COCCHI
Famiglia di artisti attivi nello Studio del mosaico della Reverenda Fabbrica di S. Pietro in Vaticano dalla fine del sec. XVII ai primi decenni del XIX (per notizie sullo Studio vedi A. Busiri Vici, Il celebre Studio…, Roma 1901).
Filippo, romano e allievo di F. Cristofari (che successe al Calandro, morto nel 1644, nei lavori di mosaico per la basilica vaticana), risulta documentato dal 25 gennaio del 1696 quando gli venne affidato il restauro (che si sarebbe protratto fino al 1704, con un intervento ancora nel 1717) dei mosaici delle cappelle del SS. Sacramento e di S. Sebastiano. Nella congregazione tenuta dalla Fabbrica il 24 luglio 1709 gli fu affidato l'incarico di porre in mosaico il quadro del Valentin raffigurante il Martirio dei ss. Processo e Martiniano, oggi sopra l'altare centrale della tribuna nord: è difficile però stabilire la parte da lui avuta in questo lavoro al quale, tra il 1726 e il 1730, misero mano Liborio Fattori e Giovanni Brughi (Hautecoeur, 1910) e che fu in gran parte rifatto da P. P. Cristofari e la sua scuola tra il 1736 e il 1737. A partire dal febbraio 1710 Filippo si dedicò al restauro dei mosaici della cappella del Crocifisso a sinistra della cappella della Pietà (Arch. della Rev. Fabbrica di S. Pietro, I piano, serie 3, vol. 168, c. 23; serie armadi, vol. 396, cc. 86 s.).
Altri suoi interventi nella basilica vaticana risalgono al 1711, anno in cui portò a termine i mosaici del tamburo della cappella del Battesimo ideati da Francesco Trevisani; al 1713, data di inizio dei lavori, che sarebbero stati ultimati nel 1716, nella cupola della cappella del Coro, dove proseguì il lavoro di G. Conti su disegni del Maratta, del Franceschini e di N. Ricciolini (Di Federico, 1978).
Intanto Filippo lavorava pure a Orvieto: nel 1710 insieme con l'Adami e con il Neri restaurò in più parti i mosaici della facciata del duomo e nel 1713-14 pose in mosaico, per il triangolo maggiore della stessa facciata, l'Incoronazione della Vergine su una copia tratta dall'originale del Lanfranco dal pittore orvietano Ludovico Mazzanti (il mosaico nel 1775 era del tutto rovinato e fu ricomposto tra il 1842 e il 1847 dai mosaicisti dello Studio Raffaele Castellini, Guglielmo Chibel e Raffaele Cocchi, pronipote di Filippo). Le notizie relative all'attività di Filippo terminano bruscamente; l'ultima memoria relativa alla sua persona è offerta da una supplica che il 20 settembre del 1719 rivolse a Clemente XI per chiedere un aiuto nella sua infermità e povertà dopo tanti anni di lavoro (Arch. della R. Fabbrica di S. Pietro, I piano, s. 3, vol. 169, c. 26): in risposta ricevette a titolo di carità 40 scudi (ibid., serie armadi, vol. 396, c. 163). Si ignora la data di morte avvenuta probabilmente a Roma.
Alessandro, figlio di Filippo, nacque probabilmente a Roma nel 1696, se nel 1780 aveva ottantaquattro anni come è testimoniato dalla documentazione conservata nell'Archivio della Fabbrica di S. Pietro (II piano, serie 4, vol. 123, f. 180). La stessa fonte chiarisce anche altri momenti essenziali della biografia dell'artista, quali la sua permanenza nello Studio per settanta anni, la causa che pose termine alla sua attività (un incidente occorsogli mentre restaurava il mosaico della Bugia eseguito nel 1737, oggi situato sul lato meridionale del pilone di S. Andrea in S. Pietro), e l'accenno a due sue figlie nubili. Ebbe anche due figli, Filippo e Vincenzo, che seguirono la sua professione.
