazioni di questo tipo in molte società moderne ha contribuito alla progressiva accumulazione di analisi empiriche e ha trasformato lo studio del clientelismo in un importante tema di ricerca, strettamente connesso coi problemi teorici di base e col dibattito interno alle scienze sociali.Fino alla fine degli anni cinquanta e ai primi anni sessanta nella maggior parte delle scienze sociali lo studio di queste relazioni era confinato in una posizione piuttosto marginale. Le relazioni patrono-cliente, pur affascinanti, erano viste come fenomeni di scarso rilievo, che si diversificavano o divergevano notevolmente sia dalla parentela 'corporata' e dai gruppi territoriali tanto enfatizzati dalla letteratura antropologica, sia dalle strutture universalistico-burocratiche o di mercato che la sociologia e le scienze politiche raffiguravano come tipiche espressioni di modernità e razionalità. In antropologia il loro studio era collegato a quello della parentela rituale e dell'amicizia, e si concentrava soprattutto sui tipi più istituzionalizzati di tali relazioni, sia nelle società tribali che nelle comunità rurali. In sociologia l'analisi era concettualizzata in termini di 'gruppi primari' e relazioni informali, così come si manifestano all'interno delle strutture organizzative. In politologia l'analisi tendeva a concentrarsi per lo più sugli apparati politici e sul 'bossismo' nei paesi sviluppati.
Questo quadro è cambiato a partire dagli anni sessanta. Si è trattato di un mutamento connesso in primo luogo al fatto che è stata ampliata la gamma dei fenomeni oggetto di tali studi, estendendola dai legami relativamente limitati, diadici e semi-istituzionalizzati tra un solo patrono e uno o più clienti a una varietà molto più ampia di relazioni sociali e modelli organizzativi. Sono così rientrati in questo tipo di studi sia rapporti personali diadici o triadici caratteristici di contesti più organizzati come le istituzioni burocratiche, sia relazioni sociali relativamente libere, meno rigidamente strutturate, organizzate spesso in reti complesse e collegate da differenti tipi di mediatori e patroni-mediatori, sia ancora gruppi informali e fazioni interne all'apparato politico.
In secondo luogo il mutamento è stato la conseguenza del fatto che tali studi sono stati estesi a un'ampia gamma di società in tutto il mondo. Risultò in modo sempre più evidente come i legami e le transazioni clientelari fossero molto diffusi nel bacino del Mediterraneo, in America Latina e nel Sudest asiatico, ma che essi erano presenti anche in società diverse tra loro come il Giappone e gli Stati Uniti, l'India e l'Unione Sovietica, il Medio Oriente e l'Irlanda, la Cina e l'Africa sub-sahariana.Inoltre, l'importanza di questi studi è cresciuta di pari passo con la consapevolezza che le relazioni patrono-cliente non erano destinate a rimanere ai margini della società o a scomparire con la costituzione dei regimi democratici o autoritari moderni, oppure con lo sviluppo economico. Piuttosto, mentre alcune forme specifiche di queste relazioni potevano essere indebolite da condizioni del genere, si è scoperto che si strutturavano nuovi modelli in una grande varietà di forme, intersecando livelli diversi di sviluppo economico e vari tipi di regimi politici, e svolgendo funzioni in apparenza non meno importanti nelle società moderne più sviluppate.
