CLONAZIONE
In biologia la c. è una forma di riproduzione non mediata da accoppiamento sessuale: si sottrae quindi al rimescolamento dei contributi genetici paterno e materno che ha luogo durante la formazione dei gameti (meiosi). Da ciò deriva la bassa probabilità che in natura si trovino due gameti maschili (spermatozoi) o due gameti femminili (uova) identici fra loro: nella fecondazione il loro incontro è casuale, quindi a maggior ragione non esisteranno due prodotti della loro fusione (zigoti) identici fra loro. In questi casi la popolazione di individui che ne risulta è eterogenea e non clonale.
I gemelli identici, o monozigotici, sono il risultato finale di un processo, seppur minimo, di c. naturale. In molte specie di animali inferiori la riproduzione avviene attraverso meccanismi di scissione, di gemmazione oppure di partenogenesi: quest'ultima deve essere di tipo non meiotico perché si possa parlare di vera clonazione. Infatti questa richiede che nelle cellule riproduttive non si abbiano dei fenomeni di segregazione ed assortimento indipendente dei cromosomi derivati dai due genitori né loro ricombinazioni. In questi casi le popolazioni che ne risultano sono gruppi di individui identici, o cloni.
Oltre che gli individui la c. può interessare le cellule: tessuti di un organismo differenziato, come il fegato o il cervello di un mammifero, oppure le cellule di una coltura batterica pura possono essere considerati dei cloni in quanto costituiti da popolazioni di cellule strutturalmente e funzionalmente identiche e dotate di patrimonio genico ritenuto pure identico.
Il termine clone, derivato dal greco ϰλών (ramoscello con cui si poteva ottenere la propagazione, per talea, di piante tutte uguali alla pianta da cui derivava il ramoscello), pare sia stato introdotto da H.S. Jennings nel 1915 e indica un insieme di entità individuali risultanti da una serie di scissioni binarie di una singola struttura vivente, cellula o individuo. C. è quindi il processo che da una singola cellula o organismo porta ad un numero più o meno elevato di strutture, monocellulari o multicellulari, identiche alla struttura di partenza. Può essere naturale oppure artificiale.
I gemelli monozigotici formano quindi un clone, seppur piccolo: forse le più famose sono state le cinque gemelle Dionne, vissute negli USA tra le due guerre. Il loro patrimonio genico (genotipo) era identico, ed era quello della cellula uovo, fecondata e passata attraverso alcune divisioni cellulari (mitosi): almeno sino alle prime tre divisioni le cellule embrionali umane non perdono quindi la totipotenza, cioè la capacità di rigenerare un individuo completo. Nei gemelli monozigotici anche l'aspetto esteriore complessivo (fenotipo) è identico. Per queste due ragioni essi sono diversi da tutti gli altri esseri umani, che presentano genotipi e fenotipi sempre diversi: si possono quindi legittimamente considerare cloni. Le cellule di un determinato tessuto sono una popolazione clonale, in quanto derivate da una cellula ancestrale che nello svolgimento del programma di sviluppo dell'organismo è comparsa nell'embrione ed ha dato origine al tessuto in questione: tranne i casi di inattivazione casuale di uno dei due cromosomi X nelle femmine, i patrimoni genici delle cellule di un tessuto sono identici, e così il loro aspetto e le loro funzioni. Oltre che durante il processo di sviluppo la c. di cellule può interessare tessuti differenziati in continua formazione: nella risposta anticorpale si ha espansione clonale di linfociti a dotazione unica per quel che riguarda i geni delle immunoglobuline e quindi capaci di produrre specifici anticorpi. Si ha c. anche in situazioni patologiche: nell'insorgenza di un tumore ad esempio di tipo linfatico o leucemico, le cellule tumorali hanno spesso origine da una singola cellula a patrimonio genico mutato, e sono quindi clonali. Artificialmente la c. può essere indotta e sfruttata nella produzione di popolazioni cellulari omogenee derivate da singole cellule di linee generalmente ottenute da tumori e capaci di crescita indefinita. Particolarmente importante la produzione di cellule ibride, per lo più murine, capaci di secernere anticorpi di un unico tipo, detti appunto monoclonali: le cellule ibride derivano dalla fusione di singoli linfociti di tipo B, prodotti dalla milza e capaci di secernere ciascuno uno specifico anticorpo, con linfociti tumorali, tipo mielomi, capaci di crescita indefinita. Proprio per sottolineare la loro origine tumorale a questi cloni è stato dato il nome di ''ibridomi''. La c. può interessare animali, piante e batteri.
