COLOMBIA
(X, p. 784; App. I, p. 442; II, I, p. 645; III, I, p. 405; IV, I, p. 485)
Popolazione. - Oltre un terzo della popolazione complessiva (30,7 milioni di abitanti nel 1988) vive nelle 4 maggiori città, fenomeno comune ai paesi sudamericani, dove la capitale ha di solito un peso demografico sproporzionato rispetto al resto dello stato, e le periferie urbane, povere, malsane e fortemente degradate, occupano estesi quartieri (tugurios) e accolgono centinaia di migliaia di persone. Il tridente andino corrisponde al 40% del territorio colombiano, ma accoglie l'80% della popolazione complessiva.
La C. conserva un coefficiente di accrescimento demografico tra i più alti della Terra (2,1%), che spiega la povertà della popolazione, nonostante le non poche risorse. La sua struttura etnica è composta per un quinto da bianchi, per quasi 3/4 da sanguemisti, oltre che da minoranze negre (6%) e amerindie (2%). I mescolamenti razziali sono elevatissimi, dato che la C. rientra nell'America andina e istmica, dal Perù al Messico, dove meticci e mulatti rappresentano la stragrande maggioranza della popolazione e dove si trovano imponenti monumenti delle civiltà precolombiane (culture chibcha-muisca).
Un confronto nella ripartizione della popolazione per aree amministrative mette in luce i forti aumenti sia nelle alte valli e conche, cioè nelle zone temperate ben coltivate e produttive (caffè), sia in quelle costiere più salubri e attive. Tra le prime si distinguono l'area metropolitana della capitale, che si allunga in un ampio bacino intermontano e supera ampiamente il distretto speciale, per espandersi nel dipartimento di Cundinamarca (per complessivi 4,2 milioni di ab. nel 1985); quella di Medellín (Antioquia) con oltre due milioni di abitanti; l'alta Valle del Cauca con Cali (1,4 milioni di ab.); Palmira, Manizales e altre città, gli altipiani di Santander con Bucaramanga e Cúcuta (circa 1 milione di ab.); la Sierra Madre di Santa Marta. Tra le seconde, i porti di Barranquilla (un milione di ab.) e di Cartagena sull'Atlantico e di Buenaventura sul Pacifico. Le depressioni e le vaste aree periferiche dell'Amazzonia e dell'Orinoco continuano a rimanere disabitate, salvo isolati insediamenti sul Rio delle Amazzoni (Leticia) o dell'Orinoco (Puerto Carreño) e sui loro affluenti.
Condizioni economiche. - La C. basa la sua economia sullo sfruttamento delle risorse del sottosuolo e del suolo, ma dispone anche di industrie di trasformazione, orientate prevalentemente al soddisfacimento dei bisogni interni. Le produzioni agrarie, che sono la base dell'alimentazione e di norma hanno registrato incrementi proporzionali a quelli demografici, sono mais, riso (da 10 milioni di q nel 1972-73 a 18 nel 1989), batata, manioca e patate (da 10 a 27 milioni di q), legumi e zucchero (da 8 a 14 milioni di q). Tra le colture destinate al mercato estero si ricordano le banane (13 milioni di q nel 1988), il caffè (7 milioni di q) e il cacao. Il cotone, il tabacco, la canna da zucchero alimentano vari impianti di trasformazione. Le piante da olio sono diverse secondo i diversi ambienti climatici (palma da olio, palma da cocco, sesamo, soia). Oltre un quarto del prodotto interno lordo deriva dall'attività agricola e zootecnica.
Il sottosuolo fornisce metalli preziosi e smeraldi di qualità pregiata, carbone, petrolio e gas naturale, mentre l'energia elettrica è ricavata per oltre due terzi dai fiumi. La variata gamma di materie prime ha contribuito, specie a Bogotá e Medellín, allo sviluppo di diverse attività industriali, tra le quali si distinguono quelle metallurgiche (ferro, acciaio, alluminio) e meccaniche, chimiche e petrolchimiche, tessili (cotone, lana, cappelli), del cemento e del tabacco (sigari), i cui prodotti sono destinati in parte all'esportazione. All'economia colombiana dà un notevole contributo il turismo. Gravissimi problemi derivano dalla produzione e dal commercio della coca. Molto ingente il debito con l'estero, valutato in oltre 17.000 milioni di dollari nel 1988.
Comunicazioni. - La particolare struttura fisica, caratterizzata da una successione di zone depresse pressoché spopolate e di zone alte, in cui si addensa la popolazione e sorgono le maggiori città, è alla base delle difficoltà dei trasporti terrestri e spiega l'alto rapporto tra autoveicoli e abitanti, l'isolamento di larghe parti del paese e l'impiego comune dell'aereo nelle comunicazioni interne. La rete stradale ha uno sviluppo limitato ed è costituita essenzialmente da assi che si svolgono in senso nord-sud, prevalentemente sull'altopiano. Tra le arterie più importanti si ricorda la Panamericana (circa 5000 km in territorio colombiano), con un ramo per Bogotá verso il Venezuela e con l'altro per Cali verso l'Ecuador. Le ferrovie (3255 km) sono poche e collegano la capitale e Medellín con i porti marittimi di Santa Marta e Buenaventura, con quello fluviale di Puerto Berrío e con le città che incontrano su tali direttrici. Il traffico automobilistico avviene per lo più a raggio limitato, intraurbano; i flussi di lungo percorso riguardano le città allineate nei solchi vallivi e sugli altipiani e i tratti tra queste ultime e i porti.
Bibl.: G. Corna Pellegrini, L'America Latina, Torino 1987
Storia. - La recessione economica conosciuta dalla C. dopo il 1978, attenuatasi a partire dal 1986, ha condotto a un preoccupante aumento della disoccupazione urbana, mentre la distribuzione della terra è rimasta fortemente sperequata. Alla violenza quasi secolare nelle campagne si è aggiunta quella legata alla produzione ed esportazione di marijuana e alla raffinazione e traffico di cocaina (3 miliardi di dollari annui).
Il 65% di tale traffico viene controllato dai cartelli di Medellín e di Cali, mentre una sessantina di piccoli gruppi in spietata lotta fra loro si dividono il resto. Il potere dei narcotraficantes è enormemente aumentato con il passare degli anni, tanto che uno dei loro rappresentanti più in vista − P. Escobar − fu eletto in parlamento nel 1982. Elementi essenziali di tale potere sono individuabili nella corruzione di autorità militari, giudiziarie e politiche, nelle iniziative assistenziali e nella creazione di posti di lavoro e di reddito in aree che hanno conosciuto una profonda crisi delle coltivazioni tradizionali, ma anche nel ricorso all'intimidazione e all'assassinio, nonché nella forza economica e militare dell'impero della droga. Tra il 1985 e il 1989 si sono succeduti in C. nove ministri della giustizia, dimessisi tutti in seguito alle minacce delle organizzazioni della coca, così come numerosi giudici. Un'impressionante ondata di omicidi ha colpito magistrati, giornalisti, uomini politici, poliziotti. Tra le vittime, il ministro della giustizia R. Lara Bonilla, l'ex-procuratore C. M. Hoyos e i giudici che firmarono i 13 mandati di estradizione di narcotraficantes fra il 1984 e il 1986, periodo in cui rimase in vigore il trattato di estradizione fra C. e Stati Uniti.
