COMBUSTIONE (lat. combustio, -ōnis, da comburo "brucio" composto di uro; fr. combustion; sp. combustión; ted. Verbrennung; (ingl. combustion)
Comunemente si intendono per combustioni le reazioni di ossidazione accompagnate da sviluppo di luce e calore. Scientificamente invece si chiamano combustioni vive anche altre reazioni, pure accompagnate da fenomeni termici e luminosi (così il rame brucia nei vapori di zolfo e l'idrogeno brucia in un ambiente di cloro) e si dicono combustioni lente quelle che per la lentezza con cui si verificano non dànno luogo ad emissione di luce.
La maggior parte delle combustioni avvengono nell'aria, è perciò manifesto che non si poteva avere una conoscenza esatta del processo della combustione prima che fosse conosciuta la natura chimica dell'aria. La spiegazione del fenomeno da parte di Lavoisier seguì appunto la scoperta dell'ossigeno.
La combustione era per Aristotele l'effetto della separazione del fuoco (uno dei quattro elementi) dal corpo che bruciava. Secondo Plinio la facile combustibilità dello zolfo è una prova della sua ricchezza di fuoco. Successivamente fu preso lo stesso zolfo come fuoco e fu creduto che i corpi fossero combustibili perché contenevano zolfo (Basilio Valentino). In tempi più moderni Becher (1635-1682) supponeva che tutti i corpi contenessero un principio combustibile, una terra infiammabile per cui dovessero bruciare. Nel 1674 un chimico inglese, il Mayow, emise l'idea che l'aria fosse composta di due sostanze, l'una atta ad alimentare la combustione, l'altra non adatta a produrre gli stessi effetti.
Quest'idea fu abbandonata nel secolo successivo, in cui imperò la teoria del flogisto (Stahl) secondo la quale la combustione era dovuta allo sprigionarsi del flogisto dalle sostanze che bruciano; il carbone era flogisto quasi puro.
Lavoisier dimostrò sperimentalmente che l'aria è un miscuglio di ossigeno e di azoto e che la combustione è un fenomeno d'ossidazione; l'ossigeno funziona cioè da comburente mentre l'azoto non prende parte alla reazione.
Ciò che segue riguarda la combustione delle sostanze che vanno sotto il nome di combustibili (v.). Per ulteriori notizie sulla combustione, v. termochimica.
Chimica della combustione.
Il legno, i carboni, il petrolio e i loro derivati sono costituiti da carbonio e idrogeno accompagnati da ossigeno, azoto e zolfo in proporzioni variabili. Il carbonio e l'idrogeno sono gli elementi che si combinano con l'ossigeno producendo l'energia termica che viene utilizzata. Anche lo zolfo si unisce all'ossigeno con sviluppo di calore, ma la presenza di questo elemento è dannoso per i prodotti a cui dà luogo bruciando. Nei combustibili solidi sono inoltre contenute quantità variabili di sostanze minerali che formano le ceneri che si ritrovano dopo la combustione.
Per semplicità possiamo supporre che l'aria sia costituita soltanto da una parte in volume d'ossigeno e quattro parti d'azoto. La combustione del carbonio nell'aria si potrà allora rappresentare con l'equazione:
si ha cioè che un grammo-atomo, o 12 g., di carbonio, bruciando nell'aria consuma una grammi-molecola d'ossigeno, o 22,32 litri, per produrre un egual volume di anidride carbonica; mentre le quattro grammi-molecole d'azoto o 89.28 litri, che accompagnano l'ossigeno, rimangono inattivi. Se il carbonio brucia in difetto d'ossigeno, allora accanto alla reazione che abbiamo descritta si produce l'altra
cioè 22,32 litri d'ossigeno bastano a bruciare 24 g. di carbonio, formando un volume doppio d'ossido di carbonio invece che anidride carbonica. L'ossido di carbonio venendo a contatto con l'aria può a sua volta bruciare secondo l'equazione 2CO + O2 + 4N2 = 2CO2 + 4N2, cioè due volumi d'ossigeno di carbonio si combinano con un volume di ossigeno per dar luogo a due volumi di anidride carbonica. Nella combustione dell'idrogeno si forma acqua. La reazione si può scrivere 2H2 + 22+ 4N2 = 2H2O + 4N2, e cioè 4 g. d'idrogeno si combinano con 32 g. d'ossigeno dando luogo a 36 g. di acqua.
Queste formule permettono di calcolare per ogni combustibile formato di carbonio, idrogeno e ossigeno in proporzioni note, la quantità d'aria necessaria per la combustione completa e il volume dei fumi che si formano. Riportiamo in una tabella questi dati per i principali combustibili.
Termologia.
