CODICE (X, p. 676)
Codice civile (p. 682). - Il codice civile italiano, entrato in vigore il 21 aprile 1942 e sostituitosi al codice del 1865 e a buona parte del codice di commercio del 1882, è frutto di un lavoro di riforma compiutosi tra le due guerre mondiali essendosi gli studî relativi iniziati ufficialmente nel giugno 1918 dalla Commissione per il dopoguerra ed essendosi il primitivo piano della riforma impostato con la legge 30 dicembre 1923, n. 2814 di delega al governo.
Il codice civile italiano ebbe molteplici impulsi al suo rinnovamento: il proposito fu concepito subito al finire della prima Guerra mondiale, sia per attuare una serie di riforme che si rendevano più urgenti ad unificare l'ordinamento delle provincie già soggette al diritto austriaco con quello vigente presso di noi, sia per coordinare col codice diverse innovazioni che si erano andate attuando o anticipando nella legislazione di guerra: il che offriva anche il destro di realizzare aspirazioni di riforma parziale che si erano affermate negli anni ormai lunghi di vita del codice. Intendimenti prevalentemente di unificazione legislativa e di emendamento tecnico: i quali caratterizzarono il lavoro predisposto durante molti anni dalla comm. reale per la riforma dei codici e che dette origine ai progetti di tre libri (famiglia, successioni, diritti reali), a cui è da aggiungere il progetto italo-francese di una legge comune delle obbligazioni e dei contratti (1927). Il codice nella sua odierna figura trasse vita dal lavoro compiuto tra la fine del 1939 e i primi del 1941, conforme al più ampio e organico programma ch'ebbe sanzione nella successiva legge di delega 19 maggio 1941, n. 501.
Il nuovo codice civile è diviso in sei libri. L'intero codice non è stato pubblicato simultaneamente. Il suo testo integrale è entrato in vigore, come si è detto, il 21 aprile 1942.
Il libro primo, approvato con r. decr. 12 dicembre 1938, n. 1832, è il più vicino ai progetti della vecchia commissione reale: esso contiene istituti, la cui riforma era stata espressamente prevista dalla delegazione legislativa contenuta nella legge del 30 dicembre 1923: assenza, filiazione naturale, adozione. Pel matrimonio l'innovazione radicale si era già operata per effetto del Concordato con la S. Sede, dell'11 febbraio 1929, che il codice civile rispecchia, prendendo atto della conseguente duplicità di statuti matrimoniali. Profonde sono le innovazioni nel regolamento della filiazione naturale, e non tanto l'ammessa ricerca della paternità, quanto il riconoscimento della filiazione adulterina. Altre innovazioni importanti sono costituite dalla istituzione del giudice tutelare, attraverso il quale si manifestano gli accresciuti interventi del potere pubblico nell'ambito della vita familiare; l'affiliazione; il patrimonio familiare.
Nel libro secondo "Delle successioni e delle donazioni", approvato con r. decr. 26 ottobre 1939, n. 1586, gli emendamenti tecnici prevalgono sulle innovazioni sostanziali: il che è anche naturale, non essendovi nel diritto successorio che due momenti di rilievo politico, l'ammettersi o il negarsi la trasmissione dei beni a causa di morte e il riconoscere o negare, data la prima soluzione, l'efficacia della volontà del titolare dei beni rispetto alla devoluzione dei medesimi. Ferma la successione dei beni, come esplicazione del diritto di proprietà privata, la riforma ha agito sulla misura della quota disponibile, nel caso che il de cuius abbia figli legittimi o naturali o coniuge superstite; ha agito sulla misura del diritto del coniuge e dei figli naturali nella successione ab intestato, sotto la spinta di motivi che raccomandavano un più favorevole trattamento dell'uno e degli altri.
Pregevoli perfezionamenti tecnici si sono conseguiti, oltre che nella distribuzione della materia, nelle norme sull'acquisto della eredità, sul diritto di rappresentazione, sul possesso dei beni ereditarî, sulla petizione di eredità, sull'eredità giacente; mentre le norme sulla divisione, le quali hanno portata generale che trascende le comunioni ereditarie, risentono l'ispirazione di criterî meglio informati all'interesse della pubblica economia.
Il libro terzo, approvato con r. decr. 10 gennaio 1941, n. 15, contiene la disciplina della proprietà conforme ad una concezione largamente permeata di esigenze sociali e utilizzando i progressi realizzati dalle più recenti leggi speciali in materia di riordinamento della proprietà rurale, di bonifica e di proprietà edilizia; fra gli altri diritti sulle cose introduce la superficie e innova sensibilmente nell'enfiteusi; dà una compiuta disciplina della tutela possessoria e un'organica sistemazione della proprietà pubblica.
