COLORADO
Con questo nome, che in spagnolo indica il color rosso dovuto alle materie tenute in sospensione dalle acque, i primi esploratori contrassegnarono diversi fiumi del Nuovo Mondo. Ma solo pochi - i più importanti - hanno conservato l'epiteto. Tre meritano ricordo: due nell'America Settentrionale, uno in territorio argentino.
Il Colorado argentino (A. T., 159-160-161) ha le sue sorgenti nelle Ande chileno-argentine, taglia un desolato tratto di pampa, per mettere foce con un grosso delta dopo oltre 1300 km. di cammino, non lungi da Bahía Blanca. Sebbene navigabile nell'ultimo tratto, la sua importanza antropica è insignificante, più ancora che per la portata (60 mc. al secondo, massima 500 mc.), per l'estrema aridità delle regioni che attraversa.
Più notevole è il Colorado atlantico (A. T., 143-144), detto anche Colorado dell'Est, che scende dal Llano Estacado (Texas). Vero fiume di steppa, caratterizzato da forti piene e conseguenti improvvise oscillazioni di livello, è lungo 1450 km., e le navi lo possono risalire dalla foce (laguna di Matagorda) fino ad Austin (500 km.), attraverso un territorio in via di continuo sviluppo. Poco a monte di questa città il fiume è sbarrato: ne è risultato un lago artificiale (lago Mac Donald), lungo una quarantina di km. (per energia elettrica). Le ferrovie risalgono la valle del fiume in quasi tutta la sua lunghezza.
Senza confronto più famoso è però il Colorado dell'Ovest (A. T., 140-141-142), detto anche semplicemente Colorado, che mette foce nel Golfo di California, uno dei fiumi più importanti di tutto il mondo. Gl'indigeni lo chiamavano cavil o "fiume" per antonomasia.
La prima scoperta di questo fiume è dovuta al navigatore spagnolo Ferdinando de Alarcón che, risalita la costa messicana della Sonora, pervenne nell'agosto del 1540 alla foce di questo, da lui denominato Río de Buena Guía e ne riconobbe il corso per parecchie miglia. Assai più a monte ritrovò il fiume pochi mesi più tardi García Lope de Cárdenas che, distaccato dalla spedizione di Francisco Vázquez de Coronado inoltratasi nell'odierno Arizona, incontrava gli orridi cañones ove il Colorado si nasconde e per tre giorni si aggirava lungo la sponda precipite senza poter trovare un passaggio. Toccò poi forse il fiume qualche altro esploratore spagnolo nei secoli XVI e XVII, ma nessun tentativo sistematico di penetrazione vi fu più nella regione fino all'anno 1700, quando il padre E. F. Chino (Kino), stendendo qui la prima rete delle missioni, si trovò, possiamo dire, a riscoprire il fiume là dove in esso immette il Gila: le spedizioni da lui rinnovate negli anni 1701 e 1702 riconobbero tutto il corso inferiore fino allo sbocco e permisero il primo tracciamento cartografico della contrada. Nel 1775 il capitano Juan Bautista Anza risale dalla foce fino al 35° di lat., nel '76 i due francescani Escalante e Domínguez, visitando da Santa Fé con lunga esplorazione tutto l'altipiano del Colorado e i Monti Wasatch, traversano successivamente nel settembre il Grand River e il Green River, confluenti a formare il fiume maggiore; poi, nel ritorno, ripassano il Colorado nel novembre intorno al 37° di lat., dopo avere faticosamente cercato per più giorni dove varcare i cañones. Ma per una conoscenza completa del corso fluviale bisogna attendere il sec. XIX e l'occupazione della regione da parte degli stati Uniti. Nel 1850 Joes e Newberry dànno la prima descrizione scientifica del Grand Canyon; nel 1857-58 il luogotenente Yves dirige una esplorazione sistematica del fiume, e il colonnello J. W. Powell del corpo geologico degli Stati Uniti naviga tutto il fondo del gigantesco abisso. Di lui rimane una completa descrizione: Exploration of the Colorado River of the West (Washington 1875). Altre esplorazioni negli anni successivi aggiungono gli ultimi tocchi alla difficile e laboriosa indagine.