I documenti dell'Archivio della Fabbrica di S. Pietro offrono altre notizie sporadiche intorno all'attività di Alessandro e tutte riguardanti lavori compiuti per la basilica vaticana. Nel 1722lavorava ai mosaici della cupola della cappella di S. Michele Arcangelo, ma l'entità del suo intervento è sconosciuta, e il Bricolani (1828) non lo ricorda tra i mosaicisti che a suo dire decorarono quella volta. Nel 1740circa ornò insieme con altri la cupola sovrastante la cappella della Vergine detta della Colonna, sviluppando un tema (emblemi allusivi alla Madonna) ideato da Giuseppe Zoboli (Bricolani, 1828, p. 69). L'Hautecoeur (1910, p. 453) ricorda Alessandro tra gli artisti impegnati dal 1761 a copiare in mosaico la Trasfigurazione di Raffaello. Nel 1770l'artista, oramai avanti con gli anni, iniziò a porre in mosaico insieme con suo figlio Filippo e con Vincenzo Castellini il quadro rappresentante il Miracolo di s. Gregorio, tratto dall'originale di A. Sacchi; il mosaico, collocato oggi sopra l'altare maggiore della cappella Clementina, fu ultimato nel 1772. Nell'agosto del 1779 partecipò insieme con tutti gli altri mosaicisti dello Studio, tra cui erano allora anche i figli Filippo e Vincenzo, alla realizzazione dei paliotti che ornano tuttora gli altari comuni della basilica vaticana; i paliotti furono eseguiti per volontà di Pio VI desideroso di aiutare i mosaicisti dello Studio, privi in quel momento di lavoro. Sempre sotto il pontificato di Pio VI furono eseguiti diversi quadri in mosaico destinati alla S. Casa di Loreto: Alessandro prese parte solo alla fase iniziale di questi lavori senza completarne alcuno.
Morì probabilmente a Roma, dopo l'anno 1780.
In un documento non datato, ma da collocare prima del 1743 poiché vi è ricordato anche Pietro Paolo Cristofari morto in tale anno (Arch. della Rev. Fabbrica di S. Pietro, I piano, serie 3, pacco 14, c. 844), Alessandro è definito "pittore di mosaico" in quanto "quelle cose che ha operato sono di buon gusto pittorico e di buona tinta".
I due figli di Alessandro, Filippo il Giovane e Vincenzo, anch'essi mosaicisti alle dipendenze dello Studio vaticano del mosaico, furono attivi circa negli stessi anni trovandosi pertanto a dover applicare il loro ingegno in una stessa produzione, così come a doversi impegnare in alcune circostanze anche accanto al padre, ormai al termine dell'attività.
Filippo nacque probabilmente a Roma tra il 1740 e il 1750, secondo quanto consente di stabilire la sua richiesta di servire la Fabbrica stilata il 10 marzo 1762. Fu annoverato definitivamente tra i mosaicisti dello Studio nel 1766, dopo aver svolto, come era costume, un periodo di apprendistato (ibid., s. 3, pacco 14, c. 164). Gran parte della sua attività fu esplicata in opere destinate ad ornare la basilica vaticana. Suo primo lavoro (ibid., s. 3, pacco 14 C, c. 23) fu la stuccatura del quadro di S. Pietro che risuscita Tabita, tratto dall'originale di Placido Costanzi e posto a mosaico tra il 1756 e il 1760 da Francesco Ottaviani, Bernardino Regoli, Giovanni Battista Fiani; il quadro è oggi sul lato ovest del pilone di S. Elena. Dal 1774 fu impegnato con il fratello Vincenzo ed altri ai triangoli della cupola della cappella Gregoriana, dove si componevano le immagini dei Dottori della Chiesa secondo i disegni di Nicola La Piccola. Nello stesso periodo lo Studio iniziò la lavorazione dei mosaici per la Sacra Congregazione lauretana cui Filippo partecipò, rimanendovi occupato per tutto l'ultimo ventennio del XVIII secolo, realizzando, con altri, i quadri rappresentanti il S. Michele Arcangelo di G. Reni, il S. Francesco di Assisi del Domenichino, l'Ultima Cena di Simon Vouet, i SS. Carlo ed Emidio di A. von Maron, la Madonna Addolorata del Guercino, il S. Francesco di Paola di Antonio da Sermoneta; nella lavorazione degli ultimi due ebbe accanto il fratello Vincenzo.
