COLONNA DI CESARÒ, Giovanni Antonio
Nacque a Roma il 22 genn. 1878 da Calogero Gabriele, duca di Cesarò, proprietario di vasti fondi terrieri in Sicilia, deputato della Sinistra, e da Emmelina Sonnino, sorella di Sidney. Terminati gli studi di giurisprudenza, iniziò l'attività pubblicistica, con articoli sulla condizione dei contadini siciliani, nei quali suggeriva l'opportunità di prevenire i contrasti sociali mediante caute riforme, compatibili con il conservatorismo della rivista su cui scriveva (Credito agrario e contadini siciliani, in La Rassegna nazionale, 1° giugno 1902, pp. 435-445; 1° giugno 1904, pp. 467-473; 16 maggio 1906, pp. 347-357; I contadini in Sicilia, ibid., 1° dic. 1905, pp. 454-458). Intanto militava nel partito radicale, assumendo una posizione preminente in Sicilia, tanto che nel terzo congresso nazionale di quel partito (Bologna, 30 maggio-2 giugno 1907) venne eletto membro della direzione centrale.
Nel gennaio del 1908 fondò a Roma, con altri due agrari siciliani, P. Lanza di Scalea e F. Alliata di Pietratagliata, e con il giornalista nazionalista V. Picardi, la Rassegna contemporanea, che uscì fino al maggio del 1915, in voluminosi fascicoli, con periodicità mensile nei primi cinque anni, quindicinale nel 1913, trimestrale nell'ultimo anno di vita.
La rivista, diretta dal C. e dal Picardi, si professava "libera da qualsiasi cenacolo e da qualsiasi partito" (Proemio, in Rassegna contemporanea, gennaio 1908, p. 1), e ospitò scritti di esponenti della democrazia radicale e repubblicana e di moderati, di socialisti riformisti e di sindacalisti rivoluzionari, di illustri economisti, sociologi, giuristi, storici e letterati (L. Pirandello vi pubblicò, a puntate, il romanzo I vecchi e i giovani). Ma, soprattutto, veicolò umori nazionalistici, grazie ai contributi di E. Bodrero, G. Borelli, E. Corradini, L. Federzoni, R. Forges Davanzati, M. Maraviglia, G. Preziosi. Nel marzo dell'anno seguente il C. fu tra i promotori del Carroccio, rivista romana più apertamente nazionalistica, con la quale la Rassegna contemporanea condivise la direzione di Picardi e parecchi collaboratori.
Eletto deputato nel 1909 dal collegio di Francavilla di Sicilia (Messina) - dove sarà rieletto nel 1913 - si distinse subito nel gruppo parlamentare radicale per il suo violento antigiolittismo. Oppositore della legge sulle convenzioni marittime, contrario alla partecipazione del proprio partito al giolittiano ministero Luzzatti, fu, con A. De Viti De Marco e L. Fera, uno dei rari radicali che osteggiò il monopolio delle assicurazioni sulla vita, punto programmatico essenziale del quarto governo Giolitti, con argomentazioni privatistiche analoghe a quelle dei salandrini e dei "giovani turchi".
Nella campagna di stampa che precedette la guerra libica la Rassegna contemporanea si schierò in prima linea, sebbene il C. respingesse l' "imperialismo militare" di Corradini, per teorizzare un "imperialismo democratico", mirante all'espansione commerciale e finanziaria (Il problema coloniale per i partiti avanzati, in Rassegna contemporanea, aprile 1911, pp. 113-121).
L'ispiratore dichiarato di tale ideologia imperialistico-democratica era l'uomo politico inglese J. Chamberlain, ma ad essa non erano estranee suggestioni provenienti dal pensiero di R. Steiner, fondatore dell'antroposofia e teorico di "missioni" nazionali prestabilite secondo un progetto divino dell'evoluzione storica.
Il C., infatti, nutrì un costante interesse per l'esoterismo, in particolare per l'antroposofia, anche per influenza della madre - il cui salotto offriva uno dei luoghi di convegno più importanti della capitale a teosofi, antroposofi e occultisti - e scrisse frequentemente su tali temi (si veda, per esempio, in questi anni, Il valore occulto di superstizioni, tradizioni e fiabe popolari in Lares, I [1912], pp. 177-203).