Quantità di calore. - Le unità di calore adoperate nei paesi dove vige il sistema metrico decimale sono la piccola caloria (cal.), cioè la quantità di calore necessaria per innalzare un grammo di acqua da 14°,5 a 15°,5, e la grande caloria (Cal.) che si riferisce a un kg. d'acqua. In alcune pubblicazioni tedesche viene adoperata l'unità proposta dal chimico Ostwald riferita a 100 g. d' acqua; essa si chiama caloria Ostwald e in tedesco Wärmeeinheit (WE). In Inghilterra e negli Stati Uniti si adopera la British Thermal Unit (B.T.U.) cioè la quantità di calore necessaria per innalzare di un grado Fahrenheit una libbra inglese d'acqua a 60° F (15°,6); la B.T.U. equivale a 0,252 grandi calorie.
La determinazione delle quantità di calore che sviluppano bruciando i combustibili, si fa oggi generalmente con la bomba calorimetrica di Berthelot (v. calorifico, potere) modificata da Mahler per i solidi e i liquidi e con il calorimetro Junkers (fig.1) per i gas. In Inghilterra per i carboni si adopera il calorimetro Lewis Thompson (fig. 2).
Si suole chiamare calore di combustione di una sostanza la quantità di calore sviluppata da una grammi-molecola bruciando completamente a pressione e temperatura ordinaria. Se si tratta di un elemento allo stato solido ci si riferisce a un grammo atomo.
Riportiamo qui di seguito i calori di combustione di alcune sostanze combustibili e le relative equazioni di reazione.
Nei casi in cui si forma dell'acqua si è supposto che essa si condensi. Dalla tabella risulta che per gl'idrocarburi della stessa serie l'aumento d'un gruppo CH2 porta all'incirca a un aumento di 158,5 C. nel calore di combustione. Inoltre vediamo che il calore che sviluppa il carbonio nel dare CO2 è uguale alla somma dei calori sviluppati dal carbonio nel passare ad ossido di carbonio e dall'ossido di carbonio nel passare ad anidride carbonica. È un caso particolare della legge di Hess (1840) secondo la quale la somma delle quantità di calore sviluppata in una serie di reazioni successive per portare un sistema di corpi da uno stato iniziale (a) ad uno finale (b) è indipendente dalla natura delle trasformazioni intermedie e dipende solo dagli stati iniziale e finale.
Industrialmente come unità di misura dei combustibili si prende il kg. e come unità di calore la grande caloria. Secondo la definizione data dal Congresso di meccanica applicata di Parigi (1900), "il potere calorifico è il numero di grandi calorie sviluppate da un kg. di combustibile nella completa combustione a pressione costante, essendo i prodotti della combustione riportati a 0° a 760 mm. di pressione".
Si tratta, come si suol dire, di un potere calorifico superiore, essendovi compreso il calore di condensazione dell'acqua. Nella pratica l'acqua che si forma in una combustione viene trascinata via allo stato di vapore con gli altri prodotti della combustione e il calore di condensazione non viene utilizzato. Perciò in genere è adottato il potere calorifico effeitivo, o potere calorifico inferiore, che si ottiene da quello precedente, sottraendo il calore di condensazione dell'acqua che si trova nei prodotti della combustione.
Questa quantità di calore risulta dalla formula:
dove A è la percentuale d'acqua igroscopica, H la percentuale di idrogeno e 600 il calore d'evaporazione di un kg. di acqua.
Per i gas risulta più comodo nella pratica riferire i poteri calorifici al mc.
Per i carburanti che vengono adoperati nei motori a scoppio, dal punto di vista del calcolo della potenza d'un motore, è utile conoscere il potere calorifico della cilindrata cioè il potere calorifico a 15° e 760 mm. di pressione, d'un metro cubo di miscuglio di carburante e dell'aria teoricamente necessaria alla combustione completa.
Confrontando questi valori si vede che, sebbene il potere calorifico a volume costante sia all'incirca 10% più basso per i carburi aromatici che per i carburi ciclici saturi, e per l'alcool sia i 2/3 di quello del benzolo, il potere calorifico della cilindrata è costante a meno di 2% per gl'idrocarburi considerati, mentre per l'alcool lo scarto è di appena 3%.
La determinazione del potere calorifico è stata oggetto di numerose ricerche teoriche e sperimentali, essendo un fenomeno assai complesso. Alcuni studiosi hanno dato formule empiriche o basate su considerazioni generalmente arbitrarie, per determinare i poteri calorifici in base alla composizione chimica. Ricordiamo le formule di Dulong, Welter, Goutal, Thompsen e Löffler-Riedler.