L'accresciuto corpus di ricerche sulle relazioni patrono-cliente ha incluso sotto l'etichetta di 'clientelismo' un'ampia gamma di transazioni e di reti sociali. In termini di clientelismo, ad esempio, sono state descritte relazioni patrono-cliente nel settore agrario di società come il Brasile nordorientale, la Spagna meridionale e la Sicilia occidentale, dove i proprietari terrieri possono favorire selettivamente l'accesso alle terre e alle fonti d'acqua di cui hanno praticamente il monopolio: ciò determina delle forme di indebitamento e degli obblighi morali che consentono ai proprietari di avere una continua disponibilità di lavoro manuale o scarsamente qualificato. Nelle regioni del Terzo Mondo caratterizzate da stagnazione e disoccupazione rurale e urbana, chi è in grado di procurare opportunità di impiego può presentarle come favori erogati in cambio di sostegno elettorale. In Libano e in Messico gli uomini politici possono garantire le agevolazioni più diverse - un prestito, un posto in una scuola, un letto in ospedale, uno speciale trattamento in sede amministrativa - in cambio di fedeltà politica. È possibile individuare reti sociali impiantate e alimentate da chi vuole ottenere la protezione di un uomo di potere e in cambio collabora alla realizzazione della strategia di ampliamento del raggio di dominio e di influenza di quest'ultimo; o, come in Perù o in Thailandia, da burocrati che possono agevolare chi ha bisogno di un determinato servizio aspettandosi in cambio l'impegno a restituire il favore in futuro; o da poveri che cercano di stringere legami di dipendenza con un uomo di rango nella speranza di condividerne il lustro sociale, mentre attraverso tale legame quest'ultimo accresce il suo prestigio. Allo stesso modo i proprietari di bancarelle al mercato possono riservare un trattamento di favore ai clienti di classe elevata per cercare di istituire con essi un rapporto simile alla parentela rituale; in città di provincia, come quelle del Centramerica, gli intermediari possono ottenere l'opzione sull'acquisto di tutto il prodotto dei contadini che li riforniscono prestando loro denaro durante i mesi di magra tra un raccolto e l'altro, o fornendo loro assistenza in caso di guai con la giustizia, come facevano i proprietari terrieri del passato con affittuari e servi della gleba; i professionisti possono cercare prestigio e seguito offrendo le loro prestazioni alla popolazione povera urbana e rurale senza pretenderne un pagamento immediato; gli attivisti sindacali possono formarsi una cerchia di sostenitori personali, condizionando gli altri dirigenti, in modo da usare le risorse istituzionali per i propri scopi particolari.
Gli studi condotti tra gli anni cinquanta e i primi anni settanta si sono concentrati soprattutto sulla varietà di forme organizzative e sulle caratteristiche delle relazioni patrono-cliente. Gli studi più recenti hanno messo in evidenza il fatto che, per quanto i fenomeni clientelari siano presenti in quasi tutte le società umane, la loro importanza istituzionale e il loro impatto variano da una società all'altra. In alcuni casi, specialmente nel bacino del Mediterraneo, nell'America Latina e nel Sudest asiatico, le relazioni patrono-cliente si sono insinuate per lunghi periodi nel cuore delle istituzioni, modellando gli scambi interpersonali e quelli tra le organizzazioni, e il flusso e l'utilizzo delle risorse. In molte altre società, invece, le relazioni patrono-cliente - se pur esistono - hanno costituito soltanto un'appendice ai modelli dominanti di organizzazione, interazione e scambio sociale.Al di là delle specificità che caratterizzano ognuna di queste situazioni - e che saranno analizzate in dettaglio più avanti - le relazioni patrono-cliente hanno in comune un nucleo essenziale di caratteristiche, che si manifestano con estrema chiarezza nei casi di clientelismo maturo, ma che sono presenti in vari gradi anche in situazioni più sfumate.
Tali caratteristiche possono essere descritte a grandi linee come segue: a) le relazioni patrono-cliente sono fondamentalmente particolaristiche e diffuse; b) l'interazione su cui esse si basano è caratterizzata dallo scambio simultaneo di tipi diversi di risorse, soprattutto vantaggi strumentali, sia economici che politici (sostegno, voti, protezione), contro promesse di solidarietà e fedeltà; c) tali risorse vengono normalmente scambiate in blocco: ogni risorsa cioè non può essere scambiata separatamente, ma soltanto in una qualche combinazione che includa tutti e due i tipi; d) in linea di principio si ritiene che alla base di relazioni di questo tipo vi sia una pressoché totale assenza di condizioni, e che esse creino crediti e obblighi duraturi, determinando così, e), la presenza in queste relazioni di una forte componente di solidarietà, espressa sovente in termini di fedeltà e devozione reciproche, anche se non prive di ambivalenza, tra patroni e clienti. La solidarietà può essere molto forte, come nei rapporti diadici e