L'attribuzione di un significato democratico all'imperialismo indusse il C. a fare della Rassegna contemporanea l'organo semiufficiale del gruppo dei nazionalisti democratici che, dietro la guida di P. Arcari, si staccarono dall'Associazione nazionalista italiana nel congresso di Roma (20-22 dic. 1912). Tuttavia egli non rinnegava la propria appartenenza alla sinistra radicale, e fu tra coloro che la condussero alla vittoria nel sesto congresso del partito (Roma, 1°-3 febbr. 194), ottenendo la rottura definitiva della collaborazione con Giolitti.
Scoppiato il conflitto europeo, il C. si limitò ad auspicare un'azione italiana in Albania e negò di pretendere l'intervento nella guerra generale, ma, a partire dal settembre del 1914, assunse un atteggiamento sempre più vistosamente interventista, motivato da ragioni di rivalità economica e politica tra Italia e Germania piuttosto che da ideali antiautoritari e antimperialistici. Scriveva, infatti, che se i Tedeschi "hanno con ammirevole tenacia e costanza perseguito un loro programma, consone alle loro aspirazioni di dominio mondiale... non dobbiamo per questo odiarli; se mai, dovremmo imparare a imitarli" (Germania imperiale e il suo programma in Italia, Firenze 1915, p. 148).
Nel febbraio del 1915 si riorganizzò, a Roma, l'Associazione nazionale Pro Dalmazia italiana, che elesse presidente il C., coadiuvato da quattro vicepresidenti, E. Corradini, A. Dudan, A. Galanti, A. Lumbroso. Secondo una dichiarazione sottoscritta da tutti costoro, l'associazione propugnava "l'unione della Dalmazia perché essa è assolutamente indispensabile all'integrazione nazionale, geografica, economica e strategica dell'Italia" (L'Idea nazionale, 19 marzo 1915).
Entrata l'Italia in guerra, il C. si dette a incitare freneticamente il governo e l'opinione pubblica al massimo sforzo bellico; allo scopo si valse sia dell'aula parlamentare (Atti parlamentari, Camera, Discussioni, legislatura XXIV, 2ª tornata del 14 apr. 1916, pp. 10377-10383; Camera dei Deputati, Comitati segreti sulla condotta della guerra, seduta del 25 giugno 1917, pp. 40 s.), sia di tribune congressuali (Il problema adriatico dal punto di vista politico, in Associazione nazionale "Trento-Trieste", Atti del congresso straordinario 1917. Roma 25, 26, 27 marzo, Roma 1917, pp. 58-65), sia della stampa, concorrendo, tra l'altro, al finanziamento dell'agenzia A. Volta.
Dopo Caporetto fu tra gli iniziatori del Fascio parlamentare di difesa nazionale, nel cui direttorio restò fino allo scioglimento (settembre 1919). Ebbe parte autorevole nella conferenza dei popoli oppressi dall'Austria-Ungheria (Roma, 8-10 apr. 1918) ma, come molti nazionalisti intervenuti in quella assise, che avrebbe dovuto favorire l'amicizia tra Italiani e Iugoslavi, attribuì all'accordo raggiunto il valore di un mero espediente che accelerasse la sconfitta degli Imperi centrali, senza rinunciare a nessuna delle rivendicazioni territoriali nell'Adriatico.
Nel dopoguerra si oppose ai ministeri presieduti da Nitti (giugno 1919-giugno 1920), al quale imputava la svalutazione dell'intervento e della vittoria, ma - rieletto alla Camera nel novembre del 1919 dal collegio di Messina - apprezzò la riforma elettorale da lui varata, in quanto segnava "un gran passo verso la liberazione del deputato dall'incubo delle minacce elettorali del governo e delle prefetture" (Le responsabilità politiche dell'on. Nitti e il significato delle ultime elezioni, in La Vita italiana, 15 apr. 1920, p. 300). Ostile a Giolitti fin nella sua ultima prova di governo (giugno 1920-giugno 1921), si unì all'esiguo manipolo nazionalista che votò, alla Camera, contro il trattato di Rapallo; nelle elezioni del maggio 1921 affrontò, con successo, il blocco governativo nel collegio di Catania, alla testa di una lista in cui confluirono demosociali, agrari, nazionalisti, fascisti.
