COMPAGNIA DI GESU
GESU Ordine religioso di chierici regolari, fondato nel sec. XVI da S. Ignazio di Loiola (v.), i cui membri sono chiamati comunemente "gesuiti" dal nome di Gesù. Il titolo di "compagnia" deriva dall'ordinamento che il genio militare dello stesso fondatore impresse al suo ordine.
Origine e fondazione. - La sua storia si divide in due periodi: il primo (1540-1773) comprende i due secoli e mezzo che corrono dalle origini all'abolizione dell'ordine sotto Clemente XIV; il secondo dall'anno del suo ristabilimento sotto Pio VII (1814) fino ai nostri giorni. Gl'inizî della C. risalgono al 1534, anno in cui lo hidalgo spagnolo, mutato ormai in cavaliere della Vergine e in soldato di Cristo, insieme con sei giovani compagni di studî (Pietro Fabro, unico sacerdote, Francesco Saverio, Giacomo Lainez, Alfonso Salmerone, Simone Rodríguez, Niccolò Bobadilla) gettava in Montmartre a Parigi le prime basi della futura Compagnia, facendo voto di servire a Dio in castità e povertà volontaria e di recarsi a predicare il Vangelo in Terra Santa, con la promessa di mettersi a disposizione del papa, ove fosse loro proibito di andare o fermarsi in Palestina. Guadagnati nel 1535 tre nuovi compagni, Claudio Jaio, Pascasio Broët, sacerdoti, e Giovanni Codurio, i maestri parigini si recarono pellegrinando a Venezia (8 gennaio 1537) dove Ignazio li aveva preceduti alla fine del 1535, indi a Roma (25 marzo), per impetrare dal papa il passaggio in Gerusalemme e la facoltà di ricevere i sacri ordini. Esauditi da Paolo III, tornarono a Venezia, dove, il 24 giugno 1537, Ignazio e i compagni non ancora sacerdoti, tranne il giovanissimo Salmerone, furono consacrati da mons. Negusanti, vescovo di Arbe, facendo nello stesso tempo anche voto solenne di povertà alla presenza del nunzio Veralli. Scoppiata intanto la guerra (estate 1537) fra Veneziani e Turchi, i giovani pellegrini, sempre in attesa di tragittare in Terra Santa, si sparsero a predicare in varie città universitarie d'Italia. Svanita poi ogni possibilità del viaggio, si riunirono tutti in Roma (il Loiola col Fabro e il Lainez nel novembre 1537, gli altri nell'aprile dell'anno seguente) per mettersi agli ordini del papa, secondo il convenuto in Parigi (15 agosto 1534). Predicatori di giorno in varie chiese, si radunavano di notte in una casetta di campagna sul Pincio, e poi in quella più ampia di messer Frangipani, alla torre del Melangolo. Decisero quindi di perpetuare la nascente societa dei maestri parigini, abbozzando un sommario del nuovo istituto (formula instituti), che, presentato da Ignazio a Paolo III per mezzo del cardinale Contarini, veniva approvato verbalmente in Tivoli (3 settembre 1539) e confermato pubblicamente mediante la bolla Regimini militamis (27 settembre 1540); ond'ebbe esistenza giuridica di ordine religioso col titolo ufficiale di Compagnia di Gesù.
Legislazione. - Primo generale ne fu lo stesso Ignazio (1541-1556), il quale stese, dal 1547 al 1550, nella sua lingua castigliana, le Costituzioni dell'ordine, tradotte in latino dal segretario Polanco e pubblicate dalla prima congregazione generale (1558). Esse formano con altri documenti (quali le dichiarazioni dello stesso fondatore, le Bolle pontificie, l'Esame generale, i Decreti dei capitoli o congregazioni generali, le Ordinazioni e Istruzioni dei prepositi generali) tutta la legislazione ignaziana. La Compagnia non ha leggi occulte, non potendo certo dirsi tali i famigerati Monita secreta, libello apocrifo di Girolamo Zahorowski 11614).