circoscritti che caratterizzano la forma classica di patronage descritta dalla letteratura antropologica, ma anche piuttosto debole - pur se non del tutto assente - come nei legami che si stringono all'interno degli apparati politici contemporanei. Questo concetto di solidarietà è spesso strettamente correlato a quello di identità personale, e soprattutto a quelli di obbligo e onore personale, come si desume anche dalla presunta esistenza, in queste relazioni, di una sorta di attaccamento 'spirituale' personale tra patrono e clienti; f) nello stesso tempo i rapporti che si stabiliscono tra patrono e clienti non hanno una base pienamente legale e contrattuale; essi spesso si contrappongono alle leggi ufficiali del paese e si fondano soprattutto su intese informali (anche se fortemente vincolanti); g) benché appaiano vincolanti, durevoli, valide per quasi tutta la vita (nella loro rappresentazione ideale), le relazioni patrono-cliente si stabiliscono - almeno in linea di principio - volontariamente, e almeno in via ufficiale possono essere volontariamente interrotte; h) tali relazioni legano individui o gruppi di individui in modo verticale (la forma più semplice è quella strettamente diadica), piuttosto che gruppi corporati organizzati, e sembrano così indebolire la compattezza e la solidarietà di gruppo orizzontale, soprattutto tra clienti, ma anche tra patroni; i) ultima, ma non meno importante, caratteristica delle relazioni patrono-cliente è che esse si fondano su un elemento molto forte di ineguaglianza e di asimmetria di potere tra patroni e clienti. La componente centrale di tale ineguaglianza è il monopolio, detenuto dai patroni, di alcune posizioni di importanza cruciale per i clienti, soprattutto l'accesso ai mezzi di produzione, ai mercati più importanti, ai centri di potere della società.L'insieme di questi elementi indica che nelle relazioni patrono-cliente lo scambio si effettua a vari livelli, e ciò crea contraddizioni paradossali, che costituiscono una caratteristica fondamentale di tale rapporto. Di queste, le più importanti sono, in primo luogo, una peculiare combinazione che unisce ineguaglianza e asimmetria di potere con un'apparente solidarietà reciproca, che si esprime in termini di identità personale e di sentimenti e obblighi interpersonali; in secondo luogo il fatto che tali legami, stabiliti volontariamente e in cui sono fortemente sentiti gli obblighi reciproci, non escludono la possibilità di forme di coercizione e di sfruttamento; infine, una combinazione che unisce l'importanza attribuita alla solidarietà tra partners con gli aspetti in qualche modo illegali o semilegali di queste relazioni.
Le caratteristiche fondamentali delle relazioni patrono-cliente e il loro cristallizzarsi intorno alle contraddizioni sopra delineate forniscono una traccia per comprendere la loro natura, sia in quanto forme specifiche di relazioni sociali (così come sono state considerate nell'approccio tradizionale degli anni sessanta e settanta), sia in quanto modelli di scambio sociale con impatto e implicazioni a livello macrosociale, come indicheremo più oltre.
Dal primo punto di vista questi aspetti contraddittori suggeriscono che il punto cruciale delle relazioni patrono-cliente è la regolazione dello scambio e del flusso di risorse tra attori sociali (tanto individui quanto istituzioni) che hanno patrimoni, status e ruoli sociali diversi, ma che sono collegati in quanto elementi di gruppi d'azione caratterizzati dalla cooperazione o di quasi-gruppi.
Da un punto di vista macrosociale questi aspetti mettono in evidenza che, al contrario di quanto sembrano suggerire alcuni settori della letteratura, le relazioni patrono-cliente possono far parte del nucleo istituzionale centrale di una società. È proprio quando diventano una forma di scambio dominante che esse non costituiscono più un semplice esempio di scambio di potere o di beni concreti, spesso materiali, di tipo quasi commerciale, come ipotizzavano le teorie dello scambio sociale sviluppate da studiosi americani delle scienze sociali, come George C. Homans e Peter Blau, negli anni sessanta e settanta. Anzi, ci sono situazioni in cui le relazioni patrono-cliente costituiscono - come altri modi di regolamentare il flusso delle risorse in una società - una forma particolare di interazione che accomuna tale scambio specifico a quello che è stato definito nella letteratura sociologica, e specialmente in quella antropologica, scambio generalizzato. Ci proponiamo pertanto di analizzare da questa prospettiva macrosociale la forma specifica in cui il clientelismo struttura i nessi tra scambio generalizzato e scambio specifico.
Una forma di scambio sociale è detta clientelare quando si riscontra una certa conflittualità tra i criteri potenzialmente ampi - in alcuni casi addirittura universalistici o semiuniversalistici - che regolano il libero flusso delle risorse e gli sbocchi di mercato, da un lato, e i continui tentativi di limitare tale libero flusso dall'altro.
