coda
. Nella profezia di Forese sulla morte di Corso, quei che più n'ha colpa, / vegg'ïo a coda d'una bestia tratto / inver' la valle ove mai non si scolpa (Pg XXIV 83), icastica traduzione del fatto di cronaca, secondo cui Corso cadde da cavallo e fu poi trucidato (G. Villani Cron. VIII 96), fa parte di un'allusiva immagine poetica, dove il cavallo diventa una bestia diabolica, un demonio, che trae il peccatore nella valle infernale (per altri, in Firenze) con riferimento alla pena dei traditori, i quali venivano appunto legati alla c. di un cavallo e strascinati sul suolo sino a morirne (cfr. Barbi, Problemi I 250).
In effetti la c. è comune attributo demoniaco, connotato essenziale, per esempio, di Minosse, che sulla soglia dell'Inferno, esercitando l'ufficio di giudice dei peccati, si cinge con essa tante volte / quantunque gradi vuole che l'anima del peccatore venga ‛ messa giù ' (If V 11), e talora, nell'impeto di una rabbia furiosa, ben accordata alla sua sostanziale natura animalesca, attortala al dosso duro (XXVII 125), selvaggiamente se la morde.
Caudato del pari è Gerione, la sozza imagine di froda (If XVII 7), proprio dalla c. qualificato al primo suo apparire: Ecco la fiera con la coda aguzza (v. 1); e ancora la c. suggerisce il senso del suo parziale galleggiare nel vano: arrivò la testa e 'l busto, / ma 'n su la riva non trasse la coda (v. 9). Nella mossa animata ed efficacissima che completa la descrizione della fiera, denunciandone senza mezzi termini la cruda realtà, al polo opposto della faccia d'uom giusto, il poeta ricorda di nuovo la scorpionesca appendice, caricata ora come di un senso di minaccia: Nel vano tutta sua coda guizzava, / torcendo in sù la venenosa forca / ch'a guisa di scorpion la punta armava (v. 25), onde Virgilio, nell'assettarsi sulle ‛ spallacce ' del mostro, vuole esser mezzo, ponendo D. avanti a sé, sì che la coda non possa far male (v. 84). Infine la c. conferisce un potente risalto plastico al volo conclusivo di Gerione: e poi ch'al tutto si sentì a gioco, / là 'v'era 'l petto, la coda rivolse, / e quella tesa, come anguilla, mosse (v. 103).
Il paragone della c, di Gerione con quella velenosa dello scorpione fa pensare che le stelle poste in figura del freddo animale / che con la coda percuote la gente (Pg IX 6) si connettano nella fantasia di D., piuttosto che alla costellazione dei Pesci, come spiegano molti commentatori moderni, a quella appunto dello Scorpione; così intesero generalmente gli antichi interpreti, tanto più che non è da escludere dalle parole dantesche una precisa eco scritturale: " et cruciatus eorum ut cruciatus scorpii, cum percutit hominem " (Apoc. 9, 5). Né dal punto di vista astronomico la preferenza accordata allo Scorpione nei confronti dei Pesci contrasterebbe con il senso generale delle terzine, come dimostrarono il Torraca e il Porena.
A somiglianza del " draco magnus " di Apoc. 12, 3-4, simbolo di Satana, che con la c. opera disastri (" trahebat tertiam partem stellarum coeli et misit eas in terram "), il drago uscito fuor di terra nel Paradiso terrestre per lo carro sù la coda fisse; / e come vespa che ritragge l'ago, / a sé traendo la coda maligna, / trasse del fondo, e gissen vago vago (Pg XXXII 132 e 134), a significare l'azione del demonio, laceratore della Chiesa (il carro) con gli scismi e altre discordie interne.
Nella bolgia dei ladri alcune serpi legano sulla schiena le mani dei dannati e, ficcando per le ren la coda / e 'l capo (If XXIV 95), si aggroppano davanti ai loro corpi; un serpente con sei piè (in cui è mutato un peccatore), avvinghiatosi a un compagno di pena, miseli la coda tra 'mbedue [le cosce] / e dietro per le ren sù la ritese (If XXV 56): intreccio mostruoso avviato a generare un'unica imagine perversa; un altro serpente-ladro, nel corso di una diversa trasformazione, la coda in forca fesse (XXV 104) e codesta coda fessa (XXV 109), tramutò in figura di gambe umane.
In Fiore LXXII 13 il vocabolo è riferito a un'anguilla: ché tu terresti più tosto un'anguilla / ben viva per la coda, e fossi in mare, / che non faresti femina che ghilla.