COLLASSOTERAPIA POLMONARE (X, p. 734)
La collassoterapia chirurgica della tubercolosi polmonare ha conseguito grandi progressi in quest'ultimo ventennio, grazie anche agli essenziali contributi della scuola tisiologica italiana.
Le toracoplastiche. - Consistono in resezioni, generalmente extrafasciali, di un certo numero di coste; si eseguono al fine di restringere il corrispondente emitorace abolendo il trauma respiratorio statico e dinamico e permettendo così alla regione malata del polmone, liberata dalla rigidità scheletrica, di retrarsi e mettersi in stato di riposo.
Il tipo classico della toracoplastica è quella totale di F. Sauerbruch; essa consiste nella resezione paravertebrale delle costole dalla 1a all'11a per un tratto variabile da 3-4 cm. a 7-10 cm. In tal modo, comprendendo nella resezione l'angolo costale, è possibile ottenere una considerevole riduzione di volume dell'emitorace, perché si viene a provocare un movimento di rotazione costale in basso e all'interno, facendo perno sulle sincondrosi costo-sternali. La toracoplastica di Sauerbruch, oltre che dar luogo ad un grave traumatismo operatorio, si è dimostrata, con l'esperienza, poco efficace sulle caverne piuttosto ampie e con pareti rigide; di qui la necessità di ampliare molto la demolizione delle 3-5 coste superiori sovrastanti alle caverne. La maggior parte dei chirurgi si è venuta perciò allontanando sempre più dalle toracoplastiche totali tipo Sauerbruch e si è orientata verso toracoplastiche parziali meno estese in altezza e più in larghezza (toracoplastiche elettive allargate per via posteriore). Un ulteriore miglioramento dei risultati si è potuto raggiungere nei casi di caverne rigide o aderenti al mediastino mediante l'associazione dell'apicolisi o abbassamento dell'apice alla toracoplastica, in modo da provocare un collasso polmonare concentrico. Con questa tecnica si cerca di ottenere non soltanto uno svincolo trasversale del viscere, ma anche un abbassamento verticale dell'organo, col liberare la porzione superiore e mediale del polmone dall'apparato legamentoso sospensore della cupola pleurica. La toracoplastica di J. Semb con apicolisi extrafasciale si è effettivamente dimostrata molto efficace; ha però l'inconveniente di essere discretamente traumatizzante. Un tipo a sé di toracoplastica è quella antero-laterale-elastica proposta da V. Monaldi nel 1932, partendo da basi dottrinarie completamente diverse da quelle su cui poggiano le comuni toracoplastiche. Essa tende a modificare lo stato funzionale respiratorio ed a sopprimere le massime forze traenti dinamiche, le quali, secondo questo autore, si esplicano seguendo alcune e determinate direzioni chiamate linee dominanti. L'intervento consta dell'asportazione dei tratti antero-laterali delle prime sette costole eseguito in due tempi operatorî; a suo tempo esso destò molto interesse, ma ora è quasi abbandonato perché insufficiente a dominare la maggior parte delle caverne polmonari.
Di recente è sorta un'altra tecnica di toracoplastica che si propone l'ablazione completa delle prime tre costole e di larghi tratti della 4a e 5a costola per via ascellare: è questa la toracoplastica apico-ascellare di E. Morelli. Essa viene realizzata in un unico tempo, senza sacrificio di masse muscolari (come invece succede nelle comuni toracoplastiche posteriori), cadendo l'incisione cutanea proprio in direzione del forame ascellare di Langer, attraverso il quale si giunge direttamente sul piano costale. Nel maggior numero dei casi la resezione delle prime 3-5 coste è efficace per lesioni situate nell'apice e nel sotto apice.
Allorché la lesione per la sua estensione non è dominabile con questo tipo di toracoplastica superiore, si ricorre a quella di tipo medio, che A. Omodei Zorini chiama toracoplastica postero-ascellare. Questa viene praticata sulle prime 7 costole in due tempi. Prima si esegue una toracoplastica superiore a tipo apico-ascellare, resecando le prime 4 coste, poi si prosegue la demolizione dei soli tratti costali posteriori.
Solo di rado si è costretti a ricorrere ad un terzo tipo di toracoplastica, a quello cioè sub-totale o totale, mediante la quale si interessano da 8 a 11 coste. Questa si esegue in due, tre o più tempi, a seconda dei casi, e generalmente si associa alla frenicoexeresi.
La frenicoexeresi. - Gli interventi sul nervo frenico hanno lo scopo di produrre la paralisi permanente (frenicoexeresi) o transitoria (frenicofrassi, frenicotomia, sclerotizzazione del frenico) del nervo stesso e conseguire il sollevamento del corrispondente emidiaframma. La risalita di questo nell'emitorace è dovuta alla forza di retrazione polmonare che, non più bilanciata dal tono diaframmatico, esercita una notevole aspirazione verso l'alto sul muscolo inerte. La frenicoexeresi ha avuto un periodo di grande fortuna. Questa operazione infatti, che era stata proposta dai primi autori per trattare le lesioni della base polmonare, fu in seguito estesa anche alla tubercolosi degli apici e delle regioni sottoclaveari e per molti anni è stata considerata autonoma nella cura di ogni tipo di lesione, ma si è dimostrato che non si può considerare, in genere, una operazione a sé stante. Oggi si è contrari a consigliarla quale metodo terapeutico delle lesioni polmonari alte, mentre si continua a praticarla nei casi di tubercolosi del terzo medio o inferiore del polmone, dove i risultati possono essere lusinghieri, specie se l'innalzamento del diaframma è potenziato con l'associazione di un pneumoperitoneo. La frenicoexeresi ha maggior campo d'azione come complemento alla toracoplastica o al pneumotorace.
