COMPAGNI, Compagno
Figlio di Giuseppe e di Maddalena di Gherardo Burlamacchi, nacque nel 1534 a Lucca, dove fu battezzato il 9 ottobre.
Il nonno del C., Vittorio di Compagno di Antonio, nobile di Volterra, dopo il sacco della città da parte dei Fiorentini, nel 1472, si era trasferito in Inghilterra, dove era entrato in rapporti col banco di Lorenzo e Nicolao Buonvisi. Su esortazione del Buonvisi, Vittorio, nel 1484, ricco di un patrimonio valutabile 80.000 scudi, era tornato in Italia e si era stabilito a Lucca. Il 16 dicembre di quello stesso anno aveva ottenuto anche la cittadinanza e, dopo poco tempo, aveva ulteriormente stretto i legami con la città imparentandosi con una delle famiglie più in vista: aveva sposato, infatti, Eufrosina di Giusfredo Cenami.
Il padre del C., Giuseppe, sebbene morisse giovane (fu ucciso nel 1542 dal nipote Vincenzo per motivi di interesse) rafforzò la posizione della famiglia nella città, schierandosi decisamente dalla parte del governo durante un tumulto di artigiani scoppiato nel 1531.
Il C., quindi, sebbene la sua famiglia fosse solo da due generazioni a Lucca, venne a trovarsi perfettamente inserito nella vita economica e politica della città. Fino a diciotto anni fece pratica presso il banco degli zii materni, i Burlamacchi. Nel 1552 "si mise agli studi onorati" (Baroni, c. 747) e conseguì il titolo di dottore in utroque iure. Entrato al servizio della Repubblica, ottenne nel 1575 il primo incarico importante. Il 21 giugno di quell'anno venne designato dal Consiglio generale come ambasciatore a Guglielmo Gonzaga, duca di Mantova e del Monferrato, "per rallegrarsi della nuova investitura e dignità concedutagli da S. M. Cesarea" (Arch. di Stato di Lucca, Consiglio gen., 62, c. 103). Lo stesso anno con delibera del 23 agosto, fu inviato a complimentarsi col duca di Candia, che soggiornava a Genova. Nella successiva seduta del 25 l'istruzione data al C. per il duca venne estesa anche agli ambasciatori imperiali.
Anche il 1576 fu un anno denso di impegni diplomatici per il C. Dapprima infatti venne inviato a Vienna presso l'imperatore, per lamentarsi degli sconfinamenti che uomini del duca di Modena avevano effettuato in Garfagnana; quindi fu mandato come ambasciatore residente, in sostituzione di Lorenzo Buonvisi, a Ferrara presso la corte di Alfonso II. In questa città, probabilmente, il C. trascorse il periodo 1576-1579. In quest'ultimo anno tornò senz'altro a Lucca, come appare da un atto del maggio, stipulato fra l'Offizio sopra la vendita dei beni comunali e i fratelli Compagno e Gherardo Compagni.
Il C. comprò alcuni beni posti nel comune di San Quirico in Petroio, dove possedeva altre terre. Questo acquisto contribuì a rafforzare il patrimonio immobiliare del C., che, nel 1563, aveva ricevuto, come quota dell'eredità paterna, alcuni fondi comprendenti un mulino e un frantoio (posti a Segromigno e alla Badia) e quattro case (di cui una situata in Lucca). Il valore di questi beni veniva calcolato in 5.044 scudi.
Nel maggio 1586 il C. tornò a Genova per esprimere la soddisfazione della Repubblica a Giovanni Andrea Doria, principe di Melfi. Nel luglio dello stesso anno venne eletto a far parte della magistratura incaricata di occuparsi del delicato caso della Garfagnana, dove le pretese degli Estensi seguitavano a provocare disordini. Nel maggio 1587 fu dispensato dall'incarico, in quanto designato fra i componenti l'ambasceria di obbedienza che Lucca inviava al pontefice Sisto V.
Prima di partire per Roma, nel 1587, il C. redasse il suo testamento, nel quale nominò eredi i fratelli Vittorio e Gherardo, essendo rimasto senza figli il suo matrimonio con Caterina di Compagno Romano Garzoni.
Il 3 luglio 1587 il Consiglio generale lo designò quale oratore presso Filippo II di Spagna, "per causa dell'interessi della Garfagnana" (Jova, Annali, II, c. 1252). Il C. avrebbe dovuto restare in carica per tre anni, con lo stipendio di 5 scudi al giorno, oltre ai 200 che gli venivano accordati per le spese di viaggio. Il 7 luglio, tuttavia, una delibera del Consiglio gli concesse altri 200 scudi.
Tornato dalla Spagna, il C. fu inviato, alla fine del 1592, a Milano "a complire col nuovo governatore" (Arch. di Stato di Lucca, Consiglio gen., 76, c. 178) Fernández de Velasco. Nel 1595 fu nuovamente inviato a Genova per complimentarsi col cardinale Alberto d'Austria, di passaggio nella città ligure, mentre si recava in Fiandra per assumere il governo di quegli Stati. Fra questa missione e un successivo incarico trascorsero circa tre anni, durante i quali probabilmente il C. rimase a Lucca.
L'11 nov. 1598, si trovava di nuovo "fuori dello Stato" (Ibid., 81, c. 171), probabilmente a Ferrara; nella carica che ricopriva presso l'Offizio delle differenze di confine veniva, infatti, sostituito da Giuseppe Rapondi. Il 23 ottobre dell'anno successivo gli era accordato un "aiuto da costa" di 100 scudi "per le spese che fa in servizio dell'Eccellentissimo Consiglio" (Ibid., 81, c. 199).
Non conosciamo la data della morte, che tuttavia è da collocare dopo il 1602, anno in cui il C. approvò l'atto con cui sua moglie, Caterina, fondava un fidecommesso in favore di casa Garzoni.
Fonti e Bibl.: Firenze, Bibl. nazion., ms. Passerini 162, passim;Archivio di Stato di Lucca, Arch. de' Nobili, contratti 3, 62, 27, 28, 31, 37, 43, 12, 26, 32, 41, 89; Ibid., Consiglio generale, 62, cc. 103, 133-135; 63, c. 12; 70, cc. 102, 127; 71, cc. 78, 86, 89, 108; 76, c. 178; 79, cc. 133- 134; 81, cc. 19, 171; Lucca, Bibl. govern., ms. 1110: G. V. Baroni, Notizie geneal. delle famiglie lucchesi (sec. XVIII), cc. 797 ss.; Ibid., ms. 853: N. Penitesi, Memorie di famiglie lucchesi, c. 89; Ibid., ms. 2599: A. Jova, Annali historici della città di Lucca, II, cc. 1222-1223, 1240, 1247, 1248, 1252, 1270, 1276; Invent. dell'Arch. di Stato di Lucca, Archivi gentilizi, a cura di S. Bongi, IV, Lucca 1861, p. 11.