Clonazione
di Lesley Paterson e Ian Wilmut
Clonazione
sommario: 1. Introduzione. 2. La clonazione riproduttiva negli animali: a) tipi di cellule e ciclo cellulare; b) metodi di trasferimento del nucleo; c) applicazioni; d) limiti del trasferimento del nucleo; e) meccanismi molecolari. 3. Cellule staminali embrionali e clonazione terapeutica. 4. Prospettive per il futuro. ▭ Bibliografia.
1. Introduzione
Il termine clonazione può avere numerosi e diversi significati: può indicare la propagazione di piante per talea, la produzione di copie multiple di materiale genetico, la formazione di due, tre o quattro embrioni a partire da uno solo. Nel presente articolo useremo il termine clonazione per indicare la creazione di un embrione attraverso il trasferimento del nucleo di una cellula somatica in un uovo non fecondato e privato del nucleo. Nel caso della clonazione riproduttiva, l'embrione così ottenuto viene trasferito in un organismo ricevente affinché porti a termine il proprio sviluppo. La clonazione terapeutica, per contro, si propone di produrre embrioni umani tramite il trasferimento nucleare, al fine di ottenere cellule particolari, le cellule staminali, che potrebbero rivoluzionare la medicina contemporanea e la cura di malattie finora considerate incurabili.
2. La clonazione riproduttiva negli animali
Durante la fecondazione naturale, dalla fusione di uno spermatozoo e un oocita si forma un embrione unicellulare chiamato 'zigote'. Nel corso della divisione cellulare avviene una specializzazione delle cellule ('differenziamento') che permette loro di svolgere funzioni particolari: per esempio, un neurone può trasmettere impulsi elettrici o una cellula epatica può trasformare tossine in sostanze innocue. Tutte le cellule dell'organismo (con rare eccezioni) possiedono le stesse informazioni genetiche e il differenziamento avviene tramite l'attivazione o la disattivazione di geni specifici. Mentre prima si riteneva che le modificazioni genetiche che si verificano durante il differenziamento fossero fissate così rigidamente da non potere essere cambiate, la nascita di Dolly ha dimostrato che la plasticità dello sviluppo cellulare è maggiore di quanto le precedenti ricerche non avessero lasciato supporre.
La pecora Dolly è stata clonata grazie al trasferimento del nucleo di una cellula della ghiandola mammaria di una pecora di razza Finn-Dorset di sei anni in un uovo non fecondato (oocita), privato del proprio materiale genetico tramite rimozione del nucleo (v. Wilmut e altri, 1997). Con questo procedimento sono stati ottenuti 277 embrioni, 29 dei quali sono stati trasferiti nella fase di morula (o blastocisti) in 13 pecore adattate per portarne a termine lo sviluppo. Una delle pecore è rimasta gravida e il 5 luglio 1996 ha dato alla luce un agnello, Dolly, che possedeva lo stesso patrimonio genetico della pecora di sei anni da cui era stato prelevato il nucleo della cellula mammaria.
Fino a oggi sono state clonate sette specie di Mammiferi (pecore, mucche, topi, maiali, capre, conigli, gatti e una specie di Pesci). Su cento embrioni creati mediante trasferimento del nucleo le probabilità di ottenere nuovi nati vivi vanno da 1 a 3. Le perdite si verificano durante tutti gli stadi del processo: vengono persi embrioni per insufficiente sviluppo e molti feti sono espulsi per aborto. Molto frequenti sono anche i casi di morte alla nascita dell'animale clonato o successivamente a essa (talvolta anche dopo vari mesi). Con altrettanta frequenza si verificano anomalie specifiche nello sviluppo, che possono interessare, per esempio, cuore e polmoni (v. Heyman e altri, 2002).
