ERITREA, COLONIA
(A. T., 116-117).
Sommario: Nome, delimitazione, estensione (p. 220); Suddivisioni regionali storiche (p. 220); Esplorazione (p. 220); Geologia (p. 220); Struttura fisica e configurazione del suolo (p. 221); Clima (p. 222); Idrografia (p. 223); Vegetazione e flora (p. 224); Fauna (p. 225); Popolazioni e linguaggi (p. 225); Dati statistici sulla popolazione (p. 227); Prodotti del suolo, agricoltura, allevamento, pesca e prodotti minerali (p. 227); Commercio (p. 230); Pesi e misure (p. 231); Comunicazioni (p. 231); Centri abitati (p. 232); Ordinamento politico-amministrativo (p. 233); Finanze (p. 233); Condizioni religiose (p. 233). - Storia (p. 234).
Nome, delimitazione, estensione. - Il nome di Colonia Eritrea fu assegnato dal r. decr. 1° gennaio 1890 all'insieme dei possedimenti italiani sulle coste del Mar Rosso, così come era venuto formandosi negli anni precedenti dall'affitto di Assab da parte di Giuseppe Sapeto nel 1869, all'occupazione di Massaua e delle pendici settentrionali dell'altipiano retrostante. Il nome di Eritrea si estese poi per le vicende politiche (v. sotto: Storia) sino a che, consolidate le frontiere, esso venne ad assumere il preciso valore attuale.
Accordi con la Gran Bretagna, con la Francia e con l'Etiopia per le rispettive frontiere hanno limitato l'estensione verso l'interno della Colonia Eritrea ai seguenti confini: l'Eritrea, che va sul mare da Ras Casar (18° 2′ lat. nord) a Ras Dumeira (12° 40′ lat. nord), confina a nord e a ovest col Sudan Anglo-Egiziano: la frontiera, risultante da varî protocolli segue, a partire da Ras Casar una linea che procedendo in direzione di SO. raggiunge il 37° meridiano, poi piegando verso SSO. passa a occidente di Sabderat a 25 chilometri da Kassala e per Abu Gamal raggiunge il corso del Setit. Colà ha inizio, poco a SO. del mercato di confine di Om Ager, la frontiera eritreo-etiopica, la quale è segnata dal corso del Setit fino alla confluenza del Mai Teb, dopo di che con direzione rettilinea verso NE. raggiunge il Mareb alla confluenza del Mai Ambessa (il tratto tra Setit e Mareb non è stato delimitato sul terreno). Oltre questo punto la frontiera segue prima il corso del Mareb, poi quello del Belesa e infine, lungo i limiti tradizionali tra le regioni dell'Acchelè Guzai e dello Agamè, raggiunge il torrente Muna che segue lasciando in territorio italiano la zona degli Irob Saho (tratto di confine non delimitato sul terreno) e raggiungendo poi il punto d'intersezione col confine dancalo. In Dancalia la frontiera con l'Etiopia segue una linea parallela alla costa a una distanza di 60 km. dal mare. La Dancalia eritrea confina a S. con la Somalia Francese lungo una linea da Ras Dumeira sul mare sino a Daddato nell'interno dove il confine francese s'incrocia con quello etiopico.
Entro queste frontiere la superficie totale della Colonia Eritrea è di 118.609 kmq., di cui 117.157 spettano alla parte continentale e 1452 alle isole di cui la maggiore è la Grande Dahlac (kmq. 758).
Suddivisioni regionali storiche. - L'Eritrea non è un paese omogeneo né etnicamente né geograficamente. Essa raggruppa, sulle estreme pendici settentrionali dell'altipiano etiopico e le due strisce pianeggianti che ad E. e ad O. si stendono ai piedi dei monti verso il Mar Rosso e il Sudan, popolazioni di varia origine e di storia non sempre comune. La fascia costiera comprende: il Samhar, già famoso nell'antica Arabia per la speciale foggia (samhariyya) delle lance; il cosiddetto Sahel (dalla voce araba significante "litorale"); la Dancalia, che viene così oggi chiamata per i suoi attuali abitatori, gli 'Afar, che son detti Danākil dagli Arabi; e tra i gruppi di isole e scogli è famosa la Grande Dahlac, già luogo di confine durante il califfato degli Omayyadi dove si trovarono esiliati politici qualche volta illustri (come il poeta al-Ahwas relegato nella "terra di spine" di Dahlac dal califfo Sulaimān ibn 'Abd al-Malik che regnò dal 715 al 717 d. C.). Sull'altipiano le tre regioni dello Hamasen (cap. Asmara), del Saraè (Sara'ē; nome antico: Sarawē) e dell'Acchelè Guzai hanno propri limiti e hanno avuto una propria individualità regionale.
Esplorazione. - La costa eritrea, già nota nell'antichità classica ai geografi greci e descritta da Plinio il vecchio e dal Periplo del Mare Eritreo (nel sec. I d. C.), è ancora oggetto nel 525 d. C. di note da parte di Cosma Indicopleuste, il quale copiò due iscrizioni greche (una di Tolomeo Evergete e una di un re aksumita) in Adulis (Zula) conservandocene così il testo. Più tardi i geografi arabi del medioevo hanno notizie sulla costa dell'attuale Eritrea e per quella via si svolsero i primi tentativi di esplorazione italiana dell'Etiopia (v. etiopia).
Infatti già l'itinerario da Venezia allo Scioa (conservato nella Biblioteca Nazionale di Firenze), itinerario che è riferibile al viaggio di Antonio Bartoli in Etiopia nel 1402, passa da Suachin per i Maria e Asmara ad Aksum; e Fra Mauro, del monastero di S. Michele di Murano, nel suo famoso planisfero ultimato il 26 agosto 1460, colloca lo "Amasen" (e cioè lo Hamasen), il "Seraua" (e cioè il Seraè), nota persino a proposito del Tacazzè che "questo fiume muta el nome secondo le provincie" (infatti assume in Eritrea il nome di Setit), cita i laghi della Dancalia e l'esistenza di minerali in Dancalia. Fra Battista da Imola, descrivendo il suo viaggio del 1482 con Fra Giovanni di Calabria, accenna al suo itinerario da Suachin per Dahlac alla baia di Zula e di là nel Seraè. Nel 1519 la via per l'Abissinia è ancora quella Suachin-Debaroa-Aksum.
Dopo queste spedizioni italiane, iniziatasi nel sec. XVI l'azione dei Portoghesi verso l'Etiopia, l'Eritrea era percorsa da missionarî e viaggiatori portoghesi a cominciare da Pedro da Covilham e l'Alvarez e più tardi la spedizione militare di Dom Christovam da Gama, il quale, sbarcato a Massaua, si fermò a passar la stagione delle piogge a Debaroa prima di proseguire verso l'interno dell'Abissinia. I viaggi dei Portoghesi, soprattutto dei missionarî gesuiti, tra i quali occorre a tal riguardo ricordare il P. Emanuele Barradas esploratore e descrittore egregio del Tigrè, giovarono alla raccolta di ricchissimo materiale storico e geografico anche sull'attuale Eritrea, come ha dimostrato la pubblicazione dei Rerum Aethiopicarum Scriptores Occidentales inediti, collezione di tutti questi scritti contenuti negli archivî delle missioni dei Gesuiti. Ancora per l'Eritrea passò nel 1789-1790 Michelangelo Pacelli da Tricarico che svolse colà quasi tutta la sua attività da Massaua a Zazzega e fu ospite dei monaci di Dabra Bizen, pubblicando al ritorno una sua relazione di viaggio.
Tra i viaggiatori del secolo XIX, oltre ai numerosi che attraversarono l'attuale Eritrea per raggiungere l'Etiopia, è da ricordare anzitutto Th. v. Heuglin che in una spedizione della quale facevano parte anche lo svizzero W. Münzinger, l'astronomo T. Kinzelbach e il biologo Steudner percorse dal 1861 al 1862 la regione che si stende tra Massaua, Cheren e il Sudan e la descrisse minutamente in una preziosa relazione accompagnata anche da carte. Anche il Münzinger, divenuto poi governatore di Massaua, percorse ripetutamente l'altipiano eritreo, e descrisse con gran cura il paese e le genti. E prima della nostra occupazione pregevoli contributi alla conoscenza della regione fornirono il padre Giuseppe Sapeto che per varî anni risiedette nella missione di Cheren e i naturalisti O. Antinori ed A. Issel che soggiornarono fra i Bogos. La regione di Assab fu percorsa e studiata particolarmente da G. B. Licata, finito poi tragicamente con gli altri membri della spedizione Porro a Gildena nel 1886.
L'occupazione di Massaua segna poi l'inizio dell'esplorazione sistematica dell'Eritrea. I rilievi idrografici e topografici, cominciati nella zona costiera, si estesero gradualmente ai territorî retrostanti, e fruttarono una carta al 50.000 della regione compresa tra Massaua, Asmara e Cheren e successivamente, dopo una lunga interruzione, una carta a i : 100.000 per tutta la regione limitata rispettivamente a est e a ovest dai meridiani di 400 e 37°40′ e a nord dal parallelo di Cheren (15°50′). Questa carta, frutto di regolari rilevamenti sul terreno, non comprendeva quindi nemmeno la metà di tutta la colonia, ma certo la parte più abitata e produttiva. Per il rimanente provvide una carta al 500.000 del cap. A. Miani, che si poté valere anche di determinazioni proprie, e la costruzione di una carta generale alla scala di 1:400.000 (Carta dimostrativa della Colonia Eritrea ecc.), per la quale si utilizzarono tutti i documenti preesistenti e con successivi aggiornamenti tutti i parziali rilievi, schizzi, itinerarî ecc. di cui si venne in possesso. Fra questi particolarmente notevoli sono i documenti riportati dalla missione di studî Dainelli-Marinelli nella valle dell'Anseba e nella depressione dancala; quelli della missione Corni-Calciati nella regione occidentale del Gasc-Setit, quelli del Vinassa de Regny e i più recenti delle spedizioni Franchetti e Nesbitt nella Dancalia (v.). Alle relazioni sull'opera delle anzidette missioni, che molto contribuirono a estendere le nostre conoscenze sulla colonia, sono da aggiungere le monografie speciali descrittive di alcuni suoi territorî dovute a ufficiali e funzionarî residenti in colonia, tra le quali notevoli quella del cap. R. Perini sul territorio dell'altipiano, che completa la precedente del Münzinger; quella di A. Pollera sui Cunama; le relazioni della missione di studî inviata dalla Società italiana per il progresso delle scienze nel 1912-13, le missioni varie per lo studio archeologico, geologico, minerario, agrario ed economico in genere e quelle per il tracciamento sul terreno del confine. Finalmente per la copia e ampiezza dei dati e della documentazione citiamo la voluminosa relazione del governatore Martini per il periodo decennale del suo governo, in cui la parte descrittiva e informativa, corredata da una ricca raccolta di carte speciali, va molto oltre l'interesse e il valore puramente amministrativo.