Il libro quarto, approvato con r. decr. 10 gennaio 1041, n. 16, ed entrato in vigore il 21 aprile 1942 insieme coi successivi libri del codice, realizza l'unificazione del diritto delle obbligazioni civili e commerciali. Anche qui notevole, da un punto di vista politico, la cura di adeguare le ragioni individuali alle esigenze dell'economia nazionale, mediante una serie di criterî - quali la tutela della produzione, la tutela del credito, il dovere di correttezza e di buona fede, il dovere di solidarietà corporativa, ch'è come dire di solidarietà tra le diverse forze produttive - che tendono a porre i diritti dei singoli in un nesso organico con la vita economica della nazione; dal punto di vista tecnico, il pregio delle sistemazioni e, in generale, delle formulazioni le quali fanno tesoro della diuturna esperienza giu risprudenziale.
Il libro quinto è lo sviluppo ulteriore, pure incompiuto e travagliato dall'improvvisata realizzazione, dell'idea che ha condotto alla soppressione di un separato codice di commercio, la considerazione unitaria cioè della vita economica, nella quale a fianco dell'attività intermediaria degli scambî si pone l'attività trasformatrice dell'industria, la produzione agraria, la funzione del credito e delle assicurazioni. L'economia organizzata entra nel codice mediante il concetto dell'impresa, assunto come una delle pietre angolari. Ed il lavoro mira a conseguire in questo libro, che da esso appunto si denomina, un'ampiezza di disciplina pari all'importanza del fenomeno e ispirata a una concezione politica che pone il lavoro a fondamento dello stato delle persone nella società politica e sulla base del lavoro giustifica la protezione della proprietà e del contratto.
Il libro sesto, sotto il criterio sistematico della "tutela dei diritti" ha raggruppato materie incongruamente distribuite nei più antichi codici e nei primitivi progetti; così ha ordinato sul principio basilare della rispondenza del patrimonio tutti gl'istituti relativi all'esecuzione sui beni, riunendo le ipoteche col pegno e coi privilegi sotto il profilo della ragione di preferenza nell'esecuzione; ha riunito sotto il punto di vista della tutela giurisdizionale la definizione dei provvedimenti mediante i quali essa si attua in via di cognizione, costitutiva e di esecuzione, determinando le condizioni per provocarne l'emanazione e gli effetti che i provvedimenti stessi producono, in quanto operino o incidano sui rapporti sostanziali; ha assegnato alla pubblicità, sia immobiliare sia mobiliare, la sede che le compete, pur limitata - com'è rimasta - alla forma della trascrizione e a forme assimilate; ha svincolato le prove dalla sede delle obbligazioni e ha discriminato i principî relativi all'efficacia e all'ammissibilità dei mezzi di prova dalle norme relative al rito della loro assunzione nel processo, ch'è rimasto riservato al codice di diritto processuale.
Carattere del nuovo codice è, come s'è visto, una permeazione nel medesimo, presente in ogni singola statuizione, della ragione del pubblico interesse, così come inteso e governato dal pubblico potere: donde deriva un sempre più intimo collegamento del diritto civile con la costituzione dello Stato e con la politica del medesimo, sì che la vita dei singoli è condizionata anche visibilmente alla vita e al funzionamento dello Stato. Il movimento della legislazione si era già delineato in tal senso durante la prima Guerra mondiale e proseguito nel dopoguerra, in parecchi paesi: col subordinare tutta la vita economica alle finalità dei complessi politici; con l'assoggettare tutte le iniziative individuali alla direzione dello Stato, non escluse quelle di ordine demografico e spirituale. Dalla legislazione speciale il nuovo assetto è passato nel codice, per quanto il diritto patrimoniale dei privati, ch'è in esso regolato, non abbia che una funzione del tutto complementare rispetto al regolamento amministrativo o corporativo dell'economia. Così si ravvisa nel codice la preoccupazione costante di stabilire un raccordo tra i due momenti, privatistico e pubblicistico, mirando ad assicurare il coordinamento delle attività private, nella residua sfera ad esse consentita, con le attività dei complessi politici o con le finalità dei medesimi; s'inseriscono i vasti poteri attribuiti all'autorità giudiziaria per compiere l'opera del legislatore nel dosaggio degl'interessi in contrasto e per ricercare il punto di equilibrio in considerazione del quale la tutela dell'interesse privato è accordata, i frequenti richiami all'equità, assunta come strumento per la tutela del pubblico interesse: tipica espressione la revisione del contratto da parte del giudice in caso di lesione e nel caso di sopravvenuta modificazione dell'ordinaria previsione contrattuale; ma neppur immune dalla suggestione di analoga ispirazione il regime delle nullità dei contratti e degli atti giuridici in genere, dove ha preso netto rilievo, in luogo delle conseguenze che si desumono dal dogma della volontà, l'applicazione di un diverso criterio quale la sicurezza della circolazione e la tutela delle legittime aspettative dei terzi.
Il supposto liberale del codice cessato e in generale dei codici dell'Ottocento ha ceduto di fronte a siffatti orientamenti. Se nel nuovo quadro restano tuttavia i diritti soggettivi, essi assumono ormai una figura che meglio ne rivela la riduzione a funzione. I fini ai quali l'attività umana si svolge e per cui chiede protezione sono tutti minutamente valutati dal legislatore e, quando la sua previsione non basti, affidati al controllo di autorità politiche o giudiziarie; al criterio del bonus pater familias si affianca o si sovrappone quello dell'amministratore pubblico, del giudice, del dirigente sindacale.
