COMPAGNIA
Commercio. - Il nome generico di compagnia (commerciale) è applicato a designare nel suo svolgimento storico qualunque specie di società o d'associazione non solo in nome collettivo ma anche in accomandita e in partecipazione.
Nella Provvisione del comune di Bologna (Provvisioni e Ordinazioni nuovamente fatte al Foro dei Mercanti nell'anno 1683, per A. Benacci in Bologna, 1683) accanto alla compagnia nel significato di collettiva si fa parola di compagnia a responsabilità limitata secreta e palese, corrispondente rispettivamente ad accomandita e a partecipazione. Si può consultare utilmente anche lo statuto di Lucca del 1554 (Li statuti de la Corte dei Mercadanti della magnifica citta di Lucca per Vincenti Busdraghi, 1557, lib. I, p. 47, cap. XXI). Una tale estensione di significato deve tuttavia essersi verificata con l'andar del tempo, avendo la parola compagnia designato prevalentemente la società in nome collettivo e più esattamente la società a responsabilità illimitata e solidale, che fu anche, sembra, nelle città di terraferma la sola forma caratteristica di società del Medioevo. Nelle città marinare invece accanto alla compagnia, o anche senza, fiori la commenda che poi doveva influire a creare l'accomandita e la partecipazione: forme alle quali si estese poi il nome di compagnia. Etimologicamente compagnia sembra derivi da cum-panis ad indicare la comunanza di interessi dei partecipi; ma anche a ritenere esatta una tale etimologia, non è certo se il nome corrisponde a una semplice designazione figurata, o se invece si riconnette, come da molti si vuole, ad una particolare origine, e cioè all'origine famigliare della compagnia. Certo il nome è antichissimo se già nel sec. XI a Genova ha acquistato un significato generale assai comprensivo, come ne fa fede "La Compagna" e se nel sec. XII appare nei documenti venezmi come un istituto già largamente diffuso.
Le grandi compagme commerciali privilegiate hanno avuto la loro massima fioritura nei secoli XVII e XVIII, nei quali esse assumono grande importanza non solo per la storia del commercio e del diritto, ma anche per la storia politica, come fattori principali dell'espansione delle maggiori potenze marittime europee nelle terre d'oltremare, specialmente nei paesi tropicali.
Olandesi e Inglesi e più tardi, ma con molto minor fortuna, Francesi e Scandinavi, entrando alla fine del Cinquecento nella gara per il monopolio del commercio coloniale, abbandonano la politica dei Portoghesi e degli Spagnoli, che era poi, con poche differenze, la vecchia politica dei Veneziani. Abbandonano cioè il sistema dello stato armatore, che monopolizza l'industria dei trasporti nei mari lontani o sottopone a rigide restrizioni la partecipazione delle navi di privati a quelle spedizioni che esso organizza e disciplina. Cominciava infatti ad apparire pericoloso impegnare completamente la responsabilità dello stato in imprese marittime che non erano soltanto commerciali, ma spesso anche piratesche, e potevano provocare l'ostilità di altri stati, con cui si voleva evitare di entrare in guerra aperta. D'altra parte il commercio oceanico presentava rischi troppo gravi ed esigeva tutta un'organizzazione militare troppo costosa, perché un singolo privato potesse impegnarvisi con le sole sue forze; né lo stato poteva vedere di buon occhio che quel commercio fosse aperto alla libera iniziativa di tutti i suoi mercanti, sia perché questi avrebbero recato un grave pregiudizio al commercio della madrepatria elevando con la loro concorrenza negli acquisti i prezzi dei prodotti tropicali nei mercati d'origine; sia soprattutto perché l'attività di quei mercanti non poteva essere soltanto commerciale, ma doveva assumere un carattere coloniale, impegnando con ciò gl'interessi più vitali dello stato a cui appartenevano. Si adotta perciò un sistema intermedio, per cui lo stato non rinuncia ai suoi diritti di monopolio del commercio coloniale, ma ne fa delega a compagnie privilegiate, che solo più tardi assumeranno la forma della società anonima su cui esercita un vigile controllo e di cui partecipa agli utili.