Calore di combustione a volume costante. - Nella pratica i combustibili vengono quasi sempre bruciati nell'atmosfera e quindi a pressione costante; le definizioni che abbiamo date di calore di combustione e di potere calorifico, si riferiscono appunto alla combustione a pressione costante; nella bomba di Mahler si determina invece il calore di combustione a volume costante. Quando in una combustione avviene un cambiamento di volume molecolare, il calore di combustione varia a seconda che sia misurato a volume costante o a pressione costante, e la differenza è equivalente al lavoro fatto per il cambiamento stesso.
Ciò può essere espresso in base al primo principio della termodinamica come segue:
dove m rappresenta il numero di molecole reagenti meno il numero delle molecole che si sono formate nella reazione, R è la costante dei gas, e T la temperatura assoluta a cui viene misurato il calore di combustione. Così nel caso dell'ossido di carbonio a 18° si ha:
Influenza della temperatura sul calore di combustione. - I calori di combustione dipendono dalla temperatura delle sostanze reagenti. Nel caso di una reazione A → B alla temperatura T1 e T2 per il ciclo di Kirchoff si ha:
dove Q1 e Q2 sono i calori di combustione a T1 e T2 e CA e CB le capacità termiche medie delle sostanze reagenti e dei prodotti della reazione tra T1 e T2. Riportiamo qui di seguito le variazioni dei calori di reazione per la combustione dell'ossido di carbonio, dell'idrogeno e della reazione del gas d'acqua. In questo caso l'effetto della temperatura è particolarmente notevole.
Equilibrî chimici nei processi di combustione. - Le reazioni chimiche non si compiono in maniera completa, ma portano a uno stato d'equilibrio, sul quale influiscono la temperatura, la concentrazione delle sostanze gassose che prendono parte alla reazione e la pressione, nei casi in cui la trasformazione è accompagnata da un cambiamento del numero delle molecole allo stato gassoso. Precisamente il sistema reagisce a un cambiamento di uno di questi fattori nel senso di annullare il cambiamento stesso (legge dell'equilibrio mobile). Così le combustioni non si compiono in maniera completa, ma portano a un equilibrio tra le sostanze gassose che prendono parte alla combustione, e quelle che si originano. Praticamente, a temperatura bassa, si può considerare che la combustione del carbonio e quella dell'idrogeno siano complete, e che si ottenga esclusivamente anidride carbonica ed acqua: innalzando la temperatura, l'equilibrio si sposta nel senso della reazione che assorbe calore, e quindi l'anidride carbonica e il vapore d'acqua tendono a dissociarsi: le dissociazioni dell'anidride carbonica in ossido di carbonio e ossigeno e del vapor d'acqua in idrogeno e ossigeno avvengono con aumento di volume e sono quindi ostacolate dalla pressione. A pressione ordinaria la dissociazione comincia a farsi sentire al di sopra di 1500°, specie nel caso dell'anidride carbonica.
Energia raggiante. - Non tutta l'energia chimica che si sviluppa durante la combustione si trova poi come calore sensibile nei gas prodotti, ma una parte viene trasformata in energia raggiante. Sulla quantità di energia irradiata, influiscono la composizione e la forma della fiamma. Sono state confrontate fiamme della stessa forma di diversi gas combustibili e si è trovato, per es., che l'energia irradiata nel caso dell'idrogeno era 3% e nel caso dell'ossido di carbonio 8% dell'energia totale. La quantità relativa di energia raggiante emessa da fiamme ottenute con miscugli gassosi contenenti aria in quantità sufficiente per non dare luce, risulta dalla seguente tabella:
Questi dati hanno notevole importanza: era noto che nei forni per fondere l'acciaio, un gas di gassogeno contenente un maggior tenore d'ossido di carbonio dava migliori rendimenti che un gas avente lo stesso potere calorifico, ma un tenore maggiore d'idrogeno. Ciò si spiega facilmente osservando la tabella su riportata.
Temperatura di combustione. - La temperatura che si può ottenere bruciando uu dato combustibile si può determinare con metodi diretti e con metodi indiretti.
a) Metodi diretti - La misura diretta delle temperature delle fiamme non si può fare semplicemente immergendovi una coppia termoelettrica, perché un corpo solido immerso in una fiamma irradia una quantità di calore uguale a quella che riceve e quindi viene sempre a trovarsi a una temperatura inferiore a quella della fiamma. Si sono escogitati metodi ingegnosi per ovviare a questo inconveniente. Così, p. es., Waggener introduceva coppie termoelettriche di spessore decrescente nella fiamma di un becco Bunsen e aveva dei valori crescenti di temperatura in funzione del diminuito spessore dei fili e quindi della diminuita conducibilità e potere emissivo. Estrapolando per il valore 0 dello spessore dei fili della pinza, ottenne come temperatura della fiamma 1750°.