La violenza, tradizionale anche nella vita politica, si è intensificata dalla metà degli anni Settanta a causa della guerriglia, della reazione delle forze armate e della comparsa di gruppi paramilitari (oltre 130), sospettati di connivenza col mondo della droga e integrati da elementi dell'esercito, che si sono arrogati il diritto di uccidere "sovversivi" e deracinés (prostitute, mendicanti, piccoli delinquenti, ecc.). Su 29 milioni di abitanti, 2 milioni girano armati. Ogni anno circa 15.000 colombiani vengono assassinati, oltre il 10% per motivi politici: fra il 1985 e il 1989, 3000 aderenti al partito di sinistra UP sono stati eliminati dalla destra extraistituzionale.
Sul piano politico, il pervicace mantenimento di un bipartitismo ormai privo di rappresentatività ha portato liberali e conservatori a spartirsi, sino alle elezioni generali della primavera 1990, la grande maggioranza dei voti; il tasso di astensione si aggira sul 60÷80%, a dimostrazione della scarsa legittimità del sistema. Le considerazioni esposte spiegano come mai, malgrado la democrazia di facciata e l'assunzione di posizioni terzomondiste in politica estera, il paese viva da 30 anni in uno stato d'assedio praticamente ininterrotto.
La profonda crisi del bipartitismo ha soffocato la vita politica nella contrapposizione fra clientelismo da una parte e terrorismo dall'altra, mentre anche sul piano sociale si è verificato un aumento dell'instabilità e della protesta. Il mondo sindacale è ancora scarsamente rappresentativo (15% della forza lavoro) e molto diviso; particolare vigore hanno assunto i movimenti indigeni, contadini e per i diritti umani così come i movimenti civili, a carattere interclassista e portatori di rivendicazioni varie, che si esprimono nei paros cívicos, sorta di scioperi generali su base locale con blocchi stradali e occupazioni di edifici pubblici, verificatisi su scala nazionale nel 1977, 1981 e 1985.
L'indebolimento delle forme istituzionali di vita politica che sta alla base delle azioni di protesta sociale spiega anche il rafforzamento della guerriglia negli anni Ottanta. La formazione più antica − FARC (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia) − risale addirittura agli anni Cinquanta: di matrice liberale e poi comunista, raggruppava più del 40% dei 30.000 uomini in armi all'inizio degli anni Novanta; ha operato esclusivamente nelle campagne, dove in alcune zone ha costituito un vero e proprio governo parallelo. Vi sono stati poi molti altri gruppi, in prevalenza urbani e spesso di ideologia non marxista, a carattere nazionalista, che, rifiutando la logica delle FARC, basata sull'autodifesa, hanno puntato sulla creazione di un esercito popolare: il gruppo più rappresentativo dopo le FARC è stato l'M-19 (Movimiento 19 de Abril). A metà del 1990 si contavano ancora 56 fronti guerriglieri, sparsi su due terzi del territorio nazionale.
Il problema della protesta, armata e non, ha caratterizzato la vita politica colombiana già dalla presidenza di A. L. Michelsen (1974-78), quando fu ripristinato lo stato d'assedio. Il peso dei militari sulla vita politica continuò ad aumentare anche sotto il successore (anche egli liberale) J. C. Turbay Ayala, che governò fino al 1982 in un clima di progressiva polarizzazione e di dittatura strisciante: durante la sua amministrazione si registrarono 70.000 arresti, mentre la protesta si allargava coinvolgendo anche parte dei ceti medi.
Nel 1982 fu eletto presidente il conservatore B. Betancur, il quale varò un piano di pacificazione teso a reintegrare i guerriglieri nella vita civile e a scalfire il consenso di cui cominciavano a godere. Il piano fu portato a termine in due anni attraverso la discussione di un programma di riforme, la costituzione di una commissione di pace, la concessione di un'amnistia, la firma di una tregua (1984) e l'avvio di un processo di dialogo con le FARC, l'M-19, l'EPL (Ejército Popular de Liberación) e un altro gruppo minore. Durante la tregua si delineò una divisione del fronte guerrigliero tra le FARC, impegnate a dare uno sbocco politico alla lotta armata attraverso la creazione dell'UP (Unión Popular), e gli altri gruppi che privilegiavano le commissioni incaricate di studiare progetti in vari campi (costituzionale, agrario, del lavoro, della salute, ecc.).
La mancata deposizione delle armi, lo scarso appoggio di liberali e conservatori al presidente e il non coinvolgimento dei militari nella pacificazione portarono tuttavia a numerose violazioni della tregua, mentre i gruppi di estrema destra decimavano le forze di opposizione: nel giugno 1985 l'M-19 e l'EPL decidevano di rompere la tregua. L'epilogo di questa fase si ebbe l'8 novembre 1985, quando le forze armate attaccarono il palazzo di giustizia occupato da un commando dell'M-19: il bilancio fu di oltre 200 morti, fra cui molti magistrati progressisti uccisi in circostanze sospette. L'immagine di Betancur subì un grave colpo, attenuato solo dal dramma del vulcano Nevado del Ruiz che pochi giorni dopo provocava 25.000 vittime.
Le elezioni del 1986 videro la vittoria del candidato liberale V. Barco (l'UP si attestò sul 4% dei voti), il quale mantenne la tregua con le FARC, ma non riuscì ad aggredire le cause oggettive della sovversione, la miseria innanzi tutto.
Le riforme risultarono praticamente nulle, così come scarsa incidenza ebbero le innovazioni sul piano politico, in primo luogo l'elezione dei sindaci (marzo 1988), che precedentemente venivano nominati dall'alto. Il sistema è rimasto fortemente centralizzato e il ritorno allo stato d'assedio − teoricamente dettato dalla lotta alla droga − ha aperto alle forze armate ulteriori spazi nell'apparato statale. Insieme a quelle di polizia, esse assorbono un terzo del bilancio dello Stato.
Gli ultimi anni hanno visto aggravarsi il problema della droga. Appoggiato dagli Stati Uniti − sempre più allarmati per il dilagare della cocaina nel loro paese − il presidente Barco lanciò nel 1989 un'offensiva contro i narcotraficantes, ripristinando il trattato di estradizione con Washington. La risposta dei cartelli della droga si articolò sul piano abituale degli attentati individuali e collettivi e su quello dell'invito al dialogo e al negoziato. In questo clima, Barco ottenne risultati politici apprezzabili con la decisione dell'M-19 di deporre le armi e di trasformarsi in un partito legale alla fine del 1989, ma tale successo venne ridimensionato dalla ripresa della lotta armata da parte delle FARC e, soprattutto, dal clima di terrore instaurato dai cartelli di Medellín e di Cali, culminato nell'assassinio di L. C. Galan, candidato liberale alla presidenza della repubblica e nemico dichiarato di ogni ipotesi di negoziato.