Con ciò il codice si riconnette a un orientamento politico generale, largamente operante, pur sotto atteggiamenti diversi, in tutti i paesi. È questa la ragione per cui la penetrazione d'una dottrina politica specifica del fascismo è in esso così poco avvertita che - espunte, col decreto legislativo 14 settembre 1944, n. 287, alcune dichiarazioni, neppure operanti in profondità - esso continua ad adempiere con generale soddisfazione al suo compito e offre anzi la realizzazione in disposizioni concrete d'indirizzi genericamente affermati nella nuova costituzione dello Stato. Basti ricordare, tra le altre, disposizioni come quelle degli articoli 838 e 2088 a 2092 e interi istituti quali quelli delle sezioni II, III, IV e V del capo II del libro terzo.
Dal punto di vista più particolarmente tecnico l'opera è lungi dall'essere perfetta, ma anche semplicemente dal rispecchiare lo stato a cui sono pervenuti gli studî del diritto in Italia. Ciò si deve alle condizioni diseguali di tempo e di metodo nelle quali essa lentamente avanzò attraverso assai più che un ventennio e alla mancanza così d'un piano politico, come d'un piano tecnico. La mancanza di quest'ultimo è rivelata abbastanza dall'essersi condotto il lavoro sull'ordine dei libri e dei titoli del codice del 1865, fino alla separata pubblicazione dei libri primo e secondo, e dalla revisione del codice di commercio allestita separatamente dal codice civile fino alla fine del 1940; dall'essersi poi mantenuto nel testo definitivo del codice l'ordine accidentalmente seguito nella pubblicazione dei primi due libri; dalla tardiva concezione di libri, come il quinto e il sesto, rispondenti a diversi criterî sistematici e ch'ebbero il loro pieno e organico sviluppo contrastato dalla riluttanza ad un approfondito coordinamento dell'opera complessiva; infine dalla diversa tecnica di redazione nei diversi libri e talora nell'ambito dei titoli dello stesso libro.
Malgrado siffatti inconvenienti il codice presenta sistemazioni di pregio (oltre quelle donde trae vita il libro sesto, altre nella disciplina delle obbligazioni, della prescrizione, del possesso, dei beni pubblici) e realizza felici riforme di antichi istituti o dà precisi lineamenti legislativi a istituti foggiati dalla pratica o elaborati dalla dottrina. La stessa partizione dei libri, per quanto di accidentale possa ancora tradire, rivela una superiorità sul codice anteriore che, riproducendo la tripartizione del codice francese, s'impostava come un sistema di diritti di carattere meramente privato; qui, prospettandosi nella famiglia, nel lavoro, nell'impresa le forze motrici della vita civile, nella proprietà, nelle obbligazioni, nelle successioni i momenti della vicenda economica, si mira a dare della vita stessa una disciplina integrale. Sicché può dirsi che non indegnamente siasi assolto al compito d'un codice, ch'è pur sempre quello di offrire una soluzione più o meno provvisoria dei più gravi problemi di politica legislativa e di tecnica giuridica.
Codice di procedura civile (X, p. 685).
Il codice di procedura, pubblicato il 28 ottobre 1940 ed entrato in vigore, contemporaneamente ai codici civili e della navigazione e alla legge fallimentare, il 21 aprile 1942, rappresenta il risultato di lavori preparatorî - in parte ufficiali ed in parte ufficiosi - che datano, nell'ultima fase, dal 1920.
Un progetto ufficiale fu presentato al guardasigilli nel 1926, ispirato a un progetto di F. Carnelutti; successivamente si ebbero altri due progetti: uno limitato al processo di cognizione, dovuto a E. Redenti; e un altro promosso dal ministro A. Solmi, assai criticato, ispirato a una smodata prevalenza del giudice sulle parti. Infine, un ristretto comitato di esperti (Carnelutti, Redenti, P. Calamandrei, L. Conforti), affiancato volta a volta da peritiores, stese il testo definitivo del nuovo codice. Durante l'eccezionale vacatio legis tra la pubblicazione e l'entrata in vigore del codice, furono, con r. decr. 18 dicembre 1941, n. 1368, emanate le norme d'attuazione e transitorie, le quali, a parte le sostanziali modifiche che talvolta apportano al testo del codice, sono quasi sempre di scadente fattura tecnica, e, con r. decr. 20 aprile 1942, n. 504, le norme per il coordinamento del codice di procedura civile con il codice civile, che eliminano alcune delle molte antinomie sorte tra i due codici. Di gran lunga più importanti, specie per le immediate esigenze interpretative del momento, sono le circolari ministeriali: 14 aprile 1942, n. 2690 (singolarmente importante perché si dilunga sulle funzioni del giudice istruttore); 14 aprile 1942, n. 2691, con la quale si tentò di sopperire alla inidoneità tecnica delle disposizioni transitorie; 29 aprile 1942, n. 2700, con la quale erano appianate alcune difficoltà interpretative.