Per esempio nelle società del bacino del Mediterraneo, dell'America Latina e del Sudest asiatico, al contrario di quanto accade in società dove predomina un modello di scambio ereditario e ascrittivo, i membri dei vari ceti sociali possono, in linea di principio, aver accesso diretto ai mezzi di produzione, ai mercati principali, ai centri di potere, e organizzarsi per raggiungere tale accesso e per assicurarsi il controllo sull'uso delle risorse in contesti più ampi; contemporaneamente i centri di potere possono avviare relazioni autonome con gli strati più larghi della popolazione da cui sono reclutati clienti e mediatori.
Ma nello stesso tempo, all'interno di queste società, si verificano tentativi continui di bloccare tali potenzialità, limitando il libero accesso ai mercati e ai centri del potere politico attraverso il monopolio che patroni e mediatori potenziali cercano di esercitare dapprima sulle posizioni che controllano tale accesso, e poi sull'uso e sui processi di trasformazione delle risorse. La combinazione che unisce una virtuale libertà di accesso ai mercati con tentativi continui, semi-istituzionalizzati, di limitarla costituisce il punto focale del modello clientelare di scambio sociale.
Così lo strutturarsi di relazioni tra scambio generalizzato e scambio specifico, implicito nel clientelismo, è caratterizzato soprattutto da connessioni molto particolari tra le varie dimensioni strutturali delle società complesse del tipo suddetto. La prima di tali connessioni è quella tra la rispettiva collocazione gerarchica dei patroni e dei clienti potenziali all'interno delle sotto-comunità e dei sotto-settori semiascrittivi della società, da una parte, e il controllo dell'accesso al centro o ai centri di potere, ai centri di produzione, ai principali mercati istituzionali, all'allocazione di beni pubblici e alla distribuzione pubblica di beni privati, dall'altra. La seconda connessione è quella tra l'accesso ai mercati e ai centri di potere e l'uso e la trasformazione, entro questi mercati, di risorse potenzialmente libere.
L'aspetto cruciale di queste due connessioni, così come si stabiliscono nel clientelismo, è che esse sono molto forti, anche se non pienamente legittimate, e che si basano sulla rinuncia da parte dei clienti alla loro potenziale autonomia di accesso ai mercati più importanti, alle posizioni di controllo sull'uso delle risorse, o ai centri di potere e ai centri decisionali per quel che riguarda l'allocazione di beni e servizi pubblici. Tale accesso diventa possibile solo attraverso la mediazione di qualche patrono, un individuo o un'organizzazione - come un partito o un sindacato - nella quale i clienti non pretendono di accedere autonomamente ai centri decisionali e di potere.Questa mediazione è subordinata al fatto che i clienti stabiliscano una relazione di scambio con un patrono, che presenta molti aspetti dello scambio consuetudinario di beni e servizi all'interno di vari mercati istituzionali, e che necessariamente limita la portata e la convertibilità delle risorse liberamente scambiate tra i vari mercati e al loro interno.
Come abbiamo detto precedentemente, in certe condizioni le relazioni patrono-cliente possono permeare il nucleo istituzionale di una società o di un suo settore, e in condizioni diverse possono costituire un elemento aggiuntivo di altri modelli centrali di organizzazione, interazione e scambio sociali prevalenti in alcune società.
Così, da un lato esistono società (per esempio nel bacino del Mediterraneo, in America Latina e nel Sudest asiatico) dove prevalgono i modelli clientelari di controllo e trasformazione delle risorse. Dall'altro, relazioni patrono-cliente sono state individuate e documentate anche in società in cui predominano altri modi non clientelari di strutturare lo scambio generalizzato, specie in due tipi di società siffatte.
Al primo tipo appartengono realtà come l'India, il Rwanda, la Cirenaica e il Giappone, che si basano su criteri ascrittivi e gerarchici, e alcune altre - come la Cina imperiale - che hanno combinato questi criteri gerarchici con criteri di organizzazione sociale universalistici. Al secondo tipo appartengono diverse società moderne universalistiche - e in linea di principio egualitarie - basate su mercati relativamente liberi in cui predominano modelli pluralistici, associativi, totalitari, o una qualche loro combinazione.
