CLOROFLUOROCARBURI
I c. (CFC) sono composti chimici costituenti i più importanti derivati organici del fluoro (XV, p. 571; App. II, i, p. 955); classe numerosa di composti, la maggior parte dei quali trova una larga, consolidata, applicazione industriale. I più importanti c. sono quelli derivati dal metano.
In passato per i vari prodotti di questa classe si è usata la denominazione generica di clorofluorometani, ma poiché fra questi vengono anche inclusi sia derivati dell'etilene e di altri idrocarburi sia composti contenenti, oltre a cloro e fluoro, anche bromo, la denominazione generica di alogeno idrocarburi risulta preferibile.
I più importanti membri di questa classe di composti sono: triclorofluoro metano (CCl3F o R 11), diclorodifluorometano (CCl2F2 o R 12), clorodifluorometano (CHClF2 o R 22), triclorotrifluoroetano (C2Cl3F3 o R 113), diclorotetrafluoroetano (C2Cl2F4 o R 114). Tutti i composti di questa classe sono caratterizzati da un'elevata stabilità chimica e termica, che aumenta col contenuto di fluoro, sono ininfiammabili e poco tossici; alcuni hanno debole odore gradevole, taluni anche deboli proprietà anestetiche.
I CFC si possono preparare in diversi modi:
a) da derivati clorurati, scambiando parte degli atomi di cloro con fluoro, a mezzo di acido fluoridrico in presenza di catalizzatori; così per es. il diclorodifluorometano si può ottenere dal tetracloruro di carbonio secondo la reazione
CCl4 + 2 HF → CCl2F2 + 2 HCl
effettuabile in fase liquida, in autoclave a circa 100 °C e 3 MPa.
Recentemente è stato realizzato un processo a marcia continua nel quale i gas (una miscela di tetracloruro di carbonio, di cloroformio, di tricloroetilene, ecc.) insieme ad acido fluoridrico in eccesso attraversano, a 100÷400 °C, uno strato di catalizzatore metallico (Cr, Al, Fe, ecc.); questo può anche essere mantenuto in sospensione (sistema a letto fluido Montedison);
b) per fluorurazione diretta; la fluorurazione diretta con solo fluoro elementare è di difficile attuazione perché accompagnata da forte sviluppo di calore, che va rapidamente asportato; se il fluoro non è convenientemente diluito con gas inerti, la reazione può assumere andamento esplosivo. Inoltre il fluoro elementare ha un costo molto elevato. Per questo o si sostituiscono prima gli atomi d'idrogeno dell'idrocarburo con cloro e poi questi si scambiano con fluoro, sempre usando acido fluoridrico, o si opera con acido fluoridrico in presenza di cloro e di catalizzatori, in letto fluido, secondo reazioni del tipo
CH4 + 4 Cl2 + 2 HF → CCl2F2 + 6 HCl
Nel caso di idrocarburi superiori al metano la fluorurazione si può realizzare con trifluoruro di cloro;
c) per fluorurazione elettrochimica; sistema usato in misura limitata che si effettua trattando un composto organico in soluzione di HF anidro in una cella elettrolitica; il fluoro che si libera all'anodo (di nichel o di grafite porosa) reagisce col composto organico.
Recentemente sono stati ottenuti composti contenenti atomi di bromo al posto di quelli di cloro; sono caratterizzati da un'elevata resistenza al calore, tanto da poter essere usati come agenti antifiamma.
La produzione mondiale di CFC è dell'ordine di 1 milione di t/anno; i composti maggiormente prodotti sono R 11 e R 12, che insieme rappresentano circa i 2/3 del totale e che per l'insieme delle particolari caratteristiche possedute trovano applicazione in campi diversi: come propellenti negli aerosoli, come agenti refrigeranti, come agenti porofori nella preparazione di materie plastiche espanse, ecc.; il loro consumo mondiale viene assorbito per circa 1/3 nel confezionamento di aerosoli, per il 30% dalle materie plastiche espanse, per il 10% nell'industria dei refrigeranti e condizionatori d'aria, il 10% in elettronica come sgrassante e nell'incisione (microlitografia); il rimanente in impieghi vari. Alcuni CFC trovano impiego come intermedi nella preparazione di derivati organici fluorurati (fluoroalchili), clorofluoderivati di olefine sono la materia prima di polimeri fluorurati e fluidi inerti.
In questi ultimi anni i CFC, dapprima gli R 11 e R 12 usati specialmente nella preparazione di aerosoli, poi anche gli altri, sono stati ritenuti in parte responsabili della riduzione dello strato di ozono presente nella stratosfera (v. ozono, in questa Appendice). Per tale ragione il loro impiego è stato prima limitato e ora proibito. La loro sostituzione presenta difficoltà dal momento che si tratta di composti che assommano particolari caratteristiche chimiche e fisiche non facilmente rintracciabili in altri composti, e il cui cambiamento comporta comunque lunghe e onerose ricerche e inoltre l'abbandono di impianti, molti dei quali di recente costruzione.
In un primo momento l'industria si è orientata a studiare CFC meno stabili (per es. rispetto a R 11 e R 12) e quindi suscettibili di decomporsi, almeno in gran parte, prima di arrivare nella stratosfera. Tali sono per es. i CFC contenenti qualche atomo d'idrogeno nella molecola, poiché il legame C-H risulta molto più debole di quello C-F e quindi più facilmente attaccabile con ''frantumazione'' della molecola. Naturalmente questi composti non presentano tutte le caratteristiche degli altri CFC (per es. la ininfiammabilità), ma la loro adozione consentirebbe la possibilità di utilizzare, almeno in parte, gli impianti e le tecnologie attuali. Fra i vari composti possibili, l'attenzione dei fabbricanti si era accentrata sul CFC 123 (CHCl2CF3) e sul CFC 134 (CH2FCF3), che dalle prove condotte risulterebbero privi (o quasi) di tossicità anche se meno ininfiammabili e di preparazione più costosa. Ora, tuttavia, anche l'impiego di questi composti, prima considerato possibile, è stato proibito.
