Vedi CNIDO dell'anno: 1959 - 1994
CNIDO (v. vol. II, p. 726)
Sulla base delle ricerche condotte dagli inglesi G. Bean e J. Cook, si ritiene che la città arcaica sorgesse nei pressi dell'odierna Datça (Turchia sud-occidentale) e che soltanto nel IV sec. a.C. sia stata fondata la città nel suo luogo attuale (Tekir), sulla punta della penisola cnidia, a metà circa tra le isole greco-occidentali di Coo e Rodi. Alla luce dei più recenti scavi, tuttavia, questa tesi comincia a vacillare.
La città è posta su più terrazze sia sulla terraferma che su una penisoletta antistante (Capo Krio); un sottile istmo collega le due parti formando così due approdi naturali: quello NO era attrezzato come porto militare, quello SE funzionava invece come porto commerciale. Le mura, ancora in gran parte conservate, con numerose torri angolari a pianta circolare, risalgono alla fine del IV o agli inizi del III sec. a.C. A. E si estende per oltre 10 km la vasta zona della necropoli. Poco si conosce della fase protostorica. In occasione degli scavi condotti dagli americani nel sito del porto sono stati trovati frammenti di ceramica micenea, che attestano una colonizzazione avvenuta intorno al XIII sec. a.C. Le fonti (Herodot., I, 174; Diod. Sic., V, 53) tramandano che C. fu colonizzata da una stirpe dorica proveniente da Sparta, presumibilmente nel corso della c.d. migrazione dorica, nel XII sec. a.C. Una conferma in questo senso è costituita dalle iscrizioni rinvenute nella città che, fino a tutto il periodo imperiale, furono scritte in dialetto dorico.
Nei pressi della città, a Capo Triopion, sorgeva il santuario comune alle sei maggiori città doriche dell'oriente (Ialiso, Camiro, Lindo, Coo, Alicarnasso e C., cfr. Herodot., I, 174; Thuc., VII, 35). Nel VII sec. la città doveva godere di una certa floridezza; secondo Erodoto partecipò alla fondazione di alcune colonie, quale p.es. Naukratis in Egitto. Intorno alla metà del VI sec., C. dedicò nel santuario di Delfi un thesauròs, il più antico edificio in marmo della Grecia continentale, con figure di cariatidi in luogo delle colonne. Un secolo più tardi si ricorda a Delfi un portico, decorato con pitture di Polygnotos, dedicato da Cnido. Il IV sec. a.C. fu chiaramente un periodo di particolare splendore economico per C.: i celebri scultori Leochares, Skopas e Bryaxis abbellirono i santuari con le loro opere; ma fu soprattutto l'acquisizione dell'Afrodite di Prassitele a procurare alla città una maggiore fama, poiché attirò, fino alla tarda antichità, viaggiatori da ogni parte. Furono coltivate anche le scienze: la scuola di medicina di C. divenne famosa come quella della vicina isola di Coo; il matematico Eudosso fece costruire in C. un osservatorio astronomico; Sostrato, l'architetto del faro di Alessandria, era cittadino di Cnido.
La prosperità continuò in età ellenistica. Le abitazioni messe in luce dagli scavi americani, ornate internamente da stucchi, pitture e sculture, testimoniano la ricchezza degli abitanti. Un gran numero di bolli su anfore cnidie, rinvenuti nell'agorà di Atene, attestano che la città era specializzata nell'esportazione di vino e per questo motivo dunque accanita concorrente di Rodi. I numerosi edifici di età romana indicano che non minore fu in quel periodo l'importanza della città. Durante l'età cristiana C. fu sede vescovile; fino à oggi sono state messe in luce cinque chiese di grandi dimensioni.
Nel 1812, per conto della Società dei Dilettanti, il colonnello inglese W. M. Leake visitò la costa nei pressi di C. e fece eseguire disegni degli edifici allora visibili e di alcune parti architettoniche. Il primo e per lungo tempo unico scavo fu iniziato nel 1857-58 da C. T. Newton, su incarico del British Museum; le molte sculture ritrovate, tra le quali la Demetra seduta e la statua della Nikokleia, furono trasportate a Londra.