Questa forma di delega dell'attività e del commercio coloniale a una compagnia privilegiata non è senza precedenti nella storia delle colonie medievali. Se è vero infatti che alle maone genovesi del sec. XIV ed all'unica maona fiorentina di cui si è conservato il ricordo, per il 1435, non si possono riconoscere i caratteri della società per azioni, non si può negare invece che esse presentino una grande affinità con le compagnie privilegiate dei primi anni del Seicento. Un altro e più vicino precedente delle grandi compagnie commerciali del sec. XVII si può vedere nelle gilde di mercanti che si costituiscono, specialmente in Inghilterra dopo la fine del Quattrocento, per disciplinare e proteggere l'espansione commerciale all'estero.
Carattere non molto diverso da questo, almeno nel periodo delle loro origini, hanno quelle che gl'Inglesi chiamano regulated Companies e di cui la prima, in ordine di tempo, è la Compagnia di Levante, sorta nel 1592, aperta a tutti i mercanti che esercitino la loro attività in quei mari e paghino un contributo di 25 sterline. La compagnia non ha il carattere d'una società commerciale: i tentativi di esercitare il commercio in forma sociale furono subito abbandonati, e ogni membro esercitò in forma indipendente i suoi affari entro la cerchia riservata al monopolio della compagnia. Invece questa ebbe funzioni di vigilanza, di tutela dei privilegi, di difesa contro la concorrenza straniera, di determinazione dei prezzi, di disciplina dei trasporti marittimi e talvolta di armamento di navi. La compagnia dunque, concessionaria del privilegio, si avvicina per le sue funzioni assai più a una corporazione medievale che ad una vera società commerciale. Talvolta fra qualche gruppo dei mercanti che appartengono alla compagnia, o anche fra qualcuno di essi ed elementi estranei, si stringono dei vincoli sociali; ma questi conservano sempre il carattere della società occasionale o dell'associazione in partecipazione per una singola impresa armatoriale o commerciale.
La stessa Compagnia olandese delle Indie orientali, che è il prototipo delle più importanti compagnie commerciali privilegiate, nel momento in cui fu costituita (1602), non presentava affatto il carattere d'una società per azioni, ma assai più quello di un'unione di molte associazioni in partecipazione. È vero che nel privilegio che dà vita in quell'anno alla potente Compagnia si afferma la necessità di disciplinare e coordinare, unificandole, le iniziative individuali e sociali, che ad Amsterdam e in altre città marittime delle Provincie Unite si erano impegnate nell'esercizio del commercio con l'India, ponendole sotto un regolamento, una polizia e una direzione comuni. Ma la compagnia fu ripartita in otto camere, che non rappresentano una semplice suddivisione amministrativa, ma un organismo economico autonomo; tale organismo sorge dove esistevano già delle associazioni di armamento, è costituito in massima parte dai membri di quelle stesse associazioni e ne continua l'attività. I direttori di ogni camera provvedono all'armamento e al carico delle navi, ricevono le quote dei partecipanti, acquistano le merci nelle Indie orientali, vendono i prodotti importati, informano i soci sull'andamento degli affari e dividono fra loro i profitti. I delegati delle camere all'assemblea generale decidono invece sul numero delle navi che si devono comprendere niella spedizione annuale, sul giorno della partenza e sulla divisione dei profitti tra le varie camere in proporzione della loro quota di partecipazione al capitale sociale. Da principio non vi furono né ripartizioni annuali di profitti, né convocazioni periodiche dell'assemblea generale. Della vecchia associazione in partecipazione da cui deriva, la compagnia conserva anche il carattere della temporaneità, poiché essa fu fondata dapprima per un periodo di 10 anni, al termine del quale avrebbe dovuto seguire una generale regolazione dei conti e ogni partecipante avrebbe avuto la facoltà di ritirarsi.