Fine primario dell'istituto la maggior gloria di Dio (donde il motto A. M. D. G., Ad Maiorem Dei Gloriam), attendendo alla perfezione dell'anima propria e altrui per mezzo di esercizî ascetici e ministero sacerdotale. L'ammissione nell'ordine è riservata al generale e ai suoi delegati, dopo accurato esame delle qualità dei postulanti. Sono esclusi (oltre i contemplati dal diritto comune, Codex Iur. Can. 542) gli appartenuti ad altro ordine, anche solo come novizî, e gl'infermi di mente. Terminato il noviziato, che dura due anni interi, si fanno i voti semplici perpetui, indi s'iniziano gli studî letterarî e scientifici nei collegi a ciò destinati. Questi debbono possedere beni stabili per evitare a maestri e discepoli ogni cura materiale, non compatibile con la serenità degli studî; lo stesso è stabilito per i noviziati, mentre a tutte le altre case è vietato avere rendite fisse. Gli scolari attendono prima agli studî di letteratura classica, filosofia e scienze; finiti questi, sogliono insegnare per alcuni anni nei collegi aperti agli esterni, indi applicarsi alla teologia, e poi ricevere gli ordini sacri: il che suole avvenire verso i trenta anni d'età. Per quelli destinati a perfezionarsi nella teologia e filosofia è stabilito un altro biennio, che si dice di "magistero". Compiuti gli studî si ha un secondo noviziato della durata circa d'un anno. In tutto il tempo che lo studente gesuita, anche se sacerdote, rimane coi voti semplici, è sempre in prova, sapendo che non potrà essere incorporato definitivamente all'ordine con gli ultimi voti se prima non abbia dato piena soddisfazione. Il diritto di dimettere gli indegni e gl'inetti spetta al generale, ma sempre dopo maturo esame, secondo le norme del diritto canonico e del proprio istituto.
Membri dell'ordine sono: 1. i novizî; 2. gli studenti ("scolastici"); 3. i fratelli laici, o coadiutori temporali; 4. i coadiutori spirituali, ossia sacerdoti coi tre voti semplici pubblici, in aiuto dei professi; 5. i professi. Questi, che sono la parte più importante della Compagnia, fanno pubblicamente i tre voti solenni, e vi aggiungono quello di obbedienza speciale al papa rispetto a ogni missione che volesse loro affidare. Ad ogni provincia è a capo un preposito provinciale, alle case professe un superiore che si chiama preposito, ai collegi un rettore, alle piccole residenze e case di missioni un superiore. Il generale nomina i provinciali, i prepositi delle case professe, i rettori dei collegi, rimettendo ai provinciali la nomina dei superiori minori; conferisce a ciascuno il grado, intima la congregazione generale quando lo giudichi necessario, può accettare collegi e fondazioni di case, ma non sopprimerle senza facoltà della congregazione generale, della quale ordinariamente è munito. Egli è eletto a vita dalla congregazione generale, ed ha permanentemente presso di sé, oltre ad un ammonitore che ne osserva la condotta per ammonirlo nelle possibili irregolarità, un consiglio di assistenti di diverse nazioni. Gli assistenti sono eletti dalla congregazione generale, hanno voto consultivo e solo in alcuni pochi casi definitivo: possono, p. es., convocare la congregazione generale ove accadesse (caso non mai verificatosi) di deporre il generale. La Compagnia di Gesù non ha né coro né abito proprio.
Diffusione e influenza. - Rapida fu la diffusione di quest'ordine e straordinariamente vigorosa la sua azione nei diversi paesi, dovuta, in gran parte, alla pratica costante degli Esercizî spirituali scritti dallo stesso fondatore. Alla morte di S. Ignazio (1556) esso contava più di mille soggetti, con circa cento tra collegi e altre case disperse in dodici provincie: Italia, Sicilia, Germania superiore e inferiore, Francia, Aragona e Castiglia, Andalusia, Portogallo, Brasile, Etiopia, India. Francesco Saverio piantava la fede cristiana in Giappone, mentre altri gesuiti penetravano nelle isole inesplorate dell'Oceano Indiano, nelle regioni dell'Indostan, del Brasile e dell'Etiopia: il Fabro coltivava specialmente il clero in Germania, Spagna e Portogallo; Pietro Canisio lavorava indefessamente nei paesi di lingua tedesca; il Bobadilla si mostrava battagliero polemista nelle diete di Worms, Ratisbona, Augusta; mentre il Lainez e il Salmerone erano inviati dal papa al concilio di Trento (1546).
