COLLI (Colli Ricci), Luigi Leonardo, marchese di Felizzano
Nacque ad Alessandria il 23 marzo 1757 (non 1756 come indicano lo Spreti e il Bosi, che traggono tale data da una biografia dei C., attualmente conservata nell'Archivio storico della città di Alessandria) da Giacomo Antonio e da Elisabetta Beccaria figlia di Teresa Ricci dei conti di Solbrito. Il C. aggiunse pertanto il cognome Ricci, di provenienza materna, a quello dei Colli, famiglia alessandrina di antica stirpe, partecipe del Collegio dei giureconsulti della città, che aveva di recente (3 sett. 1753) acquisito il feudo di Felizzano dal marchese Evasio Sibaldi.
Il C. fu ben presto avviato alla carriera militare a sedici anni fu arruolato in qualità di alfiere nel reggimento del Monferrato in cui ricevette il grado di luogotenente aiutante maggiore il 20 luglio 1775; fu nominato capitano il 2 maggio 1781. Il 27 giugno 1786 passò al reggimento di Acqui e nel 1793 a quello di Mondovì, quale maggiore. Dal 1792 lo Stato sabaudo ormai in guerra con la Francia rivoluzionaria ben presto rivelò la debolezza della sua struttura militare: i Francesi occuparono Nizza e la Savoia con fulminea azione, mettendo in piena luce la arretratezza tattica degli alti comandi militari sardi. L'alleanza difensiva con l'Austria determinò l'affidamento dell'esercito al vecchio ed indeciso generale Devins. In tale fase della guerra il C., comandante del reggimento di Mondovì, combatté valorosamente negli scontri tendenti alla riconquista delle valli del Varo e della Tinea; nella valle di Stura con molta abilità tecnica riuscì a ricongiungere 15.000 uomini del corpo del generale Strassoldo con quelli del Devins (1793). Il 16 apr. 1794, dopo l'occupazione francese dei punti strategici della Tanarda e del Tanarello, coprì con molta abilità la ritirata dell'esercito piemontese attraverso il colle di Raus e delle Finestre; per il successo riportato sul primo fu decorato con la croce dei SS. Maurizio e Lazzaro il 6 apr. 1794. Nella campagna del 1795 le truppe austro-sarde furono affidate ancora all'esitante Devins. L'azione militare aveva un divergente obiettivo: Genova e la Riviera ligure per gli Austriaci, la riconquista di Nizza e della Savoia per i Piemontesi. Ne nacquero pertanto indecisioni ed equivoci che favorirono i Francesi. Le truppe del Kellermann schierate in difesa del colle di Tenda, negli scontri succedutisi tra il 21 e il 27 giugno 1795, furono costrette ad abbandonare le posizioni strategiche intorno a Loano. In questa fase della campagna i cacciatori dei C. si distinsero sul colle della Spinarda (27 giugno) e un ruolo di grande rilievo in tale successo ebbe il C. stesso. Il generale Colli Marchini, capo delle truppe alleate accanto al Devins, in un rapporto al re attribuisce al C. il merito dell'azione, questi era stato nominato luogotenente colonnello il 2 maggio 1795. Nella battaglia di Loano (22-27 nov. 1795) il C. combatté valorosamente nella difesa del ridotto del colle di S. Bernardo presso Garessio e del colle Spinarda poi. Nel corso della ritirata austro-sarda su Ceva, il 30 novembre venne ferito gravemente a Ronchini, come attesta la r. patente 5 dic. 1795, che gli conferì il grado di colonnello. Nel 1796 il C. si distinse ancora per il valoroso comportamento e per abilità strategica, dopo aver ricevuto il 20 marzo il comando di due battaglioni di cacciatori.