Solo negli anni 1967-1977 sono stati intrapresi scavi sistematici sotto la direzione dell'archeologa americana Iris C. Love; gli edifici menzionati in seguito sono stati messi in luce essenzialmente in queste campagne. Dal 1987 gli scavi sono eseguiti dai turchi guidati da R. Özgan: finora si è scavato solo un quarto circa dell'area della città.
Sulla terrazza superiore a O sono visibili i resti di un tempio rotondo con basamento di marmo grigio-azzurro, scale sul lato orientale, struttura in pòros e cella circondata da colonne. A E è un piccolo altare a gradini a pianta quadrata. I. C. Love ha confrontato il tempio con la thòlos dorica di Villa Adriana e quindi lo ha identificato con l'edificio nel quale era esposta l’Afrodite di Prassitele. Le ricostruzioni tuttavia tendono a restituire un ordine corinzio e un'unica cella. L'edificio si data con ogni probabilità al II sec. a.C. Al di sotto di esso, sulla terrazza mediana, sorgono i resti di un monumentale altare a gradini con basamento in marmo grigio bluastro, profili con motivo a treccia, kỳma lesbio e lastra di copertura decorata da kỳma ionico e ghirlanda, in marmo bianco. A esso appartengono alcune lastre marmoree con fregio figurato e con iscrizioni che menzionano l'artista Theon Antiocheus e le Ninfe. Due blocchi laterali recanti iscrizioni sacre ad Apollo Kàrneios hanno indotto gli archeologi turchi a ritenere che l'altare, databile al II sec. a.C., fosse dedicato a quella divinità. Il relativo tempio a O non è conservato; al suo posto sorge un edificio di età più tarda. Sempre sulla terrazza mediana, a S dell'altare a gradini, in prossimità di due strade, erano posti i propilei con stilobate e alzato in calcare grigio, colonnato di ordine ionico in marmo bianco e vestibolo con quattro colonne in antis sulla fronte orientale. Databili al III o II sec. a.C., consentivano l'accesso al santuario. Sulla terrazza inferiore, a O, al di sopra del porto militare, è stato messo in luce il c.d. Tempio Rosa, dal colore del calcare utilizzato per le fondazioni e lo stilobate; le colonne e le altre parti architettoniche sono in pòros. Il tempio, con colonne e semicolonne doriche e fregio con metope e triglifi, è stato identificato dalla Love come quello consacrato ad Apollo Kàrneios per via di un'iscrizione ivi rinvenuta dedicata a questa divinità; in età cristiana esso fu inglobato in una chiesa.
A E dei propilei, sulla terrazza mediana, sono i resti di un più piccolo tempio corinzio, dall'alto podio con scala, pronao con quattro colonne prostile, opistodomo con due colonne in antis, datato dalla tipologia dei capitelli e delle decorazioni architettoniche presumibilmente tra la metà e la fine del II sec. d.C.
A S di esso sorge il portico dorico (113,80 x 15,80 m) che la Love ritiene forse identificabile con la ambulatio pensilis di cui parla Plinio (Nat. hist., XXXVI, 83), opera dell'architetto cnidio Sostrato e dunque costruito intorno alla metà del III sec. a.C.
A O del tempio corinzio sono state rinvenute le strutture dell'odèion o bouleutèrion simile a quello di Pompei.
A Ν del porto commerciale si conserva uno dei due teatri della città, in grado di ospitare c.a 5000 spettatori. Le sue strutture sono di età imperiale; di un teatro più grande, situato su una delle terrazze inferiori, rimangono solo pochi resti.
A O del teatro minore, sorge il Tempio di Dioniso (15,5 x 29 m), probabilmente di ordine ionico con fregio figurato. In epoca cristiana fu incorporato in una chiesa nella quale sono state riutilizzate alcune parti del tempio.
A E della strada 7, su una delle scale di accesso alla terrazza sottostante, sono stati messi in luce resti di abitazioni private. I muri di argilla, con alte fondazioni in pietra, sono conservati fino a un'altezza di 3 m. All'interno, le pareti sono decorate con pitture di primo stile e fregi di stucco; numerosi sono i rinvenimenti di ceramica, lucerne e sculture.
