COMITA
Giudice di Torres, nacque verosimilmente verso il 1160 a Torres, capitale del giudicato, ultimo dei quattro figli di Barisone II e di Preziosa de Orrubu. Non è tuttavia sempre facile ricostruire la sua biografia per la difficoltà di datare con sicurezza molte delle fonti che parlano di lui.
All'età di vent'anni circa, sposò Ispella d'Arborea, vedova di Ugo de Cervera e madre di Ugone di Bas, detto Poncio o Poncet, giudice-condomino d'Arborea; ebbe da lei quattro figli: Maria che andò sposa a Bonifacio di Saluzzo, Preziosa della quale non si hanno ulteriori notizie, Mariano che gli successe nel giudicato, e Giorgia che sposò Manuele Doria; venticinque anni dopo, chiese il divorzio e sposò - non si sa se dopo averlo ottenuto o dopo la morte sopraggiunta d'Ispella - Agnese di Saluzzo dalla quale ebbe una figlia, Isabella, che andò sposa a Lanfranco Spinola.
Salì al trono nel dicembre del 1198, succedendo al fratello primogenito Costantino II, morto nel corso della feroce guerra combattuta contro Guglielmo I di Massa, giudice di Cagliari, per i diritti da entrambi vantati sul giudicato d'Arborea in concorrenza con i deposti giudici-condomini Pietro I de Serra e Ugone di Bas: una guerra che con brevi pause ed alterne vicende proseguì durante l'intero regno di C. e coinvolse tutta l'isola.
In realtà questa guerra, come le altre che seguirono, non fu che un aspetto della lotta in corso tra Genova e Pisa per affermare, ciascuna, il proprio predominio esclusivo sui giudicati. Entrambe si erano convinte che a garantire i privilegi o le preminenze comunque acquisiti non erano più sufficienti i trattati o i giuramenti carpiti ai principi locali e mirarono quindi ad impadronirsi del potere, favorendo l'ascesa di propri cittadini ai troni isolani per via di matrimonio e, occorrendo, con l'astuzia o la forza. Ed ecco che, sospinte dalle due Repubbliche, le famiglie pisane dei marchesi di Massa, dei da Capraia, dei Visconti e dei Gherardeschi, e quelle liguri dei Doria, degli Spinola e dei Malaspina s'imparentarono con le dinastie locali e giunsero ad assidersi sui troni isolani o a costituirsi vaste signorie indipendenti dai giudici.
Al momento dell'ascesa al trono di C., la guerra con Guglielmo di Massa era già costata la perdita del Goceano e di altre terre strategicamente importanti al confine con l'Arborea. Costretto dalle circostanze, C. dovette piegarsi alla pace, obbligandosi nei riguardi di Pisa al vincolo di fedeltà e vassallaggio e all'espulsione di tutti i genovesi dal suo Stato, e nei riguardi del giudice Guglielmo a rinunciaread ogni diritto o pretesa sull'Arborea nonché al Goceano ed alle altre terre perse nella guerra. A suggellare la pace fu concluso il matrimonio tra il figlio di C., Mariano, e la figlia di Guglielmo, Agnese, che portò in dote allo sposo il Goceano e le altre terre turritane occupate dal padre. Ma la nuova situazione, che assicurava ai Pisani il predominio quasi assoluto sulla intera Sardegna, non piacque a Genova né al papa ed ancor meno a C. che da un momento all'altro poteva venire a trovarsi stretto tra Guglielmo di Massa, divenuto ora anche giudice d'Arborea, e Lamberto Visconti che brigava per impadronirsi del giudicato di Gallura. Accostandosi al papa Innocenzo III - anch'egli ansioso di salvare l'indipendenza dei giudici e la sovranità pontificia dalla crescente invadenza pisana - C. accusò Guglielmo di essersi impadronito del giudicato d'Arborea con la forza, di turbare ovunque la pace e di meditare nuove aggressioni; per cui chiese di essere posto, egli e il suo giudicato sotto la speciale protezione della S. Sede. Guglielmo replicò con una mossa che, sotto la parvenza di restaurare la legalità nell'Arborea, mirava in realtà a mantenerla sotto il suo controllo: richiamò lo spodestato Ugone e gli diede in moglie una figlia che portava in dote la metà dell'Arborea che gli spettava di diritto. Ma, nel 1207, - non si sa se per annullamento del matrimonio o per divieto del papa di celebrarlo - l'intesa saltò ed Ugone, scacciato dal suocero, si rifugiò presso il patrigno.