In certe società gerarchico-ascrittive come, per esempio, quelle dell'India o della Cirenaica, le relazioni patrono-cliente hanno costituito una componente abbastanza accettata, anche se limitata, della matrice gerarchica, che serviva a sancire uno stretto legame tra collocazione sociale ascrittiva e accesso a mercati e a posizioni di potere; oppure hanno rappresentato un accordo instabile e limitato, stipulato tra partners non pienamente integrati negli sviluppi del mercato capitalistico contemporaneo. Se da un lato queste relazioni possono essere state concettualmente importanti per gli individui coinvolti, la loro centralità non si è però riflessa nell'apparato istituzionale concreto. Nei fatti esse sono risultate quasi sempre segmentate, ridotte a rapporti diadici, e non si sono estese fino ad articolare quegli ampi sistemi di scambio e interazione che sono il risultato di una aggregazione in reti piramidali, come quelle riscontrabili ad esempio in America Latina e nell'Europa meridionale. Inoltre tali relazioni hanno mostrato scarsa attitudine a trasformarsi in altre varianti di clientelismo. Se e quando hanno esercitato delle influenze o determinato dei cambiamenti, questi sono stati tanto radicali da causare la loro stessa scomparsa, più che modificare aspetti organizzativi come la posizione reciproca e il carattere dei partners.
Allo stesso modo, relazioni patrono-cliente hanno incominciato a svilupparsi come elementi aggiuntivi di altre forme di scambio e interazione sociale dominanti in varie società universalistiche, di tipo sia pluralistico, che monolitico e consociativo. In questo caso tali relazioni erano tendenzialmente instabili e implicavano patti 'aperti' tra attori sociali. Nel momento in cui diventano chiaramente visibili, questi legami e queste transazioni sono in genere percepiti dalle persone che vi partecipano, e soprattutto da chi ne è al di fuori, come illegittimi e in contrasto con i fondamenti costitutivi di queste società, siano essi l'uguaglianza o la gerarchia. Per opporsi alla loro istituzionalizzazione sono emerse quindi forze contrarie, che hanno cercato di indebolire i legami stabiliti tra varie forme e dimensioni di ineguaglianza.
Alcune ricerche hanno già individuato le condizioni che portano il clientelismo ad assumere il ruolo di una importante forma di scambio, distinguendola da situazioni in cui le relazioni patrono-cliente costituiscono semplicemente un elemento aggiuntivo di altre forme di organizzazione e scambio sociali. Queste condizioni possono essere definite secondo punti di vista economici, sociali e culturali.
Da un punto di vista economico le società del XIX e del XX secolo tendenti al clientelismo sono state caratterizzate da una proprietà terriera assenteista, da un notevole divario tra il settore urbano e quello rurale e da gruppi oligarchici di proprietari terrieri largamente orientati verso i mercati esterni e i centri metropolitani. Allo scopo di espandere il controllo su territori sempre più vasti, sono state adottate politiche economiche estensive invece di sviluppare innovazioni tecnologiche che intensificassero le basi produttive. Queste politiche hanno affiancato un settore agricolo estensivo a un settore più industrializzato, basato sull'applicazione intensiva di capitale e lavoro e orientato verso i mercati esterni. Le strutture che ne sono derivate hanno manifestato la tendenza a sviluppare una dipendenza crescente da interessi economici stranieri, in particolare quando si sono presentate nuove opportunità sui mercati internazionali. Mentre i governanti di queste società tentavano - nelle fasi preindustriali - di controllare la proprietà della terra e il suo trasferimento, per ostacolare il persistere di una classe contadina relativamente libera, in epoca moderna gli sforzi sono stati indirizzati allo sviluppo del settore terziario mediante investimenti pubblici. Ciò ha condotto alla cooptazione di specifici gruppi economici molto attivi: commercianti impegnati in scambi internazionali, o industrie che sono diventate una sorta di appendice delle multinazionali e dei loro interessi economici.
Da un punto di vista sociale gli elementi che seguono sembrano i più rilevanti. Un livello relativamente basso di solidarietà interna ha caratterizzato i centri di potere sociopolitici, rendendoli incapaci di indirizzare i settori periferici della società (contadini, operai, lavoratori marginali) verso un crescente impegno nei confronti delle istituzioni. Naturalmente esistevano legami con le comunità locali (rurali, urbane o tribali), dato che le istituzioni centrali amministrano la legge, mantengono un relativo ordine, riscuotono le tasse, distribuiscono alcuni beni, incoraggiano legami culturali e/o religiosi e, nelle società più moderne, forniscono servizi pubblici. Ma, con poche eccezioni, la maggior parte di questi legami è stata stretta attraverso canali tradizionali, cioè la parentela o i legami rituali, o attraverso canali strutturati in modo simile, come le burocrazie censuarie che sono proliferate nelle società moderne e che hanno monopolizzato la fornitura di servizi alla popolazione. In entrambi i casi si è posto l'accento sull'accesso mediato allo Stato e sulla dipendenza da quest'ultimo. Inoltre la specificità delle istituzioni centrali, soprattutto nell'epoca preindustriale ma anche in età contemporanea, non ha prodotto in genere tentativi di trasformare le strutture delle periferie, o di realizzare cambiamenti rilevanti nelle loro concezioni di base dell'ordine sociale.