Il codice di procedura civile si divide in quattro libri. Il primo, dedicato alle disposizioni generali, disciplina gli organi giudiziarî, il pubblico ministero, le parti e i difensori, l'esercizio dell'azione, i poteri del giudice, gli atti processuali. Il secondo, dedicato al processo di cognizione, disciplina i procedimenti avanti il tribunale e i giudici singoli e contiene, infine, le norme per le controversie in materia corporativa. Il terzo, dedicato al processo di esecuzione, disciplina il titolo esecutivo e il precetto, le varie forme di esecuzione forzata (espropriazione per la soddisfazione di crediti pecuniarî; esecuzione per consegna o rilascio; esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare), le opposizioni (opposizioni all'esecuzione e agli atti esecutivi) e la sospensione e l'estinzione del processo. Il quarto libro, infine, è dedicato ai procedimenti speciali ed è assai meno omogeneo dei tre primi: disciplina, accomunandoli sotto la etichetta della sommarietà, la ingiunzione e la convalida di sfratto, i procedimenti cautelari, i sequestri, le denunce di nuova opera e di danno temuto, i procedimenti d'istruzione preventiva e d'urgenza e i procedimenti possessorî; riunisce nella categoria dei procedimenti in materia di famiglia e di stato delle persone la separazione personale dei coniugi, l'interdizione e l'inabilitazione, l'assenza e la morte presunta, le disposizioni relative ai minori, agli interdetti e agli inabilitati, i rapporti patrimoniali tra i coniugi; regola la copia e la collazione degli atti pubblici, i procedimenti relativi all'apertura delle successioni, lo scioglimento delle comunioni, il processo di liberazione degli immobili dalle ipoteche, l'efficacia delle sentenze straniere e, infine, l'arbitrato.
Dei quattro libri, il secondo merita la maggiore attenzione perché più profondamente si è esercitata l'opera della riforma sul processo di cognizione di primo grado avanti i giudici collegiali, che ne forma l'oggetto.
Correnti varie di pensiero, esigenze pratiche di diverso genere, non solo e non tanto la concezione pubblicistica del processo, quanto e soprattutto la necessità di assicurare, fin dall'inizio del processo, la collaborazione del giudice e delle parti al duplice scopo di individuare il thema decidedum e di cogliere immediatamente gli eventuali vizî di forma, han condotto il legislatore a considerare con più intelligente comprensione i principî della oralità, della concentrazione e della immediatezza, che sì favorevole prova avevan dato nell'ordinanza processuale austriaca. Senonché, l'attuazione integrale di quei principî si poneva, per il numero notevolissimo di giudici che quelli avrebbero richiesto, in una situazione di quasi insanabile contrasto con le ristrettezze finanziarie dello stato italiano. Si è tentato allora di armonizzare le contrapposte esigenze con il separare anche dal punto di vista degli organi cui sarebbero affidate, la funzione istruttoria dalla funzione decisoria e con il creare quella figura del giudice istruttore che rappresenta davvero il fulcro del nuovo processo civile: quando si parla di attività istruttoria del giudice istruttore, si deve pensare non già alla sola assunzione dei mezzi istruttorî, che pur era consentito al giudice delegato del codice del 1865 di effettuare, ma ad una attività assai più complessa, che va dall'accertamento (e dall'eventuale sanatoria) dei presupposti processuali, alla determinazione del thema decidendum (indicazione delle questioni da rilevarsi d'ufficio, ecc.), dal disporre all'assumere i mezzi istruttorî, in una parola a tutto il complesso delle attività preparatorie alla sentenza.
Una volta scissa l'attività istruttoria da quella decisoria, un complesso di provvedimenti è dal legislatore diretto al fine d'impedire che le due fasi si accavallino: primo fra tutti il sistema di preclusioni e di decadenze, che, pur lasciando largo spazio al potere discrezionale del giudice (si è, in proposito, parlato a ragione di preclusioni elastiche), induce le parti a "scoprire le proprie batterie" fin dall'atto di citazione e dalla comparsa di risposta, che costituiscono i pilastri scritti di un processo prevalentemente orale; la impugnabilità differita delle sentenze parziali è preordinata a riprodurre, avanti il giudice dell'impugnazione, quella unità del processo, che ne consente poi la scissione nelle fasi istruttoria e decisoria.
Non è ancora possibile formulare sulla riforma del processo di cognizione un giudizio che non sia contingente: certo si è che, là dove il numero delle cause in istruttoria non è eccessivo e la qualità dei giudici è al di sopra della mediocrità, il processo di cognizione avanti gli organi collegiali ha dato buona prova di sé.
Il primo libro non differisce dalle corrispondenti norme del codice del 1865 se non per l'aspirazione a recepire i più sicuri risultati dommatici: ad es., in tema d'intervento, di perpetuatio iurisdictionis, di successione a titolo particolare nel rapporto controverso. Sul piano pratico sono da notare il regolamento preventivo di giurisdizione e l'imposizione del dovere di lealtà e di probità.
