COLLO (dal lat. collum; fr. cou; sp. cuello; ted. Hals; ingl. neck)
Nell'uomo e in altri Vertebrati, la prima porzione o regione cervicale del tronco, che fa seguito alla testa e precede il torace, si distingue più o meno nettamente da quest'ultimo, all'esame esterno, per un calibro minore e si dice collo. Il collo è percorso dalla colonna vertebrale cervicale, che ne forma lo scheletro; contiene alcuni organi in proprio, e dà passaggio ad altri che scendono dalla testa per continuarsi nel torace, o, venendo da questo, salgono verso la testa.
Il collo dell'uomo.
Anatomia. - Il collo dell'uomo (figg. I-VIII) ha la Iorma d'un cilindro di moderata lunghezza, che si slarga alla base. I suoi confini sono segnati: in alto, da una linea che segue in avanti la base della mandibola e indietro decorre lungo il limite posteriore della vòlta cranica; in basso, da una linea che passa per il margine superiore dello sterno, e il margine posteriore delle clavicole, e raggiunge indietro, sul mezzo, il tubercolo del processo spinoso della 7ª vertebra cervicale.
In anatomia, come anche nel linguaggio comune, si riserba più propriamente la denominazione di collo alla porzione anteriore o ventrale del segmento, e quello di nuca alla porzione di esso posteriore o dorsale; la colonna vertebrale sta nel limite fra le due parti.
Nel collo si distingue una regione mediana, a forma di segmento di cono, con la base alla mandibola, con l'apice allo sterno; essa è compresa nell'intervallo fra le corde del collo, due rilievi che scendono dalla testa al torace convergendo fra loro in basso, e che sono dovuti ai muscoli sternocleidomastoidei. L'osso ioide, che vi si trova in alto, a circa tre dita trasverse dalla mandibola, permette di suddividerla in due regioni: sopraioidea e sottoioidea. Seguono a ciascun lato della precedente le regioni sopraclavicolari, a contorno triangolare, con la base alla clavicola, con gli altri lati rappresentati dai margini opposti del muscolo sternocleidomastoideo e dei fasci superiori del muscolo trapezio, quest'ultimo situato superficialmente nella nuca e nel dorso. Le regioni sopraclavicolari sono alquanto depresse, e perciò furono dette anche fosse sopraclavicolari; e si deprimono di più nell'inspirazione, perché vi corrisponde profondamente l'apice del polmone. Ma specialmente s'infossano quando si solleva o si proietta in avanti la spalla, per la posizione elevata che acquista allora la clavicola.
Pelle. - La pelle del collo è piuttosto sottile e mobile rispetto alle parti sottostanti; il connettivo sottocutaneo è diversamente ricco di grasso, il quale, se molto abbondante, rende assai prominente la regione sopraioidea, formandovi il sottomento. Nel vecchio la pelle diviene sottile, perde d'elasticità; a collo esteso rimane sollevata dai fasci sottostanti del muscolo platysma.
Colonna vertebrale. - Il tratto cervicale della colonna vertebrale risulta di sette vertebre.
Queste hanno il corpo piccolo, più sviluppato in senso trasversale che in altezza. Corto e bifido è il loro processo spinoso, tranne nell'ultima, vertebra prominens, nella quale è lungo, con un tubercolo terminale riconoscibile attraverso le parti molli, all'altezza delle spalle. Il processo trasverso soltanto in quest'ultima vertebra è semplice, come quello delle vertebre toraciche; in tutte le altre risulta di due lamelle, poste una al dinnanzi dell'altra, le quali circoscrivono una serie di forami, per dove passano l'arteria vertebrale col nervo vertebrale (del simpatico) e la vena vertebrale, dirette alla testa.
La 1ª vertebra, atlante, articolata col cranio (più precisamente con l'occipitale), in avanti è rappresentata da un arco osseo, arco anteriore. Il corpo vertebrale di questa vertebra s'è saldato col corpo della 2ª. Il processo spinoso è rappresentato da un semplice tubercolo. La 2ª vertebra, epistrofeo, è caratterizzata da un robusto processo, processo odontoideo, che sorge dalla faccia superiore del corpo vertebrale, e in alto s'articola con la faccia posteriore dell'arco anteriore dell'atlante, contro la quale è mantenuto da un legamento trasversale: questo processo rappresenta il corpo della 1ª vertebra. Nelle vertebre cervicali le coste libere mancano; sono rappresentate da rudimenti fusi coi processi trasversi.
