Colombia
Stato dell’America Meridionale. In età precolombiana la C., a esclusione dei bassopiani orientale e atlantico, era abitata da gruppi della famiglia linguistica , in possesso di culture di livello piuttosto alto. La costa settentrionale della C. fu scoperta prima dalla spedizione di A. Vespucci e A. de Hojeda (1499), poi da R. de Bastidas (1502). Hojeda nel 1508 e D. de Nicuesa nel 1509 tentarono invano di colonizzare la costa; ma solo nel 1536-38 G. Jiménez de Quesada giunse all’altopiano di Cundinamarca, dove (1538) fondò Santa Fe de Bogotá, sconfiggendo i chibcha e fondando la provincia di Nueva Granada. Le esplorazioni e fondazioni continuarono nei tempi coloniali, mentre la regione costituiva una audiencia dipendente dal vicereame del Perù, fino alla costituzione (1739) del vicereame di Nueva Granada, con giurisdizione all’incirca sulle attuali Colombia, Panamá, Venezuela, Ecuador. La lotta contro la dominazione spagnola sfociò nella proclamazione dell’indipendenza di tale territorio (1819) con il nome di República de la Gran C., la cui Costituzione fu promulgata nel 1821 e della quale fu eletto presidente S. Bolívar. I contrasti insorti tra le diverse regioni che facevano parte della Gran C. portarono però ben presto al suo frazionamento: morto Bolívar (1830), nel 1831 fu sancita la separazione fra il Venezuela, l’Ecuador e la C. (comprendente allora anche Panamá), che assunse il nome di República de la Nueva Granada. Anche il nuovo Stato colombiano continuò a essere caratterizzato dai conflitti interni: contrasti fra liberali e conservatori, che degeneravano spesso in vere e proprie guerre civili. L’egemonia dei liberali tra il 1850 e il 1880 fu accompagnata da una serie di riforme (come l’abolizione della schiavitù nel 1850) da una riduzione dei privilegi della Chiesa cattolica e da una netta prevalenza delle tendenze federaliste. Il ritorno al potere dei conservatori nel 1880 fu seguito da una decisa svolta in senso centralizzatore; le violenze e i conflitti fra conservatori e liberali proseguirono anche negli anni successivi, culminando nella grande guerra civile del 1899-1902, la più cruenta dall’indipendenza del Paese.
Nel 1903 la secessione dalla C. della provincia di Panamá, appoggiata dagli USA, provocò un grave deterioramento dei rapporti fra Washington e Bogotá. L’egemonia conservatrice si protrasse fino al 1930, mentre il Paese era interessato da fenomeni di modernizzazione, di prima industrializzazione e di relativo sviluppo economico. I liberali, di nuovo al potere dal 1930, avviarono una politica di riforme, ma le resistenze dell’ala destra del partito provocarono contrasti e divisioni al loro interno, fino alla sconfitta elettorale del 1946, che consentì l’ascesa alla presidenza della Repubblica del conservatore M. Ospina Pérez. La crescita delle tensioni sociali favorì una ripresa del conflitto tra i due partiti, aggravatosi anche per la politica repressiva condotta da Ospina Pérez. Dal 1948 si aprì una nuova fase di acuta violenza politica (oltre 200.0000 morti) durata circa un decennio. Nel conflitto fra liberali e conservatori si innestavano fattori diversi, come la protesta contro l’oligarchia dominante e un’insurrezione contadina nelle campagne, cui i latifondisti risposero con l’impiego di milizie private, accrescendone la dimensione di massa e l’impatto sociale. Infine, liberali e conservatori giunsero a un accordo, in vigore dal 1958 al 1974, che sancì la loro alternanza al potere. Questa normalizzazione dei rapporti, tuttavia, non fu in grado di allargare in modo significativo le basi sociali del sistema politico colombiano. Di qui lo sviluppo, negli anni Sessanta, di movimenti di guerriglia come le FARC (Fuerzas armadas revolucionarias de Colombia), vicine al Partito comunista, ai quali si aggiunse, negli anni Settanta, l’M-19 (Movimiento 19 de Abril). La crisi economica degli anni Ottanta favorì un aumento della violenza sociale e politica, anche in relazione al forte sviluppo dell’industria illegale della cocaina; numerose vittime furono provocate, soprattutto dopo il 1985, dal conflitto tra le forze di sicurezza e le organizzazioni dei narcotrafficanti, che hanno condizionato lo stesso funzionamento delle istituzioni. Nel 1989 il presidente liberale V. Barco Vargas riuscì a ristabilire il dialogo con le principali organizzazioni guerrigliere e nel 1990 l’M-19 pose termine alla lotta armata; tuttavia, nel biennio 1992-93 si assistette a una ripresa dell’attività terroristica. Malgrado i segnali di disponibilità alle FARC, da parte del presidente conservatore A. Pastrana Arango, continuarono le violente dimostrazioni di forza militare, con attentati, massacri e rapimenti. Il presidente della Repubblica Á. Uribe Vélez, candidato indipendente eletto (2002) con un programma di lotta senza quartiere a tutte le forze che destabilizzavano la nazione, adottò dopo due anni di scontri una linea più moderata, giungendo a un accordo fra il governo e i paramilitari di destra, ai quali fu promessa l’impunità se avessero deposto le armi. Uribe si impose anche nelle elezioni del 2006, ma ormai intere zone del Paese sfuggivano al controllo del governo centrale, in un quadro complesso di corruzione e violenze diffuse contro la popolazione, legami tra esponenti politici, forze dell’ordine e gruppi paramilitari, radicamento di una guerriglia che si finanziava con il narcotraffico.