A Roma intanto Ignazio si prodigava in opere ecclesiastiche e sociali d'ogni genere; tra cui sono da ricordare il Collegio Romano (1551) e il Collegio Germanico (1552).
Morto il fondatore, fu eletto prima vicario, indi generale, Giacomo Lainez (1556-1565) che ne continuò l'opera, promovendo gli studî e promulgando le costituzioni (1558). Terzo generale fu pure uno spagnolo, S. Francesco Borgia (1565-1572), indi il Mercuriano, belga (1573-1580), e dopo di lui l'Acquaviva, italiano (1581-1615). Quest'ultimo riusci non solo a reprimere i moti interni, suscitati da alcuni gesuiti spagnoli, ma a vincere altresì le ostilità delle corti di Spagna e di Francia, a motivo soprattutto del libro del Mariana De Rege et Regis Institutione (1599), che ammetteva, in certi casi estremi, la liceità del tirannicidio. Difese anche l'istituto da alcune modificazioni di carattere essenziale, ideate da Sisto V, che voleva tra l'altro cambiare il nome di Compagnia di Gesù. Tra gli altri suoi ordinamenti il più universalmente noto e di grandi conseguenze nel campo pedagogico fu la Ratio studiorum.
Scrisse una copiosa raccolta di circolari, ordinazioni, istruzioni a superiori e sudditi. Intanto uomini insigni (Salmerone, Maldonado, Toledo, Suarez, Sanchez, Molina, Bellarmino, Matteo Ricci, ecc.) si segnalavano nel campo letterario e scientifico. Uno di costoro, il Molina, col suo libro Concordia liberi arbitrii cum gratiae donis ecc. (1588) diede origine alla celebre controversia sull'efficacia della grazia, dibattutasi tra domenicani e gesuiti, e conchiusasi sotto Paolo V (28 agosto 1607), lasciando ad ognuna delle parti libertà di difendere la propria sentenza. Di tutto il vasto ordinamento dell'Acquaviva raccolse il frutto il successore di lui, Muzio Vitelleschi (1615-1646). Costui governò per un trentennio e il suo governo fu un periodo di floridezza per l'ordine, che nel suo primo centenario (1640) contava 36 provincie e 3 vice provincie, 521 collegi, 49 seminarî, 54 case di probazione, 280 residenze e case di missioni, 24 case professe, e in tutto più di 16.000 soggetti (cfr. Imago primi saeculi Societatis Iesu, Anversa 1640). Tranquilli pure, ma assai brevi, furono i governi dei quattro immediati successori del Vitelleschi; Vincenzo Carafa (1645-1649), Francesco Piccolomini (1649-1651), Alessandro Gottifredi (21 gennaio-21 marzo 1652), Goswino Nickel (1652-1664). Sotto il genovese Gian Paolo Oliva (1664-1682) sorsero le gravi questioni sul quietismo dello spagnolo Molinos, sostenuto in principio dallo stesso papa Innocenzo XI contro le confutazioni dei gesuiti, tra cui celebri quelle del Segneri: sulle regalie con Luigi XIV e le libertà della chiesa gallicana, nelle quali alcuni gesuiti francesi (Maimburg, de la Chaise) presero le parti del re, provocando l'ira del papa contro la Compagnia. All'Oliva seguirono il belga Carlo de Noyelle (1682-1686), Thirso Gonzalez, spagnolo (1687-1705), noto per la parte che prese come tuziorista nelle questioni del probabilismo, Michelangelo Tamburini di Modena (1706-1730), Francesco Retz, di Praga (1730-1750), Ignazio Visconti di Milano 11751-1755), Luigi Centurione di Genova (1755-1757).