Qualche mese dopo furono eliminati fisicamente anche C. Pizarro e B. Jamarillo, candidati rispettivamente dell'M-19 e dell'UP, che in seguito a tale omicidio non si presentò alle elezioni presidenziali del maggio 1990. Queste ultime videro la vittoria del liberale C. Gaviria Trujillo, il cui partito aveva già ottenuto la maggioranza nelle elezioni parlamentari di marzo. Insediatosi in agosto alla presidenza e formato un governo di unità nazionale tra liberali, conservatori ed M-19, Gaviria ha rilanciato il processo di pace con gli altri gruppi della guerriglia e ha avviato un tentativo di dialogo con gli stessi narcotrafficanti (diversi di questi ultimi si sono costituiti in seguito all'impegno della nuova amministrazione di cessare le estradizioni verso gli Stati Uniti).
In dicembre è stata eletta un'assemblea costituente, i cui lavori, apertisi nel febbraio 1991, si sono conclusi in luglio con la promulgazione di una nuova costituzione; le elezioni hanno visto una forte avanzata dell'M-19 che, piazzatosi al secondo posto, subito dopo i liberali, ha spezzato per la prima volta il monopolio dei due partiti tradizionali. Due seggi sono stati assegnati all'EPL, che nel marzo 1991 ha posto termine, dopo 23 anni, alla lotta armata, imboccando la via già percorsa dall'M-19; sono invece proseguiti i combattimenti con le altre due principali organizzazioni guerrigliere, le FARC e l'ELN (Ejército de Liberación Nacional), anche se appare imminente una ripresa dei negoziati tra queste e il governo.
Bibl.: K. N. Medhurst, The church and labour in Colombia, Manchester 1984; M. Calderón-E. Pizzarro, Colombia: guerra o paz, in Amérique Latine, 23 (1985); J. A. Peeler, Latin American democracies: Colombia, Costa Rica, Venezuela, Chapel Hill 1985; M. Urrutia, Winners and losers in Colombia's economic growth of the 1970s, New York 1985; Pasado y presente de la violencia en Colombia, a cura di G. Sánchez-R. Peñaranda, Bogotá 1986; R. Dix, The politics of Colombia, New York 1987; C. Gonzáles Posso, Movimientos sociales y políticos en los años ochenta, in Los conflictos por la constitución de un nuevo orden, a cura di F. Calderón Gutiérrez-M. R. dos Santos, Buenos Aires 1987; J. Hartlyn, The politics of a coalition rule in Colombia, Cambridge 1989
Letteratura. - Lo scrittore che ha dominato il panorama della letteratura colombiana degli ultimi decenni è senza dubbio G. García Márquez, presenza che ha notevolmente condizionato la letteratura latinoamericana, arrivando a creare nei molti imitatori uno stereotipo di contenuti e di forme. Non andranno comunque dimenticate opere come El gran Burundún Burundá ha muerto (1952) di J. Zalamea (1905-1970), che la critica ha spesso considerato il più diretto antecedente di El otoño del patriarca di García Márquez; e neppure un autore come A. Cepeda Samudio (n. 1926), che nella raccolta di racconti Todos estábamos a la espera (1954) manipola abilmente i procedimenti delle tecniche letterarie degli scrittori nordamericani contemporanei, e in Casa Grande (1962) non soltanto utilizza numerose tematiche riprese più tardi da García Márquez in Cien Años de Soledad (le stragi della Compagnia Bananiera del 1928, per esempio), ma rielabora, spesso in forme di crudo realismo, il linguaggio tradizionale.
Ma è proprio con la pubblicazione dell'Autunno del Patriarca (1972) che ha inizio in C. una sorta di processo che può chiamarsi di superamento del cosiddetto ''macondismo'' (processo del resto individuabile anche all'interno delle opere dello stesso García Márquez, come si può evincere dalla lettura di Crónica de una muerte anunciada e di El amor en el tiempo del cólera) e che coinvolge molti degli scrittori dell'ultima generazione, i quali, obbligati a scegliere tra adesione e rottura, abbandonano, insieme alla visione onirica della realtà, la tradizione orale e la simbologia di un mondo onnicomprensivo, per ricondurre entro ambiti più individuali le tematiche del romanzo. Il passaggio necessario è la scoperta della città con tutte le problematiche del tessuto urbano. La città diventa così, anche a rischio di un processo involutivo di regionalizzazione, materiale di ''trattamento estetico'', strumento di indagine e di comprensione della realtà storica, al punto che la critica latinoamericana ha in qualche occasione identificato i diversi avvenimenti storici che si sono verificati in C. tra il 1971 e il 1985 (dal cosiddetto processo di violenza, attraverso la formazione del Frente Nacional, si arriva alla coesistenza pacifica dei due partiti tradizionali, il conservatore e il liberale) con le classificazioni generazionali.
La tendenza al superamento del ''macondismo'' si esprime in genere attraverso la parodia dello stesso. In questa corrente si distinguono M. T. Aguilera Garramuño (n. 1949) che nel 1975 pubblica Breve historia de todas las cosas e R. H. Moreno Durán (n. 1946), le cui opere possono essere interpretate come una sintesi della ricerca letteraria nella C. degli anni dal 1975 a oggi.
Moreno Durán costruisce, con i conseguenti effetti parodici, l'iperbole dell'iperbole di un universo femminile in Juego de damas (1977); anche nelle opere successive (El toque de Diana, 1981; Los felinos del Concilier, 1987) il linguaggio diventa il vero e unico protagonista, mentre l'ambientazione è urbana. Nella stessa direzione si muove G. Alvarez Gardeazábal (n. 1945), scrittore che è riuscito a realizzare una produzione assolutamente autonoma rispetto a quella di García Márquez e che ne El Titiritero (1977) ricorre costantemente a forme sperimentali, sempre teso a sottolineare il ruolo della scrittura all'interno del romanzo. Gli schemi innovatori di Alvarez Gardeazábal, sorta di sfida alla struttura tradizionale della narrativa, erano stati precedentemente utilizzati anche in La Tara del Papa (1972) e Dabeiba (1973; trad. it., 1975) e in altre successive, come Pepe Botellas (1983). L'uso sfrenato della parodia e l'alternanza dei differenti registri linguistici appartenenti a generi diversi caratterizzano anche la produzione di R. Parra Sandoval, e in particolare El album secreto del sagrado corazón (1978). Da ricordare è anche L. Fayad: ancora immaturo in Olor de lluvia, costruisce nel più recente romanzo Los parientes de Ester (1978) l'espressione più completa della narrativa colombiana degli anni Settanta.
Grande risonanza ha avuto in C. la raccolta di poesie Los poemas dela ofensa di J. Jaramillo Escobar (n. 1932), premio ''nadaista'' di poesia del 1968; ma A. Mutis e M. Rivero sono i poeti di maggior rilievo di questi anni.
Rivero (n. 1935), pur non avendo mai aderito in pieno al movimento nadaista (da nada, "niente"), lavora mantenendosi in costante contatto con i gruppi di quella corrente; egli introduce nella poesia colombiana il tema della città, come appare in modo evidente in Poemas urbanos (1966) e in Baladas, sobre ciertas cosas que no se pueden citar (1975). In anni più recenti, se da una parte si continua a scrivere secondo i canoni del nadaismo, dall'altra si guarda con più attenzione ai modelli della poesia nordamericana come nel caso del più originale traduttore di poesia anglosassone, J. Manrique. Parallelamente al nadaismo si sono formati gruppi ''post-nadaisti'', con una poesia che vuole rompere con i tumulti degli anni Sessanta e i cui migliori esponenti sono G. Quessep (n. 1939), J. García Maffla (n. 1944), E. Restrepo (n. 1942) e J. G. Cobo Borda, autore quest'ultimo di Todos los poetas son santos e irán al cielo (1983).
