COLONNA
Famiglia di organari e musicisti attivi a Venezia e a Bologna dalla seconda metà del XVI sec. agl'inizi del XVIII.
E capostipite fu Vincenzo, nato da Domenico a Venezia nel 1542 circa e morto a Bologna l'8 nov. 1628; questi il 23 apr. 1582 sposò Marta del fu Bartolomeo Dal Como, nipote di G. Zarlino; dal matrimonio nacquero Giuseppe Domenico (battezzato il 21 febbr. 1583, avendo come padrini Claudio Merulo e Jacopo Palma il Giovane) e Domenico Giovanni (battezzato il 17 marzo 1585, padrino Giovanni Gabrieli).
Vincenzo svolse la sua attività principalmente in terra veneta: a Venezia curò dal 1581 al 1584 la manutenzione dell'organo di S. Giovanni in Bragora e dal 1588 ebbe la cura degli organi di S. Marco (di cui nel 1595 rifece l'organo piccolo). A Padova ebbe mansioni analoghe alla basilica del Santo dal dicembre 1577 sino agli inizi, del 1591, quando rinunciò; nel frattempo, tra il 1580 e il 1581, vi aveva rifatto l'organo vecchio; ulteriori riparazioni vi compì nel 1593 e nel 1596; egli fu rieletto alla manutenzione ordinaria nel 1601, con lo stipendio di 15 ducati annui (più del doppio di quello del 1577: solo 6 ducati), ma la cosa non sembra aver avuto esecuzione: nel 1611, per lavori di carattere straordinario, il C. inviava un suo lavorante, Silvio Piazani. Sempre a Padova aveva effettuato un restauro all'organo della cattedrale nel 1584. A Treviso costruì un organo a S. Francesco nel 1582 (su cui interverrà cinque anni più tardi) e a S. Nicolò nel 1594 (che verrà da lui riparato nel 1608); a Vicenza costruì nel 1603-04 quello dei santuario della Madonna di Monte Berico; nella cattedrale a Trieste eseguì riparazioni nel 1606.
La sua attività raggiunse poi le terre slave: nel 1598 lavorava a Gornji Grad (Lubiana). Ma ancor più singolare è la sua presenza in terra toscana, anche se facilmente spiegabile per l'intermediario del lucchese G. Guami, musicista di spicco nell'ambiente veneziano: nel 1590-93 costruì l'organo per la chiesa di S. Pietro Maggiore alias della Madonna a Lucca e, una decina d'anni più tardi, nel 1602-1605, quello per la chiesa di S. Francesco; sempre nel 1605 compì un importante lavoro di modifica all'organo della cattedrale di Pisa, per la costruzione del quale il suo nome era già stato proposto nel 1596. Dopo il citato lavoro a Trieste nel 1606 e il ricordato contatto con Padova nel 1611, non si hanno più notizie di lui fino al 1616, quando ricompare a Bologna, ove fornisce un nuovo organo alla chiesa di S. Giorgio in Poggiale (dei servi di Maria); poco tempo dopo, il 1° ag. 1618, assume la manutenzione dell'organo della chiesa di S. Martino (dei carmelitani), incarico nel quale è documentato fino all'11 apr. 1624.
Restano sconosciuti i motivi che possono averlo indotto a trasferirsi nel capoluogo emiliano, abbandonando una città di ben altro livello quale era allora Venezia. Poco tempo dopo egli apparirà regolarmente affiancato da Antonio Dal Corno (il cui cognome farebbe pensare trattarsi di un congiunto della moglie Marta), evidentemente suo allievo, che egli adotterà. Evidentemente doveva essere morto nel frattempo il figlio Giuseppe, in alcuni lavori documentato come suo collaboratore (ad es. a Trieste nel 1606).
Dell'attività di Vincenzo restano magre reliquie: la cassa - con il prospetto semplificato - dell'organo di S. Nicolò a Treviso e quella pressoché integra con una modesta percentuale di canne di quello di S. Francesco a Lucca (oggi a Corsanico).
Suo collaboratore fu il figlio adottivo Antonio Dal Corno Colonna, figlio di Stefano Dal Corno, nato a Salò (Brescia) nel 1600 c. (nell'atto di registrazione del testamento, eseguito pochi giorni dopo la sua morte, il 25 luglio 1666, egli è detto di 65 anni circa). Sembra evidente che questi si sia trasferito a Bologna assieme al suo maestro e padre adottivo; tuttavia la prima notizia che lo riguarda lo dà residente a Bologna già nel 1615, quando assume la manutenzione ordinaria dell'organo della cattedrale di Reggio Emilia (ufficio che manterrà fino al 1627) e restaura, a Bologna stessa, quello del Collegio di Spagna (dei quale curerà pressoché regolarmente la manutenzione fino al 1653). Negli anni immediatamente successivi il suo nome è regolarmente in coppia con Vincenzo: così per la costruzione dell'organo nella chiesa del SS. Salvatore (dei canonici regolari lateranensi) dal settembre 1620 al luglio 1621, per il radicale restauro di quello della chiesa di S. Maria Maggiore (effettuato nello stesso periodo) e per quello nuovo per la chiesa di S. Francesco (dei frati minori conventuali) nello stesso anno 1621, tutte a Bologna; come pure per la costruzione di un organo nella parrocchiale (S. Giovanni Battista) a Monte Calvo (di Pianoro, Bologna) nel 1624.
Ma già in quegli stessi anni egli assume impegni da solo: come la manutenzione ordinaria dei due organi della basilica di S. Petronio (dal 1621 alla morte), ai quali compì restauri di un certo rilievo nel 1622, nel 1641-42 e nel 1659; analogo ufficio di curatore stabile ricoprì nelle chiese bolognesi di S. Procolo (dei benedettini, 1629-1655), di S. Martino (1632-1666) e di S. Pietro (cattedrale, 1641-1658); nella stessa città fornì nuovi strumenti a S. Caterina in strada Maggiore (1622-1623), S. Maria dei servi (secondo organo, 1628), S. Antonio di Savena (1644), S. Domenico (organo della cappella del Rosario, 1644-45), oltre a curare il trasferimento dello strumento paterno di S. Giorgio (1634); nel 1637 e 1654 effettuò interventi di rilievo all'organo di S. Michele in Bosco (del quale curò la manutenzione per un periodo imprecisato). In Romagna compì un intervento radicale all'organo della chiesa di S. Romualdo (dei camaldolesi) a Ravenna nel 1633-34. curando successivamente l'accordatura di quello di S. Vitale (dei benedettini, 1634-1635); in pari tempo fornì un nuovo strumento alla chiesa di S. Mercuriale a Forlì (dei vallombrosani, 1634-1635); a Faenza costruì quelli della chiesa di S. Francesco (dei minori conventuali, 1638) e della cattedrale (1639).