Infine missionarî cattolici e protestanti hanno raccolto nei loro viaggi in Eritrea dati e notizie spesso notevoli che in Eritrea stessa si vanno puhblicando; mentre materiali di studio che viaggiatori trasportarono dall'Eritrea in Europa sono stati editi e studiati: come le iscrizioni delle isole Dahlac portate a Bar le Duc e studiate da René Basset e quelle, pure delle Dahlac, portate a Modena e pubblicate dal Malmusi.
Geologia. - L'imbasamento delle rocce cristalline antiche, formato da graniti con concentrazioni di quarzo aurifero, gneiss, micascisti con numerose lenti di calcescisti, e filladi con minerali di ferro e di rame, affiora assai largamente nella parte settentrionale dell'altipiano eritreo: negli Habab e nei Maria, nel Senahit, nell'Hamasen; e inoltre nella regione delle pendici occidentali verso il confine sudanese (Beni Amer, Baria e Cunama) e nella scarpata orientale, che sovrasta il Sahel, il Samhar e il Piano del Sale, tornando poi ad affiorare nelle Alpi Dancale. Lenti conglomeratiche e anagenitiche costituiscono in questo complesso un orizzonte ritenuto corrispondente all'Algonkico. Sulla superficie spianata e alterata di questi antichissimi depositi riposano strati di arenarie quarzose, ferruginose o variegate (arenarie di Adigrat) riferite al Trias, che assumono grande sviluppo nella parte meridionale dell'altipiano, specialmente nel Cohaito e nei monti Soira, dove raggiungono le quote massime, tornando poi ad affiorare nella Dancalia. Qui le arenarie sono sormontate da una formazione calcarea e calcareo-marnosa fossilifera, corrispondente ai "calcari di Antalo" dell'Abissinia, e come questi riferita al Giurassico; e vi esistono anche arenarie sovrapposte ai calcari e corrispondenti alle "arenarie nubiane". Nell'altipiano invece sulle arenarie triassiche riposano direttamente rocce eruttive (trachiti, basalti, tufi e brecce vulcaniche) di età non bene precisata, che vi formano ora estesi tavolati (M. Arató, M. Blalì, M. Tacarà), ora rilievi isolati di forma caratteristica, noti con il nome di ambe (ambe di Senafè, ecc.). Il bassopiano litorale a N. di Massaua è costituito da una formazione di marne, conglomerati e arenarie con gesso, e di calcari coralligeni di età terziaria recente e pleistocenica, in parte alquanto dislocati, in parte ancora orizzontali: questi ultimi formano anche l'arcipelago delle Dahlac e le isole di Massaua. Tracce di petrolio furono osservate sgorgare da queste rocce presso Bullissar nelle Dahlac. A S. di M. Ghedem, nel quale le rocce cristalline antiche si spingono fino presso al mare, il bassopiano penetra entroterra formando la depressa conca del Piano del Sale. Questa scende fino oltre 120 m. al disotto del livello del mare, il cui ingresso nella depressione è impedito da uno sbarramento di natura vulcanica. Materiali vulcanici di età recente o recentissima, in parte dipendenti da vulcani ancora attivi come il Dubbi, la cui ultima eruzione è del 1861, o quiescenti come l'Erta-alè e l'Alid, occupano parte notevole del bassopiano e della catena litorale della Dancalia, e s'intercalano talora alle rocce sedimentarie terziarie. Con questo vulcanismo recente sono in rapporto anche numerose sorgenti termali, come quelle di Ailèt a O. di Massaua (60°) e di Asfat presso Arāfalī nel Golfo di Zula. L'Eritrea, e specialmente il bassopiano e il ciglio dell'altipiano, è un paese assai soggetto a terremoti, sia vulcanici, sia specialmente perimetrici o intervulcanici. Periodi sismici prolungati e violenti si sono avuti nel 1913-15 e nell'agosto-settembre 1921, quando la città di Massaua fu in gran parte distrutta.
Struttura fisica e configurazione del suolo. - L'ossatura e il motivo principale del paesaggio dell'Eritrea sono costituiti da un elevato altipiano, formante la parte settentrionale del grande massiccio del Tigré e la congiunzione tra questo e il massiccio dell'Etbai: esso degrada a poco a poco, a ponente, verso la pianura sudanese, cade invece precipitosamente a levante sulla pianura costiera prima, poi più a sud sul bassopiano della Dancalia, limitato alla sua volta dal lato del mare, da una catena di montagne: le Alpi Dancale.
Nella sua parte meridionale (Hamasen, Seraè) l'altipiano eritreo è coperto da un tavolato basaltico, che imprime al paesaggio un carattere di grande semplicità e lo fa apparire come un piano uniforme, alto da 2000 a 2200 m. al suo ciglio orientale (Gundèt) ed elevantesi ad altezze superiori nei massicci del M. Aratò (2549 m.) e del M. Tacarà (2579 m.), donde traggono origine i maggiori corsi d'acqua della colonia. Quote anche più elevate sono raggiunte, sempre sul ciglio orientale, dai banchi di arenaria, più resistenti all'erosione e formanti le sommità boscose dei M.. Soira (m. 3013) e l'altipiano del Cohaito (m. 2745), e anche, localmente, le caratteristiche ambe, tra cui citeremo l'Amba Matarà (m. 2724) e l'Amba Terica (m. 2775) nei dintorni di Senafè. Più a N. la copertura di rocce eruttive e di arenarie fu asportata dall'erosione, e per un certo tratto, nell'Hamasen, le rocce metamorfiche e cristalline dell'imbasamento si presentano tuttora spianate, con serie di basse terrazze spesso incise in un mantello di materiale terroso lateritico, che fornisce inesauribilmente la caratteristica polvere rossa delle campagne attorno ad Asmara e costituisce un suolo assai fertile alla coltura indigena dei cereali. Più a N., per mezzo d'una zona montana di transizione, costituita dai monti del Senahit e dei Mensa (M. Debra Sina, m. 2801), si passa alla regione delle rore, gruppi di monti tabulari, risultanti dal frazionamento dell'altipiano per opera dell'erosione, dovuta all'Anseba e ai suoi tributarî. Le rore si allineano in due serie: sulla destra dell'Anseba, fra questa e il bassopiano del Mar Rosso, le Rore degli Asghedè (2500 m.) e le Rore di Hagar (m. 2685); a sinistra le più basse rore dei Maria.
Verso O. il tavolato digrada dolcemente, e fa insensibile passaggio alla regione delle valli verso il Sudan: valli generalmente assai larghe e importanti, come quella inferiore dell'Anseba, quelle degli affluenti di destra del Barca, la media valle del Gasc e la media del Setit, che si estendono come lembi di pianura più o meno ampî al disotto dei 1000 m., fondendosi più giù con le pianure verso il Sudan: baracà e mezzegà degl'indigeni. Queste si distendono attorno ai 600 m. nel Gasc e nel Setit, intorno ai 250 m. nel Barca, e formano lembi sempre più vasti, limitati in modo sempre più discontinuo da rilievi montuosi irregolari, che emergono spesso isolatamente dal suolo piano, coperto di sabbie o di alluvioni, ottime per la coltura irrigua del cotone. Verso E. l'altipiano termina invece, come si è detto, con un ciglione molto marcato, al disotto del quale il suolo scende rapidamente, inciso da un dedalo di valli strette e profonde, che lo suddividono in contrafforti e speroni, dando al paesaggio un carattere quasi alpino. In queste pendici, che le condizioni climatiche rendono malsane, ma lussureggianti di vegetazione, prosperano colture ad alto rendimento, come quelle del caffè e del caucciù; gl'indigeni vi distinguono tre zone: quollà, più bassa e calda, uoina degà, intermedia e adatta alla vite, degà, alta, fredda e rocciosa o coperta di bosco. I torrenti, assai attivi nelle stagioni piovose, si prestano a essere utilizzati sia per l'irrigazione sia per la produzione di energia.
Questa regione delle pendici orientali degrada nel suo tratto meridionale nel cosiddetto Piano del Sale (v). È questa una depressione chiusa, tra le più vaste e le più profonde conosciute: in territorio italiano essa tocca nell'Alel-bad 120 m. sotto il livello del mare, ma si estende e si approfonda anche più oltre confine. E una pianura arida e caldissima, orlata largamente da candide terrazze di gesso e di sale, coperta a tratti da dune mobili o mal fissate da cespugli di alofite e psammofite, a tratti da zone fangose impraticabili in tempo di piogge, salvo lungo le conoidi ciottolose dei torrenti che le attraversano qua e là, formando una specie di ponti. Sui margini, dove affiora l'acqua - salata o selenitosa - del sottosuolo, qualche cespuglio di palme dum ne contrassegna l'esistenza; esistono anche laghetti salati, i cui contorni mutano secondo le piogge dei monti vicini che li alimentano o secondo la direzione del vento. Dalla pianura emergono rilievi e conetti isolati, la cui natura vulcanica è rivelata da efflorescenze di zolfo o da fumarole e sorgenti termali, che sciolgono in profondità e depositano alla superficie preziosi sali potassici, come a Dallol, subito oltre il confine; in territorio etiopico. Il più importante di questi rilievi vulcanici è forse l'Alid (910 m.), il quale con le sue propaggini separa il Piano del Sale dal fondo del Golfo di Zula, che ne forma la naturale prosecuzione a N. Verso E. il Piano del Sale è limitato dalle Alpi Dancale, formate di rocce cristalline e di sedimenti mesozoici, e raggiungenti presso Huerta 1340 m. s. m.; a N. e a S. di queste s'innalzano due gruppi vulcanici: quello settentrionale, che si spinge in mare con la Penisola di Buri; l'altro, più potente ed esteso, tutto irto di coni, tra cui torreggia il Dubbi (m. 1380), e che per sciare e terrazze basaltiche alte qualche centinaio di metri si ricollega al gigantesco cono del Mussa ali, a guardia del confine meridionale della colonia. In questa parte più meridionale le colate basaltiche raggiungono per larghi tratti il mare, formando le punte di Beilùl, Ras Darma e la costa tra Barasoli (Bahar Assalé) e Ras Comudli e interponendosi ai lembi sabbiosi di Assab e della Baia di Beheta; a N. di Edd la fascia litoranea con le sue dune sabbiose e le conoidi ciottolose dei torrenti diviene continua e più o meno larga, fino al Golfo di Zula. In corrispondenza della costa occidentale di questo, le propaggini dell'altipiano giungono quasi fino al mare con il M. Ghedem (m. 925); ma subito a N. riprende l'ampia zona del bassopiano, sorta di territorio ondulato, alto intorno a 200 o 300 m., largo da 110 a 30 e perfino a soli 20 km., con bassi rilievi a sommità pianeggiante, costituiti di marne e arenarie, alle quali nella parte più meridionale (Samhar) s'intercalano rocce basamche evidentemente dipendenti dai centri eruttivi dancali, mentre la parte settentrionale o Sahel è interamente sedimentaria. Della stessa natura geologica e con gli stessi caratteri di tavolati bassi, coralligeni, sono le isole Dahlac (v.), le quali formano un numeroso arcipelago in faccia a Massaua, da cui sono separate per il Canale di Massaua: e anche, almeno in parte, le isole Auachil nella baia omonima.
