coazione a ripetere
Tendenza incoercibile, del tutto inconscia, a porsi in situazioni penose o dolorose, senza rendersi conto di averle attivamente determinate, né del fatto che si tratta della ripetizione di vecchie esperienze.
Sia nella vita di tutti i giorni sia nella terapia psicoanalitica, alcuni individui si trovano a vivere, più e più volte, situazioni sostanzialmente simili, spiacevoli, frustranti o rischiose, che talora si presentano in modo inaspettato e non sembrano correlate alla loro personalità o al loro comportamento. Assolutamente inconsapevoli del proprio ruolo attivo nel determinare gli eventi che li colpiscono, costoro si sentono vittime del destino e addirittura perseguitati dalla cattiva sorte. In alcuni disturbi del carattere, la c. a r. si esprime attraverso il bisogno reiterato di attuare comportamenti controproducenti o di stabilire rapporti fallimentari, caratterizzati da modalità relazionali sempre identiche a quelle del passato. Ciò accade anche nella cura analitica, quando il paziente, attraverso la riproduzione di situazioni indesiderate nella relazione con il terapeuta, tenta inconsciamente di sabotare il trattamento, bloccandone il progresso o interrompendolo prima che sia ultimato.
La c. a r. si distingue, per il proprio carattere coercitivo, dalla ripetizione che caratterizza molti passaggi della vita biologica e psicologica. La ripetizione è un normale fenomeno dello sviluppo motorio e mentale del bambino nel processo di apprendimento: viene utilizzata nel tentativo di evitare i cambiamenti che inducono ansia o timore e per replicare risultati ed esperienze appaganti. Nei giochi dei bambini, la ripetizione può servire a padroneggiare l’esperienza della perdita o di eventi traumatici subiti, grazie al capovolgimento della propria posizione passiva in un ruolo attivo. Per es., Freud osservò che il proprio nipotino di un anno e mezzo, invece di piangere quando la madre si allontanava, giocava facendo rotolare lontano un rocchetto che poteva richiamare a sé tirando il filo che vi era avvolto. Il bambino, mettendo in scena l’atto dello scomparire e del riapparire del rocchetto, riusciva a tollerare la separazione e, contemporaneamente, si vendicava della madre allontanando egli stesso il rocchetto. Inoltre, nella nevrosi traumatica che si può sviluppare dopo un trauma improvviso, la ripetizione dell’incidente nei sogni è un tentativo di dominare retroattivamente l’esperienza dolorosa. Secondo Freud, in questi casi, la nevrosi insorgerebbe come conseguenza dello spavento, dovuto alla mancanza del tempo necessario per sviluppare l’angoscia, che rappresenta una vera e propria preparazione psichica al pericolo. L’angoscia che accompagna i sogni ripetitivi dei traumatizzati rappresenterebbe, quindi, il punto di partenza per un tentativo di elaborare psichicamente il trauma.
Freud menziona (1914) la c. a r., intuendone l’azione sabotatrice, riconoscendo che alcuni pazienti non ricordano nulla degli elementi che hanno dimenticato o rimosso, ma li mettono in atto, li ripetono nella relazione analitica senza rendersene conto. Questa modalità è il loro modo di ricordare e rappresenta una resistenza (➔) al trattamento. Tuttavia, l’analista può interpretare i comportamenti del paziente come ricordi, offrendo la possibilità di una loro elaborazione psichica, al posto della ripetizione. Nel 1920, in Al di là del principio di piacere, Freud osserva, però, che alcuni individui appaiono letteralmente intrappolati nel meccanismo della c. a r., costretti a replicare situazioni di sofferenza che escludono qualsiasi possibilità di piacere. Ciò è in contraddizione con la sua prima teoria delle pulsioni (➔), secondo la quale la psiche è spinta a cercare il piacere e a evitare il dispiacere. La c. a r., quindi, è espressione di una forza psichica, una sorta di forza demoniaca, che si afferma a prescindere dal principio di piacere. Questa osservazione conduce a una revisione della teoria delle pulsioni: il funzionamento psichico è caratterizzato da un conflitto tra la pulsione di vita (Eros) e la silenziosa pulsione di morte (Thanatos), che deriva dal bisogno di tutti gli organismi di ritornare allo stato iniziale, inorganico. Entrambe le pulsioni hanno un carattere conservatore: Thanatos utilizza la ripetizione per ripristinare lo stato di quiete continuamente turbato dai processi vitali che si succedono sotto la spinta di Eros, mentre quest’ultima assicura la continuità e la continuazione della vita. La c. a r. sarebbe quindi l’equivalente psichico dei fenomeni biologici dominati dall’intento di Thanatos di annullare le tensioni che accompagnano qualunque cambiamento e, in tal senso, rappresenta una temibile resistenza all’analisi, talvolta insuperabile.