In terre emiliane egli realizzò un imponente strumento al santuario della Madonna della Ghiara a Reggio Emilia (1639) e un organo di medie dimensioni alla chiesa del SS. Rosario a Finale Emilia (Modena, 1647). È attestata la sua opera a Cremona (S. Lorenzo, avanti il 1628) e in Toscana: costruì un organo nella chiesa camaldolese di S. Maria in Gradi ad Arezzo (1634). Negli ultimi anni la sua attività sembra spostarsi verso il Veneto, dove costruì nuovi organi a Treviso (S. Teonisto, 1645-47), a Montebelluna (collegiata di S. Maria, 1657) e a Venezia (I Carmini, 1663).
Di tanta attività sopravvivono significative reliquie: più o meno manipolati in epoca recenziore, sopravvivono gli organi del S. Salvatore a Bologna (in cornu Epistolae), di S. Francesco a Faenza (in cornu Evangelii), del SS. Rosario di Finale e di S. Maria in Gradi ad Arezzo; sopravvivono canne a Bologna (S. Petronio:, organo in cornu Evangelii, il Principale II con le canne di facciata verso la navata laterale, inserito nel 1642), a Forlì (S. Mercuriale), a Faenza (S. Maria ad Nives: si tratta dell'organo già esistente in cattedrale); sopravvivono soltanto le casse ovvero prospetti lignei intagliati di Faenza (cattedrale), Reggio (Ghiara) eVenezia (Carmini); della splendida cassa di S. Teonisto a Treviso (distrutta durante un bombardamento aereo) si conserva la riproduzione fotografica.
Da tali testimonianze e dalla documentazione nota si ricava un indirizzo costruttivo perfettamente calato negli schemi canonizzati dai maestri del Cinquecento: l'organo di dodici piedi consta di una tastiera di cinquanta tasti (Fa-1 -La1, senza i primi due e l'ultimo dei tasti cromatici), con somiere a vento, articolato sul ripieno a file separate integrato dai flauti in VIII e XII (così è ancora oggi quello di S. Francesco a Faenza); quello di Finale è di otto piedi, con l'ambito consueto Do1 -Do5 con prima ottava corta ma, cosa inconsueta, dotato dei semitoni "scavezzi" per il la bemolle e re diesis (oggi eliminati, ma ripristinabili). Le canne dei registro da lui aggiunto all'organo di S. Petronio a Bologna (costruito da B. Malamini nel 1596)permettono un istruttivo, diretto confronto con la manifattura di un altro prestigioso organaro, il Malamini appunto: orbene le canne di quest'ultimo, rivelano maggiore solidità, cioè spessori più consistenti nelle lastre di stagno, ma quelle di Antonio si presentano con una fattura più accurata (la saldatura è più lineare e regolare, l'imboccatura e la segnatura dei "labbri sono più eleganti).
Dai documenti pubblicati dal Frati si apprende che Antonio viveva in una discreta agiatezza, possedendo la casa ove abitava e operando compra-vendite di altri immobili. Dal matrimonio con Francesca Dinarelli nacquero quattro figli maschi e una figlia (della quale si ignora il nome): Bartolomeo (nato il 17 apr. 1621, ebbe a padrino di battesimo Girolamo Giacobbi; altro non si sa), Vicenzo (1° maggio 1631-1706, sacerdote, suonatore di violone nella cappella musicale di S. Petronia almeno dal 1657, accademico filarmonico), Giovanni Paolo e Giovanni Battista (13 luglio 1641-8 giugno 1666, suonatore di cornetto).
Antonio compilò il suo testamento il 19 ag. 1664; morì nel luglio del 1666 (il testamento venne registrato, come siè detto, il 25 di tale mese ed anno).
Il figlio Giovanni Paolo nacque a Bologna il 16 giugno 1637 e vi morì nella notte tra il 28 e 29 nov. 1695. Fu allievo di A. Filipucci e poi a Roma - per sua stessa testimonianza nelle lettere ad A. Liberati del 10 nov. e 12 dic. 1685 - di A. M. Abbatini, di O. Benevoli e di G. Carissimi; non trova riscontro documentario la notizia che egli sia stato organista della chiesa romana di S. Apollinare, ma, collegando il suo discepolato presso il Carissimi (che era il docente di musica del Collegio Germanico), con il fatto che tale chiesa era appunto quella dello stesso Collegio, si può agevolmente supporre che abbia partecipato quale avventizio ad esecuzioni allestitevi e direttevi dallo stesso Carissimi.
Rientrato in patria fu eletto organista della basilica di S. Petronio il 6 sett. 1658, succedendo a L. Barbieri al secondo organo (che, secondo l'espressione di allora, indicava l'organo vecchio in cornu Epistolae); allontanato G. C. Arresti (per le note diatribe con M. Cazzati allora maestro di cappella della stessa basilica) dal primo organo (cioè dall'organo nuovo in coritu Evangelii) nel dicembre 1661, Giovanni Paolo ne prese di fatto il posto; la cosa venne sanzionata con, delibera dei fabbriceri soltanto il 6 sett. 1662. Poco tempo dopo, il 7 dic. 1662 egli veniva licenziato assieme al padre Antonio (accordatore degli organi) per essersi entrambi assentati dal servizio, probabilmente senza preavviso, alcuni mesi più tardi tuttavia, il 23 apr. 1663, venivano entrambi riassunti. Morto il padre, il 4 sett. 1666 egli veniva eletto a succedergli nell'ufficio di accordatore degli organi della stessa basilica; il 31 dicembre successivo gli veniva concesso un aumento di stipendio quale organista (benché già cumulasse quello di organaro accordatore).
