Commonwealth
Termine apparso sul finire del Medioevo con il significato di «benessere comune» e divenuto presto l’equivalente inglese del latino respublica, come dimostrano alcuni suoi usi nel linguaggio rinascimentale: per es. commonwealth of learning traduce il concetto di «repubblica delle lettere». Nel linguaggio politico inglese designò dal 16° sec. la comunità organizzata dei cittadini, cosicché il governo repubblicano (1649-60) adottò ufficialmente il termine per definire lo Stato sorto dalla prima rivoluzione inglese. La breve restaurazione Stuart non riuscì a cancellare l’equivalenza fra C. e Stato, pur essendo tornati a un regime monarchico, e dal 1688 si è utilizzata l’espressione per formulare nel modo migliore i rapporti fra sovrano, Parlamento e società civile, dato che essi erano finalizzati appunto al «benessere comune». Nel secolo successivo il concetto superò la mera dimensione insulare ed Edmund Burke definì l’Europa intera un Commonwealth of nations, condividenti una comune eredità legale e morale.
In seguito si sarebbe applicata tale terminologia alla realtà dei domini britannici resisi o resi indipendenti. Attorno alla metà dell’Ottocento le autorità britanniche decisero infatti di non sopportare più i costi economici delle colonie nordamericane, né di volersi impegnare a difenderle nel caso gli Stati Uniti tentassero per la terza volta di invaderle. Tra il 1848 e il 1855 Nuova Scozia, Canada unito (ovvero le due odd. province canadesi dell’Ontario e del Québec), Isole del Principe Edoardo, Nuovo Brunswick e infine Terranova furono quindi spinti all’autogoverno. Analoga decisione fu presa per la Nuova Zelanda nel 1852 e la colonia del Capo (Sudafrica) nel 1854. Nel decennio successivo le maggiori colonie nordamericane si resero conto di non poter fronteggiare economicamente (e militarmente) i vicini Stati Uniti. Nel 1867 Canada, Nuova Scozia e Nuovo Brunswick decisero quindi di dar vita al Dominion of Canada, uno Stato autonomo, ma interno all’impero britannico, rappresentato sul suolo canadese da un governatore generale e da governatori delle singole province, che tuttavia avevano poteri estremamente ridotti. In seguito lo statuto di dominion fu dato anche all’Australia (1901), alla Nuova Zelanda (1907), al Sudafrica (1910) e all’Irlanda (1922). Nel 1926 una conferenza imperiale stabilì che i cinque dominions (Australia, Canada, Irlanda, Nuova Zelanda, Sudafrica) più il Regno Unito erano comunità autonome all’interno dell’impero, unite dalla comune fedeltà alla Corona. A questo insieme di nazioni fu dato nome di British C. of nations, dato che tutte concorrevano al fine unico del «benessere comune». La decisione della Conferenza imperiale fu ratificata dallo statuto di Westminster del 1931. Nella stessa occasione, anche Terranova divenne un dominion, sia pure con una minore indipendenza, e infatti nel 1949 l’isola si unì al Canada. La vicenda terranoviana rivela la complessità della genesi e degli sviluppi del C.: il succitato statuto riconosceva infatti la piena autonomia legislativa dei dominions rispetto al Regno Unito, ma la gran parte dell’impero era caratterizzata da una molteplicità di gradi e di rapporti di dipendenza, destinati, però, a non perpetuarsi. Nel 1947 l’India otteneva lo status di dominion (conferito a entrambi gli Stati, Unione Indiana e Pakistan, nati dalla divisione), spezzando così il carattere esclusivamente «bianco» del C.: seguiva nel 1948 Ceylon, mentre l’anno dopo la decisione dell’Unione Indiana di adottare una costituzione repubblicana (entrata in vigore nel 1950) veniva giudicata compatibile con la sua permanenza nel C., che pertanto riduceva il ruolo del sovrano britannico a una funzione meramente simbolica. Contemporaneamente venivano lasciati cadere l’aggettivo British dal nome dell’organizzazione (che diveniva C. of nations) e il termine dominion (sostituito da member of the C.), mentre l’uscita dell’Irlanda (1949) e la mancata adesione della Birmania indipendente (1948) ne sancivano la natura volontaria. A partire dagli anni Cinquanta lo sviluppo del processo indipendentista nell’impero britannico confermava le tendenze affermatesi nel dopoguerra, accentuando il carattere totalmente informale del C. e la mancanza di qualunque vincolo organizzativo fra i suoi Stati membri (oggi 53, in maggioranza repubblicani); i rapporti tra questi si configuravano allora sotto il profilo economico e culturale, ma anche tali legami avrebbero subito un progressivo ridimensionamento a causa dello sviluppo delle relazioni con Paesi esterni al C. (come nel caso dell’adesione britannica alla CEE, 1973). Persino la costituzione (1965) di un segretariato non ha modificato la natura puramente consultiva del C., la cui sede principale di confronto sono gli incontri biennali fra i capi di governo.