cognizione spaziale
Capacità, caratteristica dell’uomo e di altre specie animali, di muoversi nello spazio registrando, aggiornando e memorizzando la posizione del proprio corpo e dei diversi oggetti che lo circondano. Gli esseri umani e gli animali vivono in un ambiente complesso, in cui ricevono continuamente, attraverso le modalità sensoriali (vista, udito, sensibilità tattile e propriocettiva, sistema vestibolare), ed elaborano segnali che riguardano gli oggetti nello spazio attorno a loro e la posizione del loro corpo. Questa capacità, essenziale alla sopravvivenza, comprende l’elaborazione percettiva dei diversi input sensoriali, provenienti da un ambiente mutevole, e la programmazione e l’esecuzione di atti motori. Ciò dà luogo a rappresentazioni interne del corpo nello spazio e degli oggetti che lo circondano.
L’esperienza soggettiva, fenomenica, dello spazio è in larga misura unitaria. Tuttavia, l’esperienza del mondo, ossia dello spazio attorno a noi comprendente gli oggetti che ci circondano, può essere considerata dalla prospettiva di una persona che percepisce gli oggetti ed esegue movimenti e azioni. Lo spazio può essere allora concepito come il medium in cui la posizione degli oggetti, compreso quel particolare oggetto che è il nostro corpo, diviene possibile (come sosteneva il filosofo francese Maurice Merleau- Ponty, nel 1945, nel suo Fenomenologia della percezione). Il nostro corpo, con gli oggetti attorno a noi, dà origine a relazioni come ‘alto’ e ‘basso’, ‘sinistra’ e ‘destra’, ‘vicino’ e ‘lontano’, ‘davanti’ e ‘dietro’.
L’integrazione delle informazioni dal mondo esterno (visiva, uditiva, somatosensoriale da oggetti che toccano il corpo) con segnali relativi alla posizione del corpo nello spazio (posizione degli occhi, posizione della testa, posizione del tronco e degli arti) dà luogo a due tipi fondamentali di rappresentazione, traducibili in sistemi di coordinate spaziali. Nelle rappresentazioni ‘egocentriche’ la posizione degli oggetti è codificata con riferimento all’intero corpo o a parti di esso (per es., il braccio o la mano). Queste rappresentazioni possono essere centrate sulla testa, per cui nella modalità visiva risultano dall’integrazione della mappa retinotopica con informazioni relative alla posizione degli occhi; esse possono altresì centrarsi sul tronco, integrando informazioni sulla posizione della testa e sulla postura, come anche sugli arti e sulle dita. Le rappresentazioni egocentriche supportano la percezione consapevole degli oggetti in relazione al nostro corpo, avvalendosi di codici spaziali multisensoriali: per es., i segnali uditivi facilitano la risposta a stimoli presentati nella stessa posizione, sia nella medesima modalità sensoriale (facilitazione intramodale), sia in una diversa (per es., visiva; facilitazione crossmodale). Le rappresentazioni egocentriche consentono la pianificazione e l’esecuzione dei movimenti, per raggiungere un oggetto di interesse o per evitarne uno pericoloso. Nelle rappresentazioni allocentriche, invece, gli oggetti sono rappresentati in primo luogo con riferimento alle loro proprietà spaziali e configurazionali, ovvero le relazioni tra le loro diverse parti e quelle con altri oggetti presenti nell’ambiente. I sistemi di coordinate allocentriche sono utili per identificare gli oggetti e per navigare nello spazio. Ciò suggerisce una stretta interazione tra i sistemi egocentrici e quelli allocentrici. Infatti, i sistemi allocentrici, basati sugli oggetti esterni all’osservatore, elaborando una rappresentazione degli oggetti riferita alla loro configurazione e ai loro assi (in particolare a quello principale, se presente), ne rendono possibile l’identificazione da una varietà di prospettive di osservazione.
Nel contesto dei sistemi di coordinate, la principale distinzione riguarda lo spazio personale, collocato nei limiti dello spazio corporeo, e quello extrapersonale. Lo spazio extrapersonale – con riferimento alle azioni che possono essere in esso compiute – può essere ulteriormente suddiviso in spazio di raggiungimento e afferramento (reaching, grasping), mediante diversi effettori (come, per es., la bocca per lo spazio orale oppure la mano per lo spazio manuale). Questo spazio tridimensionale, caratterizzato da una metrica euclidea percepita direttamente, può estendersi oltre il corpo, mediante l’uso di utensili. Lo spazio oltre la possibilità di raggiungimento è considerato distante e oltre i 6÷8 m dal corpo è considerato lontano. Lo spazio lontano è prevalentemente visivo: è uno spazio ipercompresso, che può dare una sensazione di bidimensionalità, all’interno del quale la valutazione delle distanze ha scarsa connessione con l’esperienza diretta. Lesioni cerebrali possono danneggiare in modo selettivo queste diverse rappresentazioni dello spazio (➔ negligenza spaziale unilaterale).
Nell’uomo esiste un’asimmetria emisferica che assegna all’emisfero destro un ruolo preminente nella c. s., mentre l’emisfero sinistro è principalmente dedicato al linguaggio. Considerando che le abilità spaziali dei primati non umani sono analoghe a quelle dell’uomo, che dispone tuttavia del linguaggio, si può ipotizzare che, durante l’evoluzione, il linguaggio (e altri processi cognitivi) abbia reclutato parte del tessuto neurale dell’emisfero sinistro precedentemente dedicato alla cognizione spaziale. Le aree cerebrali coinvolte nella c. s. comprendono la corteccia parietale posteriore (lobulo parietale superiore e inferiore), la corteccia frontale premotoria e le loro connessioni. Il complesso ippocampale (➔ amnesia) partecipa ai processi di apprendimento e di memorizzazione di percorsi spaziali. Lesioni di questo complesso (in partic., del giro paraippocampale destro) determinano l’incapacità di ritrovare la propria strada in ambienti familiari, come anche di apprendere nuovi percorsi (amnesia topografica).