Nella seduta del 7 nov. 1674 i fabbriceri nominavano Giovanni Paolo maestro di cappella con cinque voti su sei, preferendolo a una nutrita schiera di concorrenti bolognesi (A. Filipucci, L. Perti, B. Sarti, G. C. Arresti, G. Cantarelli) e forestieri (C. Grossi e G. B. Grossi da Vicenza, G. B. Chinelli da Parma, M. Fattori e L. Battiferri da Urbino, G. Legrenzi da Bergamo). Si poneva così termine alla prolungata vacanza al vertice della prestigiosa compagine musicale petroniana dalla partenza del Cazzati nel giugno del 1671; e da allora (in quel periodo funse da direttore ad interim O. Ceschi) sino alla scelta di Giovanni Paolo, i fabbriceri avevano tenuto almeno otto sedute per dibattere il problema se scegliere un bolognese o un forestiero, evidentemente memori dell'accesa polemica Arresti-Cazzati.
Giovanni Paolo venne ingaggiato con lo stipendio di lire 60 al mese e con il godimento della parte superiore della casa, che era "solita ad habitarsi da mastri di capella" (il godimento del piano terra gli verrà concesso - a partire dall'8 maggio 1676 - nella seduta del 4 nov. 1675); gli veniva fatto obbligo di "insegnare e tenere scuola di cantare nella scuola destinata a tale effetto [cioè la scuola dei chierici della basilica] e fare tutte le musiche descritte nel libretto stampato [cioè allestire le esecuzioni musicali in occasione delle festività contemplate negli Ordini per la musica dell'insigne collegiata di S. Petronio reformati d'ordine degl'Illustrissimi Signori Presidente e Fabbricieri della Reverenda Fabbrica di essa l'anno 1658] et fare [cioè comporre] tutte le musiche che potessero occorrere ogni volta che li sarà ordinato dalla Congregatione [cioè dalla Fabbriceria] et il tutto fare, adempire et esseguire con ogni premura e diligenza..." (Arch. Fabbriceria, Decreta VII, cc. 10v-11).
Lo stipendio gli venne aumentato di lire 15 mensili il 29 dic. 1677, di lire 6 e soldi 5 il 25 apr. 1686, di altre lire 5 il 26 febbr. 1689 fino a che lo stipendio annuale venne elevato a complessive lire 1.000 il 16 dic. 1694; una riduzione gli fu tuttavia operata - a lui come del resto a tutti i dipendenti della fabbriceria per espliciti motivi di bilancio - il 7 genn. 1682 nella misura di lire i i e soldi 5 quale maestro di cappella e di soldi 18 quale accordatore. Gli aumenti sono indizio evidente del gradimento incontrato dall'attività di Giovanni Paolo presso i fabbriceri, ai quali per di più egli dedicò due delle sue opere a stampa, la prima (1681) e la settima (1686), puntualmente remunerate ciascuna con 25 ducatoni (equivalenti a circa 125 lire bolognesi) nelle sedute rispettivamente del 5 luglio 1681 e 23 dic. 086. Altro donativo di lire 50 gli venne erogato il 27 ott. 1687, "una tantum per le copie de' ripieni fatte più numerose del solito... in occasione della passata festa di S. Petronio" (Ibid., c. 83v).
Nella stessa basilica egli esplicò anche, come si è accennato, attività di organaro per la manutenzione ordinaria degli organi, carica cui rinunciò soltanto nel settembre del 1688; in tale veste egli compì un radicale restauro a entrambi gli organi nel 1675 in concomitanza con la costruzione degli involucri-cornici attorno alle casse originarie, realizzati su disegno dell'architetto G. G. Monti; si tratta della sistemazione rimasta definitiva sino ai nostri giorni, tuttora esistente. Analoga attività di curatore organario esplicò nella chiesa di S. Martino (dal 1666 al 1674) e occasionalmente a S. Francesco nel 1666; fornì anche un organo al duca di Modena (il musicofilo Francesco II) nel 1687, come è documentato dal carteggio nell'Archivio Estense e nel 1681 compì un consistente lavoro di riparazione all'organo della chiesa di S. Michele in Bosco a Bologna.
Fu membro dell'Accademia dei Filaschisi e tra i primi componenti dell'Accademia filarmonica (sorta nel 1 666), della quale fu principe nel 1672, 1674, 1685 e 1691; nel 1689-1690 funse anche quale maestro di cappella della chiesa di S. Giovanni in Monte (nella quale avevano luogo le celebrazioni indette dalla stessa Accademia). Fu anche maestro di cappella a S. Maria di Galliera (la chiesa degli oratoriani ovvero filippini) dal 1673 al 1688. A tale ultima incombenza sono da ricondurre alcuni degli oratori da lui composti; ma occorre tenere presente anche i rapporti intrattenuti don la corte estense a questo proposito (al duca Francesco II, oltre a fornire un organo come si è ricordato, egli dedicò la sua seconda opera a stampa): il Pitoni attesta che per quella corte "ogni anno faceva un oratorio e andava in persona a regolarlo". Il C. fu anche in rapporto con la corte di Parma: la cosa per ora è documentata soltanto dal diploma con il quale Ranuccio II Farnese il 3 marzo 1687 dichiarava il C. suo "servidore familiare" benché assente dal servizio effettivo (Bologna, Bibl. music. G. B. Martini, G. 130).
Nel 1685 fu coinvolto, seppure in maniera indiretta, in una diatriba di carattere teorico-musicale con A. Corelli; argomento del contendere fu la supposta presenza di una serie di quinte parallele nell'Allemanda dellaterza sonata dell'Opera II del compositore fusignanese. L'episodio è documentato da una serie di sette lettete scritte tra il 26 settembre e il 12 dice mbre di quell'anno, la prima dal bolognese M. Zani al Corelli (seguita dalla risposta di questo) e le altre da Giovanni Paolo ad A. Liberati con relative risposte. L'atteggiamento di Giovanni Paolo fu giudicato allora e in seguito un tantino pedantesco e cavilloso: significativo al proposito il titolo (che, nella forma nel quale è redatto, è già un giudizio) che padre Martini appose di suo pugno al manoscritto che raccoglie in copia il carteggio in questione: Diverse lettere intorno ad una controversia nata sopra un passo dell'Op. 2a di Arcangelo Corelli, ove fu suposto che in un passo della Sonata terza vi fossero alcune quinte di seguito. Né meno significative sono le postille autografe di' G. Gaspari a margine del medesimo codice (ove è da tenere presente che tanto il Martini quanto il Gaspari erano conoscitori agguerriti dello "stile severo" e cresciuti nella tradizione didattica congeniale a tale concezione dello stile).