a) Tipi di cellule e ciclo cellulare
I nuclei di cellule somatiche da trasferire sono stati prelevati da molti tipi diversi di cellule adulte, tra cui cellule epatiche, muscolari e nervose, ma con maggiore frequenza sono state impiegate quelle che circondano l'oocita (cellule del cumulo ooforo) e i fibroblasti fetali. Ciò nonostante, con nessun tipo di cellula è stato possibile ottenere un'efficienza di clonazione superiore al 3-4%. Inoltre, nei topi si è osservata una notevole differenza tra le cellule dei ceppi inbred (ceppi geneticamente puri, in quanto ottenuti attraverso incroci tra consanguinei) e quelle degli ibridi: l'impiego di cellule inbred, sia staminali embrionali che somatiche, riduce in modo significativo le possibilità di successo della clonazione.
Nella maggior parte delle specie, gli oociti subiscono un arresto naturale nella metafase della seconda divisione meiotica (v. Whitaker, 1996). È in questa fase che essi vengono generalmente utilizzati per il trasferimento nucleare. A questo stadio il livello della proteina chinasi MPF (M-Phase Promoting Factor), che promuove il passaggio dalla fase G1 alla fase M del ciclo cellulare, è elevato e quindi per ottenere il normale assetto cromosomico è necessario tenere in considerazione la fase del ciclo cellulare in cui si trova il nucleo donatore (v. Campbell e altri, 1996). Il trasferimento di un nucleo nell'oocita è seguito dalla rottura della membrana nucleare che permette la liberazione dei fattori che promuovono la replicazione del DNA. Di conseguenza, al momento del trasferimento il nucleo della cellula donatrice deve trovarsi nella fase G0 o G1 che precede la fase di replicazione del DNA. Dolly è stata creata utilizzando cellule donatrici allo stadio G0. L'arresto in G0 viene ottenuto coltivando le cellule in presenza di una scarsa quantità di siero e quindi privandole di nutrimento in modo da renderle quiescenti, con conseguente sospensione della divisione e della crescita cellulare. Nella produzione di animali clonati sono state impiegate con successo cellule sia nella fase G0 che nella fase G1. Tuttavia, studi comparativi hanno dimostrato che le probabilità di successo sono maggiori se le cellule si trovano allo stadio G0. Per il trasferimento nucleare sono stati impiegati anche nuclei nella fase G2/M. In questo caso la citocalasina B, che normalmente previene l'espulsione del globulo polare, non viene inclusa nel mezzo di coltura; di conseguenza, permettendo l'espulsione del globulo polare, si ottiene la rimozione di metà dei cromosomi del nucleo (4C) in fase G2/M, e l'embrione ricostruito è riportato a uno stato diploide. Questa procedura, che è stata impiegata per creare topi clonati da fibroblasti fetali in metafase, potrebbe essere utilizzata nei maiali, ma non si ritiene possa avere successo negli ovini e nei bovini, poiché in queste specie l'espulsione del globulo polare dopo il trasferimento del nucleo non è frequente (v. Campbell e altri, 1996).
In alternativa, è possibile attivare l'oocita prima del trasferimento del nucleo permettendogli di entrare nella fase S e inducendo in tal modo bassi livelli di attività dell'enzima MPF. Poiché in questo caso l'assetto dei cromosomi viene conservato indipendentemente dal ciclo della cellula donatrice, gli oociti preattivati vengono denominati 'riceventi universali'. Pur essendo stati utilizzati con esito positivo nella produzione di pecore clonate da cellule embrionali ovine coltivate, i riceventi universali non hanno avuto successo nella clonazione di topi da cellule somatiche; pertanto non sono considerati ottimali per la riprogrammazione di nuclei somatici (v. Wakayama e Yanagimachi, 2001) e vengono usati raramente.