Per di più, la capacità effettiva e consapevole dei gruppi di comportarsi come unità corporate si è ridotta a tutti i livelli della gerarchia sociale. Tipica è la struttura della parentela, che è stata caratterizzata dalla relativa debolezza delle unità corporate in generale e dei legami unilineari in particolare, e dalla tendenza a considerare la trasmissione dei beni bilinearmente e a istituire filiazioni bilaterali o matrilineari. In questo contesto diritti e doveri all'interno dei gruppi parentali non sono rigidamente stabiliti, con l'eccezione di alcuni principî molto generali, come il rispetto verso i più anziani. I singoli possono scegliere di riconoscere o accentuare una qualunque di un'ampia gamma di relazioni di parentela, purché risponda ai loro interessi, sia pure entro certi limiti. I singoli, quindi, costruiscono reti di relazioni centrate sui bisogni personali, che comprendono sia membri della famiglia che persone vicine ma non parenti, e in cui il riconoscimento della parentela è selettivo e dipende dalle situazioni, cioè si basa su fattori come l'affinità, gli interessi comuni, frequenti occasioni di interazione, l'età, il sesso, le esperienze di vita. Come risultato, gli obblighi non sono necessariamente funzione di vincoli familiari formali, ma devono essere negoziati, in primo luogo sulla base della disposizione e della capacità di ognuno di ricambiarli.
La stessa debolezza che caratterizza le organizzazioni corporate si riscontra nei modelli di stratificazione sociale. Così, le classi inferiori sono state frammentate sotto il profilo politico e organizzativo; anche settori della classe media, che comprendono molti burocrati e addetti ai servizi, sono stati profondamente divisi da discriminanti politiche, e all'interno dei ceti superiori gruppi oligarchici hanno lottato tra di loro per lunghi periodi. Inoltre queste società sono state segnatamente caratterizzate da una limitata coscienza di classe; si è manifestata cioè una tendenza alla segregazione lungo linee familiari, territoriali, etniche e politiche, unita alla tendenza a stabilire alleanze e contatti verticali (fra attori sociali appartenenti alle classi alte e basse), instabili e profondamente mutevoli.
Sul piano culturale gli orientamenti simbolici dominanti in queste società riflettono un senso di tensione tra l'ordine più alto, trascendente, e quello mondano, tensione derivante da concezioni religiose dell'ordine cosmico e sociale. Nello stesso tempo il bisogno di alleggerire tali tensioni attraverso un'azione politica, economica o scientifica volta a modellare i contorni della sfera sociopolitica (attività 'intramondane' in senso weberiano) è debole o addirittura inesistente.Infatti, élites e gruppi sociali non si sentono responsabili attivi e autonomi della formazione dell'ordine sociale e culturale. Ciò è strettamente connesso alla concezione di quest'ordine come qualcosa da dominare o cui adattarsi, ma non come qualcosa che richiede un forte impegno. Inoltre, come conseguenza delle principali tradizioni religiose dominanti in queste società, la salvezza è stata normalmente concepita come mediata da gruppi ascrittivi o da esperti in questioni rituali, che rappresentano l'ordine 'dato', o da poteri e simboli soprannaturali, come i santi e la Vergine Maria nella tradizione cattolica.
Le condizioni delineate generano situazioni in cui non esiste una legittimazione 'corporata' dei tentativi fatti per garantirsi posizioni e risorse di maggior rilievo, anche quando questi tentativi sono effettuati tramite coalizioni politiche o attraverso il controllo di organizzazioni che regolano il movimento delle risorse. Anzi, l'aumento del flusso delle risorse a disposizione di tutti, caratteristico delle società in via di sviluppo o di modernizzazione, garantendo l'accesso a una fascia più ampia di attori sociali, intensifica la competizione per la conquista di risorse e di posizioni di prestigio. Ciò tende a produrre uno stato permanente di competitività, manipolazione e squilibrio nell'interazione tra persone appartenenti alle stesse categorie e classi sociali. Conseguentemente, la competizione ha luogo non solo tra i diversi livelli della gerarchia sociale, ma anche, in maniera determinante, tra attori appartenenti alle élites, agli strati e ai settori più elevati, legati ai centri di potere politici e amministrativi.