Considerata nel suo insieme, la regione cervicale della colonna descrive una leggiera curva a concavità anteriore. È assai mobile: possono effettuarsi in essa movimenti di flessione, d'estensione, di lateralità, di rotazione. Nell'articolazione fra la testa e l'atlante si compiono i movimenti di flessione della testa. L'arco anteriore dell'atlante può rotare intorno al processo odontoideo della 2ª vertebra: si produce allora la rotazione della testa, perchè questa si muove facendo corpo con l'atlante. Il ritorno della testa dallo stato di flessione sul collo allo stato d'estensione, e il passaggio della regione cervicale della colonna dallo stato di flessione alla posizione d'equilibrio, oltre che da appropriate azioni muscolari e dall'elasticità dei legamenti fra le vertebre sono favoriti dall'elasticità del robusto legamento della nuca, mediano, triangolare, che s'attacca sull'occipite e sull'apice dei processi spinosi delle vertebre cervicali. Il legamento s'allunga ed è messo in tensione nei detti movimenti di flessione, e, tornando alle condizioni normali, quando i muscoli flessori cessano d'agire, fa trazione sulle parti alle quali è inserito.
Muscoli. - a) Troviamo nel collo, al disotto della pelle da ciascun lato, un muscolo pellicciaio, il platysma, lamina sottile che comincia presso il limite superiore del petto, e termina nella parte inferiore della faccia. Risulta di fascetti con decorso obliquo in alto e in dentro; i due muscoli, tra loro discosti in basso, si toccano e parzialmente s'incrociano in alto. Il platysma appartiene al medesimo sistema dei muscoli pellicciai della testa. Contraendosi, concorre all'abbassamento della mandibola e all'apertura della bocca; increspa trasversalmente la pelle del collo, determinando la formazione di pieghe curvilinee, e rendendolo più turgido. Associandosi alla contrazione di muscoli mimici della faccia, rende più intensa l'espressione a loro dovuta.
b) Tra i muscoli scheletrici del collo i più voluminosi sono gli sternocleidomastoidei, che nascono con capi distinti dallo sterno e dal terzo mediale del margine posteriore della clavicola, e terminano nella testa sul processo mastoideo del temporale e in parte sull'occipitale. Varî sono gli effetti della loro contrazione, secondo che prendono punto fisso in alto o in basso, e secondo che si contraggono insieme quelli dei due lati o uno solo. Il caso più comune è che prendano punto fisso in basso; se agiscono insieme, essendo la testa in posizione normale o leggermente flessa, flettono la testa sulla colonna e flettono la colonna cervicale. Se si contrae un solo muscolo, flette la testa, l'inclina dal proprio lato e fa ruotare la faccia dal lato opposto.
c) Varî muscoli si trovano nella regione sopraioidea. Tra questi, il muscolo digastrico descrive un'arcata a concavità superiore dal processo mastoideo del temporale alla mandibola, presso la sinfisi; risulta di due capi muscolari rispettivamente inseriti alle indicate parti ossee, tra loro riuniti da un tendine intermedio, che si connette con l'osso ioide. Questo tendine suole essere incrociato da un muscolo sottile, muscolo stiloioideo, che viene dal processo stiloideo dell'osso temporale e termina sull'osso ioide. Nella concavità dell'ansa formata dal muscolo digastrico, sotto la mandibola, compare una delle ghiandole salivari, la ghiandola sottomascellare.
Importante è anche il muscolo miloioideo, una lamina bilaterale inserita in alto, posteriormente sul corpo della mandibola, in basso sull'osso ioide e medialmente a un rafe fibroso interposto fra i muscoli dei due lati. Sta nel limite fra la regione sopraioidea e il pavimento della bocca. Al disopra del precedente si trova il muscolo genioioideo, che si attacca alla mandibola e allo ioide.
I muscoli della regione sopraioidea nell'insieme servono, secondo che prendono un punto fisso in alto o in basso, al sollevamento dell'osso ioide e degli organi congiunti con questo, o all'abbassamento della mandibola. Il muscolo miloioideo ha anche l'ufficio di sospingere la lingua verso il palato.
d) Muscoli a forma di nastro si trovano nella regione sottoioidea a ciascun lato della linea di mezzo, sovrapposti in due piani. Nel piano saperficiale è il muscolo sternoioideo, che dallo sterno e dalla clavicola si porta all'osso ioide; lateralmente a questo è il muscolo omoioideo, che dal margine superiore della clavicola, con decorso arcuato, traversando la regione sopraclavicolare e passando al didietro del muscolo sternocleidomastoideo, raggiunge l'osso ioide. Nel piano profondo il muscolo sternoioideo muovendo dallo sterno sale fino alla cartilagine tiroidea della laringe. Il muscolo tiroioideo, che fa seguito al precedente, si porta dalla detta cartilagine all'osso ioide. Nell'insieme questi muscoli servono ad abbassare l'osso ioide e la laringe.
