Eastwood, Clint
Eastwood, Clint. – Regista e attore statunitense (n. San Francisco 1930). Alla sua fama come attore, inaugurata dalle interpretazioni dei western all’italiana di S. Leone e del personaggio dell’ispettore Callaghan nei film di D. Siegel, si è aggiunta quella di regista di film che, a partire dagli anni Settanta del 20° sec., lo ha reso il maggiore erede, e innovatore, di una tradizione classica del cinema americano che va da J. Ford a H. Hawks. Con gli anni Duemila è emerso compiutamente il suo valore di cineasta e si sono delineati i suoi temi specifici: la riflessione sul tragico e sulla responsabilità umana, il valore delle relazioni d’amore e di amicizia, la formazione dello ‘spirito americano’ nelle sue luci e ombre, il senso di colpa e il rimosso inconscio, la tensione etico-politica della comunità e la solitudine dell’individuo, le radici della violenza, la potenza della solidarietà, il rapporto tra le generazioni. Temi sempre inquadrati con misura classica e senza mai indulgere a effetti gratuiti, pur apportando innovazioni di costruzione, soprattutto nell’uso del montaggio e dell’impianto stilistico-narrativo. Space cowboys (2000), storia di un gruppo di anziani astronauti (tra i quali E.) in missione nello spazio, è una sorta di ‘elegia’ autunnale dell’invecchiare. Anche Blood work (2002; Debito di sangue) è una struggente meditazione sul corpo invecchiato ma indomito, con un anziano protagonista (ancora E.), cui è stato trapiantato il cuore di una donna meticcia e che si impegna per vendicarne la memoria e saldare un debito di coscienza. Mystic river (2003) intesse il tragico destino di tre amici perseguitati da un trauma infantile e indotti a fare i conti con il cuore oscuro della provincia americana e dei grovigli familiari. Million dollar baby (2004) focalizza il rapporto tra generazioni, in una storia di ‘allenamento’ alla vita e alla morte tra un anziano boxeur e una giovanissima, talentuosa apprendista; vicenda non priva di risvolti etico-religiosi e immersa in una struggente tenerezza. Del 2006 è il dittico Flags of our fathers e Letters from Iwo Jima, due film-specchio su una battaglia decisiva della Seconda guerra mondiale che rovesciano il punto di vista, rispettivamente degli Stati Uniti e del Giappone, dei vincitori e dei vinti, sulle ambiguità e gli orrori dei conflitti. Con Changeling (2008) ritorna il risvolto oscuro di un’America negli anni della grande depressione, con una madre che, con coraggio caparbio, combatte contro le ipocrisie e le menzogne per ritrovare suo figlio. In Gran Torino (2008) ritorna il tema dell’apprendistato e dell’incontro generazionale. Un vecchio reduce misantropo e un ragazzino coreano si aprono l’un l’altro in una solidarietà tra ‘diversi’, fino al sacrificio del più anziano, cui ancora una volta E. presta il proprio corpo prosciugato. Proprio l’invincibilità della solidarietà umana al di là delle appartenenze e delle etnie è risolta, sul terreno del gioco sportivo, in Invictus (2009), che ricostruisce un episodio della vita di N. Mandela, serrato e insieme espanso in un montaggio giocato sulle relazioni tra i personaggi. La stessa tessitura di montaggio parallelo mette in contatto i personaggi di Hereafter (2010), per i quali l’interrogativo sulla sopravvivenza dopo la morte diventa una nuova affermazione della vita. Con J. Edgar (2011) E. compie un altro viaggio nell’inconscio statunitense, nelle paranoie del potere, nella solitudine delle responsabilità, tracciando il ritratto di un alto funzionario della CIA, ma anche una riflessione tra la verità e la sua mistificazione.