Le caratteristiche essenziali e la natura paradossale del clientelismo possono essere riscontrate in società a diversi livelli di differenziazione sociale, a diverso sviluppo tecnologico e in regimi politici di diversa natura. Ma i mutamenti nello sviluppo economico e nel sistema sociale e politico incidono sull'organizzazione concreta delle relazioni patrono-cliente, sul loro strutturarsi come relazioni diadiche o come parte di reti sociali più estese, sui loro contenuti e accenti, sui loro stili di interazione, e così via.
Eppure la struttura istituzionale di molti paesi, tra cui il Brasile, le nazioni andine e il Messico in America Latina; la Thailandia e le Filippine nel Sudest asiatico; l'Italia meridionale, la Spagna, la Turchia e il Marocco nel bacino del Mediterraneo, ha conservato aspetti clientelari molto solidi, benché in queste società si assista all'integrazione crescente di strutture locali nella sfera d'influenza delle economie di mercato nazionali e internazionali e delle forze politiche e amministrative centrali.
Nella storia di queste società si possono individuare diversi tipi di relazione patrono-cliente che sono, nel complesso, connessi a differenti 'stadi' dello sviluppo nazionale e settoriale, ma che possono anche, in una certa misura, coesistere gli uni accanto agli altri, in conseguenza dello sviluppo differenziale dei vari settori di queste società. Quindi al primo posto vi sono le reti di relazione patrono-cliente più 'tradizionali' e circoscritte, che nascono e prosperano in condizioni di debole penetrazione delle forze di mercato nelle zone periferiche, specie in quelle agricole. Queste situazioni periferiche sono caratterizzate in primo luogo da una appropriazione 'feudale' delle risorse di base e dei mezzi di sussistenza, soprattutto delle terre, che i padroni affittano ai contadini in piccoli appezzamenti in cambio di lavoro, denaro, o pagamenti in natura; in secondo luogo, dallo sviluppo di forme di organizzazione del lavoro precapitalistiche nel quadro di un sistema di rendita capitalistico; in terzo luogo, dal fatto che proprietari terrieri e commercianti dispongono della manodopera contadina e di gran parte della produzione agricola in condizioni di monopolio. Tutto ciò a sua volta è associato di solito a un basso livello di meccanizzazione e di investimento tecnologico e finanziario, a limitate possibilità di credito e a uno scarso sviluppo delle comunicazioni. L'insufficiente capacità dei braccianti e dei piccoli proprietari terrieri di procurarsi i mezzi di sussistenza in modo relativamente indipendente, la precarietà dei contratti agricoli e gli effetti incrociati delle numerose occupazioni part-time tra i contadini hanno condotto anche all'emergere delle clientele 'prigioniere', caratteristiche di queste reti clientelari circoscritte. La sperequazione nella distribuzione, tra gli abitanti delle campagne, dei contratti con i grandi proprietari terrieri, insieme con la mancanza di libertà di movimento e di opportunità di lavoro alternative, sembra aver indotto tra i lavoratori privilegiati (in quanto in possesso di un lavoro fisso e residenti) l'interesse a mantenere i sistemi di potere prevalenti.
Le forme di organizzazione delle relazioni clientelari si sono trasformate con l'avvento delle economie di mercato, con i processi di urbanizzazione accelerata e con l'assunzione di molti compiti da parte dell'amministrazione centrale.In primo luogo, i proprietari terrieri e i signorotti locali hanno cominciato a dare più spazio ad attività imprenditoriali. In secondo luogo, lo sviluppo di una maggiore mobilità sociale e geografica ha implicato una diversificazione delle fonti di sostentamento per strati più vasti della popolazione. Il ruolo economico del settore privato urbano e del centro come dispensatori di beni pubblici e privati e come datori di lavoro è cresciuto in importanza. In terzo luogo, questi sviluppi si sono mossi spesso in parallelo con la penetrazione degli organi politici e amministrativi dello Stato.