Attesta ancora padre Martini che: "Alla fine venne in sentimento il Colonna, per sostenere il proprio decoro in faccia alla scuola romana, abbondante in quei tempi di maestri eccellenti, di pubblicare il 3° libro de salmi nel 1694 e portatosi in Roma ... lo presentò a Papa Innocenzo XII; ritornato a Bologna il Colonna li fu dai maestri di Roma spedito il sud° libro di salmi spartito e contrasegnato negl'errori da essi scoperti onde fu creduto che dall'afflizione se ne morisse il Colonna" (Martini, Origine..., cc. 60-61, 79).
L'infermità, per altro di natura imprecisata, che fu fatale a Giovanni Paolo era già insorta agl'inizi di settembre del 1695; il 12 di quel mese, infatti, i fabbriceri di S. Petronio stabilivano che, contrariamente al solito, non si dovesse invitare alcun musicista avventizio per l'imminente festa di S. Petronio (4 ottobre) e ordinavano anche di trattenere al C. lire 50 "già pagateli per le compositioni da farsi per la festa e ciò per non haver fatta compositione alcuna per esser stato infermo come pure è di presente". Fatto del tutto eccezionale la notizia della sua morte figura registrata nel volume dei verbali delle sedute dei fabbriceri ("La notte delli 28 Novembre 1695 corrente alle hore cinque morì..."); il 2 dicembre seguente fu celebrato un solenne ufficio funebre nella stessa basilica con la partecipazione gratuita dei musicisti della città. Fu sepolto appunto in S. Petronio e la pietra tombale recava l'iscrizione: "Ioannes Paulus / cantus basis atque columna / hic situs est / omnis vox pia iusta canat / Obiit IV. Kal. Decem. MDCVC".
Nella raccolta di ritratti di musicisti messa insieme da padre Martini (oggi conservata nei locali della Biblioteca e del Conservatorio di musica di Bologna) figurano quelli di Antonio Dal Como, di Giovanni Paolo (che il Martini stesso attesta "dipinto da Giuliano Dinarelli scolaro di Guido Reni") e di Giovanni Battista (sovente indicato erroneamente come Giovanni Paolo).
Furono suoi allievi, tra gli altri, G. B. Alveri, G. B. Bononcini, G. B. Borri, S. Chierici, G. C. M. Clari, A. Frabetti, F. Gasparini, D. M. Micheletti, G. C. Predieri, G. A. Silvani, G. F. Tosi, F. A. Urio; ricevette l'onore di alcune dediche a stampa, tra cui quelle delle Canzonette per camera a voce sola di diversi autori (Bologna 1670) ad opera di M. Silvani, delle Sinfonie op. III (Bologna 1685)di G. Bononcini e del capitolo VII della parte II della Miscellanea musicale (Bologna 1689)di A. Berardi (il quale inoltre inserì un sonetto encomiastico di Giovanni Paolo alla fine deì suoi Documenti armonici, ibid. 1687).
Ebbe due figli: Giovanni Antonio e Giovanni Domenico (quest'ultimo, monaco benedettino olivetano col nome di don Silvio), documentati come mittenti o destinatari di lettere contenute nel ms, p. 142 della Biblioteca musicale G. B. Martini di Bologna (per il primo dal 1688 al 1707, per il secondo dal 1696 al 1706).
Giovanni Paolo ha lasciato una cospicua produzione musicale, ancora da indagare e da sisternare bibliograficamente; una traccia è offerta da un elenco manoscritto (che sembra essere un inventario patrimoniale, quindi abbastanza sommario) pervenutoci in due redazioni sostanzialmente coincidenti: Composizioni di musica del Sig.r Gio. Paolo Colonna e di altri autori (Bologna, Bibl. musicale G. B. Martini, Miscell. Martiniana H. 61, cc. 61-62v, e H. 67, cc. 46-48).
Pubblicò: Salmi brevi per tutto l'anno a otto voci, con uno o due organi se piace, opera I, Bologna 1681, G. Monti (rist. ibid. 1701, M. Silvani); Motetti sacri a voce sola con due violini, opera II, ibid. 1681, G. Monti (rist. ibid. 1691, P. M. Monti); Motetti a due e tre voci, opera III, ibid. 1681, G. Monti (rist. ibid. 1698, M. Silvani); Litanie con le quattro antifone della B. Vergine a otto voci piene, opera IV, ibid. 1682, G. Monti; Messe piene a otto voci con uno o due organi se piace, opera V, ibid. 1684, G. Monti; Messa, salmi e responsori per li defonti a otto voci pieni, opera VI, ibid. 1685, G. Monti; Il secondo libro de salmi brevi a otto voci, con uno o due organi se piace, con il Te Deum, opera VII, ibid. 1686, G. Monti; Compieta con le tre sequenze dell'anno cioè Victime Paschali per la Resurrettione, Veni Sancte Spiritus per la Pentecoste e Lauda Sion Salvatorem per il Corpus Domini a otto voci pieni, opera VIII, ibid. 1687, G. Monti; Sacre lamentationi della settimana santa a voce sola, opera IX, ibid. 1689, G. Monti; Messa e salmi concertati a 3. 4 e 5 voci, se piace, con strumenti e ripieni a beneplacito, opera X, ibid. 1691, P. M. Monti; Psalmi octo vocibus ad ritum ecclesiasticae musicae concinendi & ad primi & secundi organi sonum accommodati, liber III, opus XI, ibid. 1694, P. M. Monti; Psalmi ad vesperas musicis trium, quatuor & quinque vocum concentibus unitis cum sinphoniis ex obligatione & cum aliis quinque partibus simul cum illis canentibus ad placitum, opus XII, ibid. 1694, P. M. Monti.