Il trasferimento di un nucleo donatore direttamente in uno zigote enucleato è inefficace. Ciò nonostante, in taluni casi si è riusciti a ottenere la clonazione di maiali e di topi mediante un trasferimento in serie, ossia trasferendo il nucleo dapprima in un oocita enucleato in metafase II, quindi in uno zigote enucleato precedentemente ottenuto mediante fecondazione in vitro. Questo procedimento ha posto le basi del metodo impiegato per creare i primi maiali clonati.
b) Metodi di trasferimento del nucleo
Nonostante il nome, il termine 'enucleazione' non indica la rimozione di un nucleo intatto. Infatti, in un oocita in metafase II i cromosomi sono localizzati sul fuso mitotico, vicino alla superficie dell'oocita. Il primo globulo polare è situato nello spazio perivitellino in prossimità del fuso e può essere rimosso insieme ai cromosomi in metafase aspirando il materiale tramite la pipetta di un micromanipolatore.
Il trasferimento del nucleo nell'oocita enucleato si ottiene principalmente con due metodi. Nel primo, l'intera cellula donatrice viene inserita nello spazio perivitellino dell'oocita con una micropipetta e quindi fuso tramite una breve scarica elettrica. Questa tecnica è stata comunemente impiegata per gli ovini (v. Wilmut e altri, 1997) e i bovini. In alternativa, il nucleo viene prima prelevato dalla cellula donatrice e quindi iniettato nel citoplasma dell'oocita per mezzo di uno speciale apparecchio piezoelettrico per microiniezione. Questa procedura è stata utilizzata per creare i primi topi clonati da cellule somatiche (v. Wakayama e altri, 1998).
Durante la fecondazione naturale, lo stimolo che dà inizio alla divisione cellulare viene fornito dal liquido seminale, mentre nella clonazione viene da una scarica elettrica e/o da sostanze chimiche (quali ad esempio ionomicina, ionofori del calcio, etanolo). È stato dimostrato che nei bovini e nei topi un ritardo dell'attivazione (da 15 minuti a 6 ore) dopo il trasferimento del nucleo è vantaggioso ma non essenziale.
Dopo l'attivazione, gli embrioni ricostruiti che sono sopravvissuti vengono generalmente coltivati in vitro per un periodo che varia da un giorno a una settimana, a seconda delle specie. Tuttavia per gli animali - ad esempio le pecore - per i quali i protocolli per la coltura in vitro non sono attualmente ottimali, possono essere utilizzati dei riceventi 'temporanei'. In questo caso, gli embrioni ricostruiti vengono posti in agar e trasferiti nell'ovidotto per un periodo che può raggiungere i sette giorni, prima di essere rimossi e trasferiti nei riceventi definitivi per permetterne il completamento dello sviluppo.
c) Applicazioni
I metodi di trasferimento del nucleo per clonare animali potranno essere impiegati in agricoltura e nella produzione di bestiame. Quando le procedure per il trasferimento del nucleo saranno diventate più efficaci ed economiche, potrà dimostrarsi utile clonare esemplari particolari, ad esempio tori selezionati per la produzione di sperma, oppure mucche con una produzione eccezionale di latte o con una resistenza naturale alle malattie. Tuttavia la clonazione riproduttiva di animali ha il suo maggior impatto in biologia e in medicina quando è associata con le biotecnologie utilizzate per ottenere organismi transgenici (v. anche biotecnologie).
Attualmente gli animali transgenici sono ottenuti iniettando molte centinaia di copie di un determinato gene nel nucleo di embrioni unicellulari, solo pochi dei quali, peraltro, riescono a incorporare quel gene nel proprio genoma. Gli embrioni vengono poi impiantati nell'organismo ricevente per completare lo sviluppo fino alla nascita, ma solo pochi tra i nati sono transgenici e di conseguenza il procedimento ha una bassissima efficienza. In alternativa all'iniezione di geni nell'embrione, è possibile modificare geneticamente le cellule in coltura e quindi impiegare le tecniche del trasferimento nucleare per creare una progenie transgenica. La combinazione di tali tecniche offre numerosi vantaggi: è possibile introdurre precisi cambiamenti genetici nel DNA della cellula donatrice (per esempio modificando, aggiungendo o eliminando geni) prima che il nucleo venga trasferito e quindi verificare che nelle cellule siano intervenuti i cambiamenti desiderati prima del trasferimento all'embrione, riducendo così potenzialmente il numero degli animali necessari. Una maggiore efficienza dei metodi di trasferimento del nucleo potrebbe tradursi in un maggiore rendimento nella produzione di animali transgenici ottenuti con questo metodo.