A E della città sorge la necropoli che, con i suoi 10 km di estensione, è una delle più grandi del mondo antico. Molti e di vario tipo sono gli edifici sepolcrali: tombe a témenos rettangolare, per lo più in opera poligonale, altari circolari con bucranì e serpenti, tombe a camera con soffitto a volta, in parte scavate nella roccia, sarcofagi marmorei con decorazioni a rilievo, stèlai e lastre sepolcrali. Finora sono state scoperte cinque chiese; una, a S del portico dorico, presenta tre absidi e un sỳnthronos, mosaici pavimentali colorati e figurati nelle navate laterali e nel nartece. È databile al V sec. d.C. Un'altra è stata rinvenuta a NO del porto commerciale; ha tre navate con abside, sỳnthronos e pavimento in opus sectile nell'abside centrale. Un'alta scala conduce al nartece. Nella costruzione sono stati utilizzati numerosi resti di edifici dorici, ionici e corinzi e soprattutto molte iscrizioni votive, tra cui una serie proveniente da un edificio circolare, databile negli anni 40 del I sec. a.C., in onore di Teopompo, uno degli amici di Cesare. Una terza chiesa, infine, sorge sul molo NO del porto militare e mostra una grossa navata centrale divisa per mezzo di colonne dalle due laterali, più piccole. Queste ultime e il nartece sono impreziositi da mosaici; si conserva anche la firma della donatrice, una certa Cleopatra. L'esonartece è fiancheggiato da due torri che appartenevano originariamente alla fortificazione ellenistica. Resti di gradini fanno pensare all'esistenza di una galleria all'interno. Le altre due chiese messe in luce sono state edificate, come si è detto, sopra il Tempio di Dioniso e il c.d. Tempio Rosa.
Bibl.: A. von Gerkan, Die Ausgrabung einer antiker Stadt, in Deutschtum im Auslande, XXIII-XXIV, 1930, p. 17 ss.; F. Krischen, Löwenmonument und Maussolleion, in RM, LIX, 1944, pp. 173-181; G. E. Bean, J. M. Cook, The Cnidia, in BSA, XLVII, 1952, pp. 171-212; H. A. Cahn, Knidos. Die Münzen des 6. und 5. Jhs. ν. Chr., Berlino 1970; Ν. Stampolidis, Der «Nymphenaltar» in Knidos und der Bildhauer Theon aus Antiochia, in AA, 1984, pp. 113-127; N. Demand, Did Knidos Really Move? The Literary and Epigraphical Evidence, in ClAnt, VIII, 1989, pp. 224-237; W. Bliimel, Epigraphische Forschungen in Knidos, in Arajtirma Sonuçlan Toplantisi, VII, Ankara 1989, pp. 233-237; R. Ozgan, 1988 Knidos Kazisi ön Raporu («Rapporto degli scavi di Cnido 1988»), in Kazi Sonuçlan Toplantisi, XI, 2, Ankara 1990, pp. 167-175; D. Berges, N. Tuna, Ein Heiligtum bei Alt-Knidos, in AA, 1990, p. 19 ss.; W. Blümel, Die Inschriften von Knidos, 1, Bonn 1992.
Relazioni di scavo: M. J. Mellink, Archaeology in Asia Minor, in AJA, LXXII, 1968, pp. 137-139; LXXIII, 1969, pp. 216-219 (scavi 1968); I. C. Love, A Preliminary Report of Excavation, ibid., LXXIV, 1970, pp. 149-155 (scavi 1969); LXXVI, 1972, pp. 61-76 (scavi 1970); ead., in TürkAD, XX, 2, 1973, pp. 97-142 (scavi 1971); ead., in AJA, LXXVII, 1973, pp. 413-424 (scavi 1972); LXXVIII, 1974, p. 121 (scavi 1973); M. J. Mellink, Archaeology in Asia Minor, ibid., LXXIX, 1975, p. 214 (scavi 1974); LXXXI, 1977, p. 303 (scavi 1976); LXXXII, 1978, p. 324 (scavo 1977); I.C. Love, A Brief Summary of Excavations at Knidos 1967-1973, in The Proceedings of the 10. International Congress of Classical Archaeology, Ankara-Izmir 1973, Ankara 1978, pp. 1111-1133.