In ambito teatrale, la linea di denuncia inaugurata da G. de Andrade (1922-1974), preoccupato per la violenza del mondo rurale, viene continuata da C. J. Reyes e G. Espinosa. Tra gli scrittori più recenti, sempre nell'ambito del teatro di protesta ricordiamo E. Navas Cortés, autore de La Agonía del difunto (1976).
Bibl.: G. Bellini, Historia de la literatura hispanoamericana, Madrid 1985; D. Fajardo, La narrativa colombiana de la ultima década: valoracion y perspectivas, in Revista Iberoamericana, 141 (1987), pp. 887-901; D. Jaramillo Agudelo, La poesía nadaista, in Iberoamericana, 128-29: (1988), pp. 757-98.
Arte. - Tra la fine del 19° e l'inizio del sec. 20°, la pittura colombiana, è caratterizzata dallo sforzo di acquisire una certa padronanza tecnica dell'anatomia, del chiaroscuro, del tono, della prospettiva, di contro all'imperizia della produzione religiosa dell'epoca coloniale e della pittura laica post-indipendentista della prima metà dell'Ottocento.
La vita culturale è concentrata nella capitale e la Escuela Nacional de Bellas Artes, fondata nel 1882 dal pittore A. Urdaneta (1845-1887) con il nome di Instituto de Bellas Artes, è il fulcro della vita artistica. Non toccati dalle ricerche d'avanguardia europee, gli artisti colombiani si attengono ai modelli del luminismo spagnolo di I. Zuloaga, J. Sorolla, J. Mir e all'opera di J. Romero de Torres, seguendo per l'apprendistato le regole dell'Academia de San Fernando di Madrid mentre il viaggio in Europa rimane la loro grande aspirazione per completare la formazione. Il ritratto, le scene di usi e costumi − costumbrismo - accanto alle grandi novità del nudo femminile e del paesaggio, che è quasi sempre quello nativo, sono i temi dominanti fino ai primi decenni del Novecento. Gli artisti non sembrano toccati da tematiche più impegnate e da avvenimenti drammatici come la guerra civile, la cosiddetta Guerra de los Mil Días (1899-1902).
E. Garay (1849-1903), abile accademico e affermato ritrattista della borghesia che si è imposta con l'emancipazione dalla Spagna, si misura anche con temi religiosi. Con maggiore libertà formale si dedica al ritratto anche R. Acevedo Bernal (1867-1930). Il passaggio da un genere all'altro è usuale, tuttavia nel costumbrismo, che sarà appoggiato dall'associazione Círculo de Bellas Artes, attiva dal 1920, spiccano per padronanza M. Díaz Vargas (1886-1956), C. Leudo (1886-1957), E. Zerda (1878-1945) e, più tardi, L. B. Ramos (1900-1955). Nella pittura di paesaggio emergono R. Borrero Alvarez (1874-1931), R. Moros Urbina (1865-1942), R. Páramo (1859-1939), E. Peña (1860-1944), J. M. Zamora (1875-1949), R. Gómez Campuzano (1893-1981), F. A. Cano (1865-1935) e, con particolare rilievo, F. A. González Camargo (1883-1941) che, nello spazio ristretto della nativa Bogotá, scopre il valore della luce, delle masse cromatiche, della materia pittorica.
Autore di ritratti e paesaggi, ma anche di soggetti religiosi, A. de Santa María (1860-1945) trascorre la maggior parte della sua vita a Bruxelles, realizzando opere innovative, caratterizzate da un impasto denso e da una tavolozza vivace, con figure prive di struttura ossea contro fondi indistinti, che mostrano un sempre più sensibile orientamento verso l'espressionismo.
Altri pittori dell'epoca sono: M. Holguín (1875-1959), E. Martínez (1898-1956), P. Mendoza (m. 1909), S. Moreno (1874-1940), F. M. Otálora (1896-1961), P. Alcántara Quijano (1878-1953), D. Ramírez (1892-1968), P. Rocha (1863-1937), R. Tavera (1878-1957), S. Velásquez (1865-1942) e R. Pizano (1896-1926), che si distingue anche per il suo forte impegno culturale.
Nella scultura, il senso della monumentalità, non connesso soltanto alla dimensione, sembra mancare in un popolo come il colombiano, teso verso la ''piccola storia'', la sedimentazione, cioè, di ricordi di un vissuto quotidiano nel quale spiccano i fatti un po' inconsueti. La convivialità è stata più importante dell'asprezza polemica nel foggiare la ''grande storia'' e l'arte colombiana riflette tale disposizione anche quando si confronta con argomenti impegnati. Nei primi decenni del Novecento, la società colombiana dispone di modeste risorse economiche e gli alti costi richiesti dalla scultura possono essere assunti per lo più dallo Stato, che però ha scarse disponibilità e si limita a commissionare alcuni piccoli monumenti e, in genere, ad artisti spagnoli.
Tra gli scultori colombiani dell'epoca figurano G. Arcila Uribe (1895-1963), R. Henao Buriticá (1898-1964) e, più noti come pittori, S. Cuellar (1873-1938) e i già citati Cano, González Camargo, Peña, Otálora, Zerda.
L'opera di M. Tobón Mejia (1876-1933), immersa a Parigi nell'Art nouveau, spicca per bellezza e autonomia espressiva pur nella manifesta compartecipazione a un linguaggio internazionale attuale.
Un'apertura antiaccademica caratterizza l'attività del Centro de Bellas Artes, iniziata nel 1924. In questo stesso anno il Centro organizza la sua unica mostra, alla quale partecipa, tra i pittori, P. N. Gómez (1899-1984) che, successivamente, insieme a L. A. Acuña (n. 1904), C. Correa (1912-1985), I. Gómez Jamarillo (1910-1971), A. Jamarillo (n. 1913), sarà tra gli esponenti di punta di quella generazione che lo stesso Acuña denomina bachué (nella mitologia dei chibchas, gli indios dell'altopiano bogotano, Bachué è la Madre generatrice).
I bachué, guardano, seppur con modi peculiari, al muralismo messicano e propugnano un nazionalismo nel quale il popolo è il soggetto dominante e di cui il passato precolombiano e le tradizioni popolari costituiscono le grandi riserve cui attingere per un sistema di valori. Il barocco coloniale e l'arte repubblicana dell'Ottocento, a lungo reputati ''contaminati'', occupano un posto decisamente limitato.
Della stessa generazione sono S. Martínez Delgado (1906-1954), S. Trujillo Magnenat (n. 1911) e G. Ariza (n. 1912), che diventa punto di riferimento per la pittura di paesaggio.