Intanto si compiva la dissoluzione del partito radicale, e la maggior parte dei suoi deputati si raccoglieva, alla fine della venticinquesima legislatura, nel gruppo parlamentare della Democrazia sociale. Il C., che godette in esso di vasta udienza, lo spinse a provocare la caduta del gabinetto Bonomi (febbraio 1922), perché questo non aveva voluto operare il salvataggio della Banca di sconto, colpendo così numerosi risparmiatori meridionali, elettori della compagine demosociale. Da Facta, che formò il governo successivo, il C. venne chiamato, il 25 febbr. 1922, a reggere il ministero delle Poste, ma si dimise tre giorni dopo, giustificando il suo gesto con l'invadenza dei popolari nel gabinetto, in realtà perché era stato indispettito dalla nomina a sottosegretario di E. La Loggia, suo avversario politico in Sicilia.
Nel congresso tenuto a Roma dal 26 al 29 apr. 1922 il gruppo della Democrazia sociale si strutturò in partito, con il C. come capo, con un programma nebuloso, che consumava la tradizione radicale in formule demagogiche e reazionarie, e col preciso obiettivo d'impedire l'infiltrazione socialista e popolare nell'elettorato del Mezzogiorno. Il grosso del nuovo partito, in cui spiccavano i nomi di A. Casertano, A. Labriola, L. Gasparotto, N. Nasi, E. Sacchi, era costituito dagli ex radicali meridionali, specialmente siciliani, in generale massoni, sia di palazzo Giustiniani sia di piazza del Gesù. Quantunque il C. negasse che la Democrazia sociale fosse una "derivazione profana della massoneria" (La Democrazia sociale. Che cosa è e che cosa vuole, in La Vita italiana, 15 ott. 1921, p. 175), egli stesso era il più alto dignitario in Sicilia delle logge ferane, alle quali erano pure ascritti suoi stretti collaboratori, come M. Crisafulli Mondio e G. Guarino Amella.
All'indomani della marcia su Roma, entrò nel governo Mussolini, come ministro delle Poste, con altri tre esponenti della Democrazia sociale (G. Carnazza, ministro dei Lavori Pubblici, G. Bonardi e P. Lissia sottosegretari), ma fin dall'inizio dovette sostenere una lotta dura e infruttuosa per indurre Mussolini a riconoscere nei collaboratori demosociali i rappresentanti di un partito, non dei singoli fiancheggiatori.
Particolarmente inviso a Farinacci e ai fascisti intransigenti, nell'agosto del 1923 fu attaccato da costoro per la "sua offensiva democratica", cioè per un discorso pronunciato a Dagnente in cui aveva esaltato F. Cavallotti come "eroe del giorno" (E. Settimelli, Il ministro cavallottiano, in Sassate, Roma-Firenze 1926, p. 65).
Le suo dimissioni vennero allora respinte da Mussolini, ma furono accolte il 5 febbr. 1924, quando i rapporti tra partito fascista e partito demosociale si erano ormai guastati irreparabilmente, anche per la decisione del secondo di presentarsi con proprie liste nelle imminenti elezioni di aprile. Il responso delle urne assegnò alla Democrazia sociale dieci deputati, ben sette nella circoscrizione della Sicilia, dove il C., che risultò eletto, guidava una lista in cui erano inseriti numerosi fiduciari di clientele e interessi analoghi a quelli tutelati dal listone.
Dopo la scomparsa di Matteotti si pose tra i capi dell'Aventino, dove tenne un contegno assai cauto, sollecitando, anche con contatti personali, l'intervento risolutivo del re; però fu tra i primi a comprendere la sterilità della secessione e a caldeggiare il ritorno in aula. Decaduto dal mandato parlamentare il 9 nov. 1926, aderì al movimento antifascista liberal-conservatore dell'Alleanza nazionale, per i pochi mesi che esso riuscì a operare (giugno-novembre 1930), prima che la polizia lo scoprisse.
