commovere [partic. pass. commosso; commoto è tratto direttamente dal latino commotus)
Commentando Pd IV 64 (L'altra dubitazion che ti commove), il Tommaseo afferma che il verbo c. " e nel latino antico e ne' Salmi è ‛ turbare ' ". Perciò il dubbio " perturbat mentem tuam " (cioè di D.; Benvenuto) ma anche, secondo l'interessante nota del Daniello, " preme e stimola " il desiderio dantesco di conoscere la verità. Insomma, D. è, sì, ‛ turbato ', ma non per paura (come in Pd XXV 136), bensì per l'ardente impazienza di sapere; il che trova conferma nell'occorrenza di Pd I 86 (Ond'ella, che vedea me sì com'io, / a quïetarmi l'animo commosso, / pria ch'io a dimandar, la bocca aprio) in cui, come nota il Sapegno, l'animo è " eccitato da quell'acuto desiderio " (di conoscenza); anche qui, dunque, ‛ turbamento ' spirituale, che non confonde, non abbatte l'animo, ma lo spinge a domandare, a voler sapere di più. La parola commosso, conclude il Momigliano, " riassume caldamente i vv. 83-84 " (un disio / mai non sentito di cotanto acume). Nel terzo luogo del Paradiso in cui compare il verbo (XXV 136 Ahi quanto ne la mente mi commossi, / quando mi volsi per veder Beatrice) la commozione è non più solo intellettuale e morale, ma anche sensibile. Commenta Benvenuto: " confusus fuit valde quando convertit se ad videndam Beatricem nec potuit videre eam ", e l'Andreoli: " ‛ Ahi quanto ' il non poter vedere Beatrice... mi fe' sbigottire ". D. infatti ha veramente perso il senso della vista, i suoi occhi non vedono, abbagliati dal fulgore di s. Giovanni: il suo turbamento sarà quindi anche materiale.
Il participio ‛ commoto ' ricorre in Pd XXXII 69 E ciò espresso e chiaro vi si nota / ne la Scrittura santa in quei gemelli / che ne la madre ebber l'ira commota. Il passo si riferisce ai gemelli di Rebecca, Giacobbe ed Esaù, portati ad esempio dell'insindacabile legge della predestinazione: essi (cfr. Gen. 25, 23) " collidebantur in utero ", Si urtavano nel grembo della madre; l'accenno biblico viene, dai vari commentatori (più e meno antichi), ampliato e messo in relazione con quanto si dice successivamente (al § 25), cioè che Giacobbe nascendo teneva con la mano il piede di Esaù; commentano le Chiose Vernon: " Isau e... Iacob... furono fratelli carnali e nacquono a un corpo e a un parto, e quando nacquono Isau teneva pel piede Iacob... e fu grandissima contradità tra l'uno fratello e l'altro "; il Venturi afferma che " Giacobbe ed Esaù... contrastarono nell'utero della madre perché ciascuno sforzavasi di uscire il primo alla luce ". Ma alcuni più recenti commentatori concentrano la loro attenzione sull'espressione ebber l'ira commota: non si tratta di urti, di sorde lotte, dettati da un istinto che ubbidisce passivamente al volere di Dio, bensì di un'ira, un ‛ odio ' consapevole, frutto di una volontà che aderisce al volere divino. Dal punto di vista sintattico, la frase è il corrispettivo passivo del costrutto attivo latino iram commovere, " suscitare ira "; avere l'ira commota equivale dunque ad " essere in stato d'ira ".