Il terzo libro è inspirato alla stessa idea centrale che permea il secondo, quella cioè, che a dirigere ogni procedura sia, ab initio, designato un giudice, il quale nel processo di espropriazione forzata per la soddisfazione di crediti pecuniarî, è il giudice dell'esecuzione. Altra notevole innovazione è la distinzione tra opposizione all'esecuzione, che, ponendo in contestazione il diritto a procedere alla esecuzione forzata e la pignorabilità dei beni, dà origine ad un vero e proprio giudizio di cognizione, e opposizione agli atti esecutivi, che, contestando soltanto la regolarità formale dei medesimi, non è, in sostanza, che un incidente della procedura esecutiva. Teoricamente pregevole, ma praticamente forse inopportuno, è il tentativo di schematizzare la partecipazione dei terzi al processo sotto il manto dell'intervento, senza dare l'opportuno rilievo alle conseguenze che discendono dalle fasi (espropriazione, distribuzione del prezzo), in cui l'intervento si verifica. In tutto il libro, poi, si avverte la tendenza, che non può non apparire eccessiva, ad astrarre sulla base di criterî meramente formali; il che, tra l'altro, ne ha condotto ad affiancare parti generali, quasi prive di contenuto normativo, a parti speciali, e a non considerare le sostanziali caratteristiche che impongono di distinguere la esecuzione immobiliare dalla mobiliare.
Il quarto libro, il quale è non poco farraginoso, è tecnicamente imperfetto: vi si coglie la incertezza, da cui i redattori sono stati dominati, nel discriminare tra giurisdizione contenziosa e giurisdizione volontaria, mentre scarsamente meditato è l'espediente, da ultimo accolto, di ricorrere ad un criterio meramente formale; mal curati i collegamenti fra codice civile e codice di rito; negligentemente definiti istituti di quotidiana applicazione, come i sequestri.
Con il titolo di "Modificazioni e aggiunte al codice di procedura civile" il decr. legisl. 5 maggio 1948, n. 483, pubblicato nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale del 20 maggio 1948, contiene tmntacinque articoli, che, entrando in vigore il 1° gennaio 1949, riformano il codice in modo assai più profondo di quel che non apparisca a prima vista, specie il secondo libro.
Tra le innovazioni più notevoli vanno ricordate la citazione ad udienza fissa avanti il giudice istruttore designato dal capo dell'ufficio giudiziario adìto prima della notificazione; la reclamabilità immediata al collegio delle ordinanze del giudice istruttore, esclusion fatta di quelle che regolano lo svolgimento del processo o risolvono questioni relative all'assunzione dei mezzi di prova; la soppressione delle preclusioni comminate dagli articoli 183 e 184; l'attenuazione della sanzione dell'estinzione del processo per inattività delle parti; il prolungamento dei termini di riassunzione; l'attenuazione del criterio dell'impugnabilità differita delle sentenze parziali; la reviviscenza del ius novorum in appello, e dei vizî della motivazione come motivi di ricorso per cassazione.
Bibl.: F. Carnelutti, Carattere del nuovo processo civile italiano, in Rivista di diritto processuale civile, 1941, I, p. 35; E. Redenti, L'umanità nel nuovo processo civile, ibidem, 1941, I, p. 25; P. Calamandrei, Il nuovo processo civile e la scienza giuridica, ibidem, 1941, I, p. 53.
Codice penale militare (X, p. 688).
La riforma della legislazione penale militare è stata attuata con l'entrata in vigore (1° ottobre 1941) dei nuovi codici penali militari, approvati con r. decr. 20 febbraio 1941, n. 303 e, in pari data, del nuovo ordinamento giudiziario militare (r. decr. 9 settembre 1941, n. 1022). Preceduti da numerosi progetti (1893, 1897, 1900, 1907, 1923); elaborati attraverso i lavori della Commissione reale (progetto preliminare 1932), della Commissione ministeriale (progetto definitivo 1937) e della Commissione parlamentare (relazione 1939), i nuovi codici penali militari sono coordinati al cod. pen. comune e al cod. proc. pen. 1931, ai criterî scientifici e sistematici dei quali si ispirano, adottandone, fin dove è stato possibile in considerazione delle speciali esigenze militari, principî direttivi e istituti, con opportuni adattamenti. Il cod. pen. mil. guerra - informato al progresso delle istituzioni militari e all'esperienza delle guerre recenti - è coordinato altresì alle disposizioni del testo della legge italiana di guerra, approvato, unitamente a quello della legge di neutralità, con r. decr. 8 luglio 1938, n. 1415. La legge penale militare - speciale (non eccezionale) rispetto alla legge penale comune, politica (in correlazione con le finalità delle istituzioni militari), personale (art. 1 cod. pen. mil. pace) - ha la sua fonte precipua (non l'unica) nei nuovi codici 1941. La vigente codificazione è