Un altro metodo, usato dal National Physical Laboratory di Teddington (Inghilterra), consiste nel riscaldare un filo metallico per mezzo d'una corrente elettrica nel vuoto e nel determinare con un pirometro ottico la temperatura in funzione dell'intensità della corrente riscaldante. Ripetendo l'esperienza nella fiamma, fino a che il filo sarà più freddo dei gas della fiamma, riceverà calore e a parità di corrente elettrica sarà più caldo che nell'esperienza nel vuoto. Quando il filo si troverà a temperatura maggiore, i gas asporteranno calore e la lettura pirometrica darà un valore minore che nell'esperienza nel vuoto. Quando il filo avrà la stessa temperatura della fiamma, i gas non cederanno né apporterranno calore e si avranno le stesse condizioni che nel vuoto. Le curve di temperatura e intensità di corrente, determinate nelle due esperienze s'incontreranno dunque nel punto corrispondente alla temperatura della fiamma; il valore così determinato per un becco Bunsen è di 1765°.
Questi metodi non possono servire per determinare le temperature di combustione che superano i 1800°, in quanto i materiali che si potrebbero adoperare come termometri fonderebbero. Né si possono applicare alle fiamme luminose gli usuali processi con i pirometri ottici, perché la luminosità è impartita dalle particelle solide di carbonio sospese nella fiamma, che, come si è visto, si trovano a temperatura inferiore.
La difficoltà è stata ovviata impartendo la colorazione alla fiamma per mezzo di un sale di sodio che veniva fatto volatilizzare in seno ad essa. Questo metodo è stato usato da Féry il quale si serviva del pirometro ottico Kurlbaum.
b) Metodi indiretti - I primi a determinare in modo abbastanza preciso la temperatura di combustione per varî combustibili gassosi furono Mallard e Le Chatelier (1881) che usarono un metodo assai elegante.
Le leggi di Boyle e di Gay-Lussac forniscono una relazione fra temperatura e pressione d'un sistema gassoso che subisce una trasformazione a volume costante. Chiamiamo Po, to e no. rispettivamente la pressione, la temperatura, il numero di molecole d'un miscuglio combustibile che si trova in un recipiente chiuso e P1, t1 e n1 la pressione, temperatura, numero delle molecole dopo la combustione. Avremo la relazione:
to Po e P1 sono grandezze che si misurano sperimentalmente; no e m1 risultano dall'equazione di reazione Si potrà quindi ricavare t1. Mallard e Le Chatelier riempivano alla pressione d'un'atmosfera e alla temperatura ambiente (17°) una bomba d'acciaio munita di manometro, con un miscuglio d'ossido di carbonio e aria nelle proporzioni teoriche per dare anidride carbonica, facevano avvenire l'esplosione e osservavano che la pressione era salita a 8,7 atm. La reazione prodotta è la seguente:
quindi no era uguale a 3,5 e n1 a 3. Sostituendo nella (2) le lettere con i valori numerici si ottiene:
Questo calcolo è approssimato in quanto non tiene conto della dissociazione dell'anidride carbonica e del raffreddamento dovuto alle pareti, ma nel caso descritto queste cause d'errore sono trascurabili.
Il dispositivo sperimentale di Mallard e Le Chatelier permette la valutazione dei calori specifici dei gas originati in una combustione e quindi la determinazione delle temperature che si raggiungono con qualsiasi combustibile solido, liquido o gassoso. Se infatti chiamiamo Piv il potere calorifico inferiore a volume costante e per Σpc intendiamo la sommatoria dei pesi dei gas risultanti dalla combustione di 1 kg. di combustibile, moltiplicati per i loro calori specifici medî a volume costante e alla temperatura t raggiunta nella combustione, il valore di questa sarà dato da:
dove a è il calore sensibile del sistema prima della reazione.
