COAGULAZIONE (lat. coagulatio, da cum e ago "stringo insieme"; ted. anche Gerinnung)
Si chiama coagulazione il processo per cui un albuminoide liquido si converte in una massa solida o di consistenza gelatinosa.
Coagulazione del sangue. - Quando il sangue di un animale superiore esce dai vasi in cui circola e si versa all'esterno, in pochi minuti (da 2 a 10) coagula. Il coagulo, dopo circa una mezz'ora, comincia a contrarsi, e da esso si separa un liquido di colore paglierino, che si dice siero; il coagulo contratto si dice crassamento o placenta sanguinis. La proprietà del sangue di coagulare è importantissima, perché appunto la formazione del coagulo arresta l'emorragia dai piccoli vasi feriti, che altrimenti condurrebbe al dissanguamento. Conseguentemente questa proprietà è comune al sangue di quasi tutti gli animali invertebrati e vertebrati, ma è massimamente sviluppata negli Uccelli e nei Mammiferi nei quali, circolando il sangue nei vasi sotto forte pressione, maggiore è il pericolo di un'emorragia mortale. In certi individui il sangue coagula con tale lentezza che la più piccola ferita può condurre al dissanguamento (emofilia). Pochi fenomeni fisiologici sono stati così a lungo e profondamente studiati come questo della coagulazione del sangue; non possiamo tuttavia affermare di conoscerne a fondo l'intimo meccanismo.
Se si osserva una goccia di sangue coagulato, si vede che il coagulo risulta da esilissimi filamenti che formano una rete, nelle cui maglie si trovano impigliati i corpuscoli. I filamenti sono costituiti da fibrina, sostanza proteica insolubile che non preesiste nel sangue, ma che rappresenta il prodotto di trasformazione del fibrinogeno, proteina solubile che si trova nel plasma del sangue circolante. Possiamo dunque dire che la parte essenziale del coagulo è la fibrina, e che il processo della coagulazione consiste nella trasformazione d'una proteina solubile, il fibrinogeno, in una proteina insolubile, la fibrina. Perché il sangue, che si mantiene fluido finché circola nei vasi, coagula spontaneamente appena fuoriesce da essi, o, in altre parole, perché il fibrinogeno si trasforma in fibrina? Il fenomeno non dipende dal raffreddamento, perché il freddo ritarda, sino a impedire, la coagulazione; non dal contatto dell'aria, perché si verifica anche se il sangue viene raccolto in un recipiente in cui sia stato praticato il vuoto; non dipende dall'arresto del movimento, perché l'agitazione del sangue estratto dai vasi non fa che accelerare la formazione della fibrina. Grande importanza per la coagulazione ha, invece, il contatto del sangue con corpi estranei, compresi i tessuti lesi. Se, mediante introduzione d'una cannula paraffinata in un'arteria o vena, si raccoglie il sangue d'un animale in un recipiente anch'esso paraffinato, il sangue resta fluido per un tempo praticamente indeterminato; se la cannula o il recipiente non sono paraffinati o lo sono imperfettamente, la coagulazione si verifica in pochi minuti, e si verifica ancora più presto se, non facendo uso della cannula, il sangue, prima d'essere raccolto nel recipiente, viene a contatto con i tessuti della ferita. Questi e altri fatti dimostrano che i tessuti lesi, e anche le cellule stesse contenute nel sangue, quando vengono a contatto con corpi estranei, cedono al sangue qualche cosa che è necessaria alla sua coagulazione. Altro fatto importante è che se si sottraggono al sangue i suoi sali di calcio (mediante l'aggiunta di un sale, es. ossalato sodico, che li precipita) la coagulazione è impedita; ma basta aggiungere un po' di sale qualsiasi di calcio, perché essa si compia. Ma una soluzione di puro fibrinogeno non coagula in presenza di sali di calcio; coagula invece in presenza di un'altra sostanza, anch'essa di natura proteica, la cosi detta trombina (fibrinfermento degli antichi autori), che si può estrarre con metodi adatti dal siero o dal coagulo di fibrina.
Questi sono i fatti più importanti osservati nella coagulazione del sangue, e dei quali ogni teoria che voglia spiegarne il meccanismo deve tener conto. Di queste teorie ne sono state emesse diverse; la più accettata oggi è la seguente. La formazione della fibrina, che è la causa della coagulazione del sangue, avviene per azione della trombina sul fibrinogeno. Nel sangue circolante però non esiste trombina, ma un progenitore di essa, il trombogeno, il quale sarebbe fornito al sangue dalle piastrine, dal midollo osseo e forse dalle ghiandole linfatiche. Perché il trombogeno si trasformi in trombina occorrono ioni di calcio e la cosiddetta trombocinasi, o sostanza tromboplastica, che, secondo alcuni autori, sarebbe un fosfolipide. La sostanza tromboplastica deriverebbe dai leucociti e dalle piastrine quando, venendo a contatto con un corpo estraneo, si alterano, e poi anche dalle cellule dei tessuti lesi. Il processo della coagulazione del sangue può essere rappresentato col seguente schema:
Secondo questa teoria, il sangue non coagulerebbe nei vasi, perché manca la sostanza tromboplastica. Ma intanto si hanno numerose prove dell'esistenza nel sangue di sostanze anticoagulanti. Secondo Howell si tratterebbe di due sostanze: l'antitrombina, che impedirebbe alla trombina di agire sul fibrinogeno, e l'antitrombogeno, che proteggerebbe il trombogeno dall'azione dei calcioioni. La sostanza tromboplastica agirebbe combinandosi con l'antitrombogeno in modo da permettere ai calcioioni di trasformare il trombogeno in trombina, o con l'antitrombina, in modo da permettere alla trombina d'agire sul fibrinogeno. Si può avere anche una coagulazione intravasale del sangue sia per penetrazione di corpi estranei nei vasi, sia per alterazione dell'endotelio vasale. Sul corpo estraneo, o nel punto leso, si depositano le piastrine, dalle quali si libera sostanza tromboplastica, iniziandosi così una formazione locale di fibrina che può giungere sino all'occlusione del vaso.