Cocito
. Nome (If XIV 119, XXXI 123, XXXIII 156, XXXIV 52) del quarto e ultimo dei fiumi dell'Inferno dantesco, sede e insieme strumento di pena dei traditori compresi nel nono cerchio. Esso ha origine dalle lagrime che gocciano dalle fessure del gran Veglio di Creta, e che dopo aver formato Acheronte, Stige e Flegetonte, ristagnano appunto in C. (cfr. If XIV 115-120 Lor corso [delle lagrime] in questa valle si diroccia; / fanno Acheronte, Stige e Flegetonta; / poi sen van giù per questa stretta doccia, / infin, là dove più non si dismonta, / fanno Cocito; e qual sia quello stagno / tu lo vedrai; secondo altri, ognuno dei quattro fiumi infernali, e quindi anche C., ha un suo corso distinto): il quale si presenta dunque come uno stagno o un lago trasformato in una distesa ghiacciata (XXXII 23-24 un lago che per gelo / avea di vetro e non d'acqua sembiante; cfr. ghiaccia, XXXII 35, XXXIII 117, XXXIV 29; gelatina, XXXII 60; gelati guazzi, XXXII 72; gelata, XXXIII 91; fredda crosta, XXXIII 109) dai tre venti prodotti dalle sei ali di Lucifero (XXXIV 52 quindi Cocito tutto s'aggelava), configurata come una specie d'imbuto a lieve inclinazione (se sono da intendere in questo senso i vv. XXXII 16-17). Il termine (di origine greca, da χωχύω, " gemo ") compare come nome di fiume sia nell'Ade virgiliano (Aen. VI 296-297 " turbidus hic / caeno vastaque voragine gurges [l'Acheronte] / aestuat atque omnem Cocyto eructat harenam "; 323 " Cocyti stagna alta ") che nella Bibbia (lob 21, 32-33 " Ipse [malus] ad sepulcra ducetur / et in congerie mortuorum vigilabit. / Dulcis fuit glareis Cocyti... "); ma, come si vede dai passi citati, in nessuna di tali fonti esso è rappresentato come una distesa ghiacciata (anche se nel secondo dei due passi virgiliani compare l'immagine dello stagno), né è collegato con il peccato di tradimento. Per quanto riguarda il primo punto è probabile che D. abbia tenuto presente, come opina il Parodi, qualcuna delle antiche etimologie di ‛ Tartaro ', come quella, citata dal Parodi stesso, di Lattanzio Placido (Ad Achill. I 134): " ἂπὸ τοῦ ταρταρίζειν, id est a tremore frigoris "; o l'altra, ricordata dal Varanini, di Isidoro (Etym. XIV IX 6-9): " quia omnia illic turbata sunt, ἀπὸ τοῦ ταρταρίζειν, aut, quod est verius, ἀπὸ τῆς ταραχῆς, id est a tremore frigoris, quod est algere et rigere ", etimologia questa che, nel testo, segue immediatamente a quella di Cocytus (" a luctu et gemitu ").
Non è tuttavia da escludere che altri suggerimenti nel medesimo senso possano essere venuti a D. da alcuni luoghi della Bibbia, nei quali l'immagine del freddo e del ghiaccio è collegata con Lucifero (come nel passo, citato dal Pézard, di Is.14,13, che s. Agostino [Conf. X XXXXVI 59] così commenta: Lucifero " statuit ‛ sedem suam ponere in Aquilone ', ut te perversa et distorta via imitantes, tenebrosi frigidive servirent "), o con il male e il peccato (cfr. ad esempio lerem. 6, 7 " Sicut frigidam fecit cisterna aquam suam, sic frigidam fecit malitiam suam "; dove, come già osservava il Tommaseo, è anche l'immagine della cisterna di If XXXIII 133); e anche, più genericamente, da precedenti rappresentazioni medievali dell'Inferno, in cui è frequente, tra le pene, quella dell'immersione nel ghiaccio. Né si debbono dimenticare, come precedenti artistici della rappresentazione della ghiaccia (cfr. soprattutto lf XXXI 123 dove Cocito la freddura serra; XXXII 23-24 un lago che per gelo / aveva di vetro e non d'acqua sembiante) le immagini di Rime C 60-61 l'acqua morta si converte in vetro / per la freddura che di fuor la serra; e di Rime CII 25-27 per algente freddo / l'acqua diventa cristallina petra / là sotto tramontana ov'è il gran freddo: anche se naturalmente, nel nuovo contesto, queste immagini ‛ petrose ' acquistano un'energia più realistica e al tempo stesso più solenne.
Quanto poi alle ragioni della scelta del ghiaccio come specifico contrappasso del peccato di tradimento, cfr. la voce TRADITORI.
Bibl. - E.G. Parodi, in " Bull. " XXIII (1916) 28 (poi in Lingua e letteratura, Venezia 1957, II 358); A. Pézard. Le chant des traîtres (1959), nel vol. miscell. Letture dell'Inferno, Milano 1963, 316-317; G. Varanini, Il canto XXXII dell'Inferno, Firenze 1962, 15-20. Per i precedenti biblici cfr. anche i commentatori antichi, soprattutto Pietro di Dante e Benvenuto, e inoltre vedi il Tommaseo. Qualche notizia anche in C. Dolzani, Il ghiaccio nel poema dantesco, in " Giorn. d. " XXXV (1934) 187-199. Inoltre V. Presta, in una Nota sulla topografia morale del C. (" Convivium " XXXIV [1966] 353-361) propone - per ristabilire tra l'altro la simbologia e simmetria ternaria presente in tutta la Commedia - la divisione del C. in due parti anziché in quattro zone: la prima parte comprende Caina, Antenora e Tolomea; la seconda Giudecca, che " assomma... un'altra volta il tradimento elencato nelle altre tre zone ".