COMIN da Trino
Sebbene C. sia stato uno dei più attivi tipografi di Venezia del sec. XVI, non si conosce circa la sua vita niente di definito. La piccola città di Trino (prov. Vercelli) dette i natali a molti importanti tipografi e C. vi nacque presumibilinente nel 1510 circa.
Nessun cognome preciso può essere aggiunto al suo insolito nome, che potrebbe essere un diminutivo di Cosimino, sebbene sia stato spesso sostenuto, piuttosto inattendibilmente, ché egli fosse cugino del più famoso tipografo Gabriele Giolito del Ferrari: Sincero lo chiama "Comino Giolito Ferrari, cugino di Gabriele" e Bongi lo definisce "un altro Giolito"; non ci sono però prove di questo.
La maggior parte dei più autorevoli bibliografi afferma che la sua carriera tipografica a Venezia si protrasse dal 1540 al 1574;durante questo periodo sembra che egli abbia stampato molto più di duecento libri e probabilmente la sua produzione si avvicina ai trecento. E. Pastorello gli attribuì centosettanta edizioni, ma esse sono certamente troppo poche, poiché la British Library soltanto ne possiede più di centocinquanta. In questa stessa biblioteca c'è un libro, datato 1539, che, mentre non è sottoscritto da C. come tipografo, gli è attribuito perché contiene almeno una iniziale xilografica, che appare in libri sottoscritti da lui nel 1540. Sembra quindi probabile che C. abbia iniziato la sua opera di tipografo nel 1539. Questo libro è l'Examen omnium simplicium medicamentorum, quorum in officinis usus est di Antonio Musa Brasavola, che fu venduto "sub signo putei", nome di una bottega, identificata come appartenente all'editore Andrea Arrivabene. C. spesso stampò per incarico di vari editori, fra cui Vincenzo Valgrisi "in officina Erasmiana" (1540), Niccolò Zoppino d'Aristotile (1540), Giovanni Padovano (circa 1540), Vittore dei Ravani e compagni (1540), Baldassarre Costantini (1543), Paolo Gerardo (1544, 1549, 1557), Bernardino Bindoni (1545), Giovanni dalla Chiesa (1548). Orfeo dalla Carta (1550-1557), Curzio Troiano de' Navò (1558, 1559), Simon e Galignani (1564) e altri. Stampò anche per conto di molti librai a noi noti soltanto con il nome della bottega, come "Al segno del Diamante" e "Al segno della Cognitione". Il solo libro che si sa che C. stampò per il suo presunto cugino Gabriele Giolito è il Dell'interpretatione dei sogni di Artemidoro, del 1542 (Bongi, pp. 32 s.), quando Giolito aveva appena incominciato la sua carriera di tipografo a Venezia.
E. Pastorello sostiene che C. nel 1554 abitava "in vico divi Joannis Chrysostomi", ma senza citare il libro in cui appare questa indicazione. Tale data costituirebbe di per sé un'eccezione, perché normalmente C. non fornisce l'ubicazione della sua officina, ma semplicemente la nota tipografica (nell'uno o nell'altro idioma a seconda che il libro sia in latino o in italiano): "Venezia, per Comin da Trino di Monferrato". Talvolta egli stampò libri senza alcuna nota tipografica; questi possono essere identificati come opere sue dalla marca tipografica o dalle iniziali xilografiche, ma non dai caratteri, che da allora sono, romani o italici, in forme standardizzate.
L'affermazione di F. Ascarelli, in parte dedotta da Fumagalli e in parte dalla Pastorello, che aveva stamperia a S. Luca "in vico divi Joannis Chrysostomy [sic] - si legge in una sua edizione del 1544 - all'insegna della Cognizione", è basata su un'errata interpretazione della nota tipografica e del colophon, poiché quest'ultimo dà l'ubicazione non dell'officina di C., ma della bottega del libraio, a spese del quale egli stampò il volume. Ad onta del suo prolifico successo come tipografo, sembra essere stata cura particolare di C. dal principio alla fine della sua carriera celare ogni informazione circa la sua persona. Su dieci suoi libri del 1544 esaminati nessuno rivela il suo indirizzo.