e) Lateralmente, nella regione sopraclavicolare, merita ricordo un gruppo di muscoli imperfettamente individualizzati, rappresentato dagli scaleni: scende dalla colonna cervicale e termina sulla 1ª e sulla 2ª costa. Serve, quando prenda punto fisso sulle coste, ai movimenti di lateralità del collo, mentre, se prende punto fisso sulla colonna vertebrale, solleva le coste alle quali s'attacca, e concorre efficacemente all'ampliamento del torace nell'inspirazione.
f) Infine si trova a ridosso della colonna vertebrale un sistema di muscoli, muscoli prevertebrali, che uniscono il cranio alla colonna cervicale e le varie parti di questa fra loro. Determinano, contraendosi, movimenti di flessione e di lateralità della testa sulla colonna, e movimenti di flessione, di lateralità, di rotazione della colonna cervicale. Un tessuto lasso separa la muscolatura e la fascia prevertebrale che la ricopre dagli organi antistanti, rendendo possibili gli spostamenti di questi rispetto alla colonna. Il detto tessuto si prolunga direttamente dal collo nel torace (nel mediastino posteriore), il che rappresenta una condizione favorevole alla migrazione dal collo nel torace di prodotti patologici.
Laringe e trachea. - Nella regione sottoioidea, sulla linea di mezzo si trova nel collo la parte iniziale dell'apparecchio respiratorio, rappresentato dalla laringe (v.) e dalla prima porzione della trachea (v.).
Faringe ed esofago. - Il collo è percorso dai primi segmenti del canale alimentare, la faringe (v.) e l'esofago (v.), che sono congiunti alla regione prevertebrale da connettivo lasso.
Ghiandole tiroidea e paratiroidee. Timo. - Nella regione sottoioidea del collo è contenuta la ghiandola tiroidea (v.) a secrezione interna. Risulta di due parti principali, voluminose, lobi laterali, congiunti tra loro in basso dall'istmo, un ponte di sostanza ghiandolare basso e sottile. L'istmo è applicato sui primi anelli della trachea ed è congiunto con essa, e i lobi laterali risalgono sulle pareti laterali della laringe. Le ghiandole paratiroidee, anche queste a secrezione interna, sono piccoli corpicciattoli applicati alla faccia posteriore dei lobi laterali della ghiandola tiroidea, due per parte, uno superiore e uno inferiore.
Il timo (v.), ghiandola a secrezione interna, che nella sua parte principale è contenuta nel torace, al dinnanzi del pericardio, risale di regola, spingendosi più o meno in alto, anche nel collo.
Vasi sanguigni e linfatici. - Al collo arrivano da ciascun lato due grossi tronchi arteriosi, l'arteria carotide comune e l'arteria succlavia. Le principali vene del collo sono da ciascun lato la giugulare interna, la giugulare esterna e la giugulare anteriore. Nel collo, oltre ai vasi linfatici degli organi che sono contenuti nel collo, si trovano quelli che v'arrivano dalla testa e dalle estremità superiori e alcuni dal torace. Incontrano sulla loro via linfoghiandole, che specialmente sono situate al disotto del muscolo sternocleidomastoideo (soprattutto sul decorso della vena giugulare interna) e nella regione sopraclavicolare. Il più grosso tronco linfatico del corpo, condotto toracico, termina nella regione sopraclavicolare di sinistra, aprendosi nella vena succlavia. Tre tronchi collettori bilaterali di vasi linfatici, che provengono rispettivamente dalla testa e dal collo, dall'arto superiore e dal torace, s'aprono separatamente nell'angolo fra le vene giugulari interna e succlavia; peraltro, a sinistra, quello che viene dalla testa e dal collo s'apre nel condotto toracico, quando questo sta per terminare.