Negli anni Trenta e Quaranta la generazione bachué dà anche impulso alla scultura: ne sono i capostipiti R. Rozo (1899-1964), autore della Diosa Bachué che servì da spunto per l'appellativo generazionale; J. D. Rodríguez (1895-1965), P. N. Gómez, lo spagnolo naturalizzato colombiano R. Barba (1894-1964), L. A. Acuña. E, sempre nella linea del nazionalismo bachué, operano J. Albarracín de Barba (n. 1910) e R. Arenas Betancur (n. 1919; il cognome anche nella grafia Arenas Betancourt).
Tra accese polemiche il realismo nazionalista continuerà, sia in modo velato che evidente: ne sono esempio le xilografie di P. Hanné Gallo (1930-1968) e i dipinti di cronistoria dell'ultimo periodo di A. Rivera (1922-1982). Anche M. Ospina (1912-1983), il primo artista astratto colombiano, rimarrà oscillante tra astrazione geometrica e figurazioni riecheggianti il bachué. È nel 1949 che, a Bogotá, Ospina per la prima volta espone i suoi quadri astratti. Negli anni Cinquanta E. Ramírez Villamizar (n. 1923), con austere pitture astratte, si avvia ad approfondire, in uno sviluppo coerente, cadenze, silenzi e altri elementi propri delle strutture geometriche precolombiane.
La prima mostra collettiva di arte astratta si tiene a Bogotá nel 1955 e vi partecipano M. Ospina, E. Ramírez Villamizar, G. Silva Santamaría (n. 1922), J. Márquez (n. 1929), fondatrice, nel 1956, della prima rivista d'arte, Plástica.
Dalla metà degli anni Cinquanta, le file dell'astrattismo geometrico aumentano, ma spesso con adesioni temporanee. Con coerenti e costanti ricerche operano, tuttavia, due artisti: S. Montealegre (n. 1940), che, da Roma, porta all'estremo limite − anche con ricerche teoriche − le indagini sugli elementi primi dell'arte, scarnificando i supporti, indagando sullo spazio e sui materiali, in un minimalismo concettuale alle soglie della percezione; e il versatile C. Rojas (n. 1933), che si orienta verso strutture primarie. Negli anni Sessanta O. Rayo (n. 1928) sperimenta astrazioni geometriche, mentre D. Manzur (n. 1928) ha una breve, significativa parentesi nell'ambito astratto.
Dopo una positiva esperienza di pitture che hanno per soggetto l'uomo di colore del litorale del Pacifico, nel 1957 arriva all'espressionismo astratto l'immigrato tedesco G. Wiedemann (1905-1969). In questa tendenza transitano, immediatamente dopo e per breve tempo, lo sperimentatore M. A. Cárdenas (n. 1934), che, divenuto cittadino olandese con il nome Michel Cardena, si è poi dedicato a performances e videoart; J. A. Roda (n. 1921), N. Zárate (n. 1936), che si sofferma su un lirismo cromatico, A. Grass (n. 1937), attratto in particolare dalla pittura materica. Persistono nel tempo le variazioni su segno-luce-colore di M. Hernández (n. 1924).
La scultura astratta ha inizio con l'opera di E. Negret (n. 1920). I ceramisti A. Arboleda (n. 1926), A. Tafur (n. 1934), B. Daza (1927-1968) contribuiscono a valorizzare forma, tessitura, materiali. Severo nell'impostazione, E. Ramírez Villamizar, in lenta evoluzione, dalla pittura approda negli anni Sessanta al rilievo e poi al tutto tondo dipinto, che continua a depurare fino a non usare più la vernice, lasciando in vista la lastra di ferro arrugginita.
Hanno realizzato tridimensioni geometriche i pittori C. Rojas (linee di metallo che disegnano forme trasparenti nello spazio) e S. Montealegre (lastre trasparenti e linee che imprigionano e stimolano lo spazio). Con ferraglie, e a volte introducendo il movimento, l'opera capricciosa di F. Busrztyn (1933-1982) fa da contrappunto alla razionalità geometrica. H. Tejada (n. 1925) dalla pittura è passato a recuperare l'artigianato in legno con figure adorne di chincaglierie, giocosamente popolaresche. B. Salcedo (n. 1942) propone oggetti d'insolenza dadaista.
Artisti come A. Obregón, F. Botero e E. Grau, più noti come pittori, hanno riprodotto anche a tutto tondo i personaggi del loro mondo pittorico. La schiettezza astratto-geometrica sembra attrarre però maggiormente la generazione più giovane.
Nel versante figurativo, sempre nei fecondi anni che vanno dal 1950 al primo lustro degli anni Sessanta, si notano aperture a nuove ricerche in cui cubismo e metafisica sono i punti di riferimento formale: A. Obregón (n. 1920), E. Grau (n. 1920), C. Porras (1920-1971), L. Tejada (n. 1924), J. E. Triana (n. 1921). L'espressionismo serve da supporto all'arte di denuncia sociale e politica, filone molto sentito a partire dall'assassinio del leader liberale J. E. Gaitán nel 1948, che scatena la sanguinaria epoca de la violencia: D. Arango (n. 1910), gli incisori L. A. Rengifo (1906-1986) e A. Quijano (n. 1927), il disegnatore e incisore P. Alcàntara Herrán (n. 1942), C. Granada ( n. 1933), C. Lucena (1945-1983), possono bene illustrare più generazioni attratte da queste tematiche. In varianti espressioniste dipingono L. Jaramillo (1938-1984), A. Loochkartt (n. 1933), N. Mejía (n. 1938). N. León (1907-1978), uomo umile e autodidatta, elabora in modo sereno e aggraziato bei quadri naïf di piccolo formato con flora, fauna e mezzi di trasporto tipici del litorale atlantico.
L'intento di alcuni artisti di dissacrare i valori sui quali è configurata la mentalità colombiana viene espresso da F. Botero (n. 1932) che, a mo' di calendario popolaresco, rappresenta una vita dal sapore provinciale; e da B. González (n. 1938), che utilizza elementi e sistemi autoctoni di rappresentazione.
Nell'iperrealismo confluiscono, negli anni Settanta, diversi pittori e disegnatori, ma S. Cárdenas (n. 1937) si discosta da una passività fotografica per creare accattivanti atmosfere. Tra le ultime leve spicca l'acutezza delle sperimentazioni concettuali di efficace contenuto politico di A. Caro (n. 1950).
È da rilevare che nella tradizione paesaggistica si sono riversati molti giovani, ma è ancora presto per individuare personalità singolari: negli ultimi anni vi è stata una richiesta crescente, e quindi si è determinata un'inflazione di produzione e un aumento di gallerie, di cui molte pronte ad offrire oggetti di dubbio valore artistico.
In C. sono praticamente inesistenti movimenti artistici di gruppo (uno dei pochi è stato il Taller 4 rojo, fondato nel 1972 e politicamente impegnato); si riscontra invece un'arte individuale nella quale, sia nell'ambito figurativo che in quello astratto, si notano delle costanti: esistono linee di tendenza attente a situazioni nazionali; di adattamento a tematiche estere, utilizzando linguaggi di varie espressioni artistiche e artigianali autoctone; di adeguamento alla propria sensibilità di innovazioni linguistiche approdate nella sfera psicologica nativa; di interesse per le geometrizzazioni e i segni del passato remoto; di riproposta, infine, in chiave ironica, della grazia ingenua di un passato più recente.
