compartecipazione
Sistema di relazioni aziendali nel quale i dipendenti, in seguito a un accordo formale, partecipano alla distribuzione dei profitti dell’impresa (➔ profit sharing). Le quote di c. costituiscono parte integrante della retribuzione, ma non implicano il controllo dei lavoratori sulla direzione dell’impresa. Nata come strategia degli imprenditori per il superamento dei conflitti di lavoro, non ha tuttavia avuto vasto successo, soprattutto per ragioni di tipo gestionale. Questa forma di retribuzione è incentivante ed è gradita solo dai lavoratori che sono in grado di influenzare il risultato economico generale dell’azienda, quindi solo da coloro che occupano posizioni di vertice.
Nel settore agricolo contratto stipulato tra un imprenditore e un lavoratore per provvedere alla coltivazione di un terreno, di solito già preparato per le semine. In base a tale contratto, i prodotti e le spese vengono ripartiti secondo determinate proporzioni. Le colture interessate sono, nell’Italia settentrionale, quelle del frumento, della canapa, della bietola, del tabacco, del mais, del pomodoro e della patata; nell’Italia meridionale, del frumento, della fava e del mais. Dopo l’entrata in vigore della l. 756/1964, non possono essere più stipulati contratti agrari di c., salvo il caso che essi abbiano per oggetto singole coltivazioni stagionali o intercalari; a quelli già esistenti venivano applicate le norme del contratto tipico, cioè quello di colonia parziaria. A seguito, poi, della l. 203/1982, contenente nuove norme sui contratti agrari, i contratti di c. agraria, esclusi quelli stagionali, sono stati convertiti, nei 4 anni successivi all’entrata in vigore della legge e a richiesta di una delle parti, in contratti di affitto.