Sotto il governo del fiorentino Lorenzo Ricci (1758-1773), diciassettesimo generale, la Compagnia sostenne la più fiera persecuzione che ricordi la sua storia. Scacciata prima dal Portogallo (1759), dalla Francia (1762), dalla Spagna (1767), dalle due Sicilie e da Malta (1768), da Parma (1769), si vide alla fine universalmente soppressa da Clemente XIV il 21 luglio 1773. In quel tempo la Compagnia contava 49 provincie, divise in 6 assistenze, 61 noviziati, 669 collegi, 24 case professe, 340 residenze, 171 seminarî, 1542 chiese, 271 missioni, con un totale di circa 24.000 religiosi, tra cui molti illustri. Il Ricci fu rinchiuso prima nel collegio inglese, quindi in Castel S. Angelo, dove morì nel 1775, protestando solennemente per iscritto l'innocenza dell'estinta Compagnia. I suoi membri dispersi diedero qua e là origine a varie associazioni di zelanti sacerdoti (Padri della Fede, Amicizia cattolica, ecc.) che ne continuarono le tradizioni. Alcuni collegi gesuitici con altri loro domicilî seguitarono tuttavia a sussistere là dove non fu possibile promulgare il breve clementino, cioè nella Prussia (fino al 1780) e nella Russia Bianca sotto Caterina II. Qui, dopo la morte di Clemente XIV (22 settembre 1774), Pio VI sin dal 1776 permise ripetutamente, ma sempre a viva voce, che durasse lo statu quo. Succeduto a lui Pio VII, questi con breve del 7 marzo 1801 approvò l'esistenza dei gesuiti nell'impero russo, e dopo più di tre anni (30 luglio 1804) estese quest'approvazione a tutto il regno delle due Sicilie. Durante questo periodo i gesuiti furono governati da quattro vicarî generali: Stanislao Czerniewicz (morto nel 1785), Gabriele Lenkiewicz (morto nel 1798), Francesco Saverio Kareu (morto nel 1802) e Gabriele Gruber (morto nel 1805). Il 7 agosto 1814 lo stesso pontefice Pio VII ristabilì la Compagnia nel primitivo suo stato.
Primo generale fu il polacco Taddeo Brzozowski (1805-1820). A lui seguirono: Luigi Fortis, veronese (1820-1829); Giovanni Roothan di Amsterdam (1829-1853); Pietro Beckx, belga (1853-1883); Antonio Anderledy, svizzero (1883-1892); Ludovico Martin, spagnolo (1892-1906); Francesco Saverio Wernz, tedesco (1906-1914). Al presente la Compagnia è retta dal polacco Wlodimiro Ledóchowski, eletto l'11 febbraio 1915. Sul principio del 1930 essa contava 21.678 religiosi, di cui circa 10.000 sacerdoti, e l'altra metà o poco più di studenti e coadiutori temporali. La Compagnia è ripartita in sette assistenze: Italia, Germania, Francia, Spagna, Inghilterra, America, paesi Slavi; ciascuna assistenza è divisa in provincie: l'italiana in cinque con una vice provincia: Romana, Brasile centrale (vice prov.), Napoletana, Sicula, Torinese, Veneta; la germanica in sei: Austria, Brasile meridionale, Germania inferiore, Germania superiore, Ungheria, Olanda; la francese in quattro: Champagne, Francia (Parigi), Lione, Tolosa; la spagnola in nove: Aragona, Argentina-Cilense, Andalusia, Castiglia, Colombia, León, Portogallo, Messico, Toledo; l'inglese in quattro con una vice provincia: Inghilterra (Londra), Belgio, Canada inferiore, Canada superiore (vice prov.), Irlanda; l'americana in sei: California, Chicago, Maryland, Missouri, Nuova Orleans, Nuova Inghilterra; la slavica in tre con una vice provincia: Cecoslovacchia, Iugoslavia (vice prov.), Polonia maggiore, Polonia minore. In tutto trentasette provincie e tre vice provincie.
