COLA di Matteuccio (C. da Caprarola)
Nacque a Caprarola (Viterbo), come testimoniano le dizioni "de Craperola", "de Caprarola diocesis Civitatis Castellane", che seguono il nome nei documenti che lo riguardano, ciò che dimostra, altresì, come egli abbia conservato l'iscrizione alla cittadinanza della città natale pur nelle continue e prolungate permanenze in altri luoghi. Fu imprenditore ed architetto, e la sua attività è documentata in vari cantieri dell'Italia centrale tra la fine del XV sec. e il primo ventennio del XVI.
C. è menzionato per la prima volta nel 1499 (Müntz, 1892: una inesatta lettura del passo del Müntz ha indotto gli scrittori successivi a inserire l'artista in precedenti lavori compiuti nel 1494) in un documento relativo a opere di sistemazione della Rocca di Nepi, unitamente ad Antonio da Sangallo il Vecchio. In esso è definito lignarius: la qualifica è preceduta dal termine magister, chiaro indizio di una consolidata posizione professionale, che potrebbe permettere di fissare la data della sua nascita intorno aglianni 1470, in considerazione anche del fatto che nell'ultimo documento noto, del 1519, C. è nominato castellano della Rocca di Porto Ercole, incarico che certamente veniva affidato ad uomini fisicamente ancora prestanti.
Nel 1872 il Rossi pubblicò documenti relativi all'attività di C. per la costruzione della chiesa della Consolazione a Todi: da essi fu indotto a considerarlo oltre che realizzatore anche progettista del tempio tudertino, troncando così una tradizione basata su di un passo di una "sacra visita" del 1574 che, riferendosi ai completamenti da eseguire, sosteneva che l'edificio "perficeretur juxta il modello quod conspicitur a perito Architecto Bramante nuncupato, designatum" (Rossi, 1874).
Ma la critica architettonica più autorevole, dal Venturi al De Angelis d'Ossat, dal Bruschi al Lotz, è tutta concorde, seppur con argomentazioni variate, nel considerare C. solo un esecutore - a cui d'altronde vanno riconosciute capacità tecnica e sensibilità progettuale - del tempio della Consolazione di Todi, "ideato con un senso di matura e ampia spazialità, ed una grandiosità essenziale ed organica" (De Angelis d'Ossat, 1956, p. 207) riconducibili in quel momento soltanto a Bramante. Già nel secolo scorso il Geymüller (1875, p. 96) aveva fatto notare il contrasto fra l'impianto e l'intelaiatura architettonica dell'edificio: "mais les proportions des deux ordres et des grands pilastres sont de nature à nous persuader que les dispositions adoptées par Bramantes ont subi un changement considérable".
Soltanto a datare dal 18 ott. 1510 fino al 18 maggio 1512nei vari documenti C. è definito "architector", "architettore", "architector et coptimarius" e altro (Rossi, 1872, pp. 4s.), con una appendice nel 1515 quando ancora in un atto del 9 dicembre è chiamato "architector fabrice sancte Marie Consolationis extra muros Tuderti" (Zänker, 1974, nota 15 a p. 605).
Che C., così come gli altri "magistri" e architetti che si sono succeduti nel cantiere della Consolazione, abbia modificato l'idea iniziale - e in definitiva quindi anche progettato - si può individuare, come suggerisce il Bonagura (1974, p. 626), nella probabile variazione dell'idea delle absidi circolari (una delle quali è stata realizzata) in absidi poligonali.
Una certa capacità progettuale e le doti imprenditoriali e organizzative probabilmente furono le ragioni per cui C. fu chiamato "in instaurationem et ornamentum ecclesie S. Felitiani [duomo] di Foligno ove egli comincia a comparire fin dal primo documento del 27 dic. 1512 relativo a tali lavori, e subito con la qualifica di "architectore" (Rossi, 1877, p. 343) a cui si aggiungono, nei documenti immediatamente successivi, attributi come "clarus", per culminare nel giudizio di molte autorevoli persone ("cum relatu multorum prestantium virorum") che dichiarano "magistrum Colam architectum prestantem... probatumque virum et honoris cupidum" (Rossi, 1877, pp. 343, 345).
Ciò che. C. propone per attualizzare l'antico edificio romanico-gotico della cattedrale, e che facilmente gli si può ascrivere come ideazione, è di realizzare una spazialità meno frammentata in episodi autonomi o eccessivamente ritmata, bensì unitaria e in un certo senso accostabile a quella della Consolazione di Todi. Il procedimento è descritto nel contratto del 30 dic. 1512 (Rossi, 1877, pp. 346 s.): "fare tutto il muro che bisogna in dicta chiesa" (probabilmente per costituire un'unica navata), "fare le base et cimase di ciascun pilastro... ad forma sonno quelle della Tribuna" (nel dettaglio C. è obbligato a prendere a modello elementi dell'antica chiesa o per lo meno realizzati precedentemente alla sua chiamata), "scarcare tutte le volte et mura necessarie et tecte" e sostituirle con "cinque volte ad cruciere" (dovrebbero essere quelle che compaiono nel disegno degli Uffizi A 878r di Antonio da Sangallo il Giovane).
Ad offuscare in parte la fama di C. avvenne nell'ottobre del 1513 il crollo di una volta del duomo di Foligno; "il caso della volta quale è stato per la fortuna dellacqua et como sapete la volta fo despontellata per satisfare ad molti": così si ricava dalle parole di C. che con piena sicurezza si impegnò a ricostruire a sue spese tale volta posta "in brachio iuxta plateam veterem", nonché a sottoporre a giudizio di un altro architetto quanto realizzato ed eventualmente a seguirne le direttive (Rossi, 1877, pp. 351, 352, 354).