caratterizzata dall'adozione dei seguenti principî: 1) unificazione dei codici (la parte del diritto sostantivo e la parte del diritto processuale riunite in unico testo) per tutte le forze armate dello stato, con previsione di norme peculiari in corrispondenza con le necessità particolari di ciascuna di esse; 2) un cod. pen. mil. guerra separato da quello di pace; 3) carattere non integrale, bensì complementare dei codici penali militari rispetto alla legge penale comune, da cui attingono quindi principî e istituti, in quanto i codici stessi non contengano, propter aliquam utilitatem, norme derogative o aggiuntive; 4) in senso analogo, carattere complementare del cod. pen. mil. guerra rispetto a quello di pace, che è differenziale, a sua volta, rispetto alla legge penale comune; 5) previsione, nei codici suddetti, dei soli reati (delitti: art. 37 cod. pen. mil. pace) esclusivamente militari (art. 37 cod. cit.) od obiettivamente militari; riservata alla legge penale comune la previsione dei reati comuni, fatta eccezione di alcuni (peculato militare, malversazione militare, falso, ecc.), ove ricorrano particolari condizioni (articoli 215 a 237 cod. pen. mil. pace); e salva la militarizzazione, ai soli fini della giurisdizione militare, per determinati reati comuni, se commessi in circostanze speciali (art. 264 stesso codice); 6) adozione, in vista di esigenze particolari dell'organizzazione militare, di criterî speciali in tema di recidiva, pene militari e loro esecuzione, misure di sicurezza, riabilitazione per atti di valore, reati contro la fedeltà e la difesa militare, duello fra militari, mobilitazione civile, ecc.; 7) snellezza e rapidità processuale, specie in tempo di guerra, non però disgiunte dalla osservanza dei presidî supremi di giustizia; 8) inserzione, nel cod. pen. mil. guerra, di un complesso organico di norme di repressione delle violazioni delle leggi e degli usi della guerra; norme costituenti un passo decisivo per la formazione di un diritto penale internazionale sanzionatorio per i crimini di guerra, in senso strettamente aderente alle disposizioni della nostra legge di guerra.
Secondo i nuovi codici (art. 1 cod. pen. mil. pace), l'applicazione della legge penale militare (diritto materiale) presuppone, di regola, la qualità, nel soggetto attivo, di militare in servizio alle armi o considerato tale (articoli 1, 3 e 5, cod. pen. mil. pace); e solo in casi determinati detta applicazione ricorre per i militari in congedo o in congedo assoluto, gli assimilati ai militari, gli iscritti ai corpi civili militarmente ordinati e ogni altra persona estranea alle forze armate dello stato (articoli 6 e segg. stesso cod.). Con una norma di raccordo, l'art. 263 cod. pace stabilisce che appartiene alla giurisdizione militare la cognizione dei reati commessi dalle persone alle quali è applicabile la legge penale militare. Le sfere di applicazione della legge penale militare (diritto sostantivo) e quella di azione dei tribunali militari (dir. processuale e di ordinamento) allargano i loro confini durante lo stato di guerra (articoli 7 e segg. e 232 e segg. cod. pen. mil. guerra); a prescindere, naturalmente, dal caso in cui sia dichiarato lo speciale stato di guerra di polizia, a norma degli articoli 217 e segg. t. u. leggi di pubblica sicurezza. D'altro canto, l'art. 49 cod. proc. pen. nel caso di reati connessi, stabilisce la prevalenza del giudice militare, anch'esso giudice naturale. Questo sistema, peraltro, nel suo complesso, è da considerarsi ormai modificato in senso restrittivo, in esecuzione dell'art. 103 della Costituzione della repubblica italiana (entrata in vigore il 1° gennaio 1948), secondo il quale i tribunali militari hanno la giurisdizione stabilita dalla legge, mentre, in tempo di pace, hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle forze armate.
Già la Corte di cassazione a sezioni unite ha avuto occasione di affermare (26 giugno 1948, in Giust. pen., 1948, p. 199) la competenza del giudice ordinario anche nel caso di reati militari commessi, in concorso, da appartenenti alle forze armate dello Stato o da estranei ad esse, ritenendo incompatibili le norme dell'art. 49,3° comma, cod. proc. pen. con quella precettiva - e quindi di immediata applicazione - dell'art. 103 della costituzione (v. E. Battaglini, in nota a detta sentenza e ad altra del 1° aprile 1948; nonché G. Moscon, in Giust. pen., 1948, I, p. 231).
È infine da notare che il carattere complementare, rispetto alla legge penale comune, dei vigenti codici penali militari, agevola la revisione di questi, che possa essere imposta dal sopraggiungere di un nuovo clima politico, i nuovi principî giuridici adottati nella legge penale comune venendo necessariamente accolti nella codificazione penale militare.