Intanto due avvenimenti avevano cementato l'intesa tra C., il papa e Genova. Nel 1203, Guglielmo Malaspina, spalleggiato dal cognato Guglielmo di Cagliari, aveva tentato di sposare Elena, unica figlia ed erede del defunto giudice per impadronirsi della Gallura, ma il progetto era fallito per il pronto intervento del papa. Due anni dopo Lamberto Visconti, precedendo lo sposo destinatole dal papa, impalmava la fanciulla e s'insediava in Gallura. La scomunica fulminata contro Lamberto e l'interdetto contro la città di Pisa indussero i colpiti a riconoscere, nel 1207, il torto fatto al pontefice ed a ritirarsi dalla Gallura. Non si sa però quando e come ciò avvenne e quale parte vi ebbe C., anch'egli assai interessato alle sorti di quel giudicato. Tuttavia appare chiaro dal contesto degli avvenimenti di quegli anni, il rapido aumento della sua potenza, favorito anche dal declino di Guglielmo di Cagliari iniziato verso il 1206, quando la consorteria dei Visconti prese il sopravvento a Pisa e cominciò ad accusare Guglielmo di essersi appropriato del giudicato di Cagliari spettante ai Visconti come discendenti dello spodestato Pietro I.
Osteggiato da Pisa, Guglielmo si volse per aiuto al pontefice che, accogliendolo sotto il vincolo vassallatico, ristabilì la sovranità primaria della Chiesa sui due giudicati di Cagliari e d'Arborea. Pisa si trovò a mal partito.
Ne approfittò subito C. per concordare un'azione comune con Genova destinata a realizzare le comuni mire espansionistiche. Il trattato - forse più antico e rinnovato nel 1211 - stabilì una vera alleanza militare dichiarando esplicitamente il proposito di conquistare tutta l'isola con l'obbligo per C. di ricompensare con terre o con denaro l'aiuto fornito dalle milizie genovesi, e l'impegno per entrambi di non concludere pace separata. Le operazioni ebbero probabilmente inizio dalla Gallura, rivendicata da Lamberto Visconti, che nel 1211 risultava in possesso di C. al quale Innocenzo III raccomandava di non disporre del giudicato senza il suo consenso e di vigilare contro eventuali attacchi pisani. Subito dopo invase l'Arborea e puntò sul Cagliaritano ma venne fermato dal papa il cui intervento salvò il trono a Guglielmo e portò alla spartizione dell'Arborea, metà della quale fu data a Barisone figlio del defunto giudice Pietro de Serra, un quarto a Guglielmo ed un quarto a Comita. Le operazioni, pare, rimasero interrotte ma la situazione restò incandescente per colpa soprattutto di Pisa, smaniosa di riconquistare le posizioni perdute. Due anni dopo la morte del giudice Guglielmo (1214), Ubaldo e Lamberto Visconti attaccarono nella Gallura, nell'Arborea e nel Cagliaritano provocando l'intervento di C. e dei Genovesi. La guerra riarse in terra ed in mare ma il papa, Onorio III, intervenendo con grande sollecitudine, riuscì ad indurre le due Repubbliche ad una pace, che, come ebbe a dichiarare il 1° dic. 1217 il papa, si doveva concludere anche tra Pisa ed il giudice Comita. È questa l'ultima volta che il suo nome viene menzionato. Il 10 nov. 1218 il figlio Mariano gli era già successo sul trono di Torres.
Fonti e Bibl.: D. Scano, Codice dipl. delle relaz. Tra la S. Sede e la Sardegna, Cagliari 1938, I, docc. V, VIII, XII, XV, XVI, XXII, XXIV, XXVIII, XLI, XLV, LIII, LIV, LXIX; P. Tola, Codex dipl. Sardiniae, Augustae Taurinorurn 1861, I, docc. V, VIII, IX, X, XIII, XIV, XXI, XXIII. XXIV, XXXI, XXXV; J. F. Farae De chorogr. Sardiniae l. duo. De rebus Sardois l. quatuor, a cura di L. Cibrario, Augustae Taur. 1835, pp. 202, 227; P. Tola, Diz. biogr. degli uomini ill. della Sardegna, I. Torino 1837, p. 223 s.; B. Baudi di Vesme, Guglielmo giudice di Cagliari…, in Arch. stor. sardo, I (1905), pp. 21-52, 174-209; E. Besta, La Sardegna medioevale I, Palermo 1908, pp. 164, 171, 174, 190; II, ibid. 1909, pp. 102, 106, 113; A. Solmi, Un nuovo documento per la storia di Cagliari e dell'Arborea, in Arch. stor. sardo, IV (1908), pp. 201 s.; D. Scano, Serie cronol. dei giudici sardi, ibid., XXI (1939), 3-4, p. 100.