Tutte queste tendenze hanno ridotto il ruolo dei patroni tradizionali sia come controllori dell'accesso alle fonti di sussistenza, sia, all'interno di coalizioni più ampie, come elementi di controllo politico delle forze sociali periferiche.Allo stesso modo i diversi sviluppi politici che hanno accompagnato l'estensione del diritto di voto e della sfera burocratico-amministrativa hanno apparentemente aumentato il potere politico della periferia. Questi sviluppi sono stati messi in relazione con il mutamento delle condizioni specifiche dei clienti all'interno delle relazioni patrono-cliente, e specialmente con l'indebolirsi dei settori di potere monopolistico, con l'emergere di una più ampia varietà di forme clientelari alternative, con la creazione di nuove possibilità di contrattazione per i clienti, quali i voti e le capacità organizzative.
Eppure, malgrado tutti questi sviluppi, gli accordi clientelari, anche se organizzati in modo nuovo, hanno continuato a esistere non solo ai margini, ma anche nel cuore stesso della struttura istituzionale di queste società.Le risorse più importanti distribuite dalle istituzioni o dalle forze di mercato - occupazione (spesso scarsa), servizi pubblici, accesso all'amministrazione e ai beni pubblici - hanno continuato a essere regolate secondo criteri e relazioni di tipo clientelare-privatistico. Esse sono distribuite da patroni diversi: uomini politici, funzionari pubblici, o organizzazioni come partiti politici, sindacati, o loro rappresentanti. In cambio questi ricevono voti o qualche forma di fedeltà o addirittura servizi personali, benché l'importanza di questi ultimi sia minore rispetto al patronato tradizionale.
Questi patroni - sia personalmente come detentori del controllo sulle risorse economiche, sia nella loro qualità di attivisti di partito o sindacali - spesso utilizzano la loro posizione sociale per costruirsi un seguito personale e conquistare l'accesso a posizioni di rilievo, per esempio nell'amministrazione, e usano poi le risorse controllate mediante l'influenza così ottenuta per espandere le loro reti clientelari. Ma naturalmente la struttura di queste relazioni clientelari differisce da quella tipica delle situazioni più tradizionali. Al posto delle relazioni personali, limitate e dirette, con un patrono, si sono sviluppate complesse reti di patroni, mediatori e clienti, spesso organizzati in catene piramidali, capaci di pervadere le organizzazioni politiche e amministrative e di collegare così tali networks con il centro della società.
Attraverso tutti i cambiamenti avvenuti nell'organizzazione concreta delle relazioni patrono-cliente, cambiamenti che sono strettamente connessi a quelli che si verificano a livello di sviluppo economico e alle trasformazioni nell'assetto politico di queste società, sembra possibile individuare una continuità di fondo nel modo di strutturare i nessi tra scambio generalizzato e scambio specifico e nel corrispondente modo di controllare le risorse e il loro movimento nella società. Quindi, malgrado mutamenti spesso profondi, ci sono clienti che continuano a 'comprare', come prima, una protezione contro le esigenze dei mercati o contro le conseguenze di calamità naturali, l'arbitrarietà o la debolezza del centro, o le pretese di persone di potere e di altri gruppi influenti. Il prezzo che i clienti pagano per questa 'assicurazione' non consiste soltanto nell'offerta di servizi specifici, ma soprattutto nell'accettazione del controllo del patrono sul loro accesso ai mercati e ai beni pubblici e sulle loro possibilità di trasformare liberamente parte delle proprie risorse.
Si può certamente sostenere che fino a quando queste condizioni porteranno alla cristallizzazione di un'etica della sfiducia nelle istituzioni, a una limitata fiducia interpersonale e a dinamiche complesse nell'estensione della fiducia, il clientelismo continuerà a imporsi come una importante strategia di scambio sociale, come è successo finora in molte società contemporanee - sia sviluppate che sottosviluppate - in America Latina, nell'Europa meridionale, nel Nordafrica e nel Sudest asiatico, permeando le molteplici forme che le relazioni patrono-cliente e i legami di consanguineità hanno assunto nel corso del XIX e del XX secolo. Come nell'antica Roma repubblicana, dove furono originariamente espressi i significati simbolici e la terminologia di riferimento di questi legami, il nucleo di tali relazioni ha continuato a radicarsi in un retroterra di vincoli strutturali e di fiducia che la gente riconosce come l'elemento morale che può tenere insieme legami spesso privi di struttura legale, ambigui da un punto di vista tradizionale e aperti a interpretazioni contrastanti e a manipolazioni strumentali. (V. anche Mafia; Parentela).
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