In maniera anche più evidente questo carattere originario di una unione fra singole società preesistenti e conservanti ancora una certa autonomia si manifesta nella Compagnia inglese delle Indie orientali. Nel privilegio della regina Elisabetta, con cui la compagnia è ufficialmente fondata nel 1600, non si parla né di un capitale sociale né di azioni dei soci, ma soltanto di un'associazione che avrebbe riunito i mercanti inglesi esercitanti il commercio con le Indie orientali e che avrebbe potuto assumere la forma che fosse preferita dai mercanti stessi. Da principio infatti, nei primi 12 anni di vita della compagnia, i fondi furono messi insieme di volta in volta per ciascun viaggio, non diversamente da quello che si era sempre fatto per ogni impresa marittima in mari lontani. L'unica differenza era costituita dal privilegio che riuniva tutti quei mercanti sotto un vincolo e una disciplina comune.
Ma a poco a poco, oltre e più che il privilegio, le condizioni e le necessità dei viaggi e dei commerci nell'Oceano Indiano crearono fra quei mercanti vincoli assai più stretti e duraturi, inducendoli a modificare il carattere della Compagnia. La necessità dei viaggi in un unico convoglio, scortato da navi armate di grosse artiglierie e spesso anche di truppe di sbarco; la durata del viaggio che si protrae, nella maggior parte dei casi, per 18 mesi e rende quindi necessario il contemporaneo armamento di due flotte; la necessità di provvedere all'allestimento di stazioni intermedie di rifornimento, alla costruzione di qualche forte e all'organizzazione di un'amministrazione civile e militare per la difesa e la disciplina delle piccole colonie commerciali, temporanee e anche stabili, che andavano costituendosi oltre oceano; tutte queste condizioni, che si fanno sempre più gravi e complesse, con l'intensificarsi dell'espansione coloniale, non rendono più tollerabile la vecchia forma della società occasionale, che si liquida ad impresa compiuta. Si sente il bisogno di un capitale sociale di cui si possa disporre anche per spese non immediatamente fruttifere, senza la preoccupazione d'una prossima liquidazione, e si arriva così alla società per azioni. Nella Compagnia inglese delle Indie Orientali si costituì per la prima volta, nel 1612, un capitale sociale diviso in quote uguali, e si arrivò così alla forma dell'anonima (Joint Stock), la quale seguita però a conservare, in diritto se non di fatto, il carattere della società temporanea, periodicamente rinnovata, e assume soltanto alla fine del secolo un carattere permanente. Nell'analoga compagnia olandese, la divisione del capitale in quote uguali e cedibili risale per lo meno al 1610, quando per esse è usata per la prima volta la parola "azione". Si mantiene invece in essa, per tutto il secolo, il carattere decennale; ma in realtà, a ogni scadenza, la società veniva tacitamente rinnovata. Le azioni seguitano, per quasi tutto il secolo, ad essere nominative: ma ciò non impediva che esse fossero l'oggetto di un attivo commercio e di vere speculazioni di borsa. La nominatività delle azioni era connessa con la mancanza, nelle compagnie commerciali del Seicento, di quella che si considera come la caratteristica fondamentale delle società anonime: la responsabilità limitata dei soci. La limitazione della responsabilità alla sola quota sociale non è ammessa fino al 1800 né dalla legislazione inglese né da quella olandese, mentre essa è riconosciuta in Francia fin dall'età di Colbert. In realtà però, anche dove non lo si riconosceva giuridicamente, il principio della responsabilità limitata doveva essere attuata nella pratica, ché altrimenti non si spiegherebbe il grande favore incontrato da queste forme di società per imprese che offrivano bensì la speranza di profitti altissimi, ma presentavano anche rischi assai frequenti ed estremamente gravi.