Nervi. - La pelle del collo riceve la sensibilità dai rami superficiali del plesso cervicale. Questo plesso emette inoltre nel collo varie diramazioni muscolari, tra le quali ci limitiamo a ricordare il nervo frenico, che scorre al dinnanzi dello scaleno anteriore, poi penetra nel torace fino a raggiungere il muscolo diaframma, al quale si distribuisce. I nervi del plesso brachiale, emergendo lateralmente dalla colonna vertebrale, attraversano la massa degli scaleni, insieme con l'arteria succlavia, e con questa, passando al disotto della clavicola, raggiungono la cavità dell'ascella. Il plesso emette nel collo qualche diramazione muscolare. Dei nervi encefalici va ricordato anzitutto il nervo vago, che discende nel collo insieme con l'arteria carotide e con la vena giugulare interna, formando con questi organi il cosiddetto fascio vascolare del collo, del quale il muscolo sternocleidomastoideo è satellite. Uno dei rami che il nervo vago lascia nel collo è il nervo laringeo superiore per la laringe, la quale dal vago riceve anche il nervo laringeo inferiore, un altro ramo che si stacca dal tronco del nervo dopo che questo è arrivato nel torace, e con decorso ricorrente risale lungo il collo. Altri importanti rami cervicali del nervo vago sono destinati al cuore. Il nervo ipoglosso percorre la regione sopraioidea per portarsi alla lingua, della quale innerva la muscolatura. Del nervo accessorio, il ramo interno (accessorio spinale) si trova nella parte alta del collo e innerva i muscoli sternocleidomastoideo e trapezio. Nel collo è contenuto íl prímo tratto del tronco del simpatico. Decorre profondamente al dinnanzi della regione prevertebrale. Possiede un grosso ganglio all'orígine, ganglio cervicale superiore, in basso un altro ganglio piccolo e incostante, ganglio cervicale medio, e finalmente, quando sta per penetrare nel torace, il ganglio cervicale inferiore. I rami comunicanti del simpatico cervicale coi nervi spinali appartengono tutti alla categoria dei rami comunicanti grigi, cioè sono rami efferenti dei ganglî simpatici, costituiti da fibre amieliniche. Dal midollo spinale cervicale non nascono fibre mieliniche pregangliari, quelle che nelle altre ragioni del tronco formano i rami comunicanti bianchi e terminano nei ganglî simpatici. Tra i rami periferici che nascono dal simpatico cervicale (dai suoi ganglî), sono da ricordare particolarmente i rami destinati alla faringe, alla laringe e al cuore. Altri rami formano plessi intorno alle arterie, e, seguendo le diramazioni di queste, terminano negli organi ai quali le arterie si distribuiscono. Tra questi rami vascolari si nota specialmente il nervo vertebrale, che accompagna l'arteria dello stesso nome, con la quale arriva nell'interno del cranio. Gi. Ch.
Morfologia e fisiopatologia. - L'assottigliamento del corpo degli animali superiori, uomo compreso, che avviene fra la testa e il tronco e che costituisce il collo, s'effettua per conferire mobilità alla testa rispetto al tronco; così nella colonna cervicale possono prodursi movimenti d'estensione, d'inclinazione, di rotazione, e soprattutto più ampî e più facili di flessione. Mentre nel tronco, avanti alla colonna vertebrale, sono raccolti nelle cavità splancniche i principali visceri della vita vegetativa, nel collo, al davanti delle vertebre cervicali, non sono collocati altri visceri (eccezion fatta delle ghiandole salivari, della tiroide con le piccole paratiroidi, d'una parte del timo e di linfoghiandole) all'infuori di quelli destinati a collegare apparati cefalici, compresi i vasi e i nervi, con apparati situati nel tronco. Manca quindi nel collo, segmento somatico di passaggio, al contrario della testa e del torace, una cavità contenente visceri proprî. Il resto è costituito da muscoli che nel complesso agiscono soprattutto flettendo e inclinando lateralmente la testa e il collo. Posteriormente alla colonna vertebrale stanno muscoli che agiscono soprattutto come estensori, pur facendo anche inclinare e ruotare la testa, in modo che quella regione è assai più omologa all'architettura del dorso, e funzionalmente partecipa ai varî suoi movimenti, tanto più che i suoi muscoli principali occupano qui contemporaneamente dorso e collo e arrivano a inserirsi sulla testa (all'occipite). Nel collo essi costituiscono nella totalità, con i vasi e i nervi relativi, la regione della nuca o cervice; anzi alcuni non intendono per "collo" che le sue parti antero-laterali e considerano a sé la nuca. Viceversa s'usa estendere l'aggettivo "cervicale" a tutti i costituenti del collo. Come i muscoli nucali prendono ripetuti attacchi allo scheletro, così i gruppi dei muscoli antero-laterali, eccetto alcuni che percorrono d'un tratto tutto il collo, presentano attacchi intermedî allo ioide o alla laringe, per esercitare un giuoco di movimento più particolareggiato.
Solamente verso la fine dell'epoca embrionale nel feto umano si trova delineato un collo con la forma generica che siamo consueti assegnargli. Poiché le parti in esso contenute vanno via via organizzandosi attorno e principalmente al davanti delle vertebre cervicali, le quali a loro volta vanno acquistando le dimensioni, i rapporti di grandezza con le altre vertebre, la curva definitiva, così anche le dimensioni del collo, a crescenza ultimata, dipendono molto da quelle di questo tratto della colonna vertebrale. Orbene, mentre noi vediamo una grande varietà di forme del collo, ora stretto e lungo, ora largo e breve, se si misura la colonna vertebrale cervicale, si trova che le sue oscillazioni di lunghezza non sono eccessive. L'aspetto quindi che fa chiamare il collo lungo o corto è soprattutto relativo allo sviluppo delle sue parti molli; quando esse sono molto abbondanti, come in soggetti molto muscolosi, o molto adiposi, dànno l'apparenza d'un collo corto e tozzo; e viceversa. Contribuisce all'apparente forma del collo la linea delle spalle più o meno cadente: le spalle alte e orizzontali raccorciano il collo, quelle cadenti lo allungano. In generale sulla forma del collo influisce la costituzione, non solo, ma anche lo stato di vigoria o di debolezza dell'individuo. Vero è però che, per quanto più rare, esistono effettivamente anomalie della colonna vertebrale cervicale, per le quali essa è allungata (vertebre soprannumerarie), o accorciata (mancanza di vertebre), fino ad arrivare allora a individui detti "senza collo", per assenza d' un certo numero di vertebre, costituente la sindrome di Klippel e Feil.
