Commonwealth delle nazioni
Il Commonwealth delle nazioni ha le sue origini nell’Impero britannico e al suo interno sono rappresentati tutti i paesi che furono soggetti, a vari livelli, all’autorità di Londra nel 19° e 20° secolo. I territori che erano sotto l’amministrazione del Regno Unito in epoca imperiale furono progressivamente denominati Dominions e venne riconosciuta loro una parziale autonomia, sebbene soggetti alla sovranità formale della Corona britannica. Questo fu il primo passo verso un riconoscimento di maggiori diritti ai membri dell’allora Impero britannico, riconoscimenti che sarebbero divenuti ufficiali all’indomani della Prima guerra mondiale. Nel 1926, infatti, la cosiddetta Dichiarazione Balfour (dal nome dell’allora ministro degli Esteri britannico) riconobbe tutti i paesi facenti parte dell’Impero come uguali e aventi gli stessi diritti senza distinzioni. La Dichiarazione fu alla base di quello che, nel 1931, sarebbe stato l’atto di fondazione vero e proprio del Commonwealth: lo Statuto di Westminster. Con tale atto costitutivo, cui inizialmente presero parte Regno Unito, Australia, Nuova Zelanda, Canada e Sudafrica, si sancivano i principi della Dichiarazione Balfour e si istituiva una zona economica e di commercio privilegiata. Questo vero e proprio mercato di preferenza nasceva anche sotto la spinta delle nuove esigenze venutesi a creare in quel particolare periodo storico. A seguito della crisi economica mondiale del 1929, infatti, gli attori internazionali avevano intrapreso una politica economica di tipo isolazionista e, in tale contesto, il Regno Unito aveva istituito il Commonwealth anche per tutelare i propri interessi commerciali e quelli delle proprie colonie.
L’organizzazione si propone, ancora oggi, di integrare e far cooperare tra di loro realtà economiche molto diverse – sparse nei cinque continenti – sulla base dell’uguaglianza di tutti i membri. Il Commonwealth non ha prerogative sovranazionali in alcun paese membro, anche se il presidente dell’organizzazione, riconosciuto come tale da tutti, è il monarca del Regno Unito, che a sua volta è formalmente capo di stato di tutte le 16 monarchie che fanno parte del Commonwealth (i cosiddetti Reami del Commonwealth). Nel 1949, tramite la Dichiarazione di Londra, l’organizzazione si adeguò al nuovo sistema internazionale del secondo dopoguerra, dichiarando che quelli che una volta erano i Dominions, come il caso dell’India, sarebbero stati indipendenti e avrebbero potuto scegliere la propria forma di governo, pur continuando a riconoscere il re d’Inghilterra come capo del Commonwealth.
Nel 2005 e nel 2009 sono entrati a far parte dell’organizzazione due nuovi membri – Mozambico e Ruanda – che non hanno in comune con gli altri l’esperienza coloniale inglese.
Oltre alla finalità economica, l’organizzazione persegue anche scopi sociali, come la promozione della democrazia e il rispetto dei diritti umani, il miglioramento del sistema educativo, soprattutto nei paesi meno sviluppati, la lotta alla povertà e ad alcune malattie, come il virus dell’Hiv.
Struttura istituzionale
L’organo più importante all’interno del Commonwealth è il Consiglio dei capi di governo, che si riunisce una volta ogni due anni e stabilisce le linee di politica generali e gli obiettivi dell’organizzazione.
Il Gruppo di azione ministeriale del Commonwealth è invece composto da nove ministri degli esteri di paesi membri a rotazione e si occupa di delineare le politiche e fare raccomandazioni per le azioni collettive dell’organizzazione. Ha anche il potere di proporre l’espulsione o la sospensione di alcuni paesi membri, qualora lo ritenga opportuno. Oltre al Gruppo di azione, si riuniscono periodicamente o in maniera straordinaria anche i ministri preposti ad altre questioni, nel momento in cui sia necessario discutere tematiche specifiche.
Il Segretariato rappresenta l’organo esecutivo del Commonwealth, dà assistenza tecnica e si occupa di sviluppare le politiche decise in seno al Consiglio dei capi di governo.
Il Commonwealth ha anche una Fondazione, il cui compito è quello di promuovere attività legate alla società civile, dandole un aiuto concreto, e sviluppare i programmi per il miglioramento della qualità della vita, dei sistemi di istruzione e sanitari dei paesi membri.
Antigua e Barbuda, Australia, Bahamas, Bangladesh, Barbados, Belize, Botswana, Brunei, Camerun, Canada, Cipro, Dominica, Figi (sospese nel 2006 a seguito del colpo di stato), Gambia, Ghana, Giamaica, Grenada, Guyana, India, Kenya, Kiribati, Lesotho, Malawi, Malaysia, Maldive, Malta, Maurizio, Mozambico, Namibia, Nauru, Nigeria, Nuova Zelanda, Pakistan, Papua Nuova Guinea, Regno Unito, Ruanda, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Isole Salomone, Samoa, Seychelles, Sierra Leone, Singapore, Sri Lanka, Sudafrica, Swaziland, Tanzania, Tonga, Trinidad e Tobago, Tuvalu, Uganda, Vanuatu, Zambia.