comitato spontaneo territoriale
comitato spontàneo territoriale locuz. sost. m. – Forma partecipativa, flessibile, debolmente coordinata di organizzazione sociale indipendente dai partiti politici e finalizzata a generare e alimentare, su basi territoriali circoscritte, l’aggregazione spontanea di individui e gruppi intorno a temi e problemi vari.
Lo sviluppo dei comitati si registra in Italia soprattutto a partire dagli anni Novanta del XX sec., tanto nelle grandi città quanto nelle piccole realtà locali. Esso viene in genere messo in relazione con la crisi del sistema della rappresentanza, ed in particolare del ruolo dei partiti politici, ma anche con i processi di decentramento politico-amministrativo che hanno accresciuto i poteri degli enti locali – per esempio il potere dell’esecutivo a livello comunale con l’elezione diretta del sindaco – e che, nel contempo, hanno posto le basi per un accesso dei cittadini agli atti amministrativi ed al processo decisionale attraverso vari strumenti (referendum, tavoli di concertazione, ecc.).
La modalità più diffusa attraverso la quale un c.s.t. persegue l’obiettivo di esprimere o formare la domanda sociale e politica su temi specifici – come quelli connessi, per esempio, alla localizzazione o realizzazione di opere pubbliche e private (discariche, centrali, impianti produttivi, assi viari e ferroviari, ecc.), alla sicurezza, alla disponibilità e fruibilità di servizi, al traffico, alla qualità dell’ambiente, alla salute –, è rappresentata dall’organizzazione di campagne di protesta (dimostrative o perturbative). Queste possono essere connotate dalla sindrome NIMBY (Not in My Back Yard) che attribuisce al c.s.t. un carattere essenzialmente reattivo e difensivo “contro” una qualche decisione dell’amministrazione. E sebbene, in genere, un c.s.t. si caratterizzi per la scarsità di risorse organizzative, materiali e finanziare, la capacità di mobilitare risorse umane, sociali e politiche può essere tale da riuscire, per esempio, a impedire o rallentare la realizzazione di un’opera, un intervento, un progetto considerato “indesiderato” (Locally Unwanted Land Uses - LULU).
Ai cosiddetti “comitati NIMBY” in genere vengono attribuite posizioni conservatrici, materialistiche, egoistiche su interessi frammentati e particolaristici (“il proprio giardino”), non riuscendo di fatto a coinvolgere e condividere con altri attori una visione più generale delle problematiche. In alcuni casi, questi comitati vengono anche accusati di interpretare il ruolo di “professionisti della protesta”.
Negli ultimi anni, si riconosce ai c.s.t. anche un altro ruolo legato ad un diverso utilizzo dello strumento della protesta. Questa viene usata per denunciare l’assenza o la carenza di interventi pubblici su temi considerati urgenti e largamente sentiti dai cittadini. In questo senso, al c.s.t. viene riconosciuto un ruolo democratico essenziale, quello di favorire la partecipazione politica dal basso per prendere parte ai processi decisionali che riguardano la collettività riuscendo a trasformare in questione politica malcontenti, desideri, aspirazioni soggettive e riuscendo quindi ad incidere, attraverso il lobbying e/o la concertazione, sui processi di formulazione e implementazione delle politiche.