A far variare la forma del collo naturalmente intervengono anche gli altri organi contenutivi, oltre che le vertebre e i muscoli. Ma poiché il significato di tali organi è di servire di passaggio (parte della faringe ed esofago per l'apparato alimentare; laringe e parte della trachea per il respiratorio), così essi generalmente non hanno negli individui influenza considerevole nel mutare la forma del collo. Restano come organi proprî del collo le sopraddette ghiandole endocrine. Ma le paratiroidi sono troppo piccole; il timo è, nel periodo del suo maggiore sviluppo, soprattutto retrosternale; non resta che la tiroide. E infatti da essa possono dipendere variazioni importanti della forma della regione anteriore cervicale. Può esser più grossa del normale in molti, e più o meno in tutti gl'individui di determinate regioni montagnose, dove scarseggia lo iodio nell'ambiente; da un grado minore di tumefazione (gola piena) si passa al gozzo (v.), che può essere enorme, divenendo pendulo, e costituisce un vero e proprio morbo con concomitanti alterazioni somatiche.
Altri organi che possono, in condizioni morbose, modificare la forma del collo sono le numerose e importanti linfoghiandole cervicali. In piccola parte esse servono ai tessuti stessi del collo; per la maggior parte alla circolazione linfatica della testa. La superficialità della maggior parte dello scheletro cefalico lascerebbe ben poco spazio a queste linfoghiandole nella testa stessa; esse hanno trovato invece ricetto tra i muscoli più sviluppati delle regioni anterolaterali del collo.
Per le stesse ragioni, non trovando luogo nella testa le due maggiori ghiandole salivari (parotide, sottomascellare), dalla bocca, dove si formano, si spostano poi gradatamente nel collo.
Il collo è riccamente provvisto di vasi sanguigni e di nervi (v. sopra); inoltre anche vasi diretti dal tronco all'arto superiore (vasi succlavî) passano in quella parte basale sopraclavicolare del collo dove torace, spalla, collo e, in profondità, mediastino vengono tra loro a confondersi senza limiti. Ivi ha sede la parte anteriore della cintura scapolare, che unisce al resto del corpo l'arto superiore. E sotto queste formazioni fa sporgenza nella base del collo anche la cupola pleurica con l'apice del polmone, il che conferisce una particolare importanza alla corrispondente zona cervicale per l'esame di questa zona del polmone.
Patologia. - Per la mobilità normale del segmento rachideo cervicale e per l'integrità funzionale dei muscoli, dei nervi e degli altri tessuti molli, il capo può mantenersi eretto, può flettersi ed estendersi, può inclinarsi di lato e può rotare verso destra e verso sinistra: l'alterazione delle parti menzionate, verificatasi prima o dopo la nascita, provoca atteggiamenti viziati conosciuti con il temine generico di torcicolli, La presenza nel collo di grossi vasi sanguigni e linfatici e di tronchi nervosi importanti, rende spesso gravissime le lesioni traumatiche, anche perché le ferite possono comunicare con gli organi respiratorî (laringe-trachea) o digerenti (esofago). Gli stessi processi infiammatorî, specialmente acuti, possono ripercuotersi su questi organi e diffondersi lungo essi fino al torace. I tumori, per il loro volume, provocano condizioni pericolose, perché sospingono e restringono la laringe e la trachea, e perché possono ridurre la pervietà esofagea. Nel collo v'è poi da studiare una serie d'affezioni, dipendenti da anomalie congenite.
Torcicolli. - Possono essere congeniti, dovuti a un'alterazione di un muscolo sternocleidomastoideo che si presenta rigido, indurito e accorciato, secondo alcuni in seguito a una lacerazione muscolare o ad un processo infettivo sofferti nella vita intrauterina, più probabilmente a un'anomalia di sviluppo, dato il frequente carattere familiare.