Si tratta di determinare i valori che assume cv per i varî gas. Supponiamo di voler determinare cv per l'anidride carbonica. Si prenderà un miscuglio d'ossido di carbonio e d'ossigeno in proporzioni stechiometriche e si diluirà il miscuglio con una quantità d'anidride carbonica tale che la temperatura dopo la combustione non sorpassi 1500°, temperatura alla quale la dissociazione dell'anidride carbonica, nelle condizioni sperimentali, non è apprezzabile; in queste condizioni a combustione avvenuta, nella bomba sarà presente soltanto anidride carbonica. La misura della pressione ci fornirà mediante l'equazione (2) la temperatura ti raggiunta. Se chiamiamo Q la quantità di calore sviluppato, a il calore sensibile del sistema prima della reazione e p1 il peso di anidride carbonica dopo la combustione, avremo:
Si ha così il calore specifico medio dell'anidride carbonica fra la temperatura ordinaria e t1. Con questo dato e con quelli di Regnault, che misurò i calori specifici tra 0 e 200° si può tracciare una curva che dia il calore specifico a 1500° e si estrapola per temperature superiori. Per i gas biatomici, per es. ossido di carbonio, azoto, tutti con lo stesso calore specifico, si mescolerà il cianogeno con una quantità d'ossigeno tale che si formi solo ossido di carbonio e non anidride carbonica e si opererà come nell'esempio precedente. Solo la determinazione per l'acqua presenta incertezze perché non si riesce ad avere, a combustione avvenuta, solo vapor d'acqua nel recipiente, ma si deve operare con aggiunta d'azoto e fare i calcoli per differenza. Per avere i calori specifici a pressione costante riferendosi a una grammi-molecola, serve la relazione
dove R è la costante dei gas che in piccole calorie è uguale a 2.
Mallard e Le Chatelier hanno dato le seguenti formule per i calori specifici medî a volume costante:
Holborn, Henning, Pier e Bjerrum hanno ripetuto le determinazioni ottenendo valori diversi specie nel caso dell'anidride carbonica e del vapor d'acqua. In base a tali esperienze Kast ha dato queste formule lineari approssimate per i calori specifici molecolari a volume costante:
Nella tabella seguente sono riportate le temperature di combustione per varî combustibili.
Queste sono le temperature che si raggiungerebbero se la reazione procedesse interamente. In realtà a temperature così elevate non si può trascurare la dissociazione del vapor d'acqua e dell'anidride carbonica; la temperatura t risulterà diminuita, perché nella combustione d'una grammi-molecola il calore svolto non sarà q, ma q(i − a), dove a è il grado di dissociazione alla temperatura t. Introducendo il valore q(i − a) al posto di q, otterremo t1 minore di t; ma alla temperatura t1 il grado di dissociazione α′ è minore di a; e bisognerà sostituire a q(i − a), q (i − a′). Otterremo un nuovo valore t2 compreso tra t e t1 che si dovrebbe correggere ancora, ma praticamente l'errore che si commette assumendo t2 come temperatura vera sarà inferiore all'errore sperimentale.
Ecco le temperature corrette per la combustione a pressione costante, tenendo conto del grado di dissociazione e usando i dati di Pier e Bjerrum:
È interessante confrontare le temperature calcolate con questo metodo indiretto per la combustione di alcuni gas con quelle misurate direttamente con il metodo Féry Kurlbaum.
Gli autori delle misure spiegano lo scarto ammettendo che parte dell'energia chimica si trasformi in calore raggiante anziché sensibile.
Rendimento termico. - Non tutto il calore che un combustibile fornisce bruciando viene utilizzato. Il rapporto fra la quantità di calore utilizzata in un determinato apparecchio e quella svolta dal combustibile bruciando si chiama redimento termico dell'apparecchio stesso.
La conoscenza della temperatura di combustione permette di rendersi conto del grado di utilizzazione del calore in differenti apparecchi industriali. P. es., per fondere l'acciaio occorre portarlo a 1700°; i prodotti della combustione debbono uscire a questa temperatura da un forno per acciaio non munito di dispositivi per il ricupero del calore; la quantità di calore utilizzata in tale forno è quella che i prodotti della combustione abbandonano quando la loro temperatura si abbassa da 2000 a 1700°; cioè il 25%, della quantità di calore prodotta. In una caldaia a vapore, invece, i prodotti della combustione possono essere portati a 200° prima di farli sfuggire dal camino; così si può utilizzare, nella produzione di vapore, il 90% del calore sviluppato nel focolare.
Il rendimento termico si migliora utilizzando il calore che i prodotti della combustione portano con sé nell'atmosfera. A questo scopo mirano gli economizzatori e i ricuperatori di calore.
Così, p. es., nei moderni forni d'acciaio si ricupera il calore dei prodotti della combustione adoperando questi nel riscaldamento dell'aria che va al forno. Nelle caldaie a vapore i prodotti della combustione servono a riscaldare l'acqua da vaporizzare e anche l'aria comburente.
Controllo della combustione. - L'utilizzazione del calore sviluppato dai combustibili è tanto migliore, quanto minore è la quantità di calore asportata dai fumi. Ora è chiaro che quanto maggiore sarà l'eccesso d'aria sulle proporzioni teoriche necessari e per la combustione completa di un dato combustibile, tanto maggiore sarà la quantità di calore asportata nei fumi, cioè la cosiddetta perdita al camino. L'eccesso d'aria si può calcolare a partire dalla quantità di anidride carbonica contenuta nei fumi; dosando l'anidride carbonica nei fumi, si può controllare se il combustibile è bene o male utilizzato.