Composizioni apparse in antologie a stampa: Adstabat coram sacro altari a 3 voci e basso continuo in Sacri concerti overo motetti a due e tre voci di diversi eccellentissimi autori raccolti e dati in luce da Marino Silvani, Bologna 1668, G. Monti; Audite coeli a i voce e basso continuo in Nuova raccolta di motetti a voce sola di diversi eccellenti autori moderni dati in luce da M. Silvani, ibid. 1670, G. Monti; Il Xerse (Vago al fin di mirare) a i voce e basso continuo in Melpomene coronata da Felsina cantate musicali a voce sola date in luce da signori compositori bolognesi, ibid. 1685, G. Monti; due sonate in Sonate da organo di varii autori, s. l. né d. (ma Bologna tra 1697 e 1701).
Oratori (salvo indicazione contraria, se ne conosce il solo libretto): Il trionfo della fede: olocausto d'encomi a... S. Nicolò magno (L. Tesini; in collaborazione con F. Pratichista e G. B. Vitali), Bologna 16 marzo 1672, Accademia degli Unanimi; La morte di s. Antonio di Padova (G. Desideri), Bologna 1676, sala di musica di S. Petronio; Il Sansone (B. G. Balbi), ibid. 1677; S. Teodora (G. A. Bergamori), ibid. 1678, palazzo Fantuzzi; Il transito di s. Giuseppe (G. A. Bergamori), ibid. 1678 e 1685, palazzo Paleotti, Modena 1681, Faenza 1693 (partitura ms. a Modena, Bibl. Estense: Mus. F. 298); Salomone amante (G. A. Bergamori), Bologna 16 marzo 1679, sala di musica di S. Petronio (partit. ms. a Parigi, Bibl. nat.: Fonds du Conserv.); S. Basilio, Bologna 2 sett. 1679, casa Colonna; Giudith (G. A. Bergamori), Modena 1684; Assalonne, ibid. 1684 (partiture mss. a Parigi, Bibl. nat., Fonds du Cons., e Vienna, Nationalbibl., ms. 17.697); Mosè legato di Dio e liberatore del popolo ebreo (G. B. Giardini), ibid. 1686 e 1693 (part. ms. a Modena, Bibl. Estense: Mus. F. 299); La Profezia d'Eliseo nell'assedio di Samaria (G. B. Neri), ibid. 1686 (part. ms. a Modena, Bibl. Estense: Mus. F. 333); La caduta di Gerusalemme sotto l'imperio di Sedecia ultimo re d'Israelle (G. A. Bergamori), Modena 1688 e Bologna 1690, palazzo Mattesilani (part. ms. a Parigi, Bibl. nat., Fonds du Cons.); Bettuglia liberata (G. A. Bergamori), Bologna 1690; Giuliano apostata, ibid. 1694.
Un oratorio Tre Magi figura elencato nella Nota de gli oratorij in musica (circa 1682) un tempo in possesso dei filippini di Bologna (O. Mischiati, Per la storia ...).
Opere (e forme affini): Le contese di Pallade e Venere sopra il bando d'Amore (libretto di Bianchini), Bologna 29 nov. 1666, palazzo pubblico, sala d'Ercole; L'alloro trionfato (libretto di T. Stanzani), Bologna 1672, Accademia degli Unanimi (in collabor. con F. Pratichista e G. B. Vitali); Le stelle combattute dagli elementi, Ferrara 1676, teatro S. Lorenzo; Pelope e Ippodamia (libretto di A. M. Campeggi), Bologna 1678, palazzo Campeggi; Amilcare di Cipro (libretto di A. Gargieria), ibid. 8 dic. 1692, teatro Malvezzi.
Composizioni manoscritte profane: Londra, Brit. Libr., Ms. Add. 27.931 (ventidue cantate e un canone, su testi di G. L. Berselli, G. A. Balbi, G. A. Bergamori e D. Copeda; il ms., arricchito di disegni di C. A. Buffagnotti, era esemplare di dedica per un principe di casa Medici); Bologna, Bibl. mus. G. B. Martini, DD. 51, cc. 111-114v: L'inferno degli amanti, cantata per basso e basso continuo; Modena, Bibl. Estense, Mus. E. 35: Ariette a voci diverse con basso continuo o con istromenti (probabilmente sono di Giovanni Paolo solo i nn. 1-34, mentre i successivi nn. 35-46, essendo aggiunti da diversa mano, potrebbero essere di altro autore); ibid., Mus. G. 241; Cantate a voce sola con basso continuo (dodici numeri, di cui nove con paternità esplicita); inoltre due cantate (Da Lidio vezzoso, Ligio di due pupille belle), ibid., Mus. C. 312; una cantata (Non ho più da soffrir), ibid., Mus. F. 1366 (n. 4); un madrigale a una voce e basso continuo (Questo gentil Signore), ibid., Mus. G. 247 (n. 3); Napoli, Bibl. del Conserv. S. Pietro, a Maiella, ms. 60.1.47 (due cantate a 1 voce e basso continuo).