I torcicolli acquisiti possono essere transitorî: il reumatismo muscolare ne è la causa più frequente. Anche processi infiammatorî degli altri tessuti molli, o dello scheletro, e in genere tutti gli stati dolorosi possono provocare, finché durano, torcicolli antalgici o di difesa contro il dolore. Possono invece i torcicolli divenire permanenti, quando siano l'esito di una frattura o d'una lussazione vertebrale, o d'un'infiammazione anchilosante delle vertebre (tubercolosi) e costituiscono i torcicolli d'origine osteo-articolare; oppure quando siano l'esito d'una perdita, di solito traumatica, di parti muscolari, sostituite poi da tessuto connettivo coartato e inelastico (torcicollo d'origine muscolare); oppure quando siano dovuti a estese cicatrici da ustioni, o da processi suppurativi distruttivi (torcicolli cicatriziali); e, infine, quando siano mantenuti dalla tonica e normale contrazione d'un gruppo di muscoli, essendo un altro gruppo paralizzato (torcicolli d'origine nervosa). Con questi ultimi possono. considerarsi i torcicolli spasmodici, che sopravvengono a periodi più o meno frequenti, e sono caratterizzati dalla contrazione spastica d'uno o più gruppi muscolari e provocati più da un'alterazione funzionale, spesso psicogena, che da una lesione organica (torticolis mental di Brissaud).
La natura dei torcicolli ha la massima importanza per l'indirizzo della cura. Nel torcicollo congenito si giustifica la sezione o meglio l'asportazione del muscolo accorciato. I torcicolli reumatici cedono col cessare della causa; quelli antalgici con la cessazione del dolore. Quelli d'origine osteo-articolare vertebrale per lo più sono considerati incurabili. Quelli da retrazioni cicatriziali, muscolari o cutanee, si curano con l'escissione dei tessuti fibrosi e con plastiche. I torcicolli paralitici e gli spasmodici sono meno suscettibili alle cure; per gli spasmodici furono tentate operazioni sui nervi e sui muscoli, con risultati poco confortanti.
Lesioni traumatiche. - Sono spesso pericolose e anche rapidamente mortali. Fra le lesioni sottocutanee dovute, p. es., a contusione, compressione, strangolamento, sono da ricordarsi le fratture dell'osso ioide e delle cartilagini laringee e tracheali, con frequente asfissia. Fra le lesioni aperte, e quindi tra le ferite (d'arma bianca o d'arma da fuoco), sono da ricordare quelle dei grossi vasi sanguigni, dei rami nervosi, del canale laringo-tracheale e di quello esofageo. Tra le ferite vasali più gravi sono quelle delle arterie carotidi per l'imponente emorragia; assai gravi anche quelle delle vene giugulari sia per l'emorragia, sia per l'introduzione dell'aria che, raggiungendo il cuore, può determinare la morte per embolismo gassoso. Il pericolo delle ferite vasali è aggravato da una contemporanea ferita laringo-tracheale con introduzione del sangue nall'albero bronchiale che può produrre la morte per asfissia. Alla parte inferiore del collo le ferite possono interessare i maggiori tronchi arteriosi e venosi (brachiocefalici e succlavî), provocando emorragie ed embolismi aerei. Le altre arterie cervicali, per quanto di minore calibro, possono, se ferite, provocare emorragie gravi; così le arterie vertebrali, le tiroidee, le linguali, le faringee. Per piccole ferite arteriose può il sangue raccogliersi intorno all'arteria lesa restando in comunicazione con questa. Si forma una cavità sanguigna accidentale ripiena di sangue circolante e comunicante con l'arteria e si costituisce un aneurisma falso traumatico. Talvolta per piccole ferite d'un'arteria e d'una vena, per la differenza di pressione endovasale, il sangue arterioso penetra nella vena e si costituisce poi, per la permanente comunicazione tra i due vasi, un aneurisma artero-venoso. Nella guerra mondiale si osservarono parecchi di tali aneurismi della carotide comune e della giugulare profonda.
La cura delle ferite vasali consiste nell'emostasi immediata, che quasi sempre s'ottiene con l'allacciatura dei vasi lesi. La sutura delle pareti ferite non è sempre facile ed efficace, mentre, riuscendo, assicurerebbe la normale circolazione. L'allacciatura, se vale a frenare l'emorragia, interrompe la circolazione e per le carotidi comuni e interne l'interruzione significa l'improvvisa anemia del cervello. Per ovviare ai pericoli di questa, il Ceci allacciò nello stesso tempo la carotide ferita e la giugulare profonda, con l'intento di mantenere, mediante la seconda allacciatura, una maggior copia di sangue nel cervello; il tentativo fu coronato da successo e, con tale accorgimento tecnico, i pericoli dell'interruzione del circolo carotideo si sono notevolmente attenuati. Per le ferite del grosso dotto linfatico, situato alla parte inferiore del collo (dotto toracico), v. torace.
Tra i nervi più importanti, per le lesioni del collo, è il pneumogastrico. Le sue ferite producono paralisi della corda vocale corrispondente e transitorî disturbi respiratorî e cardiaci. La sezione contemporanea dei due pneumogastrici è mortale, o almeno pericolosissima. Le ferite del simpatico cervicale, dell'ipoglosso, del frenico, dell'accessorio, provocano sintomi speciali, irritativi o paralitici, e questi parziali o totali, in rapporto alla loro funzione. Nella cura delle ferite dei nervi cervicali e di tutti i nervi cranici la sutura, che per i nervi degli arti è di regola seguita dal ripristino funzionale, non ha dato risultati così favorevoli.
