COMPASCOLO
Il diritto romano conobbe varie figure giuridiche di compascolo. Il compascolo, come rapporto di diritto privato, si stabilisce quando più proprietarî acquistano un terreno a pascolo perché serva in comune al bestiame dei loro fondi (Dig. VIII, 5, si servitus vindicetur, 20,1); come rapporto di diritto pubblico, si stabilisce sull'ager compascuus mediante assegnazioni fatte direttamente ai coloni o alla colonia stessa come persona giuridica (persona coloniae) o ai proprietarî di fondi (singuli possessores) a cui favore il pascolo è assegnato a titolo di servitù.
Durante il Medioevo sotto il nome di communia, communalia, compascua si ebbero figure varie di godimento in comune di terre per esercitarvi, gratuitamente o no, il pascolo delle greggi; ma l'origine e la natura di tali forme di usi civici è controversa, né può con essa confondersi l'istituto del pascolo reciproco o compascolo (vaine patûre, secondo il diritto consuetudinario francese) cui accenna il nostro legislatore nell'art. 682 cod. civ.
Il pascolo reciproco o compascolo nel diritto moderno è una forma di comunione di erbe da pascolo fra i proprietarî di fondi situati nella stessa regione per cui ciascuno di essi ha un ius compascendi sul fondo altrui per il tempo in cui i fondi non sono destinati alla coltivazione. Il diritto di pascolo sul fondo altrui trova in altri termini un corrispettivo nel corrispondente obbligo sul proprio fondo. L'istituto si è venuto introducendo per effetto di consuetudini medievali ed ancor oggi presso di noi è specialmente in vigore in talune regioni alpine, nonché nell'Italia meridionale (Puglie, Calabria) e insulare (Sicilia). Riferendosi a terreni aratorî il pascolo viene esercitato sectis segetibus, dopo, cioè, la raccolta e prima della semina. Storicamente il pascolo reciproco si differenzia dall'uso civico di pascolo: questo è un diritto inerente alla persona, quello presuppone invece l'appartenenza di un fondo; l'uso civico si può esercitare su demanî, il compascolo, invece, su fondi allodiali, cioè di esclusiva proprietà privata; l'uno nasce dal condominio originario dell'antica terra pubblica o da riserva del concedente a favore della popolazione, l'altro dalla consuetudine o dal tacito consenso dei proprietarî.
Il codice napoleonico, avverso ad ogni ricordo feudale e ad ogni distiuzione fra le proprietà, stabiliva nell'art. 648 che il proprietario, il quale volesse sottrarsi all'onere del compascolo, potesse senz'altro procedere alla chiusura del fondo (cfr. però ora la legge del 22 giugno 1890, art. 2). È parso, invece, al legislatore nostro, il quale ha seguito in ciò il legislatore sardo, che abolire l'istituto del pascolo reciproco, avrebbe potuto tradursi in grave danno per l'economia: e quindi ha conservato l'istituto, provvedendo a sottrarre però all'arbitrio personale del partecipante il diritto di recesso. L'art. 682 cod. civ. che l'ha disciplinato non ne ha fatto un diritto assoluto e incondizionato, ma l'ha subordinato all'interesse pubblico, disponendo che in caso di controversia sia chiamato a provvedere il tribunale per regolare il modo e gli effetti del recesso.
Bibl.: B. Brugi, Dei pascoli comuni nel diritto romano, germanico e italiano, in appendice al Commentario delle Pandette di F. Glück, VIII, Milano 1900, p. 307 segg.; id., Dei pascoli accessorî secondo i libri degli agrimensori romani, in Arch. giur., XXX, vii, pp. 1-2; id., Dottrine giuridiche degli agrimensori romani, Verona 1897, p. 323 segg.; C. Fadda, Servitù, Napoli 1913, p. 55 segg.; A. Lizier, L'economia rurale nell'Italia meridionale, Palermo 1907, p. 29 segg.; E. Gianturco, Contratti speciali, III, Napoli 1906, p. 268 segg.; L. Coviello, Servitù prediali, Napoli 1926, p. 163 segg. Per il diritto franc. v. Planiol-Ripert-Picard, Traité de dr. civ. franç., Parigi 1926, III, p. 427 segg.