Dopo il crollo militare del Piemonte, la pace di Parigi (15 maggio 1796) sancì la cessione di Nizza e della Savoia e il definitivo isolamento della monarchia sabauda; si tentarono quindi accordi diplomatici per un capovolgimento delle alleanze. Il C. fu tra i negoziatori dei preliminari di pace di Leoben (18 aprile del 1797) ed in tale occasione il Bonaparte poté apprezzarne le qualità politiche. L'ideologia rivoluzionaria si diffuse nello Stato sabaudo ormai quasi privo di indipendenza politica; gli stessi emigrati piemontesi premevano perché il Piemonte fosse definitivamente occupato e organizzavano spedizioni armate per promuovere l'insurrezione. Una squadra di volontari liguri e di emigrati piemontesi, la "divisione del mezzodì dell'esertito patriottico piemontese", guidata dal Trombetta di San Benigno, occupò Carosio il 9 apr. 1798, Le truppe piemontesi respinsero gli insorti con un'audace azione strategica ed il C. al fianco del colonnello P. Cacherano di Osasco, comandante delle forze sarde, si batté con estrema abilità tattica. Il 3 dic. 1798, Carlo Emanuele IV, pubblicato lo atto di abdicazione, rinunziava al potere, ordinava ai sudditi obbedienza al nuovo governo e l'esercito passava al servizio dei Francesi. Con il grado di generale di brigata il C. militò con Joubert e Moreau nell'esercito d'Italia. Il 12 maggio 1799 dette brillante prova di lealtà e abilità nella battaglia di Bassignano ove, essendo stato ferito il generale Quesnel che comandava i rinforzi francesi, il C. lo sostituì nel comando costringendo i Russi alla ritirata; si batté poi contro gli Austro-russi giunti quasi alle porte di Alessandria (16-20 maggio 1799). Il 15 agosto (battaglia di Novi) il C. comandò la retroguardia che protesse la ritirata da Novi a Pasturana dove venne ferito, fatto prigioniero dagli Austriaci e avviato a Graz per essere poi internato in Ungheria.
Alla vigilia della partenza egli sentì il bisogno di giustificare la propria condotta in due lettere inviate a Vittorio Alfieri del quale aveva sposato la nipote Marianna Cristina Canalis, figlia del conte di Cumiana e di Giulia Alfieri, sorella del poeta. In esse il C., sapendo di non poter contare sull'approvazione della propria condotta, tenta, ugualmente di riabilitare presso lo stimato parente la propria immagine: "forse qualcuno dei Piemontesi capitati in Firenze mi avrà dipinto a lei come un fanatico o un uomo di smisurata ambizione. Non sono nè l'uno, nè l'altro... Ero forse nato per vivere in un altro secolo, fra altri uomini, sono veramente ridicolo in questo secolo; mi trovavo tale fra i Piemontesi, mi credo tale fra i Francesi". Egli analizza le ragioni della propria scelta, attribuendola a "una delicatezza, dai molti denominata eccesso di amor proprio e dai più pregiudizio ridicolo"; ed aggiunge: "pugnai contro i francesi quando erano vittoriosi, cominciai a pugnar per essi quando furono vinti e non posso assolutamente determinarmi a lasciarli perdenti" (2 nov. 1799). Nella successiva lettera (31 ott. 1800) il motivo sentimentale, causa della decisione, ritorna: "combatterò dunque ancora: l'amicizia, la gratitudine mi faran combattere... chi sa! forse l'ambizione si maschera così". Dalla stessa lettera emergono i vincoli di amicizia che legavano il C. a Moreau, Deselles, Grouchy, Grénier. La gratitudine espressa si riferisce tra l'altro allo scambio che gli permise di lasciare la prigionia austriaca. Le giustificazioni proposte non convinsero però l'Alfieri, che esercitò sul C. una forte sollecitazione a liberarsi dal vincolo contratto con "schiavi parlanti di libertà".
