cocere
. Il verbo appare undici volte nell'opera dantesca (due nelle Rime, una nel Purgatorio e ben otto nell'Inferno), e può essere interessante notare che in sei occorrenze compare la forma del participio (presente o passato), in tre il verbo è al passato remoto, in un sol caso all'imperfetto (nella forma cocea per ‛ coceva ') e in un altro al presente, nella forma coco per ‛ cuocio '.
Nei modi finiti, il verbo può essere transitivo oppure intransitivo pronominale. Nel primo caso, esso vale " bruciare ", " scottare " (Pg IX 32; i piè, If XIX 79; XII 125; con il ‛ si ' passivante, in If XVII 108 'l ciel, come pare ancor, si cosse, " fu incendiato "); nel secondo caso esso varrà " bruciarsi ", " scottarsi " (If XVI 49 io mi sarei brusciato e cotto, con i due verbi sinonimi che contribuiscono a rendere ironico il tono del racconto, di un'ironia amara e sconsolata) oppure, in senso metaforico, " avvampare " (d'ira mi coco, Rime XLII 3).
Il participio presente vale " bollente ", " ardente ", più in senso traslato che in senso proprio; in If VI 105, infatti (esti tormenti / crescerann'ei dopo la gran sentenza, / o fier minori, o saran sì cocenti?), cocenti, riferito alle pene dell'Inferno, ha un valore più morale che materiale: i tormenti infatti sono visti come " sensazioni dolorose ", e il dolore può essere provocato dal caldo, dal freddo (non si dimentichi che D. fa questa domanda nel terzo cerchio, de la piova / etterna, maladetta, fredda e greve, vv. 7-8) o dall'ira, dalla rabbia, e così via. In Rime LVIII 8 l'uso traslato di cocente è più manifesto: il termine, usato ormai come aggettivo, ha perso la sua caratteristica di " doloroso ", per assumere il significato di " ardente d'amore ", " affettuoso ", " premuroso ": Tu, Violetta... / con atto di spirito cocente / creasti speme.
Il participio passato vale " bruciato ", o addirittura " consunto dal calore ": in If XV 26 ficcaï li occhi per lo cotto aspetto, l'attributo ha una connotazione di pena e di compassione, mentre in If XXII 150 li 'mpaniati, / ch'eran già cotti dentro da la crosta, prevale lo scherno e l'ironica soddisfazione nei confronti dei demoni finiti nella pece.
L'ultima occorrenza è in If XIV 110 'l destro piede è terra cotta, " terracotta ".