La costa eritrea, escluse le isole, ha uno sviluppo di circa 1070 chilometri, ed è nel suo assieme diretta da NNO. a SSE. Rettilinea e praticamente importuosa nel suo tratto settentrionale, e cioè fra Ras Casar e Ras Arb, dove non si notano se non insignificanti rifugi di barche (Mersa Taclai, Emberemi), alla foce dei torrentelli, essa diviene assai anfrattuosa nella regione in faccia alle Dahlac, dove si aprono la Baia di Archico, con il bel porto di Massaua, e la vasta insenatura del Golfo di Zula o di Aràfali, limitato a E. dalla Penisola di Buri. Sulla costa dancala settentrionale sono la larga e aperta Baia di Auachil e la Baia di Anfila; lungo quella meridionale il Golfo di Edd, quello di Barasoli a N. di Ras Rahmat, la Baia di Beilùl e l'ampia Baia di Assab con un arcipelago d'isolette fra cui l'isola Fatmah. I coralli costruttori che abbondano lungo tutta la costa ne rendono mutabile nei dettagli il contorno e pericolosa la navigazione.
Clima. - Il ciglione orientale dell'altipiano eritreo costituisce una linea fondamentale di demarcazione, così del rilievo e dell'idrografia, come del clima, il versante orientale essendo esposto d'inverno ai venti umidi provenienti dal Mar Rosso, e soggetto in estate a un regime di alte pressioni che lo rendono in quella stagione particolarmente caldo e asciutto; mentre il versante occidentale è soggetto a piogge estive tipicamente tropicali e assai abbondanti. Le zone climatiche iri cui queste due regioni sono state suddivise corrono a un dipresso parallele a quella linea fondamentale. Nella regione orientale, a piogge invernali, sono da distinguere due zone: una prima zona, litoranea o del bassopiano orientale, è alla sua volta suddivisa in zona marittima e insulare caldissima, con massimi assoluti di 45° e 50° in luglio e minimi in febbraio, e un'escursione media annua di 8°5, nella quale le piogge, irregolari, cadono da ottobre ad aprile o maggio, e ammontano nella parte N. a circa 100 mm., mentre sono quasi insignificanti nella parte S., ad Assab; e zona del bassopiano interno, con maggiore varietà termica: a N., dove è aperta verso il mare, vi corrisponde un clima di steppa, con umidità relativa minore e piovosità maggiore che nella precedente, a S. prevale un clima nettamente desertico (depressione dancala). La seconda zona, o zona delle pendici orientali, estesa fra 1000 e 1800 m. s. m., ha precipitazioni abbondanti, prevalentemente invernali, ma talora vi giungono piogge estive da O., per cui nessun mese è in genere interamente privo di precipitazioni, e queste oscillano fra 800 e 900 mm., distribuite in 50-70 giorni. Frequenti nebbioni invernali favoriscono pure la vegetazione. La zona di transizione fra la regione orientale e l'occidentale è rappresentata dal ciglio dell'altipiano e dalle rore. Essa ha nebbie e rugiade abbondanti nell'inverno, temperatura media annua assai bassa, in rapporto con la notevole elevazione (1800-3000 m.), forte l'escursione media giornaliera, ma non molto elevata l'annua. Le precipitazioni oscillano fra 400 e 500 mm., e sono distribuite in 30-60 giornate piovose, prevalentemente estive; si determinano così notevoli abbassamenti della temperatura nell'estate e i massimi calori corrispondono per conseguenza alla primavera. La regione occidentale, riparata dai venti umidi del Mar Rosso, ha piogge esclusivamente estive con carattere temporalesco, precedute in primavera dalle cosiddette "piccole piogge"; scarse le nebbie e le rugiade, varia la temperatura e gradatamente crescente, passando dall'altipiano alle pendici e da queste al bassopiano verso il Sudan. Sono queste le tre zone in cui la regione stessa può essere suddivisa. Sull'altipiano la temperatura media è alquanto più alta che sul ciglio di esso, con escursione minore, con minime assolute più alte e massime più elevate: le piogge, ripartite in 40-60 giorni su gran parte dell'anno, ma specialmente copiose in luglio e agosto, variano fra 45° e 63° mm. annui. Nella regione delle pendici occidentali la temperatura è naturalmente più elevata, intorno ai 21°, variando fra estremi di 10° e 34°, e con escursione diurna di 11°; le piogge, specialmente estive ma estese da marzo a novembre, raggiungono 390-460 mm. in 33-51 giorni. Finalmente nella zona delle pianure sudanesi le temperature sono ancora più elevate (Kassala, poco oltre confine, ha una media di 27°, con massime assolute di 44° ed escursione diurna media di 15°), le piogge francamente estive (aprile-ottobre), scarse (300-500 mm.) e ripartite in minor numero di giorni (32-46).
Idrografia. - Dei 117.000 kmq. costituenti la parte continentale dell'Eritrea, 24.000 kmq. appartengono al bacino del Nilo e quindi del Mediterraneo, 82.000 kmq. a quello del Mar Rosso, e 11.000 ai bacini chiusi della Dancalia. I due maggiori fiumi della colonia non le appartengono che in parte e volgono ambedue al Nilo. Il Setit nasce con il nome di Tacazzè in Abissinia e interessa il territorio eritreo per un tratto di 150 kmq., segnandone in parte il confine meridionale, e abbandonandolo a Ombrega. Il solo affluente di qualche importanza, in territorio eritreo, è il Sittona. Il Setit ha acqua perenne anche nel suo corso inferiore, dove durante le piene è spesso inguadabile; ma nelle massime magre la portata si riduce a circa 4 mc. La portata media annua si calcola a mc. 97 con massimo di 1700. Il Gasc interessa la colonia per 6/6 del suo corso (che è di circa 680 km.) e per un'area complessiva di 22.000 kmq., di cui circa 2/3 montani e 1/3 di pianura entro confine. Nasce con il nome di Mareb dal M. Tacarà (m. 2579) non lungi da Asmara e dopo un tronco diretto N.-S. segna per un certo tratto il confine meridionale. Con la confluenza dell'Ambessa o Mareb Nusc s'inizia il medio corso, attraverso il paese dei Cunama, che lo chiamano Sona. Il basso corso (Gasc) principia a Elit e, attraversata la stretta di Tessenei, irriga le colture di cotone della pianura omonima, dopo di che esce dal territorio eritreo al M. Gulsa, verso Kassala. Il Mareb ha acqua perenne, sebbene con regime variabile; il Sona è già un fiume temporaneo; il Gasc ha acqua per circa 90 giorni, nel periodo delle piogge estive, durante le quali la portata media va da 20 a 63 mc., con massimi assoluti di oltre 1000 mc. Il defluss totale annuo del Gasc si calcola da 158 a 486 milioni di mc.
Al bacino del Mar Rosso appartiene il Barca o Bàraka, che spetta all'Eritrea per la sua parte superiore e media (430 km. su 630). Nasce come il Mareb al M. Tacarà, ma volge a NO. assumendo nomi diversi, finché ai pozzi di Dambà riceve quello con cui è designato generalmente: nel suo corso medio ha acqua solo per pochi giorni nella stagione delle piogge; scende al mare con sei bracci presso Tokar, fuori confine. Affluente principale del Barca è l'Anseba (350 km.), che nasce presso Asmara con il nome di Mai Belà e ha acque perenni nel suo corso superiore, mentre più a valle corre solo durante o dopo la stagione delle piogge. Gli altri corsi d'acqua tributari del Mar Rosso hanno molto minore importanza: scarsa quelli che dalle rore o dal declivio orientale scendono attraverso il Sahel o il Samhar, quali il Falcat, il Lebca, l'Uachiro, l'Haddas, il Comaile, tutti perennemente asciutti nel loro tronco inferiore; scarsissima quelli che scendono dal declivio orientale della zona montuosa dancala, quali il Saroita, l'Erebli, il Gahar. I primi, essendo alimentati dalle piogge estive dell'altipiano, hanno qualche interesse per l'irrigazione dei paesi del bassopiano orientale, dove le piogge cadono invece d'inverno. Nel bacino chiuso della Dancalia sboccano, scendendo dall'altipiano, il Dandero, che nasce nel Soira, e l'Endeli, che ha uno sviluppo di 130 km., originandosi nella conca di Senafè.
Dei varî bacini lacustri che si trovano nel fondo della depressione dancala, in territorio eritreo, uno solo ha qualche importanza: quello salato dell'Alel Bad (-120 m); altri minori esistono nella Penisola di Buri. La salsedine di queste acque è in rapporto sia con la mancanza di un deflusso al mare, sia con il clima desertico o subdesertico. Salmastre o selenitose sono del resto, per la maggior parte, le acque sotterranee che affiorano in numerosi pozzi nei bassopiani sudanese ed eritreo. Migliori sono le acque correnti nel subalveo dei torrenti anche asciutti, le cui valli perciò segnano le principali vie del commercio tradizionale indigeno.
Vegetazione e flora. - Le condizioni della vegetazione eritrea e il suo aspetto sono assai varî in relazione alle condizioni climatiche della regione (v. sopra). Una certa caratteristica di uniformità è data dalla relativa scarsezza dei boschi e dal predominio di aree di tipo stepposo. Nell'interno della Dancalia alcuni territorî sono completamente deserti con magrissima vegetazione alofitica: qua e là vi sono delle oasi in corrispondenza dei fiumi che scendono dall'altipiano o dei pozzi che sono costituiti da acque del sottosuolo affioranti. In queste oasi la pianta caratteristica è la palma dum (Hyphaene dankalensis Becc.) da cui si ottiene una bevanda fermentata. Data la salsedine del territorio la vegetazione in cui predominano tamerischi e Suaeda, è simile a quella che si riscontra lungo parecchie spiagge eritree tanto della Dancalia quanto verso Massaua, dove però troviamo nei tratti di spiaggia bassa la zona a Mangrovie (Avicennia officinalis) in parte sommersa durante l'alta marea, caratteristica e sviluppatissima nei paesi tropicali. Nelle regioni basse della Dancalia prive di acqua vi sono rare acacie a ombrello (Acacia spirocarpa e altre specie) e poche altre piante deserticole. Nella zona marittima a N. di Massaua e fino al Barca la vegetazione appare poco diversa ed è limitata, durante la stagione secca, al letto dei corsi d'acqua temporanei ove fra l'altro si trova la Calotropis procera (Kapok o seta vegetale), nella rimanente zona vi sono solo sporadici cespugli spinosi e rare acacie. Durante le piogge invernali invece si ha nei tratti piani una rigogliosa ed effimera vegetazione erbacea che trasforma la regione in vere praterie ove pascolano le mandrie dei Saho e degli Habab. Nei dintorni di Assab si coltiva la palma dattilifera (2700 esemplari, nella Dancalia settentrionale 500 esemplari).