Il 20 giugno 1806 Filippo si impegnò ad eseguire la quarta parte della Deposizione del Caravaggio, su una copia di Vincenzo Camuccini; per le altre tre parti sottoscrivevano l'apoca il fratello Vincenzo, Domenico Cerasoli e Antonio Castellini; il quadro, oggi nella sacrestia vaticana, fu ultimato soltanto nel febbraio del 1814. Quest'ultimo anno vide Filippo occupato, insieme con il fratello, ad adattare alle misure dei quadri già esposti in basilica quello della Crocifissione di s. Pietro che si era deciso di trasferire dalla sacrestia all'interno della chiesa, sull'altare a sinistra della tribuna meridionale, e quindi, a partire dal 26 novembre, ad eseguire i paliotti per gli altari di S. Basilio e di S. Pietro detto della Navicella. Il 6 ag. 1816 Filippo restituì alla Munizione del Mosaico gli smalti avanzati dalla lavorazione dei paliotti.
Morì, probabilmente a Roma, nel febbraio del 1818 dopo quindici anni di attività presso lo Studio del mosaico (ibid., serie 6, vol. 6, n. 13).
Vincenzo nacque, probabilmente a Roma, tra il 1750 e il 1755, dal momento che entrò nello Studio del mosaico intorno al 1770 e vi fu ammesso definitivamente nell'anno 1774 (ibid., vol. 18, n. 272, e serie 3, pacco 14 A, c. 31). Divise le commissioni dello Studio con il fratello fino alla morte di questo; solo in occasione della lavorazione dei mosaici per la S. Casa di Loreto operò in compagnia di altri e precisamente nei quadri rappresentanti i SS. Agostino e Domenico di Domenico De Angelis e la Madonna della Cintola di fra' Bartolomeo da S. Marco. Dopo la morte di Filippo egli continuò ad esercitare la sua attività presso lo Studio, anche se in un documento del 9 marzo 1821 il direttore Vincenzo Camuccini chiedeva che venisse giubilato a 10 scudi al mese, poiché vecchio e pieno di incomodi (ibid., serie 6, vol. 8, n. 398). Nell'aprile del 1822 egli ricevette smalti per ultimare due quadri, lo Sposalizio della Vergine di Carlo Maratta e l'Ultima Cena di Simon Vouet, facenti ancora parte del gruppo commissionato dalla Congregazione lauretana, e nel giugno ebbe l'incarico di restaurare i mosaici delle Sacre Grotte. Ancora attivo per restauri nel 1829 e nel 1830, dal settembre di quest'ultimo anno fino all'agosto del 1833 compose un tondo con triregno e chiavi da collocarsi nel pavimento della cappella del Coro e nel 1833 prese parte alla composizione del festone di gigli e rose destinato alla medesima cappella. Fu questo l'ultimo suo lavoro prima della morte avvenuta nel 1834, probabilmente a Roma.
A Roma Vincenzo abitava in via della Lungara, n. 102, ed era noto come incisore, intagliatore, mosaicista e restauratore (Brancadoro, 1834).
Raffaele, figlio di Filippo il Giovane, nacque a Roma nel 1792; iniziò a frequentare lo Studio del mosaico nel 1812, all'epoca del dominio francese, e vi fu ammesso definitivamente il 15 luglio 1816 (Arch. della Rev. Fabbrica di S. Pietro, I piano, serie 3, pacco 14 A, c. 31v). Durante il periodo di apprendistato ebbe l'incarico di eseguire come prova un quadretto rappresentante Beatrice Cenci a mezza figura, tratto dall'originale di Guido Reni: lo completò soltanto nel 1825 (ibid., serie 6, vol. 18, nn. 260, 263), nonostante nel 1818 avesse ricevuto pressioni per affrettarne l'esecuzione e permetterne quindi la vendita. Sempre nel periodo di prova il C. partecipò al restauro dei mosaici nella lanterna della cupola vaticana ed eseguì un delfino per uno dei dodici centoni costituenti la fascia esterna del tavolo tondo detto lo Scudo di Achille, donato nel 1826 da Leone XII al re di Francia Carlo X (D. Ledoux-Lebard, in Antologia di Belle Arti, 1977, n. 2, pp. 212-216). Ancora tra il 1814 e il 1816, con il padre, lo zio Vincenzo e il coetaneo Raffaele Castellini, ingrandì il campo della Crocifissione di s. Pietro che doveva essere trasferito dalla sacrestia vaticana all'interno della basilica.