L'attività di C. presso il duomo di Foligno dovette cessare intorno al dicembre del 1515, quando liquidò due muratori suoi creditori (Rossi, 1877, p. 357), poiché non lo si trova più citato nei documenti. Circa la notizia della sua presenza nella realizzazione del campanile di Spoleto (ripresa da Zänker, 1971, p. 263), questa dovrebbe essere scartata in quanto il Sansi, sulla base di documenti, mostra che i lavori furono deliberati nel 1510 e compiuti nel 1515 da mastro Cione di Taddeo lombardo (Giovan Pietro Cione; cfr. Storia del Comune di Spoleto, Foligno 1884, II, p. 169).
Da quanto si può ricavare dai documenti sulla Consolazione e da quelli sul duomo di Foligno sembrerebbe che C. limitasse i suoi interventi alla parte più propriamente costruttiva, quella che vedeva un'organizzazione di cantiere di una certa importanza.
Probabilmente, sulla base di tale assunto, C. si è spostato altrove in cerca di una nuova commessa di lavoro: nel 1518 lo si ritrova a Roma, come risulta da una convenzione con Agostino Chigi redatta il 22 marzo: "Magnificus vir d. Augustinus de Chisijs... et Magister Cola Mathucijs de Caprarola Civitatis Castellan. diocesis architector partibus supra constructione erectione et edificatione cuiusdam arcis in loco portus Herculis" (Cugnoni, 1883, p. 166). Ed è proprio da quanto è scritto nei passi successivi della convenzione che si evince come l'attività specifica di C. fosse quella di impresario-costruttore, il quale "debeat ... construere erigere et edificare... et perficere unam arcem iuxta et secundum designatam et specificatam cuiusdam modelli per dominum Magnificum... dandum et consignandum eidem magistro Cole" (ibid.). Si può avanzare l'ipotesi che il progetto della fortezza, dal cui nucleo si originò quella detta attualmente "La Rocca", possa essere stato redatto da Baldassarre Peruzzi, tanto più che si conserva (Siena, Bibl. com., ms. L.IV.10) un disegno di M. A. Lari, seguace del Peruzzi, che riproduce un ulteriore ampliamento della rocca (pubblicato da P. Marconi, in Quaderni dell'Ist. di storia dell'architettura, XV [1968], 85-90, p. 79).
C., che secondo la convenzione doveva realizzare l'opera in due anni, probabilmente la terminò prima, forse nelle strutture generali, e Agostino Chigi dovette rimanere talmente soddisfatto che in un documento del 13 ott. 1519 si dichiara convinto "de legalitate et fidelitate Nobilis viri Dni Colae Mathucij de Caprarola" e perciò lo crea castellano della stessa Rocca "cum salario et mercede" (Cugnoni, 1883, p. 167).
Con questo documento finiscono le notizie su C.; dato che nell'aprile del 1521, morendo Agostino, la situazione e la gestione patrimoniale del Chigi rapidamente si indebolisce, è legittimo ritenere che anche C., con la perdita del protettore abbia ripreso a peregrinare o forse anche sia ritornato nella sua terra d'origine.
Fonti e Bibl.: A. Rossi, Cenno stor. della chiesa della Consclazione in Todi, in Giorn. di erudiz. artistica, I (1872), 1, pp. 3-9; Id., La fabbrica della chiesa della Consolazione in Todi,ibidem, III (1874), 11-12, pp. 321 s.; H. von Geymüller, Les projets primitifs pour la basilique de Saint-Pierre de Rome, Paris-Wien 1875, pp. 95 s.; A. Rossi, Memorie della cattedrale di Foligno, in Giorn. di erudiz. artistica, VI (1877), 11-12, pp. 343-357; G. Cugnoni, Agostino Chigi il Magnifico, Appendice, in Archivio della R. Deputaz. romana di storia patria, VI (1883), pp. 166 s.; E. Müntz, Gli architetti C. di Caprarola e Antonio da Sangallo il Vecchio a Nepi(1449) [sic!], in Arte e storia, n. s., XI (1892), 5, pp. 33-35; G. Merzario, I maestri comacini, Milano 1893, II, pp. 301 s.; E. Müntz, Les arts à la cour des papes Innocent VIII,Alexandre VI,Pie III,1484-1503, Paris 1898, pp. 160-162, 216; V. G. Clausse, Les Sangallo architectes,peintres,sculpteurs,médailleurs au XVe et XVIe siècle, I, Paris 1900, p. 298; G. Milanesi, in G. Vasari, Le vite, IV, Firenze 1906, p. 150n.; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, XI, 1, Milano 1938, pp. 881-885; G. De Angelis d'Ossat, Sul tempio della Consolazione a Todi, in Boll. d'arte, XLI (1956), pp. 207-213; A. Bruschi, Bramante arch., Bari 1969, pp. 922-930; U. Nofrini, Il tempio del Bramante a Todi, Todi 1970, pp. 40-43 (in app. gli articoli di A. Rossi, 1872, 1874); J. Zänker, Die Walfahrtskirche S. Maria della Consolazione in Todi, Bonn 1971; Id., Il primo progetto per il santuario di S. Maria della Consolazione a Todi e la sua attrib., in Studi bramanteschi, Roma 1974, pp. 603-605; U. Nofrini, La chiesa della Consolazione a Todi,ibid., pp. 620 s.; M. C. Bonagura, Considerazioni sulla chiesa di S. Maria della Consolazione a Todi,ibid., pp. 626, 628; W. Lotz, in L. H. Heydenreich-W. Lotz, Architecture in Italy 1400-1600, Harmondsworth 1974, p. 183; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 554.