Composizioni manoscritte sacre: è questo forse il complesso più rilevante - per qualità musicale ed interesse storico - dell'intera produzione di Giovanni Paolo; purtroppo esso non è ancora stato fatto oggetto di indagine per stabilire le eventuali concordanze (alcune delle quali si lasciano facilmente supporre dai titoli stessi). Il nucleo più cospicuo è senza dubbio costituito dai manoscritti della Nationalbibl. di Vienna (sparsi tra i codd. palatini), fatti copiare a Bologna su espresso ordine dell'imperatore Leopoldo I a partire dal 1686 (cfr. lettera del musico di corte Carlo Bussier a Giov. Paolo del 22 sett. 1686, Bologna, Bibl. mus. G. B. Martini, p. 142, n. 40). Nell'impossibilità evidente di un elenco analitico, valgano qui soltanto alcune indicazioni riassuntive (con il rinvio ai repertori o ai cataloghi disponibili delle singole biblioteche): Berlino, Deutsche Staatsbibl. (situazione prebellica: Eitner, Quellen-Lexikon, pp. 20a, 21a) messe e parti di messe nei mss. 88, 92, 167, L. 336, 4000-4002, 4004; salmi e mottetti nei mss. 37, 76, 84, L. 85-87, L. 89, L. 90, 1100 [= Oggi 30.095], 4004, 4006, 4010; varia nei mss. T. 59, W. 76, W. 84, W. 92; Bologna, Bibl. mus. G. B. Martini: Messa a 4 a capella: Z. 210, cc. 17-24; partiture (redatte da Camillo M. Raimondi nel 1760-1762) delle opere III-VIII: Y. 152, 154, 156, 158, 160, 162; partitura dell'op. X: Busi 63 [sec. XIX]; Bologna, Arch. mus. di S. Petronio: sedici pezzi complessivi nelle buste C. LV, LVI (antifone, introiti, salmi, inni, cantici, responsori, in parte coincidenti con opere a stampa; cfr. Catal. dell'Associazione dei musicologi italiani, s. v.). Bologna, Archivio musicale di S. Maria di Galliera (pp. filippini): Dixit, Credo e Magnificat, tutti a 5 voci concertati, concordanti con opere a stampa e mss. (specificazioni in C. Vitali, pp. 150-153); Londra, Brit. Libr., Mss. Add. 24.309, 31.409, 31.474, 31.475, 31.481-85 (quattro messe a 8, Magnificat, sequenze, salmi, mottetti, Domine ad adiuvandum, da 2 a 8 voci); Münster, Diözesan-Bibliothek, Santini-Sammlung: mss. 1155-1167 (salmi, messe, Magnificat, partiture e parti separate, parzialmente coincidenti con opere a stampa, cfr. K. G. Fellerer, s. v.); Tenbury, St. Michael's College (ora in deposito a Oxford, Bodleian Libr.): mss. 512, 932, 1214-1217 (messa, Magnificat, salmi a 5 e 8 voci concertati: cfr. E. H. Fellowes, ad Ind.); Vienna, Oesterr. Nationalbibl.: Mss. Palatini 15.518, 15.525 s., 15.534, 15.543-49, 15.568-72, 15.768-71-, 15.914, 15.917-18, 15.930, 15.982, 56.747 s., 16.758-16-784, 17.697, 18.480, 18.711-15, 18.732, 18.734-37, 18.813-17, 18.824, 18.931, 18.940, 19.061 (undici messe, cinque Credo, quattro sequenze, undici Dixit, sei Laudate pueri, due Beatus vir, otto Confitebor, otto Domine ad adjuvandum, dieci Magnificat, due Benedictus, Laudate Dominum, Credidi, Laetatus sum, due Miserere, Lamentationes, Nunc dimittis, Veni Creator, una completa e un oratorio, tutte partiture da 4 a 9 voci variamente concertate con strumenti e ripieni: cfr. J. Mantuani, ad Ind.); nella stessa biblioteca contengono sue composizioni i nn. 252-257 del fondo Cappella musicale di Corte (K. u. K. Hofburgkapelle) e i nn. SA. 67. C. 47/48 del fondo R. G. Kiesewetter. Oltre agli sparsi mss. ricordati dall'Eitner a Breslavia (Kirchen-Inst.), Cambridge (Fitzwilliam Museum), Dresda (Musiksammlung della Sächsische Landesbibl.), Londra (Royal College of Music), Monaco (Bayerische Staatsbibl.) e Padova (Arch. della Basil. del Santo), quelli di alcune altre biblioteche sono copie da opere a stampa: così Assisi (Bibl. comun., mss. 149, 150: messe e salmi a 8), Modena (Bibl. Estense, Mus. G. 61, partitura dell'Opera II), Parma (Bibl. del Conserv.: opp. I, V, VI e XI), Lucca (Bibl. dei Seminario): opp. I e V, partiture e parti staccate), Bruxelles (Bibl. du Conservatoire, ms. A 11.060), Parigi (Bibl. nat., mss. Vm¹ 907 e 1641, dall'opera rispettivamente V e II).
Lettere: ventitré lettere di Giovanni Paolo al duca di Modena (dal 1687 al 1693) in Arch. di Stato di Modena, Busta Musicisti, 1, fasc. 24; lettere di vari corrispondenti e dei due figli a Bologna, Bibl. mus. G. B. Martini, p. 142.
La carriera. compositiva di Giovanni Paolo presenta una singolare anomalia rispetto alle abitudini tradizionali per il suo tempo: quella di aver iniziato assai tardi a mandare a stampa le proprie opere (ben sette anni dopo la sua nomina a maestro di cappella in S. Petronio, mentre invece proprio una produzione stampata avrebbe dovuto servire precisamente ad attestare la sua idoneità per un tale ufficio); se ne deve legittimamente inferire che egli si sia dedicato all'attività compositiva precipuamente, se non esclusivamente, dopo il 1674, in relazione ai suoi precisi impegni di maestro di cappella. Si noterà anche, nella sua produzione stampata, la netta prevalenza del genere più chiesastico, cioè dei salmi (almeno otto opere su dodici in tutto o in parte dedicate a tale genere) e la totale esclusione della musica profana (quest'ultima quantitativamente assai esigua anche nelle fonti manoscritte). Altro aspetto prevalente è quello dell'impiego della struttura bicorale (a ciò indotto evidentemente dalle condizioni ambientali di S. Petronio), che va dalla scrittura compatta ed omofona delle prime opere a una concezione più variamente articolata nelle ultime, dove prevale la scrittura "concertata". In questo senso sono di gran lunga più interessanti le composizicini manoscritte, in cui il C. non solo fa sfoggio di un contrappunto lussureggiante, ma dove anche l'articolazione in più sezioni e l'impiego delle diverse combinazioni sonore (soli e tutti, voci e strumenti) si fa più netta e distinta: in alcune composizioni (ad esempio il Magnificat eil Beatus vir di Tenbury) al doppio coro vocale si contrappongono altrettanti gruppi strumentali concepiti e denominati "concertino" (due violini e basso) e "concerto grande" (due violini, viola, violoncello e basso), ulteriore testimonianza - accanto ai più noti casi delle composizioni di Stradella - di come la "forma" del concerto grosso sia nata e cresciuta come "prassi" in campo vocale-strumentale prima di passare a quello più strettamente strumentale.