I caratteri della zona marittima si riscontrano in alcune delle isole e si continuano con grandi variazioni lungo le valli delle pendici dell'altopiano fino a 600-700 m. s. m.; al di sopra e in corrispondenza della zona di maggiori precipitazioni idriche e di nebbie invernali vi è una vegetazione arborea abbondante che forma folti boschi. Così si osserva nell'Assaorta, nella valle di Ghinda, a Fil Fil ecc.; s'ignora se simile zona esista anche nella regione montuosa marittima della Dancalia. Fra le specie arboree di alto fusto osserviamo: l'Olea chrysophylla fra i 1700-2400 m., il Iuniperus procera fra 2200 e 2400 m., l'Euphorbia abyssinica fra i 1600-2300 m. che costituiscono o promiscuamente o separatamente boschi; inoltre vi è il Mimusops e l'ebano del Sudan. Nel sottobosco vi sono arbusti rampicanti, epifite e piante erbacee. Però intere zone, specialmente nell'Hamasen e nel Seraè, sono state completamente spogliate della vegetazione arborea: restano i boschi di olivo degli Habab e dei Maria, quelli di euforbie dell'alto bacino del Barca e del Mareb, quelli di ginepro dei maggiori altipiani dei Soira e del Cohaito. L'altipiano è in gran parte privo di vegetazione arborea e di colture, ma durante le piogge estive si ha abbondante sviluppo di erbe, che servono di pascolo alle mandrie dei nomadi che d'inverno scendono al bassopiano.
Le valli interne tanto dell'Anseba quanto del declivio verso il Sudan sono scarsamente rivestite di vegetazione arborea: cespugli spinosi e acacie; solo i letti dei fiumi e i fondi delle valli, ove permane l'acqua a poca profondità, presentano una rigogliosa vegetazione arborea e qui si osservano alcuni fra i più noti alberi tropicali come il sicomoro (Ficus sycomorus), il baobab (Adansonia digitata), il tamarindo (Tamarindus indica), la Kigelia africana, ecc. Dalle valli del declivio sudanese procedendo verso la regione pianeggiante, tanto verso il Barca quanto verso il Gasc e il Setit, i caratteri steppici si accentuano sempre più. Sviluppo di vegetazione erbacea si ha solo durante la stagione delle piogge, negli altri periodi dell'anno le pianure sono nude o presentano rare piante spinose specialmente acacie, solo il letto dei corsi d'acqua (asciutti per gran parte dell'anno) presenta un ricco rivestimento di vegetazione arborea che forma qua e là boschi a galleria con palme dum, sicomori e tamarindi. La palma dum che qui prospera è l'Hyphaene nodularia assai utile per uso industriale. La flora eritrea presenta notevoli affinità con quella della vicina Arabia e comprende molte interessanti specie alpine tropicali che si estendono fino ai monti dell'Africa equatoriale.
Fauna. - La fauna eritrea è molto varia a causa della presenza nella regione, di zone di pianura stepposa e di altipiano. Frequenti le scimmie tra le quali il Cercopiteco grigio-verde (Cercopithecus sabaeus) che vive in piccoli branchi lungo i torrenti di montagna e più raramente in pianura; l'Amadriade (Papio hamadryas) propria della zona montuosa. Molti pipistrelli tra i quali il Pteropus dariae, una rossetta delle coste del Mar Rosso e insettivori rappresentati da ricci e toporagni. Tra i carnivori il leone, il leopardo, il ghepardo (Cynailurus guttatus), le iene abbondanti in tutta la colonia, che vivono in branchi e a volte assalgono gli armenti, il licaone noto per le leggende sul suo coraggio diffuse fra gl'indigeni, sciacalli, viverre, linci, mangoste e il tasso eritreo (Mellivora capensis) ghiotto di miele e tuberi, temuto dai possessori di pollai dove a volte compie incursioni. Gli elefanti una volta numerosi sono ora difesi nelle riserve. Frequenti le giraffe, i facoceri, le antilopi, le gazzelle, le lepri africane, gl'istrici.
Gli uccelli, assai numerosi, sono rappresentati da falchi, da altri rapaci, da pochi pappagalli, da storni dagli splendidi colori, struzzi, marabù, francolini, serpentari, fringuelli, ghiandaie e dalle meravigliose nectarinie. Tra i rettili, il coccodrillo, i varani ed altre grosse lucertole, i pitoni, i cerasti, le naie e altri serpenti velenosi. Tra i pesci sono da notare grosse specie di Siluridi. Ricchissima la fauna entomologica e malacologica con svariate forme a carattere prettamente equatoriale.
Popolazioni e linguaggi. - Il Conti Rossini divide le popolazioni non tigrine della Colonia Eritrea, dal punto di vista giuridico-sociale, in due gruppi: l'uno con "ordinamento aristocratico" (gnuppo che include quasi tutte le genti eritree) l'altro con "ordinamento democratico". Questo secondo gruppo è composto dai soli Baria e Cunama. Ciò tipicamente sottolinea la singolare situazione dei Baria e dei Cunama rispetto alle altre genti dell'Eritrea.
a) Baria e Cunama. - Queste due genti affini dell'Eritrea occidentale hanno dunque una struttura sociale che ricorda, se non il matriarcato, come alcuni hanno detto, almeno un ordinamento gentilizio entro il quale il nucleo familiare non si è più ben differenziato. Naturalmente un tale stato può essere considerato sia come un'antica forma sociale non evoluta e sia come una involuzione o piuttosto degenerazione da società già meglio evolute. Non è facile accettare l'una o l'altra di queste due ipotesi: quella d'un regresso sociale dei Baria e dei Cunama potrebbe forse trovare qualche maggior indizio storico.
Il linguaggio dei Baria e quello, affine ma notevolmente differenziato, dei Cunama formano il gruppo nord-orientale delle lingue nilotiche (v. nilotiche, lingue). Il Reinisch vide in queste lingue, che egli riattaccò alla grande famiglia camitica, la connessione tra camitico e sudanese. Il Meinhof, invece, le ritenne sudanesi. La conclusione degli studî del Conti Rossini è che le lingue nilotiche, tra cui il baria e il cunama, si debbono ritenere non camitiche. Entro lo stesso gruppo nilotico il baria e il cunama sono di tipo notevolmente indipendente, pur conservando le caratteristiche fondamentali (p. es. le alternanze vocaliche, ecc.). Purtroppo, però, gli studî scientifici sul baria e sul cunama sono da considerarsi ancora in uno stadio iniziale, mancando per il baria sicuri materiali di studio oltre quelli raccolti da Werner Munzinger e non avendosi pel cunama altro lavoro sistematico dopo le raccolte del Reinisch e le note del Conti Rossini.
b) Begia. - Le popolazioni di pastori nomadi Begia che abitano la zona nord-occidentale dell'Eritrea sono affini a quelle limitrofe dell'attuale Sūdān Anglo-Egiziano. Il begia (che è detto bedauye) è una lingua camitica della famiglia cuscitica. Fu supposto che il linguaggio delle iscrizioni meroitiche potesse essere spiegato col begia; ma gli studî del Meinhof sono contrarî a tale ipotesi.
c) Saho e Danachili. - Queste genti, anche esse dedite alla pastorizia, occupano l'Eritrea meridionale dalla baia di Zula alle montagne dell'Assaorta e sino al confine con la Somalia Francese. Il loro ordinamento gentilizio, ancora poco noto, meriterebbe di essere studiato. Parecchi tratti della loro cultura sono connessi con analoghi usi dei Somali; e monumenti osservati in Dancalia trovano spiegazione solo nel paragone con monumenti simili della Somalia settentrionale. Il saho ed il dancalo, o meglio i dialetti sahodancali, appartengono al camitico (famiglia cuscitica). Essi sono, sia lessicalmente sia dal punto di vista morfologico, molto affini al somalo.
d) Somali. - In due isolette della Dancalia (Eritrea meridionale) vive un piccolo gruppo di Somali Migiurtini colà trasferitisi in tempi recenti. Per il loro linguaggio v. somalia.
e) Bileni. - Nella regione di Cheren si è mantenuto sin oggi un gruppo (i Bileni) di genti Agau colà emigrate dall'altipiano etiopico centrale. Questo gruppo, che viene assimilandosi in parte alle vicine genti tigrè, ha una notevole importanza dal punto di vista etnologico appunto in relazione con i residui nuclei Agau della regione del lago Tana e dell'Agaumeder. Genti preesistenti nella regione e insieme alcuni degli stessi gruppi Agau immigrati furono storicamente ridotti in condizione di vassallaggio dai "nobili" delle stirpi bilene.
Il linguaggio bileno appartiene quindi, con gli altri linguaggi Agau, al camitico (famiglia cuscitica). Anzi, sembra abbia mantenuto alcuni caratteri arcaici che nelle altre parlate Agau sono perduti.
f) Popolazioni di lingua tigrè. - I pastori nomadi Habab, Maria e Mensa dell'Eritrea settentrionale e occidentale e la popolazione di Massaua parlano la lingua tigrè. Le tribù Habab, Maria e Mensa hanno anch'esse un ordinamento "di tipo aristocratico" alcune stirpi arrogantisi una particolare nobiltà hanno le altre stirpi in vassallaggio. L'origine etnica delle stirpi nobili sembra, anche qui, diversa, almeno in parte, dall'origine delle stirpi dei vassalli: probabilmente Saho per i "nobili" dei Mensa e dei Maria, per quanto alcune genti "nobili" dei Maria si considerino addirittura, nelle loro tradizioni genealogiche, discendenti dagli Omayyadi.
Il tigrè è una lingua semitica del gruppo etiopico. Oltre che presso queste genti, esso è parlato come lingua seconda da buona parte dei Bileni e delle genti Begia.
g) Popolazioni dello Hamasen, del Seraè e dello Acchelè Guzai. Queste popolazioni che abitano la zona centro-meridionale dell'Eritrea parlano il tigrino e sono affini a quelle del limitrofo Tigrè. Tra esse, come appunto nel Tigrè, all'ordinamento gentilizio antico si è sovrapposto il feudalesimo nel suo sistema etiopico. Statuti locali hanno fissato in alcuni distretti le norme consuetudinarie; e conventi e chiese hanno avuto la posizione giuridica e sociale ben nota nella vicina Etiopia.