Le applicazioni biotecnologiche per la clonazione di animali modificati geneticamente sono numerose e includono la produzione di farmaci, di organi o di tessuti animali adatti per i trapianti negli esseri umani (xenotrapianti), nonché la creazione di modelli animali per lo studio delle malattie e la cura di alcune di esse.
Le prime pecore transgeniche create attraverso il trasferimento nucleare di cellule geneticamente modificate sono state Dolly e le sue sorelle (v. Schnieke e altri, 1997). Ognuna di esse possedeva il gene umano per il fattore IX della coagulazione del sangue (carente nell'emofilia B), legato a un gene promotore della produzione del latte. Di conseguenza, il fattore di coagulazione viene prodotto nel latte, dal quale può essere purificato. Tra le altre proteine che potrebbero essere ottenute in questo modo vi è l'alfa-1-antitripsina, che potrebbe alleviare le sofferenze di pazienti affetti da enfisema e fibrosi cistica.
Oltre all'inserimento di geni umani nei genomi animali per la produzione di farmaci, anche la delezione di geni può avere applicazioni specifiche. Il topo era l'unico mammifero nel quale fosse stata praticata la delezione di geni (topi knock-out), ma ora è stata clonata una pecora priva di una copia del gene per la proteina prionica (PrP; v. Denning e altri, 2001). Il gene della PrP è direttamente collegato alla malattia denominata scrapie nelle pecore, alla encefalopatia spongiforme nei bovini e al morbo di Creutzfeld-Jakob nell'uomo. Grazie all'eliminazione di ambedue le copie del gene della PrP, il bestiame clonato, privo di proteina prionica, dovrebbe essere resistente a queste malattie neurodegenerative.
La disponibilità di organi umani per il trapianto è molto limitata rispetto al numero di pazienti che necessitano di cuore, fegato, reni o polmoni nuovi. Tale carenza non diminuirà significativamente con le sole donazioni di organi umani, e si rende quindi necessario trovare fonti alternative. Una delle soluzioni più promettenti è lo xenotrapianto, ovvero il trasferimento in esseri umani di organi prelevati da animali; tra questi, i maiali sono la specie favorita, in quanto la loro fisiologia e le dimensioni dei loro organi sono simili a quelli dell'uomo, sono domestici e si allevano con facilità. Le scimmie sono ritenute non adatte, sia perché ragioni etiche impediscono l'uso dei Primati, sia perché farebbero aumentare il rischio di trasferire virus, trattandosi di specie relativamente vicine all'uomo. Tuttavia, l'impiego di maiali non esclude il rischio di infezioni da retrovirus endogeni (presenti all'interno del loro genoma), non solo per il paziente, ma per chiunque venga in contatto diretto o indiretto con il paziente trapiantato. Prima di procedere con gli xenotrapianti, sono necessarie ulteriori ricerche sulla possibile insorgenza di infezioni da retrovirus suino, come pure test diagnostici, screening per virus, studi clinici e una valutazione globale del rischio (per ulteriori informazioni sui rischi da infezione negli xenotrapianti, v. Günzburg e Salmons, 2000).