È considerato dai più come risultante della riunione del Grand River, che scende dal Front Range, con il Green River, formatosi nelle Rocciose meridionali. Quest'ultimo taglia la catena dei monti Uinta e attraversa l'Utah rinchiuso in gole selvagge (Desolation, Labyrinth), per confluire nel primo dopo un corso di oltre un migliaio di km. Seguitando a tenere una direzione NE.-SO., il Colorado si affonda, poco oltre la regione di Paria, in tutta una serie di lunghi e imponenti cañones, inframezzati da cascate, con i quali ha inciso la potente pila di terreni sedimentarî sollevati, che costituiscono l'altipiano omonimo. Alcuni di questi (Marble, Virgin, Boulder, Black) hanno ormai una larga rinomanza per la grandiosità delle proporzioni (Marble Canyon: 100 km. di lunghezza, con profondità che toccano i 1200 m.), la varietà delle forme, l'incanto dei colori, ma tutti li vince l'ormai famoso Grand Canyon del Colorado, lungo il quale il fiume serpeggia per oltre 250 km., dalla confluenza del Little Colorado ai Grand Wash Cliffs. Uscitone, il fiume volge verso S. e attraverso steppe e desolate solitudini scende con pendio lene al Golfo di California, dove depone e distende l'enorme massa dei suoi depositi. La bassa valle del Colorado è caratterizzata da un'estrema irregolarità nel decorso del fiume, che ha cambiato più volte e seguita a cambiare il suo letto, abbandonando tronchi di valle, divagando in ampî meandri, stagnando in lagune, alterando rapidamente le condizioni topografiche dei distretti che attraversa. In tempi geologici recenti la depressione segnata dal lago Salton delle lagune Macuato e Volcanes, faceva parte del Golfo di California, che si spingeva oltre 300 km. a N. dell'attuale linea di spiaggia. Il Colorado finì per sbarrare con il suo delta questo golfo, dove seguitano a riversarsi, nei periodi di piena, le acque e le alluvioni del fiume.
Il regime del Colorado che interessa, oltre al Messico, sette degli stati nordamericani, è stato oggetto di lunghi studî, specialmente dopo il disastro del 1914-15, che produsse danni ingentissimi e richiese un anno e mezzo di sforzi e oltre due milioni di dollari prima che il fiume potesse essere ricondotto nel suo alveo. Una soluzione radicale che prevede grandi sbarrameriti nella regione dei cañones, servirà in pari tempo all'irrigazione e alla produzione dell'energia elettrica.
Con i suoi 2700 km.. il Colorado è il sesto fiume dell'America del Nord, il quinto per ampiezza di bacino (660.000 kmq.), il primo, e di gran lunga, per la quantità dei materiali trasportati (2 parti di sedimento per 100 parti d'acqua). Si è calcolato che questi ricoprirebbero ogni anno un'estensione di 145 kmq. per una profondità di 1 m., ciò che corrisponde a una denudazione media, nello stesso periodo, di 142 tonnellate di materiale per kmq. nell'intero bacino. La portata media del fiume è piccola (800 mc. al secondo; minima 200, massima 1500), attese l'aridità delle regioni attraversate dal fiume e la conseguente forte evaporazione. Il periodo delle piene va da aprile a giugno. Dove il letto è serrato fra strette e alte ripe rocciose, le oscillazioni di livello toccano valori assai alti (10 e talora 15 metri), mentre la zona presso la foce si copre di sottile limo fertilizzante, che ha meritato al fiume, in questo tratto, il nome di Nilo d'America. La forte marea e le barre di foce creano serie difficoltà alla penetrazione dal mare; il Colorado è tuttavia risalito da piccole e medie imbarcazioni fino alla confluenza con il Virgin River, ma la navigazione non è agevole, e per una parte dell'anno addirittura impossibile oltre Needles Cal. Solo un tratto del Grand River, nello Stato del Colorado, è risalito da ferrovie. Nel corso a valle delle Black Mountains il Colorado è attraversato da queste in tre luoghi (Needles, Parker Ar. e Yuma Ar.), e viene raggiunto da un tronco costruito con intenti turistici nella zona del Grand Canyon. (V. arizona, tav. a colori).
Bibl.: C. E. Dutton, Tertiary History of the Grand Canyon, U.S. Geol. Survey, 1882; J. W. Powell, Exploration of the Colorado River of the West and its Tributaries, Washington 1875; id., Canyons of the Colorado, Meadville 1895; G. W. James, Wonders of the Colorado Desert, Boston 1906; Freeman and Boster, Surface Water Supply of the U. S. 1907-08; Colorado River Basin, Washington 1910; I. Bowman, Forest Physiography, New York 1911, p. 237 segg.; N. H. Darton, Grand Canyon of Colorado River, Berlino 1924; L. R. Freeman, Surveying the Grand Canyon of the Colorado, in Nat. geogr. magaz., XLV (1924), pp. 471-530; Sven Hedin, Grand Canyon, Lipsia 1926; G. Sykes, The Delta and Estuary of Colorado River, in Geogr. Rev., XVI (1926), pp. 232-55; R. C. Moore, Origin of inclosed meanders on streams of the Colorado Plateau, in Journ. of Geol., XXXIV (1926), pp. 29-57; id., Signifiance of inclosed meanders in the Physiographic History of the Colorado Plateau, ibidem, pp. 97-130; R. M. Brown, The Utilisation of C. River, in Geogr. Rev., XVII (1927), pp. 453-66.