Si dimostra difatti che, chiamando vt la percentuale in volume di anidride carbonica che dovrebbe teoricamente trovarsi nei fumi, va la percentuale che effettivamente vi si trova, Vt la quantità di aria necessaria per la combustione in proporzioni stechiometriche e Va quella effettivamente adoperata, esiste la seguente relazione approssimativa:
vt e Vt si conoscono per ogni combustibile di cui si sappia la composizione elementare.
La determinazione dell'anidride carbonica nei fumi si può fare con diversi apparecchi che vengono detti carbonimetri.
Il più semplice è la buretta di Bunte (fig. 3); possono anche servire gli ordinarî apparecchi per l'analisi dei gas, quelli di Hempel, di Orsat (fig. 4) e di Baillet; quest'ultimo è un apparecchio del tipo di quello d'Orsat, ma adatto per usi industriali.
Più utili sono gli apparecchi che dànno indicazioni continue. Di questi ve ne sono varî tipi. Alcuni si basano sulla maggiore densità dell'anidride carbonica rispetto agli altri gas presenti nei fumi; questi apparecchi vengono chiamati econometri; le loro indicazioni non sono molto esatte perché sulla densità del miscuglio influiscono la temperatura e i tenori relativi degli altri gas. Altri apparecchi come l'Ados e il Simmance and Abbady's Combustion Recorder, eseguiscono automaticamente e continuamente il prelevamento d'un dato volume di gas, l'assorbimento dell'anidride carbonica con soluzioni di potassa e la registrazione dei risultati dell'analisi. I più usati sono ora i sistemi basati sulla conducibilità termica diversa dell'anidride carbonica rispetto agli altri gas. L'apparecchio di Shakepear è costituito da due spirali di platino identiche che costituiscono i bracci d'un ponte di Wheatstone chiusi in due scatole diverse. Al passaggio della corrente le due spirali si riscaldano; inviando in una scatola dell'aria e nell'altra i fumi della combustione le due spirali si raffredderanno in modo diverso e il galvanometro accuserà il passaggio di corrente elettrica. Siccome la conducibilità termica dell'azoto, ossigeno e ossido di carbonio sono uguali fra loro, mentre l'anidride carbonica ha una conducibilità diversa, dalle indicazioni del galvanometro si potrà risalire al tenore di anidride carbonica.
Praticamente non è possibile avere la combustione completa con la quantità d'aria strettamente necessaria. Anzi, quando la quantità d'aria adoperata scende al disotto di una volta e mezza quella teorica, è bene rendersi conto, mediante un'analisi completa, se è presente ossido di carbonio nei fumi, seguo di combustione incompleta.
Origine dell'energia contenuta nei combustibili. - Per il primo principio della termodinamica, l'energia non si crea e non si distrugge; è interessante quindi stabilire l'origine dell'energia contenuta nei combustibili. I combustibili in ultima analisi derivano da prodotti vegetali; ora le piante si sviluppano in virtù dell'energia solare, la quale rende possibile la decomposizione dell'anidride carbonica da parte della clorofilla che si trova sulle parti verdi, e quindi l'assimilazione del carbonio. La reazione di scomposizione dell'anidride carbonica richiede altrettanta energia quanta se ne sviluppa quando il carbonio si ricombina all'ossigeno in un processo di combustione; il sole irradia sulla terra l'energia necessaria per la scomposizione. È stato calcolato che la quantità totale d'energia che il sole irradia sulla terra è di 2.100.000 calorie all'anno per mq.; d'altra parte la quantità di carbonio fissata nello stesso tempo per ogni mq. di superficie in piena vegetazione, è di 100 gr. circa, e la formazione di questo carbonio dall'anidride carbonica richiede 800 calorie; cioè solo il 0,94%, dell'energia solare viene assorbito e può essere restituito in un processo di combustione.
Cinetica della combustione.
Meccanismo delle reazioni. - Nelle considerazioni termiche che riguardano la combustione si considerano unicamente lo stato iniziale e lo stato finale della reazione, perché il calore svolto è indipendente dagli stati intermedî (legge di Hess).
In verità la combustione è un fenomeno complesso che avviene attraverso diversi stadî. La conoscenza del meccanismo della combustione sarebbe assai importante per spiegare alcune proprietà dei combustibili; benché a questo argomento abbiano dedicato lunghe ricerche numerosi studiosi, le nostre conoscenze al riguardo hanno un carattere frammentario. Riportiamo le idee più autorevoli che si hanno in proposito per alcune sostanze combustibili.