Nel 1546 C. stampò le costituzioni dei francescani e nel 1548 gli indici degli statuti di Venezia. Non fu prima del 1564 tuttavia che egli ottenne l'importante commissione di stampare gli stessi statuti e le leggi di Venezia, che pubblicò in tre parti. Il suo solo lavoro di natura ecclesiastica - escluse le costituzioni dei francescani - sembra essere stato il breviario per Monte Oliveto, nel 1560. Il resto della sua produzione consistette in parte nell'edizione di autori greci e latini e soprattutto. di opere di letteratura italiana contemporanea; eseguì, inoltre, lavori per conto di Michelangelo Biondo, che fu il suo editore. Un certo numero di suoi libri furono relativi alla storia veneziana, come la Rerum Venetarum ab urbe condita historia di Pietro Giustiniani (1560) e i Delle cose notabili che sono in Venetia libri due di Francesco Sansovino (1561). Nel 1568 un importante lavoro linguistico da lui stampato fu il Dittionario volgare et latino. Nel 1569 egli estese la sua attività alla stampa per conto di Marco de Maria di Salerno, un libraio napoletano, della Praxis censualis di Pietro Follerio di San Severino (C. Marciani, Editori, tipografi, librai veneti nel Regno di Napoli nel Cinquecento, in Studi veneziani, X [1969], p. 483). Nel 1570 C. stampò un'edizione dell'Index librorum prohibitorum.
Secondo Fumagalli, C. usò almeno dieci diverse marche tipografiche. Una di queste, come pure l'uso di alcune iniziali xilografiche, prova che C. deve essere stato il tipografo della prima edizione, non datata, delle Rime degl'Academici Eterei di Padova, stampata probabilmente nel 1567, di cui il British Museum dà errati dati tipografici (D. É. Rhodes, Rettifiche e aggiunte alla storia della stampa a Padova, in Studi di bibliogr. e di storia in on. di Tammaro De Marinis, IV, Verona 1964, p. 35).
Il suo ultimo libro sottoscritto sembra essere stato l'edizione a cura di Filippo Pigafetta delle Lettere et orationi del cardinal Bessarione, stampato nel 1573. L'edizione del De tutore et curatore tractatus di Antonio Piaggia, del 1574, che è attribuita a lui dalla British Library, non è sottoscritta da lui, ma ha semplicemente "Venetiis" come nota tipografica.
Non si sa quando C. morì. Gli anni della sua più intensa attività come tipografo vanno dal 1540 al 1550; dopo quest'anno la sua produzione annuale sembra diminuire.
C. manifestamente non lasciò eredi, sebbene la nota tivografica "eredi di Comin da Trino" sia stata suggerita da un bibliografo per un libro del 1576: Garcia de Orta, Due libri dell'historia dei semplici, aromati et altre cose, che ha una marca tipografica dell'editore sul frontespizio identica a quella usata nel De sanguinis missione libri tres, Venetiis 1570, già assegnato a Comin. Ma ciò non significa che il tipografo che usò una delle sue vecchie marche tipografiche nel 1576 dovesse avere legalmente ereditato la sua azienda e potesse perciò essere autorizzato a chiamarsi "erede di Comin da Trino" (R. J. Durling. A catalogue of sixteenth century printed books in the National Library of Medicine, Bethesda, Maryland, 1967, p. 439, n. 3418, e ad Ind. p. 647).
Bibl.: G. Raviola, Monografia della città di Trino, Trino 1872; S. Bongi, Annali di Gabriel Giolito de' Ferrari, I, Roma, 1890, pp. VIII, XXVI, 115, 120; C. Sincero, Trino, i suoi tipografi e l'abazia di Lucedio, Torino 1897, pp. 190-191; E. Pastorello, Tipografi, editori, librai a Venezia nel sec. XVI, Firenze 1924, pp. 22-23; Id., Bibliogr. storico-analitica dell'arte della stampa in Venezia, Venezia 1933, p. 191; G. Fumagalli, Lex. typogr. Italiae, Florence 1905, p. 491; F. Ascarelli, La tipografia cinquecentina ital., Firenze 1953, p. 197 e figure 128, 129; British Museum, Short-title catalogue of Italian books, 1465-1600, London 1958, pp. 811-812; E. Massa, I trinesi nella storia dell'arte editor., in V Centenario della introduzione della stampa in Italia..., Torino 1965, pp. non num.