CODICOLOGIA
Si definisce normalmente così la disciplina che studia i manoscritti, soprattutto medievali, nel loro aspetto materiale. A partire dagli anni Trenta-Quaranta si è andato sempre più estendendo l'uso di questo termine, il cui significato ibrido continua a suscitare più di un equivoco nel mondo degli studi relativi ai manoscritti. Nata a Parigi con Ch. Samaran e A. Dain per fini soprattutto euristici, la c. è andata identificando, in particolare negli ultimi due decenni, l'oggetto primario delle sue ricerche nella cosiddetta ''archeologia del libro'', espressione con la quale si indica appunto lo studio delle caratteristiche materiali del manoscritto tardoantico e medievale.
La conoscenza di supporti e materiali scrittori nonché delle tecniche di preparazione alla scrittura, come foratura e rigatura, e di confezione del codice non può comunque prescindere da un'amplissima base di partenza costituita dalla confluenza dei risultati conseguiti dalle numerose discipline che si servono del manoscritto per i loro fini specifici, quali la filologia, la paleografia, la storia della miniatura, la storia delle biblioteche. Un'esigenza sostanzialmente analoga, sia pure in un ambito cronologicamente e tecnologicamente diverso, è stata recentemente proposta, per il libro a stampa, dalla cosiddetta bibliografia testuale (v. in questa Appendice) o 'analitica'.
Il fine della nuova disciplina appare lo studio del codice in sé, in quanto testimonianza complessiva di cultura, il cui aspetto fisico assume dignità non inferiore, per es., a quella del testo di cui si fa veicolo o della scrittura della quale rappresenta il supporto. Nessuna caratteristica del manoscritto risulta estranea alla c. lato sensu intesa, i cui cultori sono quindi tenuti a una larga versatilità nell'approccio all'oggetto delle loro ricerche, anche se l'apporto più originale della disciplina consiste nello studio archeologico del manufatto e nell'applicazione dei suoi risultati alla conoscenza generale dello sviluppo della produzione libraria nei secoli che vanno dalla nascita del codice alla diffusione del libro a stampa. Quest'ultimo termine cronologico non limita tuttavia la sfera d'interesse della c., in cui rientrano a pieno titolo, pur se con un diverso tipo di problematica, i manoscritti moderni e contemporanei. Particolarmente proficuo sta rivelandosi negli ultimi tempi un confronto più approfondito con la civiltà libraria di aree linguistiche diverse dalla greco-latina e da quelle dei vari idiomi europei moderni: l'esempio migliore è fornito dai numerosi studi relativi al codice ebraico, prodotto largamente durante il Medioevo anche nel cuore del nostro continente.
Un ampio settore del dibattito teorico ha riguardato principi e modalità della raccolta e della diffusione dell'informazione sui codici.
Il primo di questi due termini s'identifica in pratica con la descrizione del manoscritto, un'operazione di grande impegno per l'infinita serie di verifiche che ogni codice impone alla competenza di chi intende darne una rappresentazione complessiva e corretta. Da questa necessità hanno avuto origine i numerosi modelli di catalogazione che negli ultimi anni sono stati proposti, generalmente senza grande fortuna, in vari paesi: ogni tentativo di normalizzare la descrizione ha dovuto infatti limitarsi a una sia pur ampia scelta di parametri da osservare in base alle esigenze avanzate fino a quel momento dalla ricerca codicologica. Ma il rapido sviluppo della disciplina e l'accresciuta complessità delle tecniche di osservazione hanno comportato un continuo aumento dei dati da rilevare, tanto da rendere le normative insufficienti a fornire agli archeologi del libro, comunque tenuti all'autopsia dei manufatti, tutte le indicazioni preliminari necessarie allo svolgimento delle loro indagini.
La diffusione dell'informazione soffre a sua volta della lentezza con la quale i cataloghi di manoscritti vengono redatti e d'altra parte la loro circolazione nella forma tradizionale del libro a stampa ne rende difficile l'aggiornamento. La proposta, avanzata oltre dieci anni fa, da G. Ouy, di sostituire un dossier mobile alla consueta, immutabile descrizione e di favorirne la circolazione anche mediante lo strumento informatico si è arenata contro la difficoltà di concordare le modalità di osservazione e di comunicazione. Si è determinata quindi una situazione nella quale la realizzazione di cataloghi di codici particolarmente significativi (per es. i latini anteriori al sec. 9° o quelli più o meno esattamente datati e localizzati) o appartenenti a singoli fondi avviene in una quasi assoluta mancanza di coordinamento sia all'interno dei singoli paesi sia sul piano internazionale. Il massimo di libertà nella descrizione, principio davvero irrinunciabile, ha finito così per coincidere con il minimo di coerenza nella conoscenza di base dei manoscritti, per alcuni dei quali si dispone di dettagliate analisi e di una cospicua bibliografia, mentre di moltissimi altri si ignorano l'esatto contenuto e una sia pur approssimativa datazione, se non addirittura l'esistenza.
Negli anni Ottanta si è manifestato, attraverso l'opera di E. Ornato e di altri studiosi di area culturale francese, un vivace interesse per l'aspetto quantitativo della produzione manoscritta medievale, che si è allargato al periodo iniziale della stampa. È questo attualmente il filone più ricco di novità e di promesse della disciplina: le ricerche che vi fanno capo mirano a comprendere la posizione del libro all'interno della civiltà medievale mediante l'analisi statistica di una serie di dati relativi alle dimensioni, all'impaginazione e alla confezione del codice.
Nel settore finora negletto del restauro è finalmente iniziata una riflessione teorica tesa a garantire, fino al limite della funzionalità stessa del manufatto, la possibilità di studiare materiali e tecniche originali. Si tratta di un progresso importante non soltanto per la salvaguardia del patrimonio manoscritto: un restauro librario conoscitivo e per ciò stesso correttamente conservativo rappresenta infatti la condizione indispensabile per lo sviluppo della ricerca archeologica.
Bibl.: Un testo tuttora classico è A. Dain, Les manuscrits, Parigi 1949 (19642). Per la storia della disciplina e del termine c. vedi A. Gruijs, Codicology or the archaeology of the book? A false dilemma, in Quaerendo, 2 (1972), pp. 87-108. Sulla problematica della catalogazione: G. Ouy, Comment rendre les manuscrits médiévaux accessibles aux chercheurs?, in Codicologica, 4, Essais méthodologiques, Leida 1978, pp. 9-58; A. Petrucci, La descrizione del manoscritto. Storia, problemi, modelli, Roma 1984. Sull'attuale stato dell'informazione sui codici in Italia, v. gli atti dei Seminari organizzati dall'Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane: Il manoscritto. Situazione catalografica e proposta di una organizzazione della documentazione e delle informazioni, Roma 1981; Documentare il manoscritto: problematica di un censimento, ivi 1987. Allo stesso filone appartiene la recentissima Guida a una descrizione uniforme dei manoscritti e al loro censimento, a cura di V. Jemolo, M. Morelli, ivi 1990. Per la c. quantitativa: C. Bozzolo, E. Ornato, Pour une histoire du livre manuscrit au moyen âge. Trois essais de codicologie quantitative, Parigi 1980 (19832, con Supplément). Per il restauro librario: C. Federici, L. Rossi, Manuale di conservazione e restauro del libro, Roma 1983. Per la terminologia: D. Muzerelle, Vocabulaire codicologique. Répertoire méthodique des termes français relatifs aux manuscrits, Parigi 1985. Sono da poco apparse le prime sintesi: E. Ruiz García, Manual de codicología, Madrid 1988; J. Lemaire, Introduction à la codicologie, Lovanio 1989.