Dal settembre 1817 all'agosto del 1818, insieme con Raffaele Castellini, fu posto accanto ai due vecchi mosaicisti Bartolomeo Tomberli e Antonio Castellini, impegnati nel quadro rappresentante l'Incredulità di s. Tommaso di Vincenzo Camuccini. Il mosaico era in lavorazione dal 1806 e con l'intervento dei due giovani la Fabbrica sperava di affrettarne la conclusione. Esso fu tuttavia ultimato solo nel 1823 (è esposto nella prima cappella a destra della tribuna meridionale).
Nel 1824 Raffaele restaurò il tondo dell'Evangelista s. Luca posto sopra il pilone di S. Andrea, e probabilmente subito dopo, poiché nel documento del 23 sett. 1833 (Ibid., Ottagono,Protocollo del 1833, nn. 184, 224, 259) che informa del lavoro e ne data il termine è detto che vi si dedicò per molti anni, iniziò a tradurre in mosaico il Profeta Isaia da Raffaello. Nel 1834 era impegnato nello stesso tempo nel restauro dei mosaici della cappella Gregoriana e nella composizione del fregio di gigli e rose per la cappella del coro. Dal 1836 al 1837 lavorò sia nella basilica romana di S. Paolo fuori le Mura, dove, insieme con Raffaele Castellini Gherardo Volponi e Carlo Seno, restaurò i mosaici dell'abside, sia ad Orvieto dove restaurò il quadro della Presentazione sulla facciata del duomo. In quest'ultima città tornò nel 1843 per porre a mosaico l'Incoronazione della Vergine destinata ad ornare il triangolo maggiore della facciata del duomo stesso.
Nel 1849 era professore di mosaico e quindi tra i quattro mosaicisti di numero della Fabbrica.
Il nome di Raffaele non compare in un'ordinanza dell'8 nov. 1852 (Ibid., IPiano, serie 3, pacco 14, cc. 182 s.) in cui sono elencati i mosaicisti impiegati nello Studio, né si hanno altre notizie dai documenti dell'Archivio della Fabbrica intorno alla sua attività e alla sua vita privata per il periodo compreso tra il 1849 e l'anno della morte, avvenuta a Roma il 14 settembre del 1858.
Nel necrologio sul Giornale di Roma del 16 sett. 1858 si accenna ad un soggiorno in Russia, dove avrebbe eseguito opere per lo zar Nicola I, ma si ignora l'entità di questa esperienza.
Fonti e Bibl.: Per Filippo: Arch. della Rev. Fabbrica di S. Pietro in Vaticano, I piano, serie 3, vol. 167: Decreta et Resolutiones... ab a. 1680 ad a. 1700, c. 155v; serie armadi, vol. 396: Registro delle liste..., 1696-1719, passim; serie 3, vol. 168: Decreta et Resolutiones…, 1701-1719,passim; pacco 14 A: Studio de' Musaici…, 1704-1710, passim; vol. 169: Decreta et Resolutiones... ab. a. 1719 ad a. 1741, c. 26; J. A. Furietti, De Musivis, Roma 1752, p. 109; F. Titi, Descriz. delle pitture,sculture e architetture..., Roma 1763, p. 19; Roma antica e moderna... (ed. N. Roisecco), Roma 1765, I, p. 68; P. Zani, Enc. metodica…, I, 6, Parma 1820, p. 255; V. Bricolani, Descriz. della sacrosanta basilica vaticana, Roma 1828, pp. 55, 81; L. Fumi, Il duomo di Orvieto e i suoi restauri…, Roma 1891, pp. 112-114, 161; L. Hautecoeur, I mosaicisti sampietrini del'700, in L'Arte, XIII (1910), p. 452; F. R. Di Federico, The mosaic decoration for the chapel of the choir in Saint Peter's, in Storia dell'arte, 1978, n. 32, pp. 71-81 passim; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 133.
