colto (sost.)
Il termine presenta due occorrenze nel Paradiso (V 72 e XXII 45). Commenta il Sapegno al primo luogo: " colto: culto, atto di devozione. Di questa forma, che rappresenta l'esito normale di cultus nei dialetti toscani (di fronte a culto, esito dotto), non abbiamo testimonianze scritte prima di Dante, che l'usa anche in Par., XXII, 45 (cfr. Parodi, " Bull. soc. dant. ", III 96) ".
In questi due luoghi indica più precisamente un'azione di culto formale o un insieme di pratiche religiose esteriori, illegittime, " empie ". Il così fatto cólto, infatti (Pd V 72), è l'inumano sacrificio onde pianse Efigènia il suo bel volto (v. 70), mentre l'empio cólto che 'l mondo sedusse (XXII 45) è, più in generale, il culto de li dèi falsi e bugiardi (If I 72) da cui s. Benedetto sottrasse gli abitanti del Lazio.
In Fiore CLXIII 13 La femina de'... / far... vender la torre e 'l palagio, / o casa o casolari o vero i colti, il termine ha un senso del tutto diverso, e vale " campo coltivato ", " podere ". Cfr. Cavalcanti Se non ti caggia 2 " Se non ti caggia la tua santa lena / giù per lo colto tra le dure zolle ".