La scrittura contrappuntistica è ricca, severa e di alta qualità; non tuttavia "alla Palestrina", ma nell'accezione animatamente "figurata" e ritmicamente spigliata ed esuberante tipica del tardo barocco. Di livello virtuosistico è quindi la scrittura delle voci, in particolare nelle sezioni solistiche, per l'agilità quasi strumentale con cui esse sono trattate: in questo ambito è da ritenere che Giovanni Paolo abbia offerto un contributo determinante allo sviluppo di quella scuola di canto bolognese che acquisterà tanta rilevanza a partire dall'ultimo scorcio del sec. XVII e per tutto il XVIII.
Formalmente le composizioni sono costituite da un susseguirsi di forme chiuse: sezioni contrappuntistiche o "concertate", arie, duetti, ariosi e, nei mottetti, recitativi, in corrispondenza del resto alla consueta struttura "a versetti" dei testi sacri. La dilatazione formale dei singoli segmenti attribuisce all'intera composizione dimensioni talvolta notevoli: è così che della messa tradizionale vengono musicati soltanto il Kyrie e il Gloria (l'elaborazione delle restanti parti dell'ordinario secondo i medesimi principi composifivi avrebbe dato luogo a dimensioni cospicue, difficilmente praticabili anche nell'ambito del pur fastoso e liturgicamente disinibito cerimoniale petroniano). È cosi anche che il mottetto assume in maniera più accentuata (sulla falsariga di Carissimi, Graziani, Tarditi, Cazzati) le caratteristiche della cantata, con la tipica successione di sinfonia e ritornelli strumentali, aria, recitativo ecc.
La fortuna di Giovanni Paolo come compositore di musica sacra fu eccezionale, come fanno fede ancor oggi i numerosi esemplari delle opere a stampa diffusi un po' ovunque assieme alle copie manoscritte; già si è detIo dell'interesse manifestato dall'imperatore Leopoldo I (in una forma che non ha molti riscontri per un musicista non alle dipendenze dell'interessato). È il caso di ricordare l'apprezzamento che il Berardi pubblicava già nel 1693: "Ho più volte dato mano alla penna per descrivere in qualche parte la virtù di questo soggetto, che ne' suoi componimenti alletta i cantori, con vaga armonia diletta gli animi degli ascoltanti e con nobil artificio e tessitura si fà ammirare da i più dotti maestri. Ma, o sia mia imperfettione o destino, sempre più ho cancellato che scritto. Insomma le cose grandi, per non biasimarle, non si devono lodare con termini ordinari, tanto più che l'opere del sig. Colonna portano seco gli elogi" (Il perché musicale, p. 28). Del tutto singolare, poi, è il fatto che ad un secolo o quasi dalla sua morte le sue composizioni fossero ancora non soltanto oggetto di studio (come nel caso delle partiture redatte nel 1760-62 dal servita bolognese Raimondi) ma fossero ancora in repertorio non solo a S. Petronio (nel 1766 secondo una precisa testimonianza) ma a Lucca ancora più tardi (1788 e 1789 sono le date vergate sulle copie mss. dell'opera V). Del resto, padre F. A. Vallotti scrivendo nel 1762 a padre Martini asseriva: "Mi dispiace che non vi sieno più stampe del 1° e del 2° libro de' salmi del Colonna, e nello stesso tempo mi reca meraviglia che il libraro non li ristampi, essendo li migliori salmi a 8 di quanti siano fin ora comparsi... sarei disposto a farli ristampare a mie spese" (Bologna, Bibl. mus. G. B. Martini, I/8, lettera n. 27). È quindi una tradizione di apprezzamento che si salda direttamente ai primi ricognitori-editori romantici della tradizione polifonica classica (E Santini, V. Novello, A. E. Choron, S. Lürk, il principe della Moskova).
È il caso di Osservare che la sua stima e la sua reputazione quale compositore non venne scalfita da occasionali mende di condotta delle parti; non fu cioè esercitata nei suoi confronti quella severità da lui usata verso Corelli (severità che precluse a Giovanni Paolo le simpatie dell'ambiente musicale romano). Curiosamente, del resto, egli stesso, proprio nel contesto della diatriba, scrivendo al Liberati che alle esecuzioni da lui dirette in occasione della festa di S. Petronio usavano assistere musicisti provenienti da altre città, cosi giustificava qualche tolleranza: "hora questi eccellenti virtuosi alle volte hanno fatto gran caso di molti passi tanto di concerto grosso, quanto di concertino picciolo, che se gli havessero havuti sotto gl'occhi havrebbero trovato qualche eccettione per qualche licenza, la quale sarà stata il condimento di quel passo che tanto hanno stimato, e se si fosse levata questa licenza et autenticato detto passo, al certo non havrebbero cavato quest'effetto che gli apportò tanta sodisfattione" (Bologna, Bibl. mus. G. B. Martini, ms. D. 1, c. 40v).
Riedizioni moderne: Pange lingua a 4 voci in G. Paolucci, Arte pratica di contrappunto dimostrata con esempi di vari autori, I, Venezia 1765, pp. 199-208 e Qui annunciat verbum suum a 8 voci (dall'op. XI), ibid., III, ibid. 1772, pp. 68-78; tre mottetti in The Fitzwilliam Music being a Collection of Sacred Pieces selected from Manuscripts of Italian Composers..., a cura di V. Novello, V, London 1825, una messa, un Magnificat e dodici salmi vespertini in Corps complet de musique d'église à Echoeurs avec orgue ad libitum, sans orchestre..., a cura di A. E. Choron, Paris 1829; Domine ad adiuvandum a 5 voci, in, Recueil des morceaux de musique religieuse ancienne exécutés... sous la direction de M. [J.N. Ney] Prince de la Moskowa, VIII, Paris 1843, n. 97; tre composizioni, in La Maitrise, Journal de musique religieuse (Parigi). 1857-60; Tantum ergo a 4 voci, in Sammlung ausgezeichneter Kompositionen für die Kirche, a cura di S. Lück, II, Leipzig 1859, p. 116 (2 ediz., ibid. 1884-85, a cura di M. Hermesdorff); Pange lingua a 4 voci in Caecilia, Sammlung von Kompositionen alter ital. Meister, a cura di O. Braune, Berlin s. d., II, 4, p. 21; Parto o bella, duetto a 2 soprani e basso continuo, in La Flora, a cura di K. Jeppeson, III, Copenhagen 1949, pp. 104-109; Messa a nove voci concertata con stromenti, a cura di A. Schnoebelen, Madison 1974.
