Colombia
Il 1905, anno in cui l'operatore francese Félix Mesguish fu incaricato dal presidente della Repubblica R. Reyes di riprendere alcune cerimonie pubbliche, segna in C. la nascita ufficiale del cinema. Nel 1912 si aprirono le prime sale, e dal 1915 la produzione cominciò a svilupparsi, grazie a due cineasti di origine italiana, i fratelli Vincenzo e Francesco Di Doménico, importatori di film dall'estero, ma anche fondatori della prima casa di produzione, la SICLA (Sociedad Industrial Cinematográfica Latinoamericana). Durante gli anni Venti vi fu un aumento della quantità e qualità dei titoli realizzati: vale la pena ricordare María (1922) degli spagnoli Alfredo del Diestro e Máximo Calvo Olmedo, Aura o las violetas (1924) di Pedro Moreno Garzón e Vincenzo Di Doménico, La tragedia del silencio (1924) e Bajo el cielo antioqueño (1925) di Arturo Acevedo Vallarino. Quest'ultimo, documentarista di talento, con i suoi cinegiornali registrò dal 1924 al 1948 i maggiori avvenimenti storici del Paese. L'avvento del sonoro mise in crisi il cinema colombiano: per tutti gli anni Trenta si girarono esclusivamente documentari. Il grande progresso economico e civile di quel decennio (industrializzazione, riforme politiche e sociali) permise tuttavia, a partire dal 1941, la ripresa della realizzazione di lungometraggi a soggetto (in media tre all'anno), caratterizzati comunque da una sostanziale mediocrità (erano in genere commedie musicali d'ispirazione messicana). Tale sviluppo fu interrotto dall'assassinio del leader liberale J.E. Gaitán (1948), che segnò l'inizio di una decennale guerra civile tra liberali e conservatori costata oltre 300.000 morti, e comportò anche il tracollo della produzione cinematografica: nel periodo 1948-1960 furono girati solo quattro lungometraggi, tra i quali El milagro de la sal (1958) del messicano Luis Moya Sarmiento, sulla vita dei minatori, e Esta fue mi vereda (1959) di Gonzalo Canal Ramírez, sullo sciopero seguito all'assassinio di Gaitán. Il ritorno a una relativa pace civile permise al cinema di riprendere a produrre con costanza (tre film all'anno dal 1961 al 1979). A dare impulso alla rinascita fu anche l'impegno politico di molti cineasti, che nel mezzo cinematografico videro uno strumento per la diffusione delle idee di libertà e di democrazia. Tra essi spiccano lo spagnolo José María Arzuaga (Raíces de piedra, 1961, ma proiettato solo nel 1964; Pasado el meridiano, 1967), Diego León Giraldo (Camilo Torres, 1968), Carlos Álvarez (Asalto, 1968; ¿Qué es la democracia?, 1971). Fu però soprattutto negli anni Settanta che il cinema si permeò di un radicalismo politico che ne influenzò notevolmente il linguaggio, dando a molte opere un'impronta particolare che le colloca a metà strada tra il film etnografico e quello militante; ad Álvarez, Arzuaga e Giraldo si affiancarono Ciro Durán, Marta Rodríguez, Jorge Silva, Jorge Alí Triana. Quel decennio vide anche i primi interventi statali nel settore. Una legge del 1971 obbligò gli esercenti ad accompagnare con un cortometraggio colombiano le proiezioni di film stranieri, e questo comportò un forte incremento dell'attività documentaristica. Nel 1978 fu poi creato il Focine (Compañía de Fomento Cinematográfico), organismo pubblico con il compito di controllare il livello degli incassi nelle sale (in precedenza falsificato dagli esercenti), di favorire la realizzazione e distribuzione di film, di appoggiare e organizzare festival e retrospettive: ne derivò un notevole aumento della produzione di lungometraggi a soggetto (otto all'anno nel periodo 1980-1988). La seconda metà degli anni Ottanta fu segnata non solo da acute tensioni politiche (con il rafforzamento dei movimenti di guerriglia, attivi sin dagli anni Sessanta), ma anche dalla nascita del cartello della droga, la cui violenza raggiunse il culmine nel 1989, quando il candidato liberale alla presidenza L.C. Galán venne ucciso perché aveva dichiarato guerra ai signori degli stupefacenti. In quel clima di terrore l'industria subì un vero e proprio tracollo, che coinvolse anche il cinema. Nel 1989 il Focine dovette cessare quasi tutte le sue attività, e nel 1992 fu sciolto. Tra il 1989 e il 1995 furono girati, tra grandi difficoltà, solo due film all'anno. Vanno segnalati in particolare: Rodrigo D. ‒ No futuro (1989) di Víctor Manuel Gaviria, docu-fiction su un gruppo di ragazzi inconsapevoli vittime del cartello, costretti a vendere droga per sfamare sé stessi e le proprie famiglie (ben sei dei nove ragazzi utilizzati come attori, tutti presi dalla strada, furono successivamente uccisi; il regista ha nuovamente affrontato il tema dei ragazzi spacciatori nel duro e poetico La vendedora de rosas, 1997); e le commedie grottesche (di coproduzione italiana) La estrategia del caracol (1993; La strategia della lumaca) e Águilas no cazan moscas (1994; Le aquile non cacciano mosche), entrambi di Sergio Cabrera, che nel 1996 ha girato Ilona llega con la lluvia (Ilona arriva con la pioggia) dal romanzo di A. Mutis.La situazione ha cominciato a migliorare dal 1996, quando il governo ha cercato di favorire la produzione cinematografica, che è risalita a quattro film all'anno. A questo impulso i cineasti hanno risposto tornando a realizzare opere che in alcuni casi sono riuscite a imporsi persino all'estero. Nonostante i pericoli rappresentati dal cartello della droga, che il governo non è mai riuscito pienamente a piegare, si arrischiano ormai a girare in C. anche cineasti stranieri. Ne è prova La virgen de los sicarios (2000; La vergine dei sicari) di Barbet Schroeder, coproduzione franco-colombiana ispirata al romanzo di F. Vallejo, sulla drammatica esistenza dei giovani consumata tra prostituzione, violenza e droga. Troppo poco per parlare di rinascita del cinema colombiano, ma le premesse per un superamento della crisi sembrano essere state poste.
H. Martínez Pardo, Historia del cine colombiano, Bogotá 1978.
U. Valverde, Reportaje crítico al cine colombiano, Bogotá 1978.
H. Salcedo Silva, Crónicas del cine colombiano (1897-1950), Bogotá 1981.
C. Álvarez, Sobre el cine colombiano y latinoamericano, Bogotá 1989.