Nell'ambito delle istituzioni artistiche va ricordato che nel 1931 si apre il Primer Salón Anual de Artistas Colombianos, che tuttavia non ha seguito. È solo dal 1940 che il Salón, con alcune interruzioni, propone un bilancio annuale dell'arte colombiana, ma riflette anche cambiamenti più generali: dal 1972 è itinerante, esprimendo la necessità di decentramento; dal 1974 prende il nome di Salón Nacional de Artes Visuales, a focalizzare meglio il suo ambito; nel 1987 è realizzato a Medellín, la più importante città industriale. Ma il Salón è anche motivo di contrasti che danno origine a mostre alternative, come quella di artisti giovani nel 1947 presso la Biblioteca Nacional di Bogotá, o il Salón de los 26, nel 1948 presso il Museo Nacional, sempre a Bogotá, per nominare solo le più lontane nel tempo. Tra la fine degli anni Cinquanta e la prima parte degli anni Sessanta, la Panamerican Union a Washington (poi OEA) diventa consueto luogo per la mostra all'estero di artisti colombiani e in generale latino-americani. A Cali, nel 1970, ha luogo l'Exposición Panamericana de Artes Gráficas e, discontinuamente, la Bienal Americana de Artes Gráficas; sempre a Cali il Museo La Tertulia svolge una intensa e interessante attività. Altre importanti rassegne di arte contemporanea internazionale si svolgono a Medellín: 1ª Bienal Iberoamericana (1968), Bienal de Coltejer (1970, 1972, 1981).
Nel campo dell'insegnamento del design va infine ricordato il Taller 5 di Bogotá, diretto dalla pittrice A. Alvarez (n. 1933). Vedi tav. f.t.
Bibl.: A. de Ridder, A. de Santa María, Bruxelles 1937; J. Zalamea, Nueve artistas colombianos, Bogotá 1941; J. Fride, L. A. Acuña. Estudio crítico y biográfico, ivi 1946; G. Giraldo Jaramillo, La pintura en Colombia, Ciudad de México-Buenos Aires 1948; F. Gil Tovar, Trayecto y signo del arte en Colombia, Bogotá 1957; W. Engel, Pintoras colombianas contemporáneas, ivi 1959; Catálogo del Museo Nacional, ivi 1960; M. Traba, Seis artistas contemporáneos colombianos, ivi 1963; E. Barney Cabrera, Geografía del arte en Colombia, ivi 1963; Id., El siglo XX y la pintura en Colombia, Catalogo della mostra, ivi 1963; C. Ortega Ricaurte, Diccionario de artistas en Colombia, ivi 1965; E. Barney Cabrera, Temas para la historia del arte en Colombia, ivi 1970; M. E. Iriarte, 24 Salones Nacionales 1940-1972, Catalogo della mostra, ivi 1974; C. Lucena, Anotaciones políticas sobre la pintura colombiana, ivi 1975; G. Arciniegas, F. Botero, Madrid-Parigi-Bogotá-Colonia 1975; M. Traba, Mirar en Bogotá, Bogotá 1976; S. Montealegre, Autonomia di un metodo [su Ramírez Villamizar], Catalogo colombiano e catalogo ufficiale della Biennale di Venezia, Venezia 1976, pp. 44-45; G. Carbonell, Negret, las etapas creativas, Bogotá 1976; A. Medina, Procesos del arte en Colombia, ivi 1978; F. G. Tovar, El arte colombiano, ivi 1980; E. Barney Cabrera, El arte en Colombia, temas de ayer y de hoy, ivi 1980; C. Jiménez Gómez, P. Nel Gómez [dichiarazioni autobiografiche dell'artista], ivi 1981; G. Rubiano Caballero e altri, Arte colombiano del siglo XX, Cataloghi delle mostre, 5 voll., ivi 1981; G. Rubiano Caballero, Arte colombiano del siglo XX, in Historia del arte colombiano, 13 voll., Barcellona 19833, voll. x, xi (collaborazione di D. Castro per il cap. Artistas populares y primitivos), xii; Id., Escultura colombiana del siglo XX, Bogotá 1983; F. Morais, Ramírez Villamizar, ivi 1984; S. Montealegre, Alcuni apporti dell'arte visiva latino-americana a quella europea, in Terzo Occhio, xii (1986), 2 (39), pp. 24-27, 3 (40), pp. 40-43, 4 (41), pp. 17-20; G. Rubiano Caballero, Arte abstracto geométrico, Catalogo della mostra, Bogotá 1987; S. Montealegre, Costanti e variabili nell'arte colombiana del secolo XX, in Terzo Occhio, 1989, in corso di pubblicazione. Si consultino inoltre le riviste d'arte colombiane: Plástica (1956-1960; 17 numeri); Prisma (1957; 12 numeri); Arte en Colombia (1976-); Re-vista de arte y architectura en Latinoamérica (1978 ; discontinua).
Architettura. - L'architettura colombiana, come tutta quella sudamericana, può essere divisa in tre grandi periodi molto differenziati: Coloniale vicereale (sec. 16°-18°); Indipendenza e organizzazione nazionale (1810-1920); Modernità (dal 1920).
Per il primo periodo vedi quanto è stato detto in questa Enciclopedia (X, p. 798). L'architettura del secondo periodo, che occupa tutto il sec. 19°, è segnata dall'uso dello stile neoclassico, adottato dall'architettura repubblicana per il suo simbolismo democratico e la sua relazione con la Rivoluzione Francese. Il Neoclassicismo presuppone una differenziazione dall'architettura barocca, assimilata alla cultura monarchica spagnola; tuttavia, ebbe i suoi antecedenti alla fine del Viceregno di Nueva Granada: praticamente fu introdotto dagli ingegneri militari della Reale Accademia di San Fernando di Madrid.
Le opere realizzate dall'architetto religioso D. Petres, aggregato dell'Accademia delle Belle Arti di Murcia, sono tra le più importanti del periodo: il convento dei Cappuccini (1873); la cattedrale con il Sacrario (1806-11), terminata da N. León nel 1827 e l'osservatorio astronomico (1808), tutti a Bogotá. Inoltre gli appartengono la chiesa di Zapaquira e quella di Santa Fe di Antioquia.
La tipologia dell'osservatorio non ha precedenti nell'architettura sudamericana delle colonie. Queste opere presentano un ordinamento volumetrico che riprende la struttura di masse dell'architettura classica. Le facciate sono ordinate con pilastri piani poco profondi e con trabeazione di origine greco-romana. Questa linea architettonica ha la sua continuità nelle opere di M. Pérez del Arroyo come la chiesa di San Francesco di Cali (1847-1927), e la fabbrica di mattoni, dove si nota un certo gusto eclettico nell'influenza moresca (mudéjar).
L'opera di maggior rilievo della metà del periodo è il Congresso di Nueva Granada o Capitolio di Bogotá (1847-1915): ne fu autore l'architetto T. Reed, educato in Germania. La natura del progetto di questo complesso edificio, sede del Governo nazionale, e la sua ubicazione urbana, in accordo con la cattedrale e la severa e ampia piazza Simón Bolívar, richiesero che fosse realizzato nello stile del classicismo monumentale con reminiscenze di K.F. Schinkel. L'edificio fu terminato dagli italiani M. Lombardi e P. Cantini nel 1915. T. Reed realizzò anche il Banco di Bogotá e l'edificio del Panóptico di Bogotá, originariamente concepito come carcere e oggi museo storico. Questa nuova tipologia radiale è ugualmente inedita in America Latina. Il suo monumentalismo rigoroso e l'architettura di volumi puri ha relazione con i lavori dei francesi E. Boullée e C. Ledoux.