Nelle ferite laringo-tracheali i pericoli maggiori sono rappresentati dall'asfissia; quando la ferita esterna non ha facile rapporto con quella del canale aereo si produce l'enfisema. Le ferite esofagee sono specialmente pericolose per le infezioni periesofagee e poi mediastiniche.
Processi infiammatorî. - Tra quelli acuti sono da ricordarsi il foruncolo e il favo, che prediligono la nuca; specialmente il favo può assumere gravità. I processi flemmonosi più frequenti hanno origine dalle ghiandole linfatiche (adenoflemmoni), per diffusione extraghiandolare di infiammazioni suppurative; quelli che hanno origine da lesioni esofagee e che si diffondono lungo il cellulare periesofageo fino a quello mediastinico, presentano una gravità eccezionale. Un tipo clinico di flemmone acuto, gravissimo, che ha sede nella loggia sottomascellare e che invade il collo e il pavimento orale è l'angina di Ludwig. Da ricordarsi pure un altro tipo di flemmone cervicale, quello ligneo, che ha decorso subacuto, e che si manifesta con una tumefazione durissima, di solito localizzata a un lato del collo: è probabilmente dovuto a germi attenuati e la persistente infiltrazione dei tessuti colpiti ha rapporto con l'indebolimento generale del paziente. Di solito il flemmone ligneo finisce col riassorbirsi, senza suppurare. Fra i processi infiammatorî cronici i più numerosi sono quelli di natura tubercolare, poi quelli sifilitici. Si localizzano più spesso nelle ghiandole linfatiche che tendono a rammollirsi. Fra i processi infettivi a decorso cronico va ricordata l'actinomicosi (v.), di solito d'origine orale. La cura dei processi acuti suppurativi segue la norma classica: "ubi pus, ibi evacua". Per i processi cronici dovuti alla tubercolosi si raccomanda la cura generale: iodica, arsenicale; l'elioterapia, raggi X, igiene alimentare, ecc. Per quelli dovuti a sifilide valgono le cuie specifiche idrargiriche, arsenicali, bismutiche, iodiche, ecc. Le cure iodiche hanno efficacia anche contro l'actinomicosi.
Tumori. - Hanno speciale importanza quelli congeniti e quelli che si sviluppano tardivamente da tessuti rimasti embrionali per anomalie di sviluppo. Sono da ricordarsi, tra i primi, le cisti dermoidi, i linfangiomi cistici (igromi cistici); tra i secondi, i carcinomi branchiogeni. Importanti sono i tumori benigni e maligni della ghiandola tiroide (v. gozzo), specialmente se interessano la funzione anche delle ghiandole paratiroidi (v. tetania). Un tipo speciale di tumore maligno cervicale, con sede iniziale circoscritta, si origina dalla cosiddetta ghiandola carotidea.
I tumori del collo possono, per il loro accrescimento, provocare la compressione dei grossi vasi con disturbi circolatorî cerebrali, quella di rami nervosi con sintomi d'irritazione o di paralisi, quella del canale laringo-tracheale con lesa funzione respiratoria, e infine quella dell'esofago con difficoltato passaggio del bolo alimentare.
La cura consiste nella loro rimozione: quando questa sia controindicata e vi siano minacciosi segni d'asfissia, o sia impedita la canalizzazione dell'esofago, si ricorrerà rispettivamente alla tracheotomia e all'esofagotomia.
Possono descriversi insieme coi tumori maligni taluni ingrossamenti delle ghiandole linfatiche, che spesso s'iniziano alle regioni laterali del collo e che poi si presentano in altre parti del corpo e che s'accompagnano con discrasie sanguigne e spesso con splenomegalia (leucemie, pseddoleucemie, malattia di Hodgkin). La loro precisa natura è ignota e la cura empirica che si applica (arsenico, röntgenterapia) determina spesso evidenti, ma non durevoli miglioramenti.
Anomalie congenite. - Queste possono presentare un grande interesse clinico, per cui necessita per la loro interpretazione una precisa conoscenza embriologica. La permanenza del dotto tireo-glosso può esser causa di cisti o di fistole cervicali mediane, situate fra la tiroide e la base della lingua; più di rado quella del dotto timo-faringeo può originare cisti o fistole laterali situate tra lo sterno e la faringe. Assai più frequenti sono le cisti e le fistole laterali d'origine branchiale. Così sono da considerarsi branchiogene alcune formazioni cartilaginee laterali, che per il loro limitato accrescimento vanno distinte dai veri tumori cartilaginei (encondromi). La cura di tutte le formazioni cistiche e fistolose congenite consiste nell'asportazione completa dei residui embrionali; se l'asportazione non fu completa, facilmente si hanno recidive.