Il tigrino è, anch'esso - come l'affine tigrè di cui si è parlato sopra - una lingua semitica del gruppo etiopico. Oltre che in questi distretti dell'Eritrea, il tigrino è parlato nel limitrofo Tigrè politicamente dipendente dall'Impero Etiopico.
Dati statistici sulla popolazione. - La popolazione indigena della colonia, secondo un censimento del governo coloniale al principio del 1928, sarebbe di 510.178 ab.; secondo altre fonti di 405.000. Il censimento fatto eseguire nel 1905 dal governatore Martini diede, sempre per la popolazione indigena, una cifra di 274.995 ab.; accusando così una sensibile diminuzione rispetto a un accertamento fatto praticare dallo stesso Martini all'atto di assumere il governo della colonia, secondo il quale si avevano 333.000 ab.: (si noti anche come 6000 Cunama erano stati posteriormente aggregati alla popolazione della Colonia in seguito all'acquisto italiano della zona tra Gasc e Setit nel 1902). Ma la diminuzione - osserva il Martini - doveva ritenersi soltanto apparente e attribuirsi alla poca attendibilità del primo computo. Sensibilissimo, invece, sarebbe stato l'aumento verificatosi nell'ultimo quarto di secolo, che avrebbe quasi raddoppiato la popolazione della colonia, ciò che sarebbe dovuto in parte al naturale accrescimento, in parte alla forte immigrazione di elementi abissini e sudanesi, richiamati nella colonia dai lavori che vi si stanno eseguendo e dalla tranquillità che vi si gode.
In mancanza di notizie attendibili più recenti circa le ripartizioni per lingue e per religioni della popolazione indigena, riferiamo i dati che si ricavano dalla relazione Martini in base al censimento del 1905, secondo i quali si avrebbero, per quanto riguarda i linguaggi, le seguenti percentuali: parlanti il tigrai 41,45%; parlanti il tigrè 21,93%; il begia 14,03%; il saho 6,03%; il bileno 5,64%; il baza 4,65%; il daucalo 3,29%; il baria 2,36%; l'arabo 0,44%; il somalo 0,08%. Riguardo alla religione professata è da avvertire che sono cristiani monofisiti la grandissima maggioranza degli abitanti dell'altipiano, eccetto i nuclei di cattolici convertiti dalle missioni stabilite nel paese sino dalla metà del secolo XIX, e di protestanti, convertiti dalle missioni svedesi. La maggioranza della popolazione della colonia (e cioè gli abitanti delle zone occidentali e settentrionali dell'Eritrea e di tutta la zona costiera) è composta di musulmani. Finalmente sono da considerare i Baria e i Cunama, computati con molta incertezza, nel 1905, a 12.362, in gran parte pagani, ma che sono negli ultimi anni parzialmente passati alla religione musulmana o a quelle cristiane. Comunque, riferendosi sempre alla data del 1905, la ripartizione della popolazione eritrea per religioni darebbe proporzionalmente: musulmani 55%; cristiani monofisiti 37,41%; cattolici 2,64%; protestanti 0,11%; pagani 4,49%. Quanto alla popolazione europea o assimilata, si hanno i risultati di un censimento eseguito nel 1921 che la fissano a 4177 ab., dei quali 3874 Italiani, ripartiti tra Asmara (2620), Massaua (439), Cheren (269), Adi Ugri (124); Adi Caieh (94), Assab (20), ecc. Dei 303 stranieri, 253 erano Greci, 15 sudditi inglesi, 10 turchi, 7 albanesi.
Prodotti del suolo, agricoltura, allevamento, pesca e prodotti minerali. - La grande diversità delle condizioni topografiche e climatiche della colonia determina, come fu detto, una grande differenza nella vegetazione spontanea e quindi anche nelle coltivazioni. L'agricoltura è praticata specialmente dalle popolazioni sedentarie abitanti l'altipiano, le quali con mezzi alquanto rudimentali coltivano cereali (orzo, dura, mais, frumento), legumi e semi oleosi. Essi non si limitano a coltivare i territorî dove sono stanziati, ma spingono la semina anche nelle zone delle pendici orientali ove si trovano condizioni assai favorevoli ad alcune colture, specialmente della dura, che forma la base dell'alimentazione della popolazione indigena. Le tracce di antiche opere di terrazzamento o di canalizzazione, oggi in gran parte neglette, mostrano come in passato l'agricoltura fosse abbastanza curata; ma già si avverte anche da parte degl'indigeni una crescente ripresa in tali lavori e in genere verso una migliore utilizzazione della terra a scopo agricolo. Praticano l'agricoltura, nella quale si mostrano assai provetti, anche i Cunama coltivando specialmente cereali, legumi, tabacco. Le popolazioni del bassopiano, tanto di quello costiero quanto di quello occidentale o sudanese, esercitano generalmente la pastorizia; ma taluni, dopo l'affermarsi del dominio italiano che li ha liberati dalle frequenti incursioni dei razziatori abissini, vanno gradatamente fissandosi alla terra. La proprietà del suolo appartiene, sull'altipiano. agl'indigeni: sia alle collettività dei villaggi di cui ciascun componente gode il diritto; sia alle singole famiglie fra cui poté essere ripartita per un periodo di tempo determinato o anche a tempo indefinito; sia ai conventi e alle chiese. Limitatissime sono le aree demaniali divenute tali per estinzione delle stirpi cui appartenevano e delle quali il governo della colonia poté disporre per concederle a coltivatori italiani. Queste concessioni possono invece essere fatte su larga scala nelle zone del bassopiano, in gran parte spopolate, secondo le norme stabilite con r. decr. 7 febbraio 1926, che impongono il pagamento di un piccolo canone. La coltivazione che vi si può praticare, dove specialmente è consentita l'irrigazione, è quella del cotone. Un'opera di sbarramento del corso del Gasc, inaugurata nel 1928, presso il confine occidentale della colonia, in località Tessenei, permette di dare alla cotonicoltura e all'agricoltura in genere uno speciale campo d'azione. Il caffè, di cui si va diffondendo la coltivazione, non solo da parte dei concessionarî italiani, ma anche da parte dei coltivatori indigeni, il tabacco, l'agave sisalana e altre piante proprie dei climi caldi sono state introdotte in colonia e dànno a sperare in un continuo incremento.
Ma la risorsa principale dell'economia eritrea rimane sempre l'allevamento del bestiame, al quale si dedica oltre la metà della popolazione indigena che esercita la pastorizia transumante alternando secondo le stagioni il soggiorno dell'elevata regione delle rore con quello del bassopiano e ovunque spostandosi a seconda del diffondersi di malattie e della distruzione dei pascoli prodotta dall'invasione delle cavallette. Anche gli agricoltori sedentarî dell'altipiano, uniscono alle pratiche delle coltivazioni quella dell'allevamento, come del resto fanno i concessionarî europei. Lo sviluppo dell'allevamento, nonostante le malattie (peste bovina), vittoriosamente combattute dal governo coloniale con apposite cure profilattiche, tanto apprezzate dagl'indigeni anche di paesi oltre confine, sarebbe stato assai notevole negli ultimi 25 anni. Un censimento praticato nel 1905 aveva dato un patrimonio zootecnico di 295.717 bovini (zebù), 736.132 ovini e caprini, 46.953 camellidi e 29.789 equini. Secondo recenti accertamenti esso sarebbe ora salito a 543.658 bovini, 1.279.787 ovini e caprini e 57.519 camellidi.
Il mare che lambisce le coste dell'Eritrea si mostra molto ricco di pesce, di molluschi e di altri prodotti della fauna marina, che da tempo sono divenuti oggetto di una fruttifera raccolta. Antica e fiorente è quella delle perle, della madreperla, dei trochus, per cui Massaua è diventato il principale centro di raccolta del Mar Rosso e che dànno un considerevole contributo all'esportazione. Vi attendono particolarmente gl'indigeni della costa e delle isole e gli Arabi dello Yemen e del Golfo Persico. Una società italiana delle pescherie dell'Africa Orientale ha da poco intrapresa su larga scala la pesca e la salagione dell'abbondante pesce che viene catturato e che trova conveniente collocamento, oltre che nel mercato interno della colonia, anche in Egitto e nell'Estremo Oriente.
Il sottosuolo dell'Eritrea apparisce abbastanza ricco di minerali pregiati, a cominciare dall'oro, che si rinvenne in filoni quarziferi nella valle dell'Anseba. Ma il loro sfruttamento, già regolarmente iniziato e sul quale un tempo si fondarono tante speranze, non risultò rimuneratore. In varî luoghi è stata riconosciuta l'esistenza di minerali metallici (ferro, manganese, zinco), di ligniti, idrocarburi, ecc., senza tuttavia che potessero essere presi in considerazione. Il diritto di ricerche e di escavazione di depositi minerali è regolato dal r. decr. 7 febbraio 1926, il quale stabilisce anche le modalità per le relative concessioni. Una notevole ricchezza mineraria, in via di sempre maggiore sfruttamento, è data dal sal marino, per l'estrazione del quale esistono grandi impianti a Massaua (Gherar) e più recentemente altri ancora ne sorsero a Uachiro, a 35 km. a nord di Massaua, e ad Assab.
Limitata è l'industria, che si riduce ad alcune fabbriche di farine e paste alimentari, a uno zuccherificio sorto di recente all'Asmara, a una fabbrica di scatole di carne, alla fabbricazione del ghiaccio artificiale, alla sgusciatura dei noccioli di palma dum, per la cui raccolta e selezione si è di recente istituita apposita società, oltre a quelle che si collegano all'estrazione del sale, alla salagione del pesce e a qualche lavorazione minore per il consumo interno degl'indigeni.