L'azione della Compagnia nel sec. XIX, e nell'ultimo trentennio, non fu inferiore a quella dei secoli precedenti. I gesuiti contano attualmente 2590 missionarî, sparsi, oltre che in Europa (Albania), in Asia, Africa, America e Oceania. Hanno più di 250 tra collegi e istituti (fra i quali alcuni di fama mondiale, come l'Università Gregoriana, l'Istituto Biblico in Roma) dove sono educati poco meno di 100.000 alunni. Pubblicano, senza contare gli ascetici e quelli educativi dei singoli collegi, non meno di 50 tra riviste e periodici di studì religiosi, filosofici, storici e letterarî, come, in Italia, La Civiltà cattolica e il Gregorianum; in Francia, Études; in Belgio, Analecta Bollandiana, ecc. Anche al presente numerosa è la schiera degli uomini dotti, maestri e scrittori insigni in ogni campo scientifico. Nei ministeri proprî della Compagnia vanno soprattutto ricordati, gli Esercizî spirituali, le Congregazioni mariane, le missioni al popolo, l'Apostolato della Preghiera, la Divozione al S. Cuore di Gesù, i Ritiri operai, ecc. Numerose e varie sono altresì le opere di beneficenza, ispirate o sostenute dai gesuiti. La Compagnia conta 23 santi canonizzati, 138 beati, quasi tutti martiri, 36 venerabili, e circa 100 servi di Dio, dei quali fu introdotta la causa.
Bibl.: Fonti: Institutum Soc. Iesu, Firenze 1892-93; Constitutiones Soc. Iesu latinae et hispanicae cum earum declarationibus, Madrid 1892; Monumenta Historica Soc. Iesu, edita a Patribus eiusdem Societatis, Madrid 1894-1925; Lettere dei generali della Compagnia di Gesù, voll. 3, Roma 1845; A. Carayon, Documents inédits concernants la Compagnie de Jésus, Poitiers 1863-1886; A. Coemans, Breves Notitiae de Instituto, historia, bibliographia Societatis, Roma 1930; O. Braunsberger, Canisii epistolae et acta, I-VII, Friburgo in B. 1896-1923.
Storie: Historia Societatis Iesu, scritta dai padri Orlandini, Sacchini, Poussines, Jouvency, Cordara; D. Bartoli, Istoria della Compagnia di Gesù, Roma 1650-1663; A. Carayon, Bibliographie historique de la Compagnie de Jésus, Parigi 1864; E. Rosa, I gesuiti dalle origini ai nostri giorni, Roma 1930; P. Tacchi Venturi, Storia della Compagnia di Gesù in Italia, I, 2ª ed., Roma 1931 e II, ivi 1922; A. Astrain, Historia de la Compañia de Jesús en la Asistencia de España, voll. 7, Madrid 1912-1925; L. Frias, Historia de la Compañía de Jesús en su asistencia moderna de España, I, Madrid 1923; H. Fouqueray, Histoire de la compagnie de Jésus en France, voll. 5, Parigi 1910-1925; B. Duhr, Geschichte der Jesuiten in der Ländern deutschen Zunge, voll. 3 (tt. 4), Friburgo in B.-Monaco 1907-1928; T. Hughes, History of the Society of Jesus in North America, voll. 4, Londra 1907-1917; T. Campbell, The Jesuits, voll. 2, New York 1921; J. Cretineau-Joly, Histoire religieuse politique et litteraire de la Compagnie de Jésus, voll. 6, Parigi 1859; H. Böhmer-Monod, Les Jésuites, Parigi 1910; P. Albers, Liber saecularis ab anno 1814 ad annum 1914, Roma 1914; J. Brucker; La Compagnie de Jésus, Parigi 1919; J. Burnichon, La Compagnie de Jésus en France, voll. 4 (dal 1814 al 1880), Parigi 1914-1922; A. Poncelet, Histoire de la Comp. di J. dans les anciens Pays-Bas, voll. 2, Bruxelles 1927. Per gli scrittori gesuiti v. C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, voll. 10, Bruxelles-Parigi 1890-1909.
Polemica: Vastissima è la letteratura polemica sulla Compagnia. Ricordiamo per l'Italia i Prolegomeni (1845), Il Gesuita Moderno (1846), l'Apologia (1848) di V. Gioberti e la confutazione che ne fece C. M. Curci specie con l'opera Una divinazione sopra le tre ultime opere di V. Gioberti (1849), preceduta dal libro di F. Pellico, A V. Gioberti (1845). Cfr. Le Tavole di P. Bliard in Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, X, coll. 1510-1520, e le bibl. di R. Fulöp-Miller, Macht und Geheimnis der Jesuiten, Lipsia-Zurigo 1929, e di B. Duhr, in Festschrift für G. Leidinger, Monaco 1930, pp. 52-62.