Per gli aerosoli si tende pertanto a far ricorso a idrocarburi leggeri (butano, isobutano, pentano, ecc.) che tuttavia, per la loro grande infiammabilità, creano seri problemi in relazione ai pericoli dell'immagazzinamento delle bombolette e alle precauzioni da rispettare nell'uso. Per gli apparecchi di refrigerazione molti produttori stanno ritornando all'uso dei fluidi tradizionali (specie ammoniaca, che in caso di fughe in ambienti chiusi o poco ventilati può anch'essa divenire pericolosa per la sua tossicità). Più difficile è il problema per i piccoli condizionatori d'aria montati, con sempre maggiore frequenza, nelle auto; in questo caso si usano dispositivi sigillati contenenti CFC a vita più breve, del tipo 134a o 123; nonostante l'ermeticità dei dispositivi rimane il rischio di dispersione del gas, a seguito di incidenti o all'atto della demolizione delle macchine. È allo studio la possibilità di un recupero dei dispositivi con riciclaggio dei gas, ma la normativa rende ormai inutili queste precauzioni.
Nel caso della produzione di resine espanse, dove i CFC sono usati come agenti porofori, sono state prospettate diverse soluzioni. Occorre far distinzione fra produzione di resine espanse flessibili e rigide: nel primo caso la sostanza porofora, dopo aver generato i pori necessari, si libera dalla massa, nel secondo caso invece essa rimane in gran parte imprigionata nella massa. In alcuni impianti del primo tipo di resine si procede a un ricupero del CFC; in impianti del secondo tipo si può ricorrere a idrocarburi leggeri, ma in questo caso i manufatti presentano una minore ininfiammabilità e un minore potere d'isolamento termico. Alcune industrie si erano orientate a usare CFC 134, ma, come si è detto, anche l'impiego di questo è ora proibito. Le ricerche di sostituiti dei CFC anche in questo settore stanno dando risultati positivi; sono stati annunciati sistemi di produzione di schiume poliuretaniche che utilizzano come agente poroforo l'anidride carbonica generata durante le stessa reazione di preparazione del polimero (fra poliolo e toluendiisocianato in presenza di acqua); il sistema non sarebbe adatto per i prodotti a più basso peso specifico.
Il consumo dei principali CFC (CFC 11 e CFC 12), in migliaia di t, nei settori di maggiore impiego è stato nel 1985: aerosoli 220; refrigeranti 250; porofori 331. Il protocollo di Montreal (1987) ha imposto la riduzione del 20% (rispetto ai consumi del 1986) dei CFC 11, 12, 113, 114 e 115 a partire dal luglio 1994 e del 50% a partire dal luglio 1998; successivamente (1990) la Conferenza di Londra ha anticipato le suddette scadenze rispettivamente al 1993 e 1995, fissando anche una riduzione dell'85% nel 1997 e una totale cessazione d'impiego entro il 2000. La CEE ha previsto una riduzione del 50% entro il gennaio 1992.
Più difficile, secondo gli utilizzatori, appare la sostituzione dei CFC in elettronica, dove si usano largamente come solventi, specie il 113 (C2Cl3F3), che ha lunga vita (la sola AT&T nel 1986 ne ha impiegate circa 1350 t). I possibili sostituti (per es. tricloroetilene, cloruro di metilene) presentano elevata tossicità; recentemente è stata proposta una miscela a base di idrocarburi terpenici e di tensioattivi biodegradabili, capaci di eliminare i residui di agenti flussanti usati nelle saldature.
Un'ulteriore difficoltà si presenta nella sostituzione dei composti usati come agenti antifiamma, costituiti da prodotti contenenti bromo e che presentano un rapporto F/Br piuttosto elevato (come: CBrF3, CBrClF2, C2Br2F4 indicati con le sigle, rispettivamente, di Halon 1301, 1311 e 2402), particolarmente stabili, e ritenuti pericolosi per la conservazione dello strato di ozono (il bromo reagisce con l'ozono più rapidamente del cloro).
La bassa tossicità unita alla bassa corrosività rende questi composti particolarmente utili nel caso di incendi in ambienti contenenti apparecchiature di alto costo e sensibili agli innalzamenti di temperatura (per es. i computers). Al primo apparire di fumo la stanza viene saturata con questi prodotti che spengono il fuoco senza danno agli apparecchi e senza dover evacuare l'ambiente. S'impiegano anche nel caricamento di estintori portatili. La produzione mondiale di questi composti bromurati è dell'ordine di 21.000 t/anno.
Bibl.: Preparation, properties and industrial applications of organo-fluorine compounds, a cura di R.E. Banks, Chichester 1982; R.E. Banks, D.W.A. Sharp, J.C. Tatlow, Fluorine, the first hundred years (1886-1986), New York 1986; J.K. Hammit e coll., Product uses and market trends for potential ozone depleting substances 1985-2000, Santa Monica 1986; W. Schwertfeger, Fluorine compounds, organic, in Ullman's encyclopedia of industrial chemistry, vol. 11, Weinheim 1988.