Bibl.: Relazioni ai progetti preliminari (1932), definitivi (1937), della Commissione parlamentare (1939), ai nuovi codici penali militari di pace e di guerra (1941). G. Sucato, Ist. di dir. pen. mil., Roma 1941; A. Manassero, I cod. pen. mil., Milano 1942; G. Galasso e N. Sucato, Codici pen. mil. di pace e di guerra, Roma 1941; G. G. Rubbiani, Per la riforma della giust. mil., in Scuola positiva, 1924; O. Ciancarini, La rif. dei cod. pen. mil., in Riv. dir. e proc. pen. mil., 1938, fasc. 1 e 2; G. Milazzo, I nuovi cod. pen. mil. ecc., ibid., 1941; U. Meranghini, Il dir. pen. mil. di transizione, Roma 1940; e, per i cod. pen. mil. abrogati, specialmente P. Di Vico, Dir. pen. mil., in Encicl. giur. Pessina, 1908, e Dir. pen. formale mil., 1917; V. Manzini, Comm. ai cod. pen. mil. (dir. pen. e proced.), 2 voll., Milano 1916; G. Ciardi, Dir. pen. mil., Roma 1938; F. A. Marina, La giustizia pen. mil. in Italia dopo l'entrata in vigore della Costituzione della Repubblica, in Giust. pen., 1948, I, p. 78. V. pure nota illustrativa della Procura generale militare, in Riv. pen., 1948, pp. 181-82.
Codice della navigazione.
Approvato con r. decr. 30 marzo 1942, n. 327 (un primo testo era stato approvato con r. decr. 27 gennaio 1941, n. 8) ed entrato in vigore il 21 aprile 1942, disciplina la navigazione marittima, interna ed aerea. Questo codice ha conferito per la prima volta, anche nei confronti degli ordinamenti stranieri, una organica e compiuta sistemazione unitaria a tutta la complessa e vasta materia, tanto dal lato pubblicistico, quanto da quello privatistico. Anteriormente all'entrata in vigore del codice, la disciplina della navigazione marittima era frazionata fra il secondo libro del codice di commercio del 1882 (per la parte privatistica) ed il codice per la marina mercantile del 1877, con il relativo regolamento del 1879 (per la parte pubblicistica), mentre la disciplina della navigazione aerea era disseminata in numerose disposizioni legislative e regolamentari del più vario contenuto; la navigazione interna, che nei rapporti privati era del pari disciplinata dal cod. comm., era regolata, sotto l'aspetto pubblicistico, dal testo unico 11 luglio 1913, n. 959, che tuttavia si riferisce quasi esclusivamente all'attrezzatura delle vie d'acqua interne.
Per la concezione generale cui si sono ispirati i redattori del codice, v. navigazione, in questa Appendice.
Quanto al contenuto della normativa raccolta nel codice, il legislatore, nella massima misura possibile, ha aderito al "diritto vivente" dei traffici marittimi, costituito dalle clausole dei formularî, dagli usi, dalle norme di convenzioni internazionali, in quanto rivelatrici di una ormai consolidata prassi. È in conseguenza di ciò che il codice ha raccolto integralmente non solo tutte le convenzioni internazionali esistenti in materia di navigazione marittima e aerea (ad eccezione di una sola, quella relativa alla limitazione della responsabilità dell'armatore), bensì anche tutti i semplici progetti e perfino i corpi di regole elaborati dalla prassi al di fuori di qualsivoglia veste ufficiale (valga per tutti l'esempio delle regole di York ed Anversa).
Il codice, che consta di 1331 articoli, è diviso in quattro parti ed è preceduto da un gruppo di disposizioni preliminari che disciplinano la gerarchia delle fonti del diritto della navigazione e i rapporti fra questo e il diritto comune, e definiscono il mare territoriale, secondo le diverse esigenze della configurazione delle coste, e lo spazio aereo soggetto alla sovranità dello stato. Le altre disposizioni preliminari, in parte derogando e in parte completando quelle preliminari al codice civile, regolano i conflitti di legge in materia di navigazione.
La parte prima, dedicata alla navigazione marittima e interna, è divisa in quattro libri. Il libro primo, di carattere pubblicistico, concerne l'ordinamento amministrativo della navigazione e disciplina gli organi amministrativi della medesima, il demanio marittimo e le zone portuali della navigazione interna, l'attività amministrativa, la polizia e i servizî nei porti (pilotaggio, rimorchio, lavoro portuale), il personale della navigazione, il regime amministrativo delle navi, la polizia della navigazione, gli atti di stato civile in corso di navigazione, la navigazione da diporto, la pesca. In questo libro è fondamentale il titolo riguardante il regime amministrativo delle navi, che si apre con la definizione di nave (v. in questa App.); di particolare interesse è la disciplina del requisito della nazionalità.
Nel libro secondo, che ha per oggetto la proprietà e l'armamento della nave, è minutamente disciplinata la costruzione della nave, la pubblicità e la comproprietà navale, l'impresa di navigazione (armatore, società di armamento fra comproprietarî, raccomandatario, comandante della nave, equipaggio) e il contratto di arruolamento. In tema di comproprietà, riaffermato il principio tradizionale, secondo il quale le deliberazioni prese dalla maggioranza, salva diversa disposizione, vincolano la minoranza per quanto riguarda l'interesse comune dei comproprietarî, il codice si è preoccupato di tutelare adeguatamente la minoranza.