Carbonio. - Nella combustione del carbonio sembra che in un primo tempo l'ossigeno si fissi superficialmente, e che il complesso così formato si decomponga dando origine simultaneamente a ossido di carbonio e anidride carbonica. In contatto con il carbonio in eccesso i due ossidi raggiungerebbero poi le concentrazioni corrispondenti alla costante di equilibrio della reazione: C + CO2 ⇄ 2CO.
Ossido di carbonio. - La combustione dell'ossido di carbonio è favorita dalla presenza d'umidità. Per provocare l'esplosione d'un miscuglio di ossido di carbonio e d'ossigeno per mezzo di una scintilla elettrica, bisogna che la scintilla sia tanto più intensa quanto più secco è il miscuglio. È probabile che per provocare la combustione sia necessario un certo grado di ionizzazione di uno o di entrambi i gas reagenti. Il vapor d'acqua oltre ad agire chimicamente, dando luogo a reazioni intermedie che avvengono più facilmente della reazione diretta, può forse favorire la ionizzazione, condensandosi sopra elettroni liberi e ostacolando la ricombinazione con gli ioni positivi e così mantenendo e prolungando la reagibilità del sistema.
Idrocarburi. - Si credeva un tempo che l'idrogeno bruciasse prima del carbonio, nella combustione degli idrocarburi, ma si è dimostrato che in certi casi, operando in difetto d'ossigeno, avviene il contrario. Si ritiene ora che l'ossigeno in un primo tempo si fissi sugl'idrocarburi, dando dei prodotti intermedî, principalmente aldeidi, che si decompongono poi nei prodotti finali d'ossidazione.
Particolarmente interessante è la conoscenza dei composti intermedî che sono causa del fenomeno del battito nei motori a scoppio. Quando si comprime una miscela di vapori di benzina e d'aria nei cilindri, al disopra di un certo limite, si sviluppa istantaneamente una forte pressione per cui il pistone riceve come un colpo di martello, invece di una pressione regolare, con conseguente diminuzione di rendimento e possibilità di danno per gli organi del motore. Il fenomeno si attribuisce alla formazione, come primi prodotti di ossidazione, di perossidi instabili, che decomponendosi accelerano fortemente la combustione. La tendenza al battito è più marcata per gl'idrocarburi a catena aperta saturi che per i non saturi, per idrocarburi della serie grassa che per quelli della serie aromatica.
Si è trovato che alcune sostanze aggiunte in piccolissime quantità diminuiscono la tendenza al battito e una delle spiegazioni proposte, è che tali sostanze, che vengono chiamate antidetonanti, riducono i perossidi di mano in mano che si formano. Tra gli antidetonanti sono il piombo tetraetile e il ferro carbonile, e alcuni composti organici azotati. L'interesse pratico di questi antidetonanti consiste nella possibilità di poter aumentare la compressione iniziale della miscela carburante, ottenendo un maggiore rendimento termico.
Velocità di combustione. - Finora abbiamo immaginato che le combustioni avvenissero con velocità così grande che la dispersione del calore durante il fenomeno fosse relativamente piccola. In verità, oltre alle combustioni vive che sono quelle accompagnate da emissione di luce e di calore (e sono quelle usate industrialmente) vi sono le combustioni lente, che sono fenomeni di ossidazione i quali avvengono così lentamente che il calore svolto durante la reazione si dissipa di mano in mano che si forma e non provoca un aumento sensibile di temperatura.
Tutti i combustibili presentano il fenomeno della combustione lenta; per alcuni il fenomeno si verifica già a temperatura ordinaria, per altri è necessario elevare la temperatura.
Generalmente nella velocità di combustione si nota per i varî combustibili una discontinuità più o meno netta; la combustione lenta ha luogo fino a una certa temperatura a partire dalla quale la combustione procede rapidamente. Particolarmente marcato è il fenomeno per miscugli di combustibili gassosi con aria o ossigeno.
La temperatura a cui s'inizia la combustione accompagnata da emissione di luce, si chiama temperatura d'infiammazione.
Essa non è una costante fisica ben definita perché dipende da numerosi fattori dei quali alcuni sfuggono al nostro controllo.
La velocità con cui avviene la combustione viva è un dato assai importante. Per i carboni si distinguono la combustibilità, cioè il peso di combustibile che viene bruciato in determinate condizioni nell'unità di tempo, e la reagibilità, grandezza connessa con la velocità con cui un carbone riduce l'anidride carbonica a ossido di carbonio. Queste proprietà sono assai importanti nella pratica, specialmente per i carboni coke in quanto influiscono sul rendimento orario di un gassogeno, sull'andamento degli alti forni e dei cubilotti, sulla lunghezza delle fiamme nella combustione del carbone polverizzato e spesso sulla scelta del modo di bruciare un coke.