Commercio. - L'importanza economica dell'Eritrea, più che nelle sue scarse risorse naturali, risiede o dovrebbe risiedere nelle funzioni di transito per il commercio con l'Etiopia da un lato, con lo Yemen dall'altro. Queste funzioni, per quanto palesino un certo progresso, sono per altro alquanto limitate nei riguardi dell'Etiopia per l'odierna mancanza di mezzi di comunicazione moderni (come è invece, la ferrovia di Gibuti), onde forse solo un quinto del commercio esterno dell'Etiopia prende la via di Massaua o di Assab, e non estesi, rispetto a quello che potrebbero essere, sono gli scambî con l'opposta costa araba. Riguardo al commercio interno mancano elementi per calcolarlo. Dati per altro gli scarsi bisogni della popolazione e la limitata produttività del paese, esso è certamente di poco conto e si limita alla raccolta dei prodotti agricoli e pastorali per il consumo interno e per l'esportazione, e al collocamento degli articoli d'importazione dell'industria europea: cotonate, ferro lavorato, zucchero, ecc.; questo commercio si esercita particolarmente in alcune località dove funzionano mercati settimanali: tali Asmara, Adi Caieh, Agordat, ecc. Il commercio esterno si esercita per la massima parte per via marittima, facendo capo al porto principale di Massaua e agli scali minori della costa adiacente, e per via carovaniera attraverso la frontiera terrestre, specialmente con le provincie contermini dell'Etiopia (Tigrè e regione del Lago Tana) e in minori proporzioni con il Sūdān Anglo-Egiziano. Nel commercio esterno ha parte considerevole quello che potremmo chiamare di transito, ma che tale non è agli effetti doganali, per cui nelle importazioni figurano merci destinate a essere esportate e viceversa. Le statistiche del 1929 dettero per le importazioni un complessivo valore di quasi 252 milioni di lire, di cui 208 di merci introdotte per via marittima e 44 di merci provenienti dall'interno per via carovaniera. Le esportazioni figurano solo per un valore di 105 milioni, di cui 72,5 per via marittima e 32,5 per via carovaniera. Un vero e proprio commercio di transito, rappresentato da merci sbarcate a Massaua in deposito franco per essere ricaricate con destinazione ai porti arabici, ragguagliò il valore di 32 milioni. Il movimento totale del commercio esterno della colonia fu quindi nel 1929, di 357 milioni e, attraverso oscillazioni varie, determinate specialmente da mancati raccolti per vicende atmosferiche o devastazioni prodotte da invasioni di cavallette, si mantenne quasi costante nell'ultimo quinquennio. Un movimento ascendente mostra tuttavia il commercio carovaniero, tanto nelle importazioni quanto nelle esportazioni, il che palesa, nonostante la deficienza di ferro, di cui si è detto, una certa intensificazione nei nostri rapporti economici con l'Etiopia, dovuta all'opera delle nostre agenzie commerciali stabilite ad Adua, a Gondar e a Dessiè e ai provvedimenti presi dal governo coloniale per facilitare il transito delle carovane attraverso il territorio della colonia. Nel commercio d'esportazione figura in primo luogo il caffè, di cui 2/3 proveniente dallo Yemen e 1/3 dall'Etiopia; seguono le pelli secche, tanto di bovini quanto di caprini, in parte produzione locale e in parte provenienti dall'Etiopia; quindi i prodotti locali, sia della vegetazioue spontanea (noccioli di palma dum) sia quelli coltivati (semi di lino, cotone), il sale, le perle, la madreperla e i trochus. In quello d'importazione, oltre alle merci che si riesportano (caffè, pellami), figurano i prodotti dell'industria europea (cotonate, oggetti lavorati, zucchero, vini, liquori, macchinarî, ecc.). Il commercio esterno per via marittima è praticato principalmente con l'Italia, che da sola assorbe i 2/3 dell'esportazione, mentre il resto si compie con la Francia, con l'India Inglese, ecc. Tutte le merci che entrano in colonia, tranne i prodotti italiani e il caffè proveniente dallo Yemen, che pagano solo un diritto di statistica, sono soggette a dazî d'entrata di cui alcuni specifici (tabacchi, cereali, vini, manufatti di lino, di lana, di cotone), altri ad valorem, variabile secondo le merci tra l'8 e il 15%. Un dazio d'esportazione in ragione del 3% paga la madreperla; è vietata l'esportazione della legna da ardere, della dura, del pollame, delle uova. Il servizio doganale è esercitata nella dogana principale di Massaua (dove, come fu detto, funziona un deposito franco) e nelle dogane secondarie degli scali costieri di Delemmè, Harèna, Meder, Edd, Barasoli, Assab e di quelli insulari di Melil Nora, Dahlac Chebir, Dubella.
Pesi e misure. - Pesi e misure sono quelli del sistema metrico decimale, per quanto presso gl'indigeni si usino ancora: l'okia di 28 grammi (peso di un tallero) e il rotolo di 16 okie (kg. 0,448) per i pesi; il cubì di m. 0,32 e l'emmet o derah di m. 0,46 per le lunghezze; il messé (litri 1,50) per la capacità, ecc. (Per le monete v. p. 233).
Comunicazioni. - Le comunicazioni interne dell'Eritrea sono assicurate da una ferrovia che, partendo da Massaua, raggiunge l'altipiano ad Asmara per proseguire poi per Cheren e Agordat, sin verso il confine occidentale della colonia. Questa ferrovia, iniziata nel 1887 durante la campagna di guerra di quell'anno, tra Massaua e Saati (27 km.), rimasta interrotta e ripresa solo per volere del governatore Martini nel 1901, fu aperta al traffico fino a Ghinda nel 1904, sino all'Asmara nel 1911 e sino ad Agordat nel 1922. Attualmente (maggio 1930) l'intera linea in esercizio misura 349 km. La ferrovia ha uno scartamento di m. 0,95, che è quello delle ferrovie secondarie sarde; per la sua costruzione si dovettero superare difficoltà tecniche grandissime, trattandosi di vincere nel tratto Massaua-Asmara. un dislivello di 2400 m. su soli 65 km. di distanza rettilinea. Il percorso si compie in 6 ore nel tratto Massaua-Asmara (3 corse settimanali), in 4 ore 1/4 nel tratto Asmara-Cheren e in altrettante nel tratto Cheren-Agordat (2 corse settimanali). Il traffico annuo si aggira intorno ai 100.000 viaggiatori e supera un milione di quintali, mostrando, nel suo complesso, una costante tendenza ad accrescersi; tendenza che più si manifesterà quando la ferrovia avrà raggiunto Tessenei e i suoi campi cotonieri e Om Ager (confine etiopico), che oggi sono congiunti ad Agordat con buone piste camionabili. A quest'arteria ferroviaria si riallaccia una rete di 17 vie rotabili per 762 km. di sviluppo e di 36 piste camionabili per 2477 chilometri. Le principali di queste diramano da Asmara e fanno capo: una ad Adi Ugri e Adi Quala, donde continua la carovaniera per Adua; una a Saganeiti, Adi Caieh e Senafè, dove fa capo la carovaniera di Macallè; una a Cheren. Una via carovaniera camionabile è stata di recente aperta tra Massaua e Assab e tra Assab e Raheita, mentre da Assab sino al confine etiopico è stato già costruito il tronco italiano della futura strada camionabile Assab-Dessiè. Servizî regolari automobilistici funzionano sui percorsi Asmara-Adi Caieh-Senafè; Asmara-Adi Ugri, e Agordat-Tessenei-Om Ager. Le più recenti statistiche davano in circolazione in Eritrea 446 autoveicoli di cui 50 motocicli.
Le comunicazioni marittime con l'Italia sono assicurate dalla linea postale mensile Genova-Massaua-Mogadiscio-Zanzibar, che fa scalo anche a Port Sudan; da un'altra linea bimestrale Genova-Durban, che tocca pure Port Sudan, Aden e gli approdi della Somalia Italiana. Fa inoltre scalo a Massaua una linea mensile per Chisimaio, che tocca Hodeida, Assab, Gibuti. Un servizio settimanale, che assicura più frequenti comunicazioni, congiunge Massaua con Suez in corrispondenza ferroviaria con Alessandria, toccando Port Sudan, Giddah, Cosseira e Tor. Si annunzia prossima l'istituzione di nuovi servizî che metteranno Massaua in più facile rapporto con gli altri scali delle due sponde del Mar Rosso meridionale. Il porto principale della colonia è Massaua, che, per le condizioni naturali e per i lavori complementari iniziati nel 1929, e in parte ancora in corso di esecuzione (banchine, dighe frangiflutti, magazzini di deposito), può considerarsi uno dei porti principali del Mar Rosso (v.). Il suo movimento nel 1930 fu rappresentato da 245 piroscafi in arrivo (189 italiani, 55 inglesi e 1 finlandese) e da 1340 imbarcazioni a vela (530 italiane, 702 arabe) con un carico complessivo di merci sbarcate di 63.897 tonnellate, e di 90.092 di merci imbarcate; nel 1928 vi furono 9179 passeggeri in arrivo e 14.862 in partenza.
Assab, su cui per le sue qualità naturali cadde, sino dal 1869, la scelta per una stazione marittima, offre un buon ancoraggio naturale, che avrebbe dovuto essere integrato da lavori portuali cui solo di recente si cercò di dare un qualche sviluppo per i bisogni delle nuove saline; sviluppo destinato ad accrescersi quando avranno avuto effetto i recenti accordi italo-abissini per la costruzione della camionabile per Dessiè e per la concessione all'Etiopia di una zona franca nel suo porto. I varî altri scali marittimi che offre la costa a N. e S. di Massaua, dei quali i principali sono Mersa Taclai, Aràfali, Meder e Beilùl, sono semplici approdi atti soltanto al traffico dei "sambuchi" indigeni che solcano il Mar Rosso.
Massaua è collegata alla rete telegrafica internazionale da un cavo sottomarino che fa capo alla stazione inglese di Perim. La rete eritrea si collega inoltre con la rete sudanese a Sabderàt e con quella italo-etiopica che si spinge, con la linea Mareb Scioa, sino ad Addis Abeba a partire dalla stazione di Adi Qualà. Stazioni radiotelegrafiche di grande potenza, capaci ciascuna di corrispondere direttamente con l'Italia e con la Somalia, sono stabilite all'Asmara, a Massaua e ad Assab. Una stazione radio funziona pure a Mersa Fatima Eri nella Baia di Auachil, testa di linea della strada per le miniere di Dallol (Dancalia). Funzionano in colonia 10 uffici postali, e 13 telegrafici e telefonici.