La marcata reazione immunologica provocata dai trapianti di tessuti suini nell'uomo rappresenta il maggiore impedimento a una loro applicazione clinica. Uno degli obiettivi della ricerca è quello di ottenere le modifiche genetiche necessarie a creare organi suini più compatibili con l'uomo. L'epitopo del galattoso alfa-(1,3)-galattosio, che nei maiali si trova nelle proteine e nei lipidi di superficie delle cellule, non è presente nell'uomo e provoca la reazione di rigetto più pericolosa. Eliminando il gene che codifica per l'enzima alfa-(1,3)-galattosiltrasferasi, che nel maiale catalizza l'addizione di galattosio alle proteine di superficie, sarà possibile creare organi più adatti al trapianto nell'uomo. Negli Stati Uniti sono già state clonate due figliate di maialini privi del gene che codifica per l'alfa-(1,3)-galattosiltrasferasi.
d) Limiti del trasferimento del nucleo
In tutte le specie, con ogni tipo di cellula e indipendentemente dalla tecnica impiegata, la clonazione riproduttiva si è dimostrata una tecnica altamente inefficiente. Spesso gli embrioni vengono perduti o non riescono a impiantarsi nell'utero, i feti vengono abortiti o muoiono al momento della nascita (v. Heyman e altri, 2002). Tra i problemi più frequenti che insorgono durante la gestazione vi sono l'eccessivo accumulo di liquido amniotico e la crescita abnorme del feto e della placenta (v. Young e Fairburn, 2000). Spesso il parto deve essere indotto artificialmente e possono verificarsi dei problemi durante il travaglio e dopo la nascita. Oltre a essere sovradimensionate, le mucche e le pecore clonate presentano numerose deformità, problemi cardiovascolari e deficienze immunitarie. I problemi connessi alla gestazione e ai primi giorni di vita appaiono meno frequenti nelle capre e nei maiali clonati. Nei topi, il sovradimensionamento della prole è stato osservato nella clonazione da cellule staminali, mentre nella clonazione da cellule somatiche è la placenta a essere sovradimensionata. Inoltre, due studi sui topi condotti separatamente hanno evidenziato conseguenze abnormi della clonazione. Un confronto tra topi ottenuti rispettivamente da embrioni clonati, da fecondazione in vitro e da accoppiamenti naturali ha rivelato una significativa riduzione della longevità dei topi clonati, l'83% dei quali, a fronte del 23% dei controlli, moriva prima degli 800 giorni (v. Ogonuki e altri, 2002). La mortalità precoce dei topi clonati risultava dovuta a un basso livello di produzione di anticorpi e a varie patologie degli organi, tra cui polmoniti, necrosi del fegato e tumori. Un altro studio ha dimostrato che i topi clonati erano soggetti a obesità in età avanzata (v. Tamashiro e altri, 2002), anche se tale disfunzione non veniva trasmessa alla prole nata naturalmente da genitori clonati, il che sembrerebbe dimostrare che si tratta di un difetto di natura epigenetica (v. § e).
e) Meccanismi molecolari
Spermatozoi e oociti sono cellule aploidi altamente specializzate, specificamente strutturate per fondersi al momento della fecondazione formando uno zigote unicellulare capace di portare a termine lo sviluppo. Di conseguenza, l'oocita enucleato deve riprogrammare il nucleo diploide della cellula somatica differenziata per trasformarlo in un nucleo embrionale funzionante. Non stupisce, quindi, che il trasferimento nucleare sia così inefficiente, quanto piuttosto che talvolta riesca a verificarsi. Le conoscenze su quanto avviene a livello molecolare negli embrioni ottenuti per fecondazione naturale sono tuttora poche e ancora più scarse sono quelle relative agli embrioni clonati, ma di recente questa area di ricerca è stata oggetto di un crescente interesse.
Affinché la riprogrammazione del nucleo abbia successo, è necessaria una riprogrammazione epigenetica del nucleo somatico (che influenza il DNA senza alterarne la sequenza nucleotidica), per permettere che la trascrizione e l'espressione dei geni avvengano in modo appropriato. Ciò può comportare dei cambiamenti sia nelle proteine associate al DNA, sia nella metilazione del DNA. Quest'ultimo aspetto è stato studiato nel tentativo di individuare i meccanismi molecolari responsabili dei problemi presentati da embrioni, feti e nuovi nati per clonazione (v. Fairburn e altri, 2002), anche se altri eventi che influenzano il DNA potrebbero avere un ruolo significativo (v. Young e Fairburn, 2000).
