COLLOIDOCLASIA o emoclasia (dal gr. κολλώδης "glutinoso, colloide" o αἷμα "sangue" e κλάσις "rottura")
S'intende sotto questa denominazione, o con quella di crisi colloidoclasica, emoclasica, più che un fatto accertato, una concezione dottrinaria tendente a spiegare, in via puramente fisica o fisico-chimica, la complessa sintomatologia che il fisiologo e il patologo prima hanno studiato e riprodotto in vario modo nell'animale e che il clinico, in seguito, ha imparato a riconoscere, per lo più sotto forma parziale o del tutto larvata, al letto del malato. Tale sintomatologia è tipica e completa negli animali e soprattutto nella cavia in seguito alla reiniezione d'una sostanza antigene (choc anafilattico); però nell'animale e nell'uomo alcuni elementi di detta sintomatologia si possono avere sia artificialmente, alla prima iniezione parenterale di proteine eterologhe (malattia da siero), di peptone (choc peptonico), o di sostanze cristalloidi (per esempio, crisi nitrotoide), sia spontaneamente nello choc traumatico, nelle occlusioni intestinali, nello choc da ustioni e nelle intossicazioni d'origine alimentare. In queste diverse condizioni sperimentali e cliniche, insieme con tutta una coorte di sintomi, che possono peraltro essere solo parzialmente presenti o del tutto mancare, e rappresentati essenzialmente da risoluzione muscolare generale, stato ansioso, dispnea intensa, tachicardia, ipotensione, ipotermia, si verificano anche, in forma più o meno accentuata, modificazioni a carico della crasi sanguigna dimostrate principalmente da ipo- o incoagulabilità sanguigna, susseguite spesso da rapida ipercoagulabilità, piastrinopenia, leucopenia con inversione della formula leucocitaria, seguita da leucocitosi, eosinofilia, diminuzione o scomparsa del complemento litico e delle opsonine del siero, arterializzazione del sangue venoso, abbassamento dell'indice refrattometrico del siero. Tutti questi fenomeni a carico del sangue e indirettamente la concomitante sintomatologia clinica e anatomopatologica, vorrebbero da molti autori moderni essere interpretati come la conseguenza d'un improvviso temporaneo turbamento d'equilibrio intervenuto a carico dei colloidi del plasma sanguigno, con riduzione della loro stabilità e quindi con tendenza a diminuire di dispersione e a flocculare spontaneamente nei vasi. Tale interpretazione fisica della sindrome anafilattica troverebbe la sua base, oltre che in una serie di prove in vitro, nella rapidità, talora fulminea, con la quale compaiono le manifestazioni della crisi, e nella possibilità d'evitarne la comparsa con i sistemi proposti di desensibilizzazione, interpretata come mezzo di stabilizzazione colloidale. Questa dottrina, basata su qualche dato di fatto, è ancora lontana dall'avere basi d'osservazione diretta, per cui resta nel campo delle ipotesi.
Prova dell'emoclasia digestiva. - Il clinico francese Widal ha cercato d'utilizzare la crisi emoclasica a scopo pratico, specialmente per la diagnosi delle lesioni del fegato. Egli è partito dal concetto che durante la digestione normale prodotti di disintegrazione incompleta della molecola proteica passino nel sangue della vena porta e che il fegato li arresti (funzione proteopessica del fegato), li fissi e ne impedisca la penetrazione nel circolo generale, il che provocherebbe i sintomi tossici della crisi emo clasica. Se il fegato è alterato e la sua barriera è insufficiente, avviene la penetrazione e si svolge la sindrome tossica nelle due o tre ore che seguono al pasto. La sindrome può essere inavvertita, lievissima, o completa. Le turbe vasomotorie congestizie al viso dopo i pasti, la sonnolenza, le lievi alterazioni termiche, sono frequenti e costituirebbero la forma lieve. Per la sintomatologia del vero choc emoclasico, v. sopra. Per meglio stabilire questo stato di cose e mettere in rilievo una lesione generica della barriera epatica, Widal procede alla prova dell'emoclasia digestiva. Il malato, digiuno fin dalla sera precedente, digerisce al mattino 200 grammi di latte di vacca. Prima e dopo, di venti in venti minuti, si contano i globuli bianchi del sangue ottenuto con una puntura dal dito. Se invece dell'aumento fisiologico dei globuli bianchi (leucocitosi digestiva) si ha diminuzione, la leucoreazione del Widal è positiva e ha significato di lesione generica epatica. In caso contrario (numero dei globuli bianchi inalterato o aumentato) la reazione è negativa. Con la leucopenia si verificano, più o meno incompleti, gli altri segni della crisi emoclasica, ma spesso tutto si riduce alla leucopenia. Quando v'è un cambiamento della coagulabilità del sangue, questo si verifica con l'aumento, e non con la diminuzione, come nell'anafilassi. Anche le variazioni della formula leucocitaria sono l'inverso di quelle osservate nello choc colloidoclasico.
Questa reazione ha provocato una quantità di ricerche di controllo e di obiezioni nonché di discussioni sulla sua natura ed essenza e sul suo valore clinico. Certamente è una prova biologica che ha varie eccezioni; è presente nell'85% dei casi di lesioni epatiche, è assente sempre nelle cisti di echinococco, nelle cirrosi, negli ascessi epatici d'origine amebica. Si sono avute delle percentuali del 45% di leucoreazione positiva in malati nei quali non esisteva lesione epatica supponibile (W. Fromm). La reazione è presente normalmente nei lattanti (Caronia e D'Auricchio). La questione è tuttora sub iudice e meno studiata in questi ultimi anni.
Bibl.: F. Widal, P. Abrami, ecc., L'épreuve de l'hemoclasie digestive dans l'étude de l'insuffisance épatique, in Presse médicale, 1920, p. 893; P. Rondoni, Sulla emoclasia digestiva secondo Widal, in Rassegna int. di clin. e terap., IV (1923), 9; M. Garnier, Séméiologie fonctionelle du foie, in G. H. Roger, F. Widal, P. J. Teissier, Nouveau traité de médecine, XVI, Parigi 1928.