Da allora in avanti si astenne da ogni impegno politico, per dedicarsi ai suoi studi di antroposofia, cooperando con la madre alla diffusione delle opere di Steiner in Italia e proponendo interpretazioni esoteriche della storia romana (Il "mistero" delle origini di Roma. Miti e tradizioni, Milano 1938, in netta ma rispettosa polemica con le tesi enunciate da J. Evola in Imperialismo pagano), del Nuovo Testamento (Saggio d'interpretazione del vangelo di Luca, Modena 1941), di alcune figure della poesia e della pittura contemporanee (L'uomo, in Arturo Onofri (1885-1928), Firenze 1930, pp. 35-39; Introduzione a V. Kandinsky, Della spiritualità nell'arte, particolarmente nella pittura, Roma 1940, opera da lui stesso tradotta).
Il C. morì a Roma il 7 nov. 1940.
Opere: Oltre a quelle citate nel testo, si ricordano: Le colonie, I-III, Roma 1915; Prefazione a G. Preziosi, La Germania alla conquista dell'Italia, Firenze 1915, pp. 5-12; The Adriatic Question, London s. d. (ma 1917); Prefazione a Il risorgimento nazionale d'Israele in Palestina. Discorsi detti al Convegno pubblico tenutosi al "Teatro Nazionale" di Roma l'8 dic. 1918, Roma 1919, pp. V-XI; L'Italia nella Albania meridionale. Note e documenti (1917-1918), Foligno 1922; Prefazione a R. Steiner, Le entità spirituali nei corpi celesti e nei regni della natura, Milano 1939, pp. 5-11. Per gli scritti pubblicati sulla Rassegna contemporanea si vedano gli indici trimestrali dei fascicoli. Per gli articoli ospitati nelle riviste alle quali il C. collaborò più assiduamente, si vedano: Indici per autori e per materie della Nuova Antologia dal 1866 al 1930, a cura di L. Barbieri, Roma 1934, ad nomen; G. Trevisonno, Indici per autori e materie de "La Vita italiana" dal 1913 al 1938, Cremona 1940, ad nomen; G. Licata, La "Rassegna nazionale". Conservatori e cattolici liberali attraverso la loro rivista (1879-1915), Roma 1968, ad Indicem.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Ministero dell'Interno, Direz. generale della pubblica sicurezza, Divis. affari generali e riservati, Casellario polit. centrale, b. 1776, fasc. "Di Cesarò Colonna Giovanni Antonio"; Ibid., Ministero dell'Interno, Direz. generale della pubblica sicurezza, Divis. affari generali e riservati, A5G, Prima guerra mondiale, b. 120, fasc. 242, sottofasc. 11 (ivi sono documenti relativi alla costituzione della Associazione Pro Dalmazia); Ibid., Ministero dell'Interno, Direz. generale della pubblica sicurezza, Ufficio centrale d'investigazione, 1916-1919, b. 47, fasc. 1101 (ivi sono documenti relativi all'agenzia Volta); Atti parlam., Camera, Discussioni, legislature XXIII, XXIV, XXV, XXVI, XXVII, ad Indices; Camera dei deputati, Comitati segreti sulla, condotta della guerra (giugno-dicembre 1917), Roma 1967, ad Indicem; Partito radicale italiano, Atti del III congresso naz., Roma 1908, pp. 75 ss., 90 s., 96 e passim; L. Fera, Per la patria e per la democrazia, Roma 1924, pp. 16, 35 s., 149 s.; N. M. Fovel, Democrazia sociale, Milano 1925, pp. 20, 49-54; A. D'Alia, La Dalmazia nella storia e nella polit., nella guerra e nella pace, Roma I 1928, pp. 74, 160, 162, 204, 208; F. L. Pullè-G. Celesia di Vegliasco, Memorie del Fascio parlamentare di difesa naz., Bologna 1932, pp. 13, 39-45, 53, 65, 102, 105 e passim; M. Soleri, Memorie, Torino 1949, p. 164; G. Dorso, La rivoluz. meridionale, Torino 