Tra gli organismi superiori, le cellule delle piante presentano naturalmente la proprietà della totipotenza: possono rigenerare individui completi a partire da singole cellule isolate da qualunque tessuto. È noto che da pezzetti o da cellule di una carota è possibile rigenerare piante simili alla carota di partenza (fig. 1). Le orchidee commerciali sono prodotte per lo più in questo modo. Diversa la situazione per quel che riguarda la c. di animali superiori. In natura è rara, ma i tentativi di ottenerla artificialmente sono stati e continuano ad essere numerosi. Un avvio promettente risale all'inizio degli anni Cinquanta, allorché R.W. Briggs e Th.J. King riuscirono a produrre cloni di rane trapiantando in ovociti non fecondati nuclei estratti dalle cellule di un embrione. Gli ovociti erano stati enucleati, cioè privati dei loro nuclei per aspirazione meccanica con microsiringa: da queste uova, che si trovarono in tal modo dotate di nuclei diploidi identici fra loro, si formarono girini che erano copie genetiche del donatore di nuclei (fig. 2). Questo però succedeva solo se le cellule donatrici di nuclei derivavano da un embrione sviluppato non oltre lo stadio di blastula: già allo stadio di gastrula i nuclei non funzionavano più avendo perso la totipotenza probabilmente a seguito di alterazioni geniche irreversibili. Nel 1962 J.B. Gurdon descrisse esperimenti effettuati sul rospo africano Xenopus laevis: trapiantando nuclei ottenuti da cellule somatiche in ovociti non fecondati ed enucleati per irraggiamento con raggi U.V., era riuscito a produrre cloni di animali identici al donatore dei nuclei. Le novità dell'esperimento di Gurdon consistevano nel fatto che le cellule somatiche da cui erano stati estratti i nuclei derivavano dall'epitelio di animali adulti, e che gli embrioni clonali ottenuti in questo modo venivano lasciati sviluppare sino allo stadio di blastula parzialmente segmentata (fig. 3): il ciclo veniva ripetuto diverse volte, cosicché i nuclei somatici trapiantati, pur restando diploidi, venivano in qualche modo ricondizionati in un ambiente cellulare embrionale. I nuclei dei nuovi embrioni clonali derivavano quindi da cellule ottenibili da individui adulti, diversamente da quanto era riuscito a Briggs e King, che prelevavano le cellule da embrioni. Gli esperimenti di Gurdon non presentavano rese elevate (circa l'1%), forse anche per il fatto che il tempo di replicazione del DNA dei nuclei somatici trapiantati era superiore ai circa 90 minuti necessari per la divisione per segmentazione delle cellule embrionali: ma erano troppo interessanti per non stimolare una rinnovata sperimentazione su altre specie di animali economicamente più utili degli anfibi.
Sfortunatamente i risultati pubblicati da allora sono stati piuttosto deludenti: dati simili riportati da diversi autori su insetti e topi non sono stati riprodotti e sono stati oggetto di polemiche e smentite. Pare probabile che negli animali questo tipo di c. sia possibile solo se si parte da embrioni, ed in particolare da cellule della massa cellulare interna, che sembrano conservare la totipotenza. L'interesse maggiore per la c. di animali superiori deriva dalla zootecnica ove è di enorme importanza ottenere rapidamente individui con caratteri genetici più pregiati. Dal momento che la sua applicazione è limitata a cellule di embrioni, pur ottenuti da genitori selezionati, la tecnica ha per ora un interesse prevalentemente teorico, anche se per micromanipolazione sono state prodotte divisioni binarie o quaternarie di embrioni risultanti da genitori particolarmente pregiati: in questo modo sono stati ottenuti piccoli cloni di animali potenzialmente superiori attualmente sotto attenta osservazione. S.M. Willadsen, un ricercatore inglese trasferito in America, ha di recente riportato interessanti risultati nella c. di cellule embrionali in specie animali di importanza zootecnica, quali bovini ed ovini. Può valere la pena ricordare che sull'onda dei primi successi dell'ingegneria genetica, nel 1978 venne pubblicato un libro (In his image: the cloning of man, tradotto anche in italiano) in cui un disinvolto giornalista, D. M. Rorvik, raccontava come vera la storia di un miliardario americano che si era fatto clonare: dal nucleo di una cellula del suo epitelio sarebbe stato prodotto un bambino geneticamente identico al padre/gemello. In realtà si trattava di un grossolano falso che costò all'autore una severa censura.
La c. molecolare consiste infine nella propagazione di una singola molecola di DNA dopo che questa, con procedure di ingegneria genetica, è stata ricombinata in provetta con una molecola di vettore plasmidico o virale, introdotta in un'apposita cellula ospite che sia capace di replicarla e che viene fatta crescere sino a formare un clone.
Bibl.: G. Bacci, Sex determination, Elmsford (New York) 1965; J.B. Gurdon, R.B. Uehlinger, in Nature, 210 (1966), pp. 1240-41; G. Bell, The masterpiece of nature, Berkeley 1982; J.D. Watson, J. Tooze, D.T. Kurz, Recombinant DNA: A short course, New York 1983; F. Vogel, A.G. Motulsky, Genetica umana, Milano 19892.