Per Alessandro: Archivio della Reverenda Fabbrica di S. Pietro in Vaticano, I Piano, serie armadi, volume 396: Registro delle liste…, 1722, cc. 190 s.; serie 3, pacco 14 C: Studio de'Musaici... 1740-1772, passim; pacco 14: Studio de'Musaici…, ante 1743, c. 844; pacco 14 A: Studio de' Musaici…, 1779, c. 659; II piano, serie 4, vol. 123: Liste mestrue e giustificaz. dell'a. 1780, c. 180, P. Zani, Enc. metodica, cit., p. 255; V. Bricolani, Descrizione..., cit., pp. 67, 77; L. Hautecoeur, I mosaicisti..., cit., p. 453; E. Efimova, West-European mosaic... in the Collect. of the Hermitage, Leningrad 1968, p. 14, n. 31; U. Thieme-K Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 133.
Per Filippo il Giovane: Archivio della Reverenda Fabbrica di S. Pietro in Vaticano, I piano, serie 3, pacco 14 A: Studio de' Musaici…, 1762-1814, passim; pacco 14 C: Studio de' Musaici…, 1770-1816, passim; pacco 14: Studio de' Musaici…, 1789-1815, passim; serie armadi, vol. 454: Registro dei Mandati 1792-1800,passim; serie 3, paccò 14 B: Studio de' Musaici..., 1811, cc. 10 s.; serie 6, vol. 6: Protocollo dell'a. 1821, n. 13; P. Zani, Enc. metodica, cit., p. 255; V. Bricolani, Descrizione…, cit., p. 74; L. Hautecoeur, I mosaicisti…, cit., p. 453.
Per Vincenzo; Arch. d. Rev. Fabbr. di S. Pietro in Vat., I piano, serie 3, pacco 14 C: Studio de' Musaici…, 1774-1816, passim; pacco 14 A: Studio de' Musaici…, 1779-1822, passim; serie armadi, vol. 454. Registro dei Mandati 1792-1800,passim; serie 3, pacco 14: Studio de' Musaici..., 1812-1818, passim; pacco 14 B: Studio de' Musaici..., 1818-1834, passim; serie 6, vol. 8: Protocollo dell'a. 1821, n. 398; vol. 9: Protocollo dell'a. 1822, n. 103; vol. 18: Protocollo dell'a. 1825, n. 272; Ottagono,Protocollo dell'a. 1834, n. 21; P. Zani, Enc. metodica, cit., p. 255; V. Bricolani, Descrizione..., cit., pp. 50, 72; G. Brancadoro, Notizie riguardanti le Accademie di Belle Arti…, Roma 1834, p. 62; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 135.
Per Raffaele: Arch. d. Rev. Fabbr. di S. Pietro in Vat., I Piano, serie 3, pacco 14 A: Studio de' Musaici..., 1814-1823, passim; pacco 14 C: Studio de' Musaici…, 1814-1830, passim; pacco 14: Studio de' Musaici…, 1814-1852, passim; pacco 14 B: Studio de' Musaici..., 1822-1844, passim; serie 6, vol. 18, Protocollo dell'a. 1825, nn. 260, 263; Ottagono,Protocollo dell'a. 1833, nn. 184, 224, 259; Protocollo dell'a. 1834, nn. 4, 64; Protocollo dell'a. 1841, c. 34; I piano, serie armadi, vol. 539: Saldaconti dall'a. 1849 all'a. 1855, c. 21; L. Fumi, Il duomo di Orvieto e i suoi restauri, Roma 1891, pp. 114, 164.