CMO (Collateralized Mortgage Obligation)
CMO (Collateralized Mortgage Obligation) Titolo obbligazionario fondato su un collaterale (➔), rappresentato da crediti garantiti da ipoteche (➔ anche CLO; CDO). La prima emissione di titoli di questo tipo risale al 1983 a opera delle banche di investimento Salomon Brothers e First Boston, per conto dell’agenzia federale statunitense Freddie Mac, specializzata in mutui ipotecari.
Formalmente le obbligazioni sono emesse da una entità creata appositamente per questo scopo, alla quale viene conferito un insieme di mutui ipotecari, ovvero di crediti garantiti da ipoteca su immobili residenziali o commerciali. Tali crediti vengono dunque raggruppati e si procede all’emissione di obbligazioni per un importo corrispondente al loro valore totale. Questa parte dell’operazione sfrutta la diversificazione del rischio: il sottoscrittore di un’obbligazione non si basa su un singolo credito, il cui debitore potrebbe rivelarsi insolvente, ma lo spalma su un ampio insieme di debitori. Una seconda fase importante dell’operazione è la cosiddetta fase del tranching, con la quale si suddividono le obbligazioni in classi aventi differenti priorità nel rimborso. Ciò significa che le eventuali perdite derivanti da insolvenza dei debitori non si ripartiscono proporzionalmente fra tutti i sottoscrittori delle obbligazioni, ma innanzitutto sulle classi cosiddette junior, poi sulla classe intermedia (detta ‘mezzanine’; ➔ mezzanine financing) e, solo se le perdite fossero superiori, sulle classi senior e supersenior. In tal modo, le obbligazioni di queste ultime classi, definite ad alta priorità, sono equiparate, in linea di principio, ad attività prive di rischio e godono di elevato rating (tripla A). Quando una larga percentuale di mutui ipotecari è rivolta a debitori della categoria subprime (➔ subprime, crisi dei mutui), ovvero con basso merito di credito, le obbligazioni delle classi a bassa priorità sono molto rischiose. Il benefico effetto congiunto di diversificazione e priorità dovrebbe, invece, almeno in teoria, rendere prossima a zero la probabilità di perdita delle classi senior, giustificandone l’elevato rating.
Tale sicurezza può essere illusoria in presenza di due circostanze: quando un’elevata percentuale dei mutui sia subprime, cioè il collaterale non sia garanzia aggiuntiva, ma prevalente o esclusiva, della capacità del debitore di fare fronte ai propri impegni, e i valori di tutti i collaterali siano fortemente correlati. In queste condizioni una simultanea e rilevante diminuzione di valore dei collaterali provoca un’ondata di insolvenze dei debitori e genera perdite significative anche per le tranche senior. Ciò può determinare il fallimento di intermediari con rilevanti esposizioni in titoli ad alta priorità, specie se finanziati a debito e in assenza di una base di capitale proprio sufficiente ad assorbire le perdite. La fitta rete di collegamenti fra gli intermediari può propagare il contagio all’intero sistema finanziario. Uno scenario di questo tipo è stato alla base della grande crisi del 2007-08. All’epoca erano in circolazione, negli Stati Uniti, grandi quantitativi di CMO il cui collaterale era costituito da garanzie ipotecarie su immobili i cui valori erano gonfiati a causa di una bolla immobiliare. L’improvviso e inatteso scoppio della bolla, con sensibile calo di valore dei collaterali, ha determinato l’insolvenza di una grande massa di mutuatari subprime, con conseguente perdita di valore delle obbligazioni delle classi ad alta priorità. Ne sono rimasti vittime anche investitori istituzionali; ciò ha generato una crisi sistemica seguita da una situazione generale di panico che ha condotto la finanza mondiale sull’orlo del tracollo. Solo il massiccio intervento dei governi delle nazioni economicamente avanzate a sostegno delle istituzioni finanziarie in dissesto ha consentito di fare fronte alla crisi. Tutto ciò ha comportato un aumento generalizzato del debito pubblico, che, a sua volta, ha lasciato i mercati finanziari in una situazione di grande incertezza.