Centri abitati. - Prescindendo dagli avanzi di antichi centri abitati del periodo aksumita che si rinvengono ancora nel territorio della colonia (Adulis nel Golfo di Zula, Toconda presso Adi Caieh), prima dell'occupazione italiana nei territorî costituenti oggi la Colonia Eritrea l'unico centro abitato che potesse qualificarsi città era Massaua, la quale, specialmente dopo il suo passaggio dall'amministrazione turca a quella egiziana, andava lentamente assumendo un aspetto meno miserabile e coprendosi anche di qualche modesto fabbricato civile. Nell'interno, salvo Cheren, dove pure si notava l'embrione di un villaggio, con qualche costruzione in muratura, gli altri centri erano rappresentati soltanto da agglomeramenti più o meno vasti di capanne di stuoie o di legno o di muri a secco. L'occupazione italiana ha notevolmente cambiato questo stato di cose e, oltre alla trasformazione di Massaua, ha veduto sorgere sull'altipiano una vera e propria città europea nella nuova capitale Asmara (v.), che ha ora 15.000 ab. di cui 3500 Europei, mentre Cheren (4500 ab.) si è pure ampliata e trasformata e nuovi centri civili vanno costituendosi negli antichi villaggi scelti a sede degli uffici amministrativi o dei comandi militari italiani. L'istituzione in essi, oltre che dei pubblici uffici, di scuole, chiese, case missionarie, servizî postali e telegrafici, stazioni ferroviarie o di autoveicoli; lo svilupparsi del commercio, lo stanziamento di coloni europei, le opere pubbliche stradali, gli acquedotti, valgono a imprimere loro un certo carattere europeo. Sono da ricordare sull'altipiano, oltre ai citati, i centri di Adi Caieh (2000 ab.), Adi Ugri (3500 ab.), Saganeiti (2200 ab.); nel bassopiano occidentale: Agordat, Barentù, Tessenei, e sulla costa dancala Assab (v.). Gli altri numerosi villaggi indigeni in cui vive la popolazione sedentaria hanno più o meno conservato il loro carattere originario di semplici agglomeramenti di capanne nei quali solo la chiesa presenta qualche volta una particolare distinzione.
Ordinamento politico-amministrativo. - La Colonia Eritrea è retta da un governatore civile nominato con decreto reale e dipendente dal ministro delle colonie. Egli è investito di tutti i poteri che il governo centrale può delegare ed è coadiuvato da un segretario generale che in sua assenza lo sostituisce. Il governatore è assistito da un comitato amministrativo, del quale fanno parte, oltre il segretario generale, i direttori di governo, uno dei magistrati della colonia, il capo di stato maggiore delle truppe della colonia, due cittadini metropolitani e altri funzionarî coloniali che eventualmente fossero chiamati a parteciparvi per casi speciali. Gli uffici di governo comprendono una direzione degli affari civili e politici; una di quelli economici e finanziarî; un ufficio affari generali e del personale e altri uffici tecnici speciali. Il territorio della colonia è suddiviso in circoscrizioni regionali e queste alla loro volta in residenze e viceresidenze, soggette a variare secondo le esigenze e l'opportunità del momento. Sino a qualche tempo fa si avevano 8 commissariati regionali, cioè quelli di Cheren, dell'Hamasen (capitale Asmara), di Massaua, dell'Acchelè Guzai (Adi Caieh), del Seraè (Adi Ugri), del Barca (Agordat), del Gasc e Setit (Barentù): questi due ultimi riuniti poi in un solo commissariato con capoluogo Agordat; della Dancalia Meridionale (Assab). Attualmente i commissariati regionali sono stati ridotti a tre, e cioè: dell'Altipiano (Asmara), del Bassopiano Orientale (Massaua), del Bassopiano Occidentale (Agordat); ad essi va aggiunta la residenza autonoma della Dancalia Meridionale con sede ad Assab. I commissarî, e subordinatamente i residenti e viceresidenti, rappresentano, nell'ambito delle rispettive circoscrizioni, l'autorità e le funzioni del governatore.
L'amministrazione della giustizia per i cittadini italiani e gli stranieri assimilati è affidata al giudice della colonia, scelto fra i magistrati del Regno, al quale spetta di decidere, come giudice unico, sulle cause civili e su quelle penali entro certi limiti di penalità, oltre i quali provvedono il tribunale competente e la corte d'assise presieduta dallo stesso giudice e composta di giudici onorarî. È previsto il ricorso in appello alla corte di Roma. Per gl'indigeni provvedono, a seconda dei casi, i capi riconosciuti dal governo o i residenti, ovvero tribunali speciali da questi presieduti con il concorso di giudici onorarî, funzionarî italiani e notabili indigeni. spetta al governatore il diritto di revisione di tutte le sentenze emesse dalle diverse magistrature.
L'ordinamento militare comprende un corpo di truppe coloniali - reclutate esclusivamente fra gl'indigeni ma inquadrate da ufficiali e sottufficiali e anche da qualche soldato specialista italiani - composto di fanteria, cavalleria, artiglieria e genio e servizî accessorî. In tutto circa 4500 uomini, di cui 261 italiani (124 ufficiali, 65 sottufficiali e 72 militari di truppa). Oltre a questo corpo stanziale vi è una milizia mobile in congedo soggetta a eventuale richiamo nei casi di bisogno, per i quali del resto possono essere chiamati sotto le armi tutti gli atti a prestar servizio. Sono da aggiungere: un corpo di polizia formato da carabinieri italiani e zaptié indigeni; le bande armate che dipendono dai commissarî regionali, e un deposito di reclutamento per gli ascari chiamati a prestar servizio in Libia o in Somalia. Il comando delle truppe è affidato a un colonnello. Le navi da guerra che stazionano nel Mar Rosso dipendono da un comando superiore navale con sede a Massaua.
L'istruzione in colonia è impartita in un certo numero di scuole governative elementari e medie e di scuole professionali, speciali per Italiani e per indigeni o miste. Numerose scuole funzionano nei varî centri della colonia per cura delle missioni religiose cattoliche e protestanti (svedesi).
Finanze. - L'Eritrea ha, come le altre colonie italiane, un bilancio autonomo basato principalmente sui proventi doganali e marittimi che, uniti a quelli delle tasse postali, telegrafiche e telefoniche, costituiscono quasi metà del bilancio di entrata. Di minore importanza sono i tributi annui delle popolazioni indigene (fissati anno per anno con decreto governatoriale e pagabili in denaro, in natura o in noli di quadrupedi), l'imposta demaniale sulle terre godute dagl'indigeni musulmani, le tasse sugli affari e di consumo, le imposte sui fabbricati, sui redditi mobiliari e le altre imposte e tasse in vigore nel Regno d'Italia ed estese alle colonie. La colonia Eritrea è però esente dal monopolio di stato per il sale e i tabacchi, perché le saline di Massaua e le molte piantagioni provvedono ai bisogni del paese e alimentano forti correnti di esportazione. A integrazione dei varî cespiti di entrata il bilancio dell'Eritrea riceve dallo stato italiano un contributo ordinario annuo (il cui ammontare è stato consolidato, dal decr. legge 25 marzo 1929, n. 531, in 22,5 milioni di lire per gli esercizî finanziarî dal 1929-30 al 1932-33), oltre a contributi straordinarî in particolari contingenze. Le uscite nel bilancio dell'Eritrea sono in gran parte costituite da spese di carattere militare.
La valuta ufficiale è quella italiana (monete d'argento e biglietti; questi ultimi però non sono molto ben accetti nell'interno perché ne è difficile la conservazione in ambienti aperti ai danni delle intemperie e delle termiti), che costituisce attualmente la maggior parte della circolazione ed è diffusa anche nelle regioni limitrofe, mentre nell'anteguerra circolavano prevalentemente i talleri di Maria Teresa (parità legale 2 scellini) forniti dalla Zecca di Vienna su ordinazione dei privati. Benché fortemente deprezzati in seguito alla caduta dell'argento, essi conservano tuttora il primato nelle contrattazioni con gl'indigeni e sono l'unica valuta per le transazioni commerciali con l'Etiopia. Il tallero d'Italia, emesso nel 1918 dalla Zecca italiana, con l'effigie di Venezia, deprezzato all'interno rispetto al primo e non accettato in Etiopia, è quasi scomparso per la demonetizzazione e per l'esodo verso altri porti del Mar Rosso. Il tallero eritreo, coniato all'inizio dell'occupazione italiana, con l'effigie di Umberto I, è completamente ritirato e il tallero di Menelik ha per l'Eritrea importanza negativa. Larghe contrattazioni si fanno in lire sterline ed egiziane.
Condizioni religiose. - Per la distribuzione numerica delle varie religioni vedi sopra. I cristiani monofisiti dell'altopiano eritreo (per la cui religione v. etiopia: Chiesa di Etiopia) dipendono dal patriarca (monofisita) di Alessandria d'Egitto titolare della Cattedra di San Marco. Il patriarca amministra direttamente la chiesa eritrea (in base agli accordi con l'Italia intervenuti nel 1929 e 1930). Il principale dei conventi monofisiti di Eritrea è quello di Debra Bizen (v.). Ma il più antico dei conventi eritrei è quello di Debra Libanòs (v.). Tutti i monasteri eritrei seguono la regola di Eustazio (Eustatenòs) differente da quella di Tacla Haimanot (seguita dai monasteri dello Scioa) e tali divergenze, che oggi hanno importanza puramente storica, causarono in passato lotte spesso violente. L'abate di Debra Bizen, che è eletto dal capitolo del convento salvo conferma da parte del governo della Colonia, ha una posizione preminente tra i monasteri di regola eustaziana e ciò gli dà uno speciale prestigio tra il clero regolare dell'Eritrea monofisita e delle regioni contermini.
L'Islām si è diffuso lungo la costa rapidamente e sin dai primordî. Anche se la critica moderna ha limitato la portata del leggendario esodo dei fedeli del Profeta verso l'opposta costa del Mar Rosso durante la vita stessa di Maometto, è indubbio che i rapporti frequentissimi con l'Arabia fecero ben presto formare nuclei di musulmani sulla costa eritrea. E, del resto, necessità militari dovute alla protezione dei traffici del Mar Rosso spinsero ben presto il califfato all'occupazione delle Dahlac. L'Islām è andato spesso progredendo in Eritrea nei secoli della sua storia ed ancora nel primo cinquantennio dello scorso sec. XIX si avevano numerose conversioni dal cristianesimo monofisita all'Islām tra gli Habab (oggi tutti musulmani) e i Mensa.
Il cattolicesimo eritreo data, si può dire, dal sec. XIX e cioè dalle prime missioni lazzariste del Sapeto e del Padre Stella, liguri, e del venerabile Giustino de Jacobis (v.). A questa missione, che in origine composta di personale italiano era poi passata alla provincia francese dei lazzaristi, succedette nel 1894 la Missione dei cappuccini italiani della provincia lombarda col primo prefetto apostolico dell'Eritrea (nel 1911 vicario apostolico) P. Michele da Carbonara. L'opera missionaria, agevolata dalla pacificazione delle popolazioni succeduta allo stabilirsi del dominio italiano, si sviluppò rapidamente sia nelle regioni abitate da cristiani monofisiti sia in quelle dei pagani Cunama: e il successore del p. Michele da Carbonara, Camillo Carrara, fondò la cattedrale cattolica dell'Asmara.
Si trova in Eritrea anche una missione protestante svedese, filiazione della Evangeliska Foslerlands Stiftelsen di Stoccolma; tale missione, composta di personale quasi esclusivamente svedese, si occupa dell'insegnamento (in lingua italiana) e dell'assistenza agl'infermi. Qualche tentativo è stato anche fatto da affiliati alle Missioni Americane degli Avventisti del Settimo Giorno (che hanno alcune sedi in Abissinia), sembra con scarsa fortuna.