Incisioni discografiche: O lucidissima dies, mottetto per soprano, 2 violini e basso continuo nel disco antologico En la Basilique S. Petronio de Bologne, Erato LDE 3375/STE 50.275; disco monografico comprendente Messa a 5 voci, 2 trombe, archi e basso continuo, Dixit Dominus a 8 voci, archi e basso continuo e Beatus vir a 5 voci, tromba, archi e organo, Erato STU 70.583.
Fonti e Bibl.: Bologna, Arch. della Fabbriceria di S. Petronio, 23, Decreta Congregationis V (1608-1649), cc. 69, 72, 127v; 24, Decreta Congregationis VI (1650-1673), cc. 29v, 92v, 98v-99, 135v, 137v-138, 141v, 164; 25, Decreta VII (1673-1704), cc. 10v-11, 12 s., 20, 31, 39, 41, 44 s., 74, 77v-79, 83v, 87v, 91, 121, 129v, 131; Ibid., 378, Busta "spese per gli organi", fasc. 3-6; Ibid., 408, Suppliche ai Fabbriceri, fasc. 1 (a-c) e 2; Ibid., 500-503, Libri Giornali, ad annum; Ibid., 507, Giornale 1759-78, cc. 118, 119; Ibid., 576-578, Filze di cassa, liste e ricevute, ad annum; Ibid., 601-603, Mandati, ad annum; Bologna, Bibl. mus. G. B. Martini, D. 1 [Colonna]-Corelli, Controversia di musica; Ibid., H. 61, Miscellanea Martiniana, cc. 61-62v; H. 67, cc. 46-48; Ibid., 8, Carteggio Martiniano, n. 27; Ibid., M. 51: G. B. Martini, Origine della musica in S. Petronio [ms., 1761], cc. 60-61, 79; Ibid., p. 142: Carteggio Colonna; Bibl. Apost. Vaticana, Cappella Giulia I, 2: G. O. Pitoni, Notitia de contrapuntisti, c. 132v; A. Banchieri, Lettere armoniche, Bologna 1628, p. 55; A. Berardi, Docc. armonici, Bologna 1687, p. 177; Id., Miscell. musicale, Bologna 1689, p. 78; Id., Il perché musicale, Bologna 1693, p. 28; G. B. Martini, Serie cronol. de' Principi dell'Accad. de' Filarmonici di Bologna, in Diario bolognese dell'a. 1776, Bologna 1776, ad annum; G. Fantuzzi, Not. degli scrittori bolognesi, III, Bologna 1781, p. 198; G. Gaspari, La musica a Bologna - Discorso, in Gazz. musicale di Milano, XVI (1858), p. 15 (dell'estr.); C. Ricci, Iteatri di Bologna nei secc. XVII e XVIII, Bologna 1888, pp. 350 s.; L. Busi, Il padre G. B. Martini musicista-letterato del sec. XVII, Bologna 1891, pp. 93-98; G. Gaspari, Catal. della Bibl. del Liceo music. di Bologna, I-IV, Bologna 1890, 1892, 1893, 1905, ad Indices; V. U. Sesini, Libretti d'opera in musica, Bologna 1943, s. v.; J. Mantuani, Tabulae codicum manuscriptorum praeter Graecos et Orientales in Bibliotheca Palatina Vindobonensi asservatorum, IX-X, Wien 1897, ad Indices; A. Wotquenne, Catal. de la Bibl. du Conserv. Royal de Mus. de Bruxelles, I-IV, Bruxelles 1898-1912, ad Indices; App. I: Libretti d'opéras et d'oratorios ital. du XVIIe siècle, ibid. 1901; A. Hughes Hughes, Catal. of Manuscript Music in the British Museum, I-III, London 1906-1909, ad Indices; F. Vatielli, Le "quinte" di Corelli, in La Nuova Musica (1913), nn. 258 s.; Id., Il Corelli e i maestri bolognesi del suo tempo, in Riv. mus. ital., XXIII (1916), pp. 173-200, 390-412 (rist. poi in Arte e vita musicale a Bologna, Bologna 1927, pp. 149-189); L. Frati, Per la storia della musica a Bologna nel sec. XVII, in Riv. music. ital., XXXII (1925), pp. 552-555; F. Vatielli, L'oratorio a Bologna negli ultimi decenni del Seicento, in Note d'archivio per la storia music., XV (1938), pp. 26-35, 77-87; K. G. Fellerer, Verzeichnis der kirchenmusik. 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Mischiati, L'organo al Collegio di Spagna di Bologna, in El Cardenal Albornoz y el Colegio de España, V (1979), pp. 269-299; C. Vitali, G. P. C. maestro di cappella dell'Oratorio filippino in Bologna - Contributi bio-bibliograf., in Riv. ital. di musicol., XIV (1979), pp. 128-154; P. M. Branchesi, Alcune mem. sulla chiesa di S. Giorgio in Poggiale (1400-1797), in La chiesa di S. Giorgio in Poggiale; Bologna 1979, p. 67; P. Smith, G. P. C., in The New Grove Dictionary of Music and Musicians, London 1980, IV, pp. 582 s.; F. Baggiani, Gli organi nella Primaziale di Pisa, Pisa 1981, pp. 27, 34, 37, 66 ss., 69, 70-72, 74-85, 87, 97 s.; Id., L'organo della Pieve di Corsanico, Pisa 1981, passim; R. Eitner, Quellen-Lexikon, s. v.; Rép. intern. des sources musicales, Einzeldrucke vor 1800, II, sub voce.