Il codice delinea poi chiaramente, attraverso un adeguato sistema di pubblicità della dichiarazione di armatore, la distinzione fra la figura del proprietario e quella dell'armatore. Originale è il sistema di limitazione del debito dell'armatore, che viene a sostituire il tradizionale istituto dell'abbandono ai creditori: il debito complessivo dell'armatore, per le obbligazioni inerenti all'impresa di navigazione, è limitato, su domanda dell'armatore stesso, al valore della nave al momento della domanda di limitazione e non oltre la fine del viaggio, sempre che tale valore non sia né inferiore al quinto, né superiore ai due quinti del valore della nave all'inizio del viaggio: al valore della nave si aggiunge l'ammontare del nolo e degli altri proventi lordi della spedizione. Originale è anche la disciplina dell'armamento della nave da parte dei comproprietarî, ai quali viene offerta la possibilità di costituirsi in società d'armamento mediante scrittura privata, con sottoscrizione di tutti i caratisti, ovvero con deliberazione della maggioranza, con sottoscrizione dei consenzienti. Nel libro terzo, dedicato alle obbligazioni relative all'esercizio della navigazione, sono disciplinati i contratti di utilizzazione della nave, la contribuzione alle avarie comuni, l'urto di navi, l'assistenza e il salvataggio di persone e navi in pericolo, il ricupero e il ritrovamento di relitti in mare, le assicurazioni, i privilegi e le ipoteche. È da segnalare in questo libro la classificazione dei contratti di utilizzazione di nave (locazione, noleggio e trasporto, quest'ultimo suddiviso poi in trasporto di carico totale o parziale e trasporto di cose determinate), fatta in base ad un criterio causale, per cui le varie ipotesi sono individuate dalla prestazione tipica dedotta nel negozio. Originale è la disciplina del ricupero, distinto a seconda che si effettui con o senza mezzi nautici: il codice disciplina la gestione privata del ricupero, che può essere determinata da contratto o da assunzione spontanea da parte del ricuperatore, e il ricupero d'ufficio da parte dell'autorità marittima. Il libro quarto contiene le disposizioni processuali civili: in particolare, vi si disciplinano l'istruzione preventiva in caso di sinistro marittimo, i procedimenti avanti i comandanti di porto, la liquidazione delle avarie comuni, l'attuazione della limitazione del debito dell'armatore, l'esecuzione forzata e le misure cautelari sulla nave.
La parte seconda è intitolata alla navigazione aerea (v. aeronautica: Diritto aeronautico, in questa App.) e si divide, parallelamente alla prima, in quattro libri. Il primo, che riguarda l'ordinamento amministrativo della navigazione aerea, disciplina gli organi amministrativi della navigazione, il demanio aeronautico, la polizia degli aerodromi, statali o privati, la gente dell'aria, il regime amministrativo degli aeromobili, l'ordinamento dei servizî di trasporto aereo, la polizia aeronautica, le inchieste sui sinistri, gli atti di stato civile nel corso della navigazione, la navigazione da turismo. Il libro secondo regola la proprietà e l'esercizio dell'aeromobile e contiene le norme sulla costruzione (che colmano una lacuna della legislazione aeronautica), sulla proprietà e pubblicità aeronautica, sull'impresa di navigazione aerea (esercente, caposcalo, comandante), sul contratto di lavoro del personale di volo: anche in questa parte il codice ha attuato la separazione fra proprietà ed esercizio. Il libro terzo, dedicato alle obbligazioni relative all'esercizio della navigazione aerea, contiene la disciplina dei contratti di utilizzazione dell'aeromobile, della responsabilità per danni a terzi sulla superficie e per danni da urto, dell'assistenza e salvataggio a persone e ad aeromobili, del ritrovamento di relitti, delle assicurazioni, dei privilegi e delle ipoteche. Il libro quarto contiene le disposizioni processuali, tra le quali meritano particolare menzione quelle sull'attuazione della limitazione del debito dell'esercente, l'esecuzione forzata e le misure cautelari.
Le disposizioni penali e disciplinari in materia di navigazione marittima, interna e aerea sono raggruppate nella parte terza, divisa in due libri. Il primo, oltre norme di carattere generale, contiene la disciplina dei delitti contro la personalità dello stato, contro la polizia di bordo e della navigazione, contro le autorità di bordo o contro le autorità consolari, contro la sicurezza della navigazione, contro la fede pubblica; contro la proprietà della nave, dell'aeromobile o del carico, contro la persona; sono in questo libro anche le norme sulle contravvenzioni e quelle di carattere processuale penale. Il libro secondo si limita a dettare norme in materia disciplinare.
La quarta parte, infine, esaurisce la normativa del codice, con le disposizioni transitorie e complementari.
Per l'esecuzione del codice è prevista l'emanazione di un regolamento generale della navigazione (art. 1331), che è tuttora in corso di elaborazione. Solo con tale regolamento il codice entrerà in vigore in tutte le sue disposizioni, prevedendo l'art. 1328 che quelle disposizioni, le quali per la loro applicazione richiedono l'emanazione di particolari norme regolamentari, non entreranno in vigore fino a quando dette norme non saranno emanate.