Nell'architettura rurale spicca, vicino a Bogotá, la Casaquinta di S. Bolívar (1820), dove s'imposta tutta un'architettura di dettaglio e filigrana di legno in grate e finestre sulla classica tipologia ispanica della casa di campagna, tipica del gusto del 19° secolo. Altre opere significative della fine di questo secolo sono la Plaza de Toros, in un revival moro-sivigliano, e il Teatro nazionale (1885) dell'italiano P. Cantini. Esempi dell'architettura romanico-gotica sono la chiesa di Chapinero, a Bogotá, l'insolito Santuario de Nuestra Señora de Las Lajas di Ipiales, costruito su di un ponte, mentre la Galleria Hernández a Bogotá, che richiama la Galleria Vittorio Emanuele di Milano, costituisce un esempio dell'architettura di ferro e vetro.
Il terzo periodo apre alla C. le porte dell'architettura moderna passando per la reazione antiaccademica tra il 1900 e il 1930: l'Art-nouveau, il revival nazionalista neocoloniale e l'Art-déco si succedono. Il teatro Faenza a Bogotá, con l'elegante entrata circolare e le grandi superfici vetrate, è un eccellente esempio del primo stile mentre il Cinema teatro Gaitán di Bogotá lo è dell'ultimo che abbiamo menzionato.
Negli anni 1932-40 l'alta borghesia colombiana realizza in importanti complessi residenziali ai margini della città, abitazioni conosciute come ''chalets inglesi'', negli stili Tudor, Jacobean, Regina Anna.
Secondo R. Gutiérrez (1983), anche se si tratta di edifici di grande qualità artigianale nella tecnica del mattone e della pietra, con questa predilezione per il revival si ritarda l'ingresso dell'architettura moderna in Colombia. Differenti sono, tuttavia, le case costruite nel quartiere La Merced di Bogotá dagli architetti cileni J. Casanovas e R. Manheim. In questo stesso periodo, fra il 1928 e il 1935 compare a Bogotá l'architettura del primo razionalismo europeo, caratterizzata da un semplice linguaggio purista, non molto rilevante anche secondo R. Gutiérrez, che ritiene comunque più significativa l'influenza su di essa dell'architettura organica di F.L. Wright, mediata attraverso architetti formatisi negli Stati Uniti, tra i quali si distingue P. de la Cruz. Nella Città universitaria di Bogotá sono presenti alcune manifestazioni di spicco di questo stile.
L'attuale architettura colombiana, a partire dal 1960, può dividersi in due distinti versanti: da una parte edifici di linea formale internazionale e dall'altra un'architettura alla ricerca di uno stile più rappresentativo dell'aspetto nazionale.
Nel primo gruppo, in relazione diretta con l'architettura vigente negli Stati Uniti, si pongono gli edifici per uffici, banche o hotel come il Banco Ganadero di Bogotá (1975), l'Hotel Tequendama e la Torre de Avianca nella stessa città e l'ippodromo Techo degli architetti Hermide e González. Nel secondo gruppo possono segnalarsi le ricerche che, a partire dal 1950, pur muovendo in diverse direzioni, guardano alla realtà socio-economica e culturale del Paese: particolarmente significative le proposte e gli studi sull'abitazione economica e le costruzioni, come quelle del CINVA. Tra il 1950 e il 1965 ha luogo anche una specie d'interrelazione tra l'architettura organica, l'artigianato del mattone e il pittoricismo neomoresco (neomudéjar), manifestato per es. nelle opere di O. Valenzuela, che aprirà il cammino al gusto per la qualità visuale dei materiali e per le tecniche locali e influirà nei lavori dei più rilevanti architetti attuali: F. Martínez Sanabria, che ha prodotto l'eccellente complesso di case a El Refugio (Bogotá), nel 1962-65, e R. Salmona, che ha raggiunto celebrità mondiale con la proposta di un'architettura appropriata al luogo e al clima, cosciente dei mezzi impiegati e della propria identità nazionale.
Salmona cerca infatti di unire la tradizione locale con la cultura architettonica internazionale. Formatosi nella scuola di Le Corbusier (1949-57), tuttavia produce una linea di disegno molto differente, come si osserva nel suo celebre complesso di abitazioni El Parque di Bogotá.
Questi edifici del 1965-70, che ospitano 1800 persone, in 300 appartamenti, pur essendo stati concepiti come un oggetto plastico nel paesaggio urbano, hanno una forte relazione dialettica con la vicina Plaza de Toros e la verde montagna sulla quale giace la città. Gli edifici sono costruiti in mattoni a vista e hanno la forma di un complesso di volumi e terrazze che girano a spirale crescendo in altezza. Altri complessi di abitazioni rilevanti dell'architetto Salmona sono il San Cristóbal (1964) ed El Paraíso. Nel centro di Bogotá ha costruito la torre in mattoni della Società Colombiana degli architetti (1972), dove rompe il tradizionale parallelepipedo dell'edificio di uffici di M. Van der Rohe, tagliandolo e piegandolo. Questa stessa intenzione si legge nell'opera dell'Automobil Club di Bogotá.
La tradizione spaziale dell'abitazione rurale colombiana, con la sua sequenza di ambiti, articolazioni e piccoli angoli è ripresa nei suoi più recenti lavori: la Casa de Huéspedes del Gobierno Colombiano (1984) e il Centro Cultural e Museo del Oro a Quimbaya (1986-87).
Nella prima opera, costruita su un'isola del Caribe colombiano, sono usati come materiali i blocchi di pietra giallognola impiegata a Cartagena de Indias e cemento a vista. I molteplici cortili che collegano gli interni sono percorsi da un gioco di acqua continuo tra canali e fonti; da notare inoltre i contrastanti giochi di luce e ombra nell'interno, che si apre attraverso finestre che incorniciano zone particolari del paesaggio. Questa stessa tematica è impiegata nella seconda opera, dove è notevole il percorso che attraversa diagonalmente gli spazi.
Nella conservazione del patrimonio storico architettonico spiccano opere come il recupero della chiesa di Santo Domingo a Tunja per opera dell'architetto A. Corradine Angulo o i recuperi di città come Cartagena o Villa de Leyva, quest'ultimo molto discusso alla luce dei criteri contemporanei di conservazione. Attualmente gli specialisti si stanno occupando del restauro dell'antico quartiere coloniale di Bogotá, chiamato La Candelaria. Nel campo del riuso di edifici antichi segnaliamo l'opera di Mosseri, Sanabria, Franco e Marciales sulla Biblioteca Nazionale di Bogotá. Vedi tav. f.t.