Secondo A. Omodei-Zorini le indicazioni elettive del metodo associato sono date dal pneumotorace a corda e da quello a scivolo, perché in questi due tipi di pneumotorace si realizzano le condizioni fisiomeccaniche più adatte affinché l'intervento esplichi la sua massima utilità.
Apicolisi e pneumotorace extrapleurico. - Già nel 1913 C. A. Baer aveva cercato di ottenere un collasso delle caverne apicali mediante un piombaggio paraffinico, evitando così la toracoplastica. Nel 1932 A. Omodei-Zorini propose l'apicolisi semplice e preconizzò il pneumotorace extrapleurico come metodo sostitutivo della toracoplastica. Tale intervento fu tecnicamente attuato nel 1936 da Graf e Schmidt in Germania. Successivamente, specie per opera di italiani, il metodo è assurto a una grande importanza pratica.
Il pneumotorace extrapleurico si propone il collasso del polmone mediante la creazione di una cavità artificiale tra parete toracica e pleura parietale, qualora la sinfisi pleurica impedisca l'attuazione di un pneumotorace intrapleurico. A somiglianza di quest'ultimo, il mantenimento del collasso è assicurato con rifornimento periodico di aria. Perciò vanno distinti due tempi: uno chirurgico di creazione, l'altro medico di mantenimento. L'intervento si esegue di solito sulla parete posteriore del torace, per mezzo di un taglio cutaneo di circa 10 cm., giungendo sul piano costale. Si reseca un tratto di pochi cm. della costa scelta (4a, o 5a, o 6a a seconda dell'estensione che si desidera ottenere) e si giunge, attraverso una piccola incisione del periostio posteriore e del sottile muscolo sottocostale, sulla pleura parietale. Con apposito strumentario si procede allo scollamento della pleura dalla parete, operazione delicata e non sempre agevole, scollamento che si arresta quando il cavo abbia raggiunto le dimensioni volute. La chiusura ermetica della breccia operatoria pone fine all'atto chirurgico. La cura di mantenimento è delicata e consiste dapprima nello svuotamento del versamento emorragico, che è quasi inevitabile, e poi nei rifornimenti gassosi, periodici, mantenendo pressioni positive. La durata della cura è in relazione al tipo, alla estensione e alla gravità della lesione tubercolare; in ogni caso mai più breve di quella di un comune pneumotorace intrapleurico (2-3 anni).
A. Omodei-Zorini distingue tre tipi principali di pneumotorace extrapleurico: a) a tipo lobare elettivo superiore, indicato per le lesioni che interessino i campi apicali e sub-apicali o anche territorî più bassi, ma nettamente delimitati dal tratto posteriore della 6a costola. Quando la tecnica è corretta l'apice polmonare appare completamente abbassato e il lobo superiore ridotto a un piccolo moncone addossato all'ilo; b) a tipo basale (E. Morelli): lo scollamento interessa solamente i 2/3 inferiori del polmone mentre permane la sinfisi del terzo superiore. viene praticata contemporaneamente la frenicoexeresi. È indicato nelle lesioni prettamente basali; c) sub-totale o totale, con scollamento dall'apice al diaframma. Talora il cavo assume la fisionomia del pneumotorace a scivoli o a corda e per tale motivo lo si associa a frenicoexeresi. Esso è indicato nei casi di lesioni apicali che sconfinano nel terzo medio del polmone e nelle lesioni essudative estese del polmone.
Inoltre, a parità di condizioni, si deve dare la preferenza al pneumotorace extra pleurico nei soggetti in età giovanile (al di sotto dei 18 anni) onde evitare le deformazioni toraciche che sarebbero provocate dalla toracoplast ica.
Aspirazione endocavitaria. - Per quanto non strettamente attinente con la collassoterapia della tubercolosi polmonare, si ricorda che nel 1938 è stata progettata ed attuata da V. Monaldi l'aspirazione endocavitaria o il drenaggio delle caverne tubercolari mediante l'introduzione trans-toracica di una piccola sonda nell'interno della cavità, la quale viene ad essere poi collegata con un sistema aspirativo. Essa ha lo scopo di detergere la parete cavitaria e di ottenere la elisione del cavo per un progressivo restringimento del lume. Questo metodo, che ha suscitato un grande entusiasmo nei primi anni ha oggi applicazione più limitata come intervento autonomo, mentre viene usato in associazione alla toracoplastica in casi particolari.
Bibl.: A. Omodei-Zorini, L. Biancalana, N. Di Paola, E. Ruggieri, Terapia chirurgica della TBC polm., Roma 1948; A. Omodei-Zorini, in Annali Ist. C. Forlanini, X, n. 1 e n. 5, 1947; V. Monaldi, ibid., IV, 1940; C. Panà e L. Maggio, L'Anatomia patol. del pneumotorace extrapleurico, Roma 1947.