1955, ad Indicem; B. Mussolini, Opera omnia, XIX, XX, Firenze 1956, ad Indices; A. Schiavi, Esilio e morte di F. Turati (1926-1932), Roma 1956, p. 97; E. Amendola Kühn, Vita con G. Amendola, Firenze 1960, ad Indicem; Dalle carte di G. Giolitti. Quarant'anni di politica ital., Milano 1962, III, a cura di C. Pavone, ad Indicem; 2000 pagine di Gramsci, a cura di G. Ferrato-N. Gallo, Milano 1964, II, p. 45; G. Salvemini, Dalla guerra mondiale alla dittatura..., Milano 1964, ad Indicem; F. Martini, Diario..., Milano 1966, ad Indicem; A. Giovannini, Il rifiuto dell'Aventino, Bologna 1966, ad Indicem; L. Albertini, Epistolario. 1911-1926, a cura di O. Barié, Milano 1968, II, ad Indicem; A. Gramsci, La costruzione del partito comunista. 1923-1926, a cura di E. Fubini, Torino 1971, ad Indicem; O. Majolo Molinari, La stampa periodica romana dal 1900 al 1926, Roma 1977, ad Indicem; F. Turati A. Kuliscioff, Carteggio, Torino 1977, ad Indices; B. Vigezzi, Il suffragio universale e la "crisi" del liberalismo in Italia (dic. 1913-apr. 1914), in Nuova Rivista storica, XLVIII (1964), pp. 544, 550 s., 557 ss., 575; Id., L'Italia di fronte alla prima guerra mondiale, I, L'Italia neutrale, Milano-Napoli 1966, ad Indicem; R. De Felice, Mussolini il fascista, I, La conquista del potere. 1921-1925, Torino 1966, ad Indicem; II, L'organizz. dello Stato fascista. 1925-1929, ibid. 1968, ad Indicem; R. Vivarelli, Il dopoguerra in Italia e l'avvento del fascismo (1918-1922), I, Dalla fine della guerra all'impresa di Fiume, Napoli 1967, ad Indicem; D. Veneruso, La vigilia del fascismo. Il primo ministero Facta nella crisi dello Stato liberale in Italia, Bologna 1968, ad Ind.; L. Salvatorelli-G. Mira, Storia d'Italia nel periodo fascista, Milano 1969, ad Indicem; O. Confessore, Conservatorismo politico e riformismo religioso. La "Rassegna nazionale" dal 1898 al 1908, Bologna 1971, ad Indicem; S. Colarizi, I democratici all'oppos. Giovanni Amendola e l'Unione nazionale (1922-1926), Bologna 1973, ad Indicem; A. Fava-G. Restifo, Un giornale "democratico" meridionale di fronte al fascismo: "La Sera" di Messina (gennaio 1924-maggio 1925), in Nuovi Quaderni del Meridione, XI (1973), pp. 194 s., 202-207, 324 s., 330, 332 ss. e passim; A. Landuyt, Le sinistre e l'Aventino, Milano 1973, ad Indicem; A. Lyttelton, The seizure of power. Fascism in Italy. 1919-1929, London 1973, ad Indicem; A. Capone, Giovanni Amendola e la cultura ital. del Novecento (1899-1914), Roma 1974, p. 64; G. Sabbatucci, I combattenti nel primo dopoguerra, Roma-Bari 1974. ad Indicem; G. C. Marino, Partiti e lotta di classe in Sicilia da Orlando a Mussolini, Bari 1976, ad Indicem; G. Miccichè, Dopoguerra e fascismo in Sicilia. 1919-1927, Roma 1976, ad Indicem; A. A. Mola, Storia della Massoneria ital. dall'Unità alla Repubblica, Milano 1976, ad Indicem; F. Monteleone, La radio italiana nel periodo fascista, Venezia 1976, ad Indicem; R. De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Milano 1977, ad Indicem; M. Saija, Note sul sistema politico in Sicilia. Dagli ascari di Giolitti ai gerarchi di Mussolini, in Potere e società in Sicilia nella crisi dello Stato liberale, Catania 1977, ad Indicem; H. Ullrich, La classe politica nella crisi di partecipaz. dell'Italia giolittiana. Liberali e Radicali alla Camera dei Deputati, 1909-1913, Roma 1979, ad Indicem.