Bibl.: J. Arango, C. Martínez, Arquitectura en Colombia, 1538-1951, Bogotá 1951; F. Bullrich, Nuevos caminos de la arquitectura Latino-americana, Barcelona 1969; R. Salmona, Ideas y obras de un arquitecto colombiano, in Cuadernos Summa, Nueva Visión, 2-3 (Buenos Aires 1975); L. Fonseca, A. Saldarriaga, Arquitectura en Bogotá, in Revista Summarios, 55 (1981); R. Gutiérrez, Arquitectura y urbanismo en Iberoamérica, Madrid 1983.
Musica. - Tra le istituzioni musicali di maggior prestigio attive in C. a partire dagli anni Trenta, figurano la Orquesta Sinfónica Nacional, fondata per decreto governativo nel novembre 1936 a Bogotá e affidata alla guida di G. Espinosa (n. 1905), il quale ne fece l'istituzione musicale più importante per la vita musicale del Paese in quegli anni; la Orquesta Sinfónica de Colombia, fondata nel 1952 e diretta da O. Roots (1910-1974), musicista di origine estone, impegnato allora anche nella direzione della Sociedad Coral Bach, fondata in quello stesso anno da E. Martín; la Orquesta Filarmonica de Bogotá, istituita nel 1967 per la direzione di J. León (n. 1921), la quale ha svolto negli ultimi anni un'importante opera di sensibilizzazione musicale, soprattutto negli ambienti scolastici e universitari. In C. vi sono attualmente anche buone formazioni per la musica da camera e corale. Un'istituzione d'importanza storica infine è il Conservatorio Nacional de Música fondato sul finire del 19° secolo per iniziativa della Academia Nacional de Música (1882-1909).
Alla generazione di G. Uribe-Holguin (1880-1971), il più importante compositore colombiano a cavallo dei due secoli (cfr. X, p. 799), appartiene una serie di compositori minori, attivi soprattutto durante i primi tre decenni del secolo, i quali si richiamarono all'indirizzo dominante del nazionalismo musicale: tra loro figurano J. Bermúdez Silva (1884-1969), G. Quevedo (1886-1964), D. Zamudio (1887-1952), G. Escobar Larrazábal (1890-1968) e J. Rozo Contreras (1894-1976).
Tra le figure più significative della musica colombiana di questo secolo è quella di A. M. Valencia (1902-1952), allievo di V. d'Indy alla Schola Cantorum parigina, fondatore del Conservatorio di Cali nel 1933 e direttore del Conservatorio nazionale del suo Paese nel 1936. La sua opera più importante è la Misa da Requiem, composta nel 1943; accanto a essa figurano varie pagine di musica corale sia sacra che profana, oltre a diversi lavori per orchestra da camera e per pianoforte.
Tra i suoi discepoli sono da ricordare particolarmente S. Velasco Llanos (n. 1915), direttore del Conservatorio di Bogotá e di quello di Cali, autore tra l'altro di una Danza indigena (1940) e di una Sinfonia breve (1947), entrambe per orchestra; e L. C. Espinosa (1918), direttore del Conservatorio di Popayán, autore di musica teatrale, corale e da camera.
Durante gli anni Quaranta e Cinquanta vennero alla ribalta alcuni dei compositori che tuttora dominano la scena musicale colombiana: in particolare ricordiamo F. González-Zuleta (n. 1920) e L. A. Escobar (n. 1925).
González-Zuleta è stato allievo di D. Haralambis per l'armonia e di E. Giovanetti per la composizione; è autore tra l'altro di 8 Sinfonie composte tra il 1956 e il 1971. Escobar è stato allievo di B. Blacher a Berlino, ed è autore di una vasta produzione che spazia da opere sceniche a musica per orchestra, vocale e da camera; ha seguito ora la tendenza nazionalista (così nei Preludios colombianos del 1953 e nella serie Bambuquerías I-III del 1954, e Bambuquerías IV-VI del 1959, per pianoforte), ora invece l'indirizzo neo-classico (come nell'opera teatrale Los Hampones, 1961).
Tra i più giovani, infine, da segnalare B. E. Atehortúa (n. 1933) e J. Nova (n. 1938) che si sono affermati durante gli anni Sessanta e Settanta con nuove tendenze di avanguardia.
Atehortúa è stato il fondatore del Centro Latinoamericano para Estudios Avanzados de Música (1963-64); tra le sue opere di maggior respiro è da segnalare uno dei suoi primi lavori, il Cantico delle Creature per basso, due cori da camera, fiati, percussioni e nastro magnetico, del 1965. Nova, compositrice di origine belga, ha fatto ampio uso delle tecniche della musica elettronica, soprattutto in composizioni come Resonancias, per pianoforte e suoni elettronici (1970), e HK 70, per percussioni, pianoforte, contrabbasso e voce su nastro magnetico (1970).
Sono infine da menzionare un gruppo di compositori che negli ultimi anni hanno ricevuto il premio della Fundación Arte de la Música o quello dell'Instituto Colombiano de Cultura: si tratta di G. Borda Camacho, F. Zumaqué, G. Rendón, J. Pinzón, L. Torrez Zuleta e R. Mojica. In particolare è da ricordare Rendón che ha ricevuto anche il Premio Nacional de Música Colombiana (1979) per l'opera Módulos para Orquesta, che è stata eseguita nel maggio del 1980 al Teatro Colón di Bogotá.
Bibl.: A. Pardo Tovar, La cultura musical en Colombia, Bogotá 1966; J. I. Perdomo Escobar, El archivo musical de la catedral de Bogotá, ivi 1976; H. de Greiff, D. Feferbaum, Textes sobre música y folclore, ivi 1978; J. I. Perdomo Escobar, Historia de la música en Colombia, ivi 1980; M. E. Londoño, J. Betancur, Estudio de la realidad musical en Colombia, V parte: Músicos y profesores de música, ivi 1983.
Cinema. - Già nel 1905 il cinema è oggetto di interesse da parte delle autorità politiche della C., che richiamano maestranze e operatori dall'estero perché riprendano gli avvenimenti più importanti della reconstrucción promossa dal presidente della repubblica, il generale R. Reyes. L'iniziativa del governo dà impulso a un'industria che negli anni del muto produce lungometraggi di eccellente qualità, come Maria (1922) di A. del Diestro e M. Calvo, o La tragedia del silencio (1924) di A. Acevedo, attivo realizzatore di cinegiornali oltre che di fiction. L'avvento del sonoro prima e la seconda guerra mondiale poi portano a uno stallo da cui la cinematografia colombiana si riprende definitivamente soltanto negli anni Sessanta. In questo periodo si realizzano molti film caratterizzati da un forte impegno politico. Tra le personalità di maggior rilievo spicca J. M. Arzuaga, autore degli interessanti Raices de piedra (1961) e Pasado el meridiano (1968). È però con gli anni Settanta che il cinema si permea di un radicalismo politico che influenza notevolmente anche il linguaggio cinematografico; molte delle opere realizzate a partire da allora sono a metà strada tra il film etnografico e il film militante. Numerosi e agguerriti i giovani cineasti: C. Duran, C. Alvarez, M. Rodriguez, D. L. Giraldo, J. Silva. Tra i film di recente produzione va segnalato Tiempo de morir (1985), sceneggiato da G. García Márquez, che ha valso al regista J. Ali Triana il Gran Premio al Festival di Rio.
Bibl.: America latina: lo schermo conteso, a cura della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema, Venezia 1981.