Tra le malformazioni congenite del collo va annoverata la presenza unilaterale o bilaterale d'una costa, in rapporto con la settima o, più di rado, con la sesta vertebra (v. coste cervicali).
Anatomia comparata. - Il differenziamento delle vertebre cervicali nella serie delle vertebre del tronco, sta in rapporto con la connessione che un certo numero di coste (le coste toraciche) acquistano con lo sterno, e con lo sviluppo raggiunto dalle estremità anteriori, che per mezzo dello sterno si connettono con lo scheletro assile. Più è lungo l'intervallo fra la testa e la posizione dei cinti scapolari, che servono di sostegno alle estremità anteriori, più cresce in lunghezza la colonna cervicale e aumenta in conseguenza la mobilità della testa.
La lunghezza del collo dipende dal numero delle corrispondenti vertebre e anche dalla loro altezza; le variazioni nell'altezza possono da sole essere sufficienti a determinare differenze notevoli nello sviluppo della regione.
Nei Pesci non esistono nella colonna vertebrale che una regione del tronco e una regione caudale, e lo stesso si può ripetere per gli Anfibî. Una regione cervicale si trova negli Amnioti. Elevatissimo era il numero delle vertebre cervicali in alcuni Rettili fossili: un Elasmosauro ne possedeva 76. Nei Rettili viventi s'aggira fra 8 e 9. Negli Uccelli varia da 11 a 25; le cifre più elevate si trovano fra i Palmipedi. Vi sono Uccelli a collo corto, e altri a collo lunghissimo e dotato di grande mobilità, come per esempio gli Struzzi. Nei Mammiferi (nei quali pure s'incontrano differenze notevoli nella lunghezza del collo, cortissimo in alcuni, in qualche altro lungo o lunghissimo) è caratteristica una grande costanza nel numero delle vertebre cervicali, quasi sempre 7, in poche specie 6 o 8 o 9. Tra i Mammiferi, nei Cetacei, la regione cervicale ha subito una fortissima riduzione, tanto da poter dire che essi mancano di collo: in essi le vertebre cervicali (6 o 7) sono ridotte a dischi sottili, quasi immobilizzate o anche tra loro fuse parzialmente o in totalità, perciò la testa forma col tronco un sistema rigido. Ciò è stato messo in rapporto con la necessità che la testa, molto pesante, che nella locomozione deve fendere l'acqua, trovi nella colonna vertebrale un solido appoggio. Si ripete così nei Cetacei una condizione che è frequente nei Ganoidi ossei e nei Teleostei, nei quali pure alcune delle prime vertebre possono concrescere fra loro e con la testa.
Embriologia. - Nei Vertebrati che sono provvisti di collo, questo non è riconoscibile nelle prime fasi embrionali, ma si differenzia a sviluppo più avanzato. In un embrione di mammifero, p. es. in un embrione umano, il limite fra la testa e il tronco dal lato dorsale è indicato da una pronunziata convessità, curvatura nucale, che ha il suo culmine in un tubercolo, il tubercolo nucale. Dal lato ventrale, fra la regione branchiale, che è nella parte ventrale della testa, e il rilievo dovuto alla presenza del cuore nella cavità pericardica primitiva, c'è un solco profondo. La regione branchiale appoggia sull'eminenza cardiaca e il collo non esiste ancora.
La regione branchiale della testa è caratterizzata dalla presenza di solchi superficiali a decorso dorso-ventrale, che sono nell'intervallo fra rilievi che si dicono archi branchiali; questi ultimi nell'uomo sono in numero di 5; il primo, arco mandibolare, limita dal disotto l'orifizio boccale primitivo, il secondo è l'arco ioideo. Ai solchi che stanno negl'intervalli fra gli archi branchiali corrispondono evaginazioni laterali della primitiva faringe. Questi rapporti in bassi Vertebrati conducono alla formazione di fessure, le fessure branchiali, che mettono in comunicazione con l'esterno la faringe. In corrispondenza delle fessure branchiali, o di alcune di esse, nei Vertebrati acquatici si sviluppano le branchie, per la respirazione.
In seguito la testa (arco mandibolare compreso), che era fortemente flessa, si raddrizza, discostandosi dall'eminenza cardiaca; nell'intervallo si sviluppa una regione nuova, a formare la quale concorrono gli archi ioideo e successivi, con gli organi che si sono in essi costituiti. Questa regione diventa la parte ventrale del collo. Contemporaneamente la superficie che rimane caudalmente rispetto al tubercolo nucale, per la sporgenza che la testa acquista, rimane, dal lato dorsale, relativamente alquanto depressa, e diventa la regione della nuca; così s'è formato il collo.