V. tavv. XV-XXVI.
Storia.
La storia delle regioni che costituiscono attualmente la Colonia Eritrea è connessa a quella della parte settentrionale dell'altipiano etiopico e dell'Arabia del Sud, da un lato, e alla storia delle genti del Sūdān, dall'altro. Rappresentano i Cunama e i Baria l'estrema gente nilotica orientale oppure non sono essi il resto di popolazioni nilotiche occupanti anticamente il bassopiano occidentale dell'Eritrea e le finitime regioni oggi politicamente soggette al Sūdān ed all'Etiopia? Studî recenti sembrano favorevoli a questa seconda ipotesi. Dall'Arabia meridionale è, invece, partita la colonizzazione che, iniziatasi con stabilimenti commerciali lungo la costa eritrea e sviluppatasi più tardi verso l'interno del paese, condusse alla fondazione del regno di Aksum (v.). Di esso fecero parte per secoli le principali regioni dell'Eritrea. L'imperatore Aureliano nel 278 d. C. trionfò anche degli Aksumiti vinti insieme coi loro alleati di Palmira. Verso la metà del sec. IV il cristianesimo, già penetrato nel regno a mezzo dei centri commerciali greco-egiziani come Adulis, fu riconosciuto e adottato dal re aksumita 'Ezanā, pare, anche per motivi politici relativi al potente alleato bizantino.
L'espansione del regno aksumita si diresse piuttosto verso l'Arabia e verso il Sūdān; e quindi la stele di Meroe ricorda una campagna vittoriosa degli Aksumiti nell'attuale Sūdān; e, due secoli dopo, la fortunata campagna del re Kālēb diede agli Aksumiti il dominio dello Yemen (donde, però, poco dopo i Persiani li scacciarono). Più difficili e aspri furono invece i progressi del regno aksumita nelle sue conquiste sull'altipiano etiopico per la resistenza accanita che per secoli le genti cuscitiche opposero agl'invasori. Ma, chiusa praticamente la via dei commerci e dell'espansione per mare dopo il sorgere dell'Islām nel sec. VII d. C., il regno aksumita fu costretto dalla situazione sua stessa a spingersi sempre più sull'altipiano e, per successive tappe, in un lungo e oscuro periodo di circa sei secoli si trasformò in uno stato con centro non più in Aksum ma prima nelle regioni centrali e poi in quelle meridionali dell'Etiopia allontanando quindi definitivamente le sue principali attività dall'Eritrea e dalla zona litoranea. V. etiopia.
Sul litorale eritreo invece si affermò la dominazione musulmana e le isole Dahlac furono prima luogo di relegazione e poi sede di un piccolo stato musulmano autonomo. Più tardi i Portoghesi, conquistata Massaua contro i musulmani, iniziarono dal litorale eritreo la loro azione politico-militare in Etiopia come alleati del Negus abissino, azione che, dopo varie vicende più o meno fortunate, si chiuse nel 1632 con l'espulsione dei gesuiti (Portoghesi in maggioranza) dall'Etiopia. Un tentativo d'invasione armata dell'Etiopia compiuto nel 1578 dai Turchi partendo da Massaua ebbe anche esito disastroso. E d'altronde, nei riguardi dell'Eritrea, la precedente grande spedizione condotta da Ahmed ibn Ibrāhīm il Mancino (Grāñ) contro l'Etiopia cristiana ebbe anche scarse conseguenze all'infuori di una temporanea occupazione di alcune regioni e della successiva avanzata portoghese già ricordata qui sopra.
Indeboliti dopo queste grandi guerre tanto i musulmani della costa quanto il regno etiopico sull'altipiano, l'Eritrea, alla periferia dell'Etiopia devastata intanto anche dalle invasioni dei Galla, rimase più o meno in balia dei signorotti musulmani locali sul litorale e dei feudatarî cristiani nelle zone alte. Essa vide, dopo altri tre secoli, ancora un'altra spedizione - quella inglese di sir Robert Napier - sbarcare nella baia di Zula e muovere verso l'Etiopia dove la attendeva la vittoria di Magdala (1868). Quasi subito dopo la nuova espansione dell'Egitto sotto la dinastia di Muhammed ‛Alī faceva dell'Eritrea campo di lotte tra musulmani egiziani e cristiani abissini (battaglie di Gundat, 1875 e di Gurā‛, 1876).
Sviluppatosi nel Sūdān il movimento del Mahdī le regioni occidentali dell'Eritrea passarono ai Dervisci; mentre alla vacillante sovranità egiziana in Massaua si sostituiva, dopo lo sbarco del 5 febbraio 1885, quella dell'Italia. L'azione italiana ben presto dalla costa (dove sin dal 1882 Assab era stata proclamata colonia italiana) si estendeva verso l'interno del paese e, di conseguenza, si urtava contro il regno di Abissinia e contro i Dervisci del Mahdī. Dopo l'episodio di Dogali (26 gennaio 1887) l'Italia trattenne con la campagna del generale di San Marzano le forze abissine, le quali successivamente furono richiamate sull'altipiano da un'invasione di Dervisci e disfatte da questi a Matammā (marzo 1889).
L'Italia, attraverso difficili vicende politiche (v. etiopia: storia), occupava Asmara e Cheren; e, contro i Dervisci con brillanti azioni belliche, Agordat e Kassala. Una vittoriosa campagna contro ras Mangascià capo del Tigrè condotta nel 1895 dal generale Baratieri fu il prologo della guerra italo-etiopica (v. italo-abissina, guerra). Dopo il trattato di pace di Addis Abeba e la cessione di Kassala al Sūdān Anglo-Egiziano, la Colonia Eritrea sotto la saggia guida del governatore Ferdinando Martini iniziò il suo pacifico sviluppo. Il territorio fu diviso in Commissariati Regionali che corrispondevano generalmente alle partizioni storiche delle varie zone ora riunite nell'Eritrea. Un ordinamento giudiziario che teneva largamente conto dei diritti indigeni fu adottato, mentre si preparavano i progetti di codici speciali per l'Eritrea (non più messi in vigore successivamente). Per l'accordo a tre anglo-italo-etiopico del 15 maggio 1902 l'Eritrea otteneva la bella regione tra i fiumi Gasc e Setit in cambio della linea dell'Atbara e le genti Baria e Cunama passavano quasi intieramente sotto la sovranità dell'Italia. Questo accordo, insieme a quello del 10 luglio 1900 per il confine dalla parte del Tigrè, dava all'Eritrea dal Sūdān al bassopiano orientale una frontiera internazionalmente riconosciuta e il trattato italo-etiopico del 15 maggio 1908 compieva l'opera, stabilendo il confine nella Dancalia. I rapporti italo-etiopici entravano così in una fase di sicuro sviluppo, mentre cordiale buon vicinato si manteneva con le confinanti colonie inglesi e francesi le cui frontiere venivano anche delimitate coi protocolli 1° dicembre 1898, 1° giugno 1899 e 22 novembre 1901 (col Sūdān) e 24 gennaio 1900 (con la Somalia Francese). A Ferdinando Martini succedeva nel 1907 Salvago Raggi che proseguiva l'azione del suo predecessore e faceva compiere la costruzione della ferrovia Massaua-Asmara. Sotto i successivi governatori De Martino e Cerrina Feroni l'Eritrea, che aveva già contribuito e contribuisce ancor oggi con le sue valorose truppe all'affermazione della sovranità italiana nella Libia, superava le gravi crisi della guerra mondiale e del dopo-guerra senza che i progressi della colonizzazione ne fossero a lungo interrotti. La ferrovia giungeva nel 1920 a Cheren; e s'iniziavano i lavori della Cheren-Agordat ultimati sotto il successivo governatore Gasparini. La Colonia ha ormai tracciate le vie della sua attività avvenire: i suoi commerci, garantiti recentemente durante il governo di Iacopo Gasparini dagli accordi italo-iemeniti del 1926 e dal trattato italo-etiopico del 2 agosto 1928, e la valorizzazione del bassopiano occidentale iniziata nello stesso periodo con i lavori di Tessenei sul fiume Gasc stanno per dare alla nostra colonia del Mar Rosso un nuovo valore e una nuova prosperità.
Bibl.: Per il periodo anteriore al 1891 ved. le Bibliografia etiopica di G. Fumagalli, Milano 1893; per il periodo successivo sino a tutto il 1907 v. la Bibliografia geografica della Colonia Eritrea compilata da G. Dainelli, O. Marinelli e A. Mori, in Riv. Geogr. It., 1907. Ci limitiamo quindi a indicare solo le opere principali apparse dopo quella data: P. Mantegazza e altri, Istruzioni per lo studio della Colonia Eritrea, Firenze 1907; G. Dainelli, In Africa. Lettere dall'Eritrea, voll. 2, Bergamo, 1908-1909; G. Dainelli e O. Marinelli, Risultati scientifici di un viaggio nella Colonia Eritrea, Firenze 1912; Relazione sulla Colonia Eritrea del R. Commissario Civile F. Martini per gli anni 1902-1907, Roma 1913; L'Eritrea economica (Conferenze promosse dalla Soc. di Studi geografici e coloniali), Novara 1913; A. Pollera, I Baria e i Cunama, Roma 1913; A. Omodeo, V. Peglion e G. Valenti, La Colonia Eritrea. Condizioni e problemi, Roma 1913; P. Vinassa de Regny, Dancali, Roma 1923; C. Calciati e L. Bracciani, Nel paese dei Cunama, Milano 1927; G. Mondaini, Manuale di storia e legislazione coloniale del regno d'Italia, Roma 1924-1927; G. Stefanini e A. Desio, Le colonie e Rodi, Torino 1928; F. Eredia, Le precipitazioni acquee nella Colonia Eritrea, in Riv. col. italiana, III (1929). Sulle popolazioni e linguaggi dell'Eritrea, v. in particolare: L. Reinisch, Die Barea Sprache, Vienna 1874; id., Die Kunama Sprache, Vienna 1881; id., Die spracliche Stellung des Nuba, Vienna 1911; C. Meinhof, Die Sprachen der Hamiten, Amburgo 1912; C. Conti Rossini, Principi di diritto consuetudinario dell'Eritrea, Roma 1916; W. Münzinger, Ostafrikanische Studien, Basilea 1883; F. Martini, Nell'Affrica italiana, Milano 1895; C. Conti Rossini, Per la conoscenza della lingua cunama, in Giornale Società Asiatica Italiana, XVI, pp. 187-227; id., Lingue nilotiche, in Rivista degli studi orientali, XI; C. Conti Rossini, St. dell'Etiopia, I, Roma 1928; id., Studi su alcune popolazioni dell'Etiopia, in Riv. d. ST. Or. IV; id., L'Abissinia, Roma 1929.