I processi di metilazione del DNA sono molto dinamici nel primo periodo di vita degli embrioni di mammifero, e il numero degli errori che possono essere introdotti con il trasferimento del nucleo è consistente. Gli embrioni clonati di bovini hanno profili di metilazione altamente irregolari, simili a quelli delle cellule donatrici da cui provengono e molto diversi da quelli degli embrioni 'normali' prodotti attraverso fecondazione (v. Fairburn e altri, 2002). Tre studi separati indicano una riprogrammazione incompleta della metilazione in molti embrioni clonati: in tutti questi casi, l'oocita non era in grado di riprogrammare adeguatamente il nucleo in modo da raggiungere il giusto livello di metilazione nell'embrione. Per contro, gli embrioni di maiale clonati non mostrano rilevanti anomalie nei profili di metilazione. Anche nei topi clonati l'analisi dei profili di metilazione tessuto-specifici ha anomalie rispetto al profilo presentato da embrioni ottenuti per fecondazione (v. Ohgane e altri, 2001).
Tuttavia, una difettosa riprogrammazione epigenetica non impedisce il completamento dello sviluppo e anche dopo la nascita può non essere evidente nel fenotipo. Alcune ricerche recenti hanno dimostrato che i topi clonati da cellule staminali embrionali possono sopravvivere fino all'età adulta e avere un fenotipo apparentemente normale nonostante le anomalie epigenetiche presenti nei loro genomi (v. Humphreys e altri, 2001). Ma non tutti i meccanismi di riprogrammazione sono difettosi in tutti gli embrioni clonati; alcuni esperimenti hanno dimostrato una normale riprogrammazione relativamente alla lunghezza dei telomeri e all'inattivazione del cromosoma X (v. Rideout e altri, 2001).
Come ha dimostrato uno studio effettuato su embrioni bovini (v. Daniels e altri, 2000), un corretto sviluppo può essere ostacolato, oltre che da una espressione impropria dei geni soggetti a imprinting (i geni che esprimono solo l'allele paterno o materno), anche dalla disregolazione dei geni non soggetti a imprinting. Di conseguenza, negli animali clonati una insufficiente riprogrammazione del genoma per quanto riguarda i geni sia soggetti che non soggetti a imprinting può essere responsabile di un carente sviluppo dell'embrione e del feto.
3. Cellule staminali embrionali e clonazione terapeutica
Un tipo molto specializzato di linee cellulari coltivate in vitro è costituito dalle cellule staminali embrionali (ES). Derivate da embrioni molto precoci, tali cellule sono potenzialmente in grado di rivoluzionare lo studio e la terapia di malattie degenerative e debilitanti. In condizioni di coltura appropriate, le cellule ES rimangono indifferenziate anche per lungo tempo, possono continuare a dividersi indefinitamente (e pertanto sono dette 'immortali') e, una volta trasferite nell'organismo, possono differenziarsi in qualsiasi tipo cellulare (sono, cioè, cellule 'totipotenti'). Queste caratteristiche le rendono una fonte ideale per la produzione dei diversi tipi cellulari umani destinati a sostituire cellule che si sono deteriorate o sono andate distrutte in seguito a traumi o a malattie quali il diabete, il morbo di Parkinson, o le patologie a carico del fegato, del cuore e del midollo spinale (v. cellule staminali).