Rientrato il 18 dic. 1800, riprese servizio nella divisione Loison. Fece la campagna d'Italia del 1801 e si segnalò per qualità tattiche e coraggio; fu protagonista degli scontri al passaggio del Mincio a Salionze. Il 2 marzo 1801 gli furono conferite le funzioni di capo di Stato Maggiore della 27ª divisione militare (amministrazione del Piemonte) e in tale ruolo sedò un'insurrezione militare, scoppiata in Torino, che minacciava di coinvolgere la città. Tale intervento lo segnalò all'attenzione del Bonaparte che lo chiamò a Parigi ove fu nominato generale di divisione il 27 fruttidoro anno X (14 sett. 1802), ricevendo un assegno di 300.000 franchi in terre nazionali come ricompensa. Il 19 vendemmiale anno XII (12 ott. 1803) il C. prese a Bastia in Corsica il comando della 23 a divisione militare. I legami di amicizia con il Moreau ed una non corretta amministrazione lo fecero scadere nella stima del Bonaparte. Allontanato da ogni servizio attivo, egli chiese il pensionamento che gli fu concesso con decreto 31 marzo 1806 .
Tre anni dopo, il 31 marzo 1809 (lo Spreti indica erroneamente 9 maggio 1809), morì ad Alessandria.
Dopo la morte, con decreto imperiale, il suo nome fu inciso, tra quelli dei combattenti francesi, sull'arco di trionfo dell'Etoile a Parigi. Il C. ebbe un unico figlio, Vittorio Amedeo, soldato nell'armata napoleonica e ministro di Stato in Piemonte nel 1849. Il C. è stato frequentemente confuso (Spreti, Bosi, Biancotti) con il barone Michelangelo Colli Marchini, generale dell'esercito austriaco.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Archivio di corte, Lettere di particolari, C, marzo 88; Ibid., Carte Canefri, La nobiltà di Alessandria rappresentata, p. 85; Ibid., Sezioni Riunite, Patenti controllo finanze, 2 maggio 1795, reg. 97. f. 28; 5 dic. 1795, reg. 98, f. 40; 20 marzo 1796, reg. 99, f. 190; V. Alfieri, Vita scritta da esse, a cura di E. Bertana, Napoli 1910, pp. 311 ss.; A. Pinelli, Storia militare del Piemonte..., Torino 1854, pp. 226 ss., 331-527, 585-594; L. Cibrario, Notizie geneal. di famiglie nobili degli antichi Stati della monarchia di Savoia, Torino 1866, p. 102; D. Carutti, Storia della corte di Savoia durante la Rivol. e l'Impero francese, I, Torino 1892, p. 226; A. Crivellucci, La battaglia di Faenza e il generale C., in Studi storici, I (1892), p. 265; L. Krebs-H. Moris, Campagnes dans les Alpes pendant la Révolution, Paris 1895, pp. 251 ss., 324 ss.; G. Pittaluga, Aneddoti della guerra franco-austro-russa, in Riv. di storia, arte e arch. della provincia diAlessandria, V (1896), pp. 497 ss.; N. Brancaccio, Quadro delle milizie ital. che guerreggiarono sottoNapoleone, in Mem. stor. militari, I (1909), 2, pp. 125-130; 3, pp. 513 s.; A. Biancotti, Cosseria ele campagne di guerra dal 1793 al 1796, Torino 1940, p. 37; A. M. Raggi, La campagna franco-austro-sarda del 1795nelle lettere di un patrizioalessandrino, in Rass. stor. del Risorg., XLI (1954), pp. 63-71; Torino, Bibl. naz., A. Manno, Il patriziato subalpino, datt., VI, p. 202; P. Bosi, Diz. stor. biogr. milit. del Piemonte, Torino 1843, ad vocem; F. Guasco, Tavole geneal. di famiglienobili alessandrine e monferrine dal sec. IX al XX, Casale 1934, ad vocem;G. Six, Dictionnaire bioRévolutiongrafique des généraux... francais de la Ret de l'Empire, Paris 1934, I, s. v.; V. Spreti, Enc. stor. nobil., II, pp. 503 ss.; Diz. del Rivorg. naz., II, ad vocem.