Nei miscugli gassosi si suole provocare l'accensione in un punto da cui la combustione si propaga al resto della massa. Tra i metodi di accensione tre presentano particolare interesse perché vengono adoperati nella pratica: l'accensione per mezzo di scintille elettriche, per mezzo di compressione, e per mezzo di catalizzatori.
L'accensione mediante la scintilla elettrica si usa nei motori a scoppio; sembra che l'accensione sia dovuta essenzialmente alla ionizzazione dei gas, e che la temperatura eserciti un'azione secondaria.
L'accensione mediante la compressione si adopera nei motori Diesel: si comprime l'aria a 50 atmosfere circa e s'inietta l'olio che s'infiamma istantaneamente. La temperatura assoluta T1, che si raggiunge, risulta dalla formula
dove To e Vo sono la temperatura e il volume iniziali, V1 il volume dopo la compressione e y è il rapporto tra calore specifico a pressione e a volume costante. L'accensione per compressione si verifica accidentalmente, come abbiamo visto nei motori a scoppio.
L'accensione con un catalizzatore fu adoperata da Dobereiner, che con la spugna di platino accendeva un miscuglio d'idrogeno e ossigeno nella sua lampada, e in epoca più recente da Bone nella combustione superficiale. Questa specie di combustione si effettua facendo pervenire un miscuglio di gas combustibili e aria a contatto con un diaframma di materiale refrattario (fig. 5), che viene mantenuto incandescente senza che si sviluppi fiamma. I vantaggi consistono nel fatto che: 1. la combustione è fortemente accelerata dalla superficie incandescente che può essere concentrata nella zona dove si richiede il calore; 2. la combustione è perfetta con un minimo eccesso d'aria; 3. si raggiungono temperature molto alte senza l'aiuto di rigeneratori di calore; 4. a causa della forte quantità di energia radiante sviluppata, la trasmissione del calore dalla zona di combustione all'oggetto che si vuole riscaldare è molto rapida. Il sistema applicato alla produzione di vapore ha dato luogo a rendimenti termici del 92-93% del potere calorifico del gas bruciato.
Quando si è provocata l'accensione in un punto, perché la combustione si propaghi occorre che la quantità relativa di gas combustibile nella miscela con il comburente sia compresa tra due limiti, detti limite inferiore e limite superiore d'infiammabilità. I limiti d'infiammabilità variano con la temperatura, con la pressione della miscela e anche con la posizione relativa al punto in cui si provoca l'accensione.
La propagazione della fiamma nei miscugli gassosi avviene in un primo stadio lentamente e con velocità uniforme, poi in certi casi si sviluppano dei movimenti vibratorî per cui la combustione si accelera fino a dar luogo a una detonazione. La propagazione quasi istantanea durante l'ultimo periodo si chiama onda esplosiva. La propagazione uniforme è influenzata particolarmente dalla composizione del miscuglio gassoso e dal diametro dei tubi entro cui ha luogo. La velocità massima si ha per miscugli leggermente più ricchi in gas combustibile di quanto corrisponderebbe alle proporzioni teoriche.
L'idrogeno è il gas che brucia più velocemente; in miscela con l'ossigeno brucia 10 volte più rapidamente dell'ossido di carbonio.
Interessante è la diminuzione fino a velocità zero nel caso dei miscugli aria-metano, che si ha diminuendo il diametro dei tubi. La lampada dei minatori è fondata sulla conoscenza di questo fenomeno, in quanto la reticella di protezione si può considerare come formata dall'unione di tanti tubi di piccolo diametro.
L'onda esplosiva invece non è influenzata dal diametro del tubo entro limiti assai vasti, ma dipende solo dalla composizione dei miscugli, dalla pressione e dalla temperatura delle fiamme.
Bibl.: E. Damour, Les sources de l'énergie calorifique, Parigi 1912 (in collaborazione con altri); W. A. Bone, Coal and its scientific uses, Londra 1918; G. Perelli, Per l'economia dei combustibili, Milano 1919; H. Le Chatelier, Le chauffage industriel, Parigi 1912; Muraour, La variation de la chaleur spécifique des gas avec la temperature, in Chimie et Industrie, 1923, vol. X, p. 23; Aubert, Les combustibles liquides, Parigi 1924; Loomis e Perrot, Measurement of the temperature of stationary flames, in Journal of Industrial and Engineering Chemistry, 1928, p. 1004; Paymann, The normal propagation of flame in gaseous mixtures, id., p. 1026; Bone, Finch e Townend, The fondamental aspects of Combustion, in World Power Conference, Londra 1928; Bertelsmann e Schuster, Die für die Verbrennung bestimmenden Eingenschaften der Gase, ibid. (v. anche combustibile).