La fecondazione di un uovo da parte di uno spermatozoo dà origine a uno zigote, il quale si divide in due cellule, ciascuna delle quali si divide a sua volta dando luogo a 4, 8, 16, 32 cellule e così via, fino a formare un agglomerato sferico, chiamato morula; dopo questo stadio, l'embrione assume la forma di una sfera cava (blastocisti), costituita da uno strato periferico di cellule (trofoblasto), che darà origine alla placenta, e da una massa di cellule aderenti alla parete interna (ICM, Inner Cell Mass). È dalla ICM che vengono prelevati e poi trasferiti in colture idonee i potenziali 'precursori' delle cellule staminali, che si ottengono solo se queste cellule in coltura rimangono indifferenziate, totipotenti e immortali per lungo tempo. Le cellule ES umane sono state ottenute per la prima volta nel 1998 (v. Thomson e altri, 1998), quasi 20 anni dopo la scoperta delle loro omologhe nel topo (v. Evans e Kaufman, 1981).
Le cellule ES umane possono essere originate da due fonti principali: embrioni umani ottenuti mediante fecondazione in vitro o mediante trasferimento nucleare. Il potenziale vantaggio di quest'ultima procedura, nota anche come 'clonazione terapeutica', risiede nel fatto che il trapianto di cellule ES ottenute trasferendo negli oociti enucleati nuclei prelevati da cellule del paziente stesso non provoca una risposta immunitaria di rigetto. La clonazione terapeutica ha un'altra preziosa applicazione, in quanto permette la creazione di modelli cellulari in vitro di malattie. È possibile, cioè, ricostruire degli embrioni dai nuclei di un paziente affetto, per esempio, da una malattia del motoneurone, per ottenere colture di cellule ES affette dalla malattia. Cellule di questo tipo, totipotenti e in continua divisione, potrebbero rappresentare un eccellente modello della malattia per individuarne le cause genetiche, la biochimica, ecc., e fornirebbero cellule utilizzabili per saggiare e selezionare i farmaci.
La ricerca sui topi ha dimostrato che le cellule ES - differenziatesi sia prima che dopo il trapianto - possono integrarsi dal punto di vista funzionale e promuovere la guarigione. Per esempio, cellule staminali di topo differenziate in neuroni trapiantate in ratti con il midollo spinale danneggiato hanno restituito agli arti posteriori la capacità di sostenere pesi e migliorato le funzioni motorie (v. McDonald e altri, 1999). Cellule secernenti insulina derivate da cellule staminali embrionali di topo sono state trapiantate nella milza di topi diabetici provocando una normalizzazione della glicemia (v. Soria e altri, 2000). Tuttavia, poiché la scoperta delle cellule staminali umane è relativamente recente, si rendono necessari ulteriori studi sulla produzione, i metodi di coltura e il differenziamento di tali cellule.
4. Prospettive per il futuro
Il fatto che un embrione ottenuto mediante trasferimento del nucleo di una cellula somatica possa portare a compimento lo sviluppo, dando origine a un essere vivente, costituisce una importante dimostrazione della plasticità cellulare. Sia la terapia con cellule ES sia la clonazione per fini terapeutici aprono prospettive estremamente interessanti. La produzione di cellule ES da embrioni ottenuti per mezzo di trasferimento nucleare è appena agli inizi. La clonazione terapeutica destinata all'uomo richiede che si sviluppi un embrione ai primi stadi di vita, e gli esperimenti sul trasferimento del nucleo nella clonazione riproduttiva negli animali hanno evidenziato i limiti e i successi di questo metodo. Un'ottimizzazione delle tecniche attuali potrebbe rendere un po' più efficace il trasferimento nucleare, ma progressi significativi potranno ottenersi attraverso la comprensione degli eventi che si verificano nel corso di una efficace riprogrammazione nucleare e cercando di aiutare quest'ultima dopo il trasferimento, ad esempio con l'uso di complessi per rimodellare o con la rimozione della metilazione del DNA somatico prima o dopo il trasferimento. Il progresso delle conoscenze sui meccanismi della riprogrammazione nucleare dovrebbe portare allo sviluppo di tecniche che permettano il 'transdifferenziamento' di un tipo di cellula somatica in un altro, senza dovere ricorrere alle cellule ES per la terapia di sostituzione cellulare.
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