Sull'esempio delle due grandi compagnie inglese e olandese delle Indie orientali, numerose società dello stesso tipo sorgono per scopi analoghi in tutti gli stati dell'Europa nord-occidentale. In Olanda si costituisce nel 1621 la Compagnia delle Indie occidentali, che estende il suo campo d'azione sulle coste occidentali dell'Africa, in tutta l'America e nelle isole del Pacifico ad oriente nella Nuova Guinea. Larghi profitti sono offerti nei primi anni alla Compagnia dall'esercizio della pirateria in danno della flotta spagnola, mentre a spese dei Portoghesi la Compagnia riesce a conquistare un vasto, ma effimero dominio coloniale, con l'occupazione dell'isola di S. Tomè e dello scalo di S. Paolo di Loanda in Africa, e di gran parte della costa del Brasile; ma di fronte ad una controffensiva portoghese perde la maggior parte delle sue conquiste, conservando soltanto quella parte della Guiana e quelle tra le Piccole Antille, che ancor oggi appartengono all'Olanda. L'insuccesso delle imprese coloniali e la cattiva amministrazione, dopo un breve periodo di prosperità, fecero precipitare le sorti della Compagnia, che fu sciolta nel 1674.
Mentre in Olanda, all'infuori delle due grandi compagnie per le Indie orientali ed occidentali, si preferì per il commercio lungo tutte le coste dell'Europa lasciare piena libertà all'iniziativa dei privati, in Inghilterra invece, dove nella prima metà del Seicento non esisteva un ceto armatoriale e commerciale così forte e intraprendente come l'olandese, si moltiplicarono le compagnie privilegiate, alcune delle quali preesistevano, fin dalla seconda metà del Cinquecento, come la Compagnia di Moscovia, la Compagnia del Levante, la Compagnia delle Indie occidentali, col carattere già ricordato di unioni di mercanti, i quali conservavano entro di esse la loro autonomia; altre sorsero invece nel sec. XVII, come la Compagnia dell'Africa, destinata ad esercitare il commercio, prevalentemeute negriero, con la Guinea; la Compagnia della baia di Hudson, la Compagnia delle terre dell'Est (Baltico), la Compagnia della Groenlandia a cui si potrebbero aggiungere quelle che hanno uno scopo puramente coloniale, come la Compagnia di Londra e la Compagnia di Plymouth.
In Francia furono fondate nel 1628 dal Richelieu la Compagnia del Canada e la Compagnia del Senegal; ma fu soprattutto il Colbert che nel suo programma di fare della Francia una grande potenza industriale marittima e coloniale comprese anche la creazione di numerose compagnie privilegiate e, sull'esempio dell'Olanda, fece sorgere due compagnie francesi delle Indie orientali e delle Indie occidentali; una Società del Nord per il commercio coi Paesi Bassi, la Svezia e la Russia, e una Compagnia di Levante, alle quali si aggiunse, poco dopo la sua morte, una Compagnia del Senegal per il commercio degli schiavi.
Anche in altri paesi, come la Danimarca e la Svezia, e più tardi, nella seconda metà del Settecento, nell'Austria e nella Prussia, si creano, per iniziativa del governo, società per azioni privilegiate, come mezzo, che si ritiene ancora efficace, per dotare il paese di una forma di attività marittima e commerciale a cui finora esso non ha partecipato.
Ma, in realtà, all'infuori delle due grandi Compagnie, inglese e olandese, delle Indie orientali (per le quali, oltre alle notizie qui riferite, v. indie, compagnie delle), tutte le altre non raggiunsero affatto lo scopo per cui si erano create, o lo raggiunsero soltanto temporaneamente o parzialmente. Le stesse due compagnie delle Indie, famosissime per la loro potenza, hanno visto per molti anni i proftti altissimi, assicurati loro dal monopolio di un commercio tanto ricco, completamente assorbiti dalle fortissime spese militari e amministrative. Ma, superati i periodi più difficili, han potuto poi, nonostante le malversazioni e gli abusi dei loro funzionarî, distribuire dividendi considerevoli che fecero salire ad altezze insperate il valore di borsa delle loro azioni; e nello stesso tempo riuscirono ad assicurare alle rispettive madri-patrie un dominio territoriale, che è ancor oggi la gemma più preziosa di tutti i loro dominî coloniali. La maggior parte invece delle altre compagnie sorte nei secoli XVII e XVIII conduce vita oscura e breve. Qualcuna gode di un periodo di floridezza, dovuto soprattutto all'esercizio della pirateria o del commercio negriero, e per qualche anno può distribuire dividendi assai alti. Ma per quelle forme di attività meglio si presta l'iniziativa e l'audacia del singolo imprenditore, piuttosto che l'organizzazione e la vigilanza di una società. Perciò anche queste compagnie, per breve tempo più prospere, devono presto sciogliersi oppure rivolgere la loro attività a imprese coloniali meno redditizie o passive del tutto, arrivando in tal modo allo stesso risultato dello scioglimento.
In quei paesi poi in cui manca del tutto una tradizione e un largo e sentito interesse marinaro, dove la ricchezza è soprattutto fondiaria e v'è mancanza di capitali disponibili per imprese commerciali di risultato assai incerto, le compagnie privilegiate assumono l'aspetto di creazioni puramente artificiali e di scarsa vitalità. Tale è il caso dell'Austria di Maria Teresa e Giuseppe II e della Prussia di Federico II; tale soprattutto quello della Francia ai tempi di Colbert. In un tempo in cui le società per azioni vi erano completamente sconosciute, riesce estremamente difficile al grande ministro mercantilista raccogliere il capitale che egli ritiene necessario per le compagnie a cui vuol dar vita. Egli deve far iniziare la sottoscrizione dal re, dalla regina, dal delfino e da tutti i più alti personaggi di corte; per mezzo degl'intendenti provinciali deve esercitare pressioni su impiegati, mercanti e possidenti, minacciandoli di comunicare al re la lista di quelli che avessero rifiutato di sottoscrivere. Ma, nonostante tutte queste pressioni, non si riuscì in molti casi a raccogliere la somma prestabilita.
Con tali inizî è naturale che le compagnie vivessero soltanto in virtù delle sovvenzioni e dei premî largiti loro dallo stato; e che, mancati questi, o anche nonostante tali favori, esse languissero e finissero presto per cadere.
Ma se ben poche fra le compagnie commerciali sono arrivate a vivere di vita propria e prospera, in realtà questa forma di ente privilegiato o semistatale, che non è scomparsa del tutto nemmeno ai giomi nostri nell'attività coloniale, ha avuto nel Seicento e nel Settecento una parte importantissima, poiché ad essa si deve se molte imprese coloniali, troppo audaci e pericolose e spesso indecorose per un'azione diretta dello stato, han potuto esser compiute,
Bibl.: P. Bonassieux, Les grandes compagnies de commerce, Parigi 1892; W. Sombart, Der moderne Kapitalismus, II, 2ª ed., Monaco 1928, pp. 91 segg., 150 segg.; Schmoller, Die geschichtliche Entwicklung der Unternehmung, in Schmoller's Jahrbuch für Gesetzgebung und Verwaltung, XVII, Lipsia 1893; K. Lehmann, Die geschichtliche Entwicklung des Aktienrechts bis zum Code de Commerce, Berlino 1895; G. Bonolis, Sulle maone genovesi e su una maona fiorentina manoscritta, Firenze 1907; R. Cessi, Studi sulle "Maone" medievali, Firenze 1919 (estr. da Arch. stor. it.); Ehrenberg, Ostindische Handelsgesellschaften, in handwörterbuch der Staatswissenschaften, 3ª ed., Jena 1909 segg.; H. Weber, La Compagnie française des Indes, Parigi 1904; E. Baasch, Holländische Wirtschaftsgescvhichte, Jena 1927; Sée, Französische Wirtschaftsgeschichte, Jena 1930; J. Kulischer, Allgemeine Wirtschaftsgeschichte, II, Monaco e Berlino 1929.