colpa
Con valore assoluto, significa il giudizio negativo o l'imputazione che ricade su di un fallo o sul suo autore, presunto o reale, come in Pg XXXIII 99 cotesta oblivïon chiaro conchiude / colpa ne la tua voglia (cfr. Barbi, in " Bull. " IX [1902] 30-33, rec. a A. Scrocca, Il peccato di D., ecc., Roma 1900; lo Scrocca è per due c. distinte [in Pg XXX 130 ss., e XXXIII 85 ss.]; per il Barbi è una sola: " aver amato più i beni mondani che Dio "); così anche in Pg XXXIII 120; Pd XVII 52 La colpa seguirà la parte offensa / in grido, dove la colpevolezza è assunta in quella disgiunzione tra giusto e ingiusto per la quale ci si appella alla Verità (vv. 53-54) e alle sue testimonianze nella storia presente e futura. Medesima accezione ha in Rime dubbie V 21, Cv III IV 4 e 5 (due volte); e nell'unica attestazione in cui ricorre anche la specificazione, I II 11 né consentire né negare puote lo così estimato sanza cadere in colpa di lodarsi o di biasimare.
Significa l'atto peccaminoso in genere, in If VII 21 e perché nostra colpa sì ne scipa?, XVI 126; Pg XXX 3 e 108; anche in Pd IX 104 Non però qui si pente, ma si ride, / non de la colpa, ch'a mente non torna, c. denota gli specifici atti peccaminosi, più che non il conseguente stato di colpevolezza: poiché, se anime come Cunizza e Folchetto ricordano la propria soggezione agl'influssi del cielo di Venere e la conseguenza passionale di quella soggezione (più non arse la figlia di Belo/... né quella Rodopëa..../ né Alcide, vv. 97-101), alla loro memoria non torna l'atto amoroso come peccato, ma solo come impulso al bene: la citata asserzione di Folco va, infatti, collegata all'indicazione pregiudiziale di Pg XXVIII 128 che toglie altrui memoria del peccato, e al caso paradigmatico dello stesso D., in Pg XXXIII 91 ss., che non ricorda l'atto (Non mi ricorda / ch'i' stranïasse me già mai da voi) né la sua colpevolezza (né honne coscienza che rimorda). C. s'identifica con un particolare atto peccaminoso (o violazione della legge divina), in If V 5 essamina le colpe ne l'intrata; VI 57 e 86 diverse colpe giù li grava al fondo (per il divario tra il plurale del soggetto e il singolare del predicato ricorre anche la lezione diversa colpa, ma si veda Petrocchi, ad l.), VII 45, XXIV 128, XXVII 71, XXVIII 46 e 70, XXIX 21, Pg VII 33, XXII 49 la colpa che rimbecca / per dritta opposizione alcun peccato (dove risulta evidente il rapporto di sinonimia con " peccato "); XXII 39, XXXII 121, Pd VI 110, VII 83, XIII 42. In casi come If XII 75 qual anima si svelle / del sangue più che sua colpa sortille, e XVIII 95 tal colpa a tal martiro lui condanna, la precisa proporzionalità di c. e pena è, come la stessa legge del contrapasso, segno rappresentativo della loro unità. È accompagnato dalla specificazione dell'atto peccaminoso in If VI 53 per la dannosa colpa de la gola, Pg XIII 38, XXIV 128.
Significa genericamente " fallo " (che può non aver rapporto con la legge divina) in Cv IV XIX 10 in loro è laudabile la paura del disnore ricevere per la colpa; significa " mancanza " o " delitto civile ", in Pg VI 21 per astio e per inveggia, / com'e' dicea, non per colpa commisa. Un caso particolare è quello di Rime CIV 88 e 90 Onde, s'io ebbi colpa, / più lune ha volto il sol poi che fu spenta, / se colpa muore perché l'uom si penta, dove è dubbio se si tratti di c. commessa nei confronti di Firenze o di altra c. che la sofferenza dell'esilio e il pentimento valgano a ripagare; la prima interpretazione fu sostenuta (e il Contini la definisce " seducente ") dal Cosmo, con l'ipotesi che D. si riconosca colpevole di aver preso le armi contro Firenze; la seconda, che attribuisce la c. volutamente lasciata nel vago, qualsiasi essa sia, a un tempo anteriore all'esilio, dall'autore del commento del manoscritto Magliabechiano, dal Gaspary, dal Barbi, dal Casella, dal Pernicone, il quale ultimo osserva: " Evidentemente non si può trattare che di colpa della quale Dante deve rispondere solo alla sua coscienza morale, perché le colpe delle quali si deve rispondere anche agli altri non si spengono nelle loro conseguenze col solo pentimento di chi le ha commesse ". Si fa più sensibile il rapporto dell'atto peccaminoso con la responsabilità di fronte alla legge e con il debito di fronte alla giustizia, in If XIV 138 quando la colpa pentuta è rimossa, XXVII 27, Pd XIX 78, XXIX 84. In taluni casi c. significa esclusivamente la responsabilità dell'effetto, nel senso che un difetto o l'errore commesso furono causa di un determinato inconveniente: così in If XIII 135 che colpa ho io de la tua vita rea?; X 109, XXII 124, Pg XXIV 82, XXXIII 35, Pd XV 144; Rime LXVII 92 che me n'ha colpa e mai non fu pietosa, CVI 95, CXIII 9; Cv I XI 11 sempre danno colpa a la materia de l'arte, III II 1, VIII 17; la specificazione dell'inconveniente si ha in I XI 11 credendo dare la colpa del mal coltello e del mal sonare al ferro e a la cetera, e levarla a sé. Assume valore avverbiale